Black sisters: Bellatrix and Narcissa
Ricordo il
giorno in cui sei venuta al mondo,Narcissa:io ero ancora piccola.
Quel giorno l’intera casata era
silenziosa, tutti erano in attesa della tua nascita.
Nostro padre mi aveva costretto a
stare ferma e buona su una sedia, durante il parto della mamma, e nessuno
sembrava accorgersi della mia presenza; i Black erano troppo eccitati per
badare ad una bambina di sei anni.
Andromeda, invece, sembrava non
essersi accorta di niente, era troppo piccola per capire che da lì a poco tutto
sarebbe cambiato, lei non sarebbe più stata considerata la piccola di casa, non
avrebbe più ricevuto le attenzioni a cui era abituata.
Io invece lo sapevo,perché la
stessa cosa era successa a me dopo la sua nascita.
Questa volta però non me ne
importava, che differenza c’era ad avere una o due sorelle minori? Nessuna
credevo.
Osservai nostra sorella mentre
colorava sconnessamente un pezzo di pergamena, ignara della situazione, distesa
a pancia in giù sul tappeto,proprio davanti a me.
Mi venne improvvisamente voglia di
farle un dispetto.
Mi avvicinai e le strappai con
forza la pergamena dalle mani, poi mi misi a correre con lei che mi veniva
dietro.
Mentre correvo per i corridoi
della nostra vecchia casa mi fermai improvvisamente. Senza accorgermene ero
arrivata di fronte alla stanza da letto della mamma.
Davanti alla porta aspettavano più
di una decina di maghi e streghe dagli abiti austeri e scuri, dello stesso tipo
che indossavano tutti i membri della
famiglia Black. Avevano l’aria di chi aspettava da molto tempo.
Mi nascosi per non farmi vedere, avrei
voluto restare ancora lì, ma sentii dei piccoli passi avvicinarsi, accompagnati
da un piagnucolio.
Era Andromeda che piangeva per il
‘disegno’, se così si poteva definire.
Mi resi conto che lei mi avrebbe
fatto scoprire, allora sì che sarebbero stati guai per me.
Avevo l’ordine di starmene da sola
e non provocare fastidi girando per casa ,se avesse scoperto che avevo
disobbedito, papà si sarebbe infuriato. Probabilmente mi avrebbe picchiata.
Uscii allo scoperto e mi diressi
verso un altro corridoio, senza farmi notare.
Purtroppo per me i nostri genitori
lo vennero a sapere lo stesso, Andromeda fece la spia.
Quel parto fu per nostra madre il
più lungo e travagliato, come seppi anni dopo; sembrava che tu non volessi
farti dare il benvenuto dal mondo, chissà, forse perché sapevi che la nostra
vita sarebbe stata a tratti così sofferta…
Il giorno dopo la tua nascita mi
concessero di vederti, da sola perché Andromeda aveva già fatto la tua conoscenza,
cosa che io non avevo potuto fare perché ero stata ‘cattiva’ .
La prima cosa che notai entrata
nella grande stanza da letto di nostra madre fu il suo viso pallido ma sempre
contenuto. Non dava mai a vedere la sofferenza che provava agli altri.
Era sdraiata sul letto a
baldacchino, con una camicia da notte candida che le copriva l’esile corpo e i
capelli neri chiusi accuratamente da una crocchia. Mi sentivo il suo sguardo
fiero addosso.
Anche nostro padre mi fissava, ma
con espressione adirata, non mi aveva ancora perdonato per la disubbidienza del
giorno prima.
Salii cautamente sul letto e per
la prima volta ti vidi, tra le braccia della mamma.
- Questa è tua sorella Narcissa, Bellatrix
- disse piano nostra madre.
A prima vista mi sembrasti un
piccolo mostriciattolo con gli occhi troppo grossi e con ciuffi radi di capelli
biondi sulla nuca. Senza sognarmi minimamente di dire ciò che mi passava per la
testa, mi limitai solo a ripetere a bassa voce: - Narcissa. -
Continuammo a ricevere visite da
parenti per alcuni giorni.
La zia e lo zio venivano più
spesso degli altri a trovarci,portandosi dietro quel bambino dai capelli
corvini che era nato pochi mesi prima di te, Sirius Black.
Non sopportavo di avere tanti
bambini per casa, i loro pianti mi rendevano ancora più cattiva e dispettosa.
Allora non mi rendevo conto che anche io ero una bambina, pensavo di essere già
grande, al di sopra di tutti voi.
Si sente
solo il rumore provocato delle posate che sbattono contro i piatti finemente
decorati.
Nessuno
che si azzarda a dire una parola, nessuno che si azzarda ad alzare lo sguardo.
Dopo la
mia evasione da Azkaban le cene si sono svolte nello stesso identico modo a
casa di Lucius Malfoy.
Da pochi
giorni c’è anche mio nipote Draco, assomiglia ad entrambi i genitori in maniera
impressionante. Al suo ritorno da Hogwarts per le vacanze estive sono rimasta
alcuni attimi a fissarlo, incredula; erano passati quindici lunghi anni
dall’ultima volta che l’avevo visto.
Anche lui
mangia in silenzio, sono sicura che mi crede pazza, tutti lo pensano, anche mia
sorella.
Finalmente
sento il tuo sguardo, Narcissa, su di me, subito distolto nel momento stesso in
cui mi giro nella tua direzione.
Torni a
mangiare come se nulla fosse, facendo ogni movimento in maniera impeccabile, degno
della nostra famiglia di purosangue.
- Mangi
il pesce, Cissy? -chiedo imitando una voce infantile e beffarda, indicando con
gli occhi la pietanza che stai assaporando, voglio metterti in difficoltà.
Quando eri piccola detestavi il
pesce, non riuscivi a sopportare il suo sapore forte in bocca.
Una volta alla settimana l’elfo
domestico portava in tavola la tanto odiata pietanza, e tu, puntualmente, protestavi
e non volevi saperne di mangiarla.
Nostro padre ti costringeva a
finire tutto, a costo di rimanere tutta la notte davanti al tavolo.
Una volta però scoppiasti in
lacrime, cosa che capitava raramente, e con un gesto buttasti il piatto per
terra.
Il rumore della ceramica che si
infrangeva fece eco per qualche secondo nella sala da pranzo, dopodichè ricevesti
uno schiaffo in piena faccia. Fu la prima e l’ultima volta che nostro padre
alzò le mani su di te. Tu d’altronde eri la sua preferita.
Le espressioni mie e di Andromeda
non potevano essere più diverse in quel momento.
Lei ti guardava in pena, ma aveva
troppa paura per dire qualcosa, le dispiaceva davvero.
Sulla mia faccia comparve invece
un ghigno divertito, che si attenuò leggermente quando mi accorsi che mi
osservavi con i tuoi enormi occhi pieni di lacrime.
Posi
immediatamente il coltello e la forchetta sul tavolo,probabilmente hai capito, ti
sei ricordata di quell’ episodio.
Hai la
solita espressione seria mentre ti alzi, ma improvvisamente mi lanci uno
sguardo di fuoco come per intimarmi di non aggiungere una sola parola.
Quasi quasi mi viene voglia di continuare, con la solita vocetta
infantile che uso quando voglio dare sui nervi alle persone, ma stranamente
obbedisco e ti scocco un ghigno, molto simile a quello fatto molti anni prima.
- Vado a
vedere cosa sta combinando quell’elfo buono a nulla nella sala. -
Dici
riprendendo la calma e girandoti in direzione della porta.
La guardo
con aria interrogativa.
- Stasera
ci sarà la riunione dei Mangiamorte - dice Draco, dopo aver capito che non ne
so niente. - Pensavo che la mamma te ne avesse parlato. -
-Devo
essermene dimenticata - dici semplicemente tu, mentre lanci in direzione di tuo
figlio un’occhiata furiosa e nervosa allo stesso tempo.
Finalmente
ricordo, il Signore Oscuro mi aveva accennato qualcosa in precedenza.
- Certo, ora
ricordo, la riunione per i nuovi Mangiamorte - dico con leggerezza.
Questa
volta tocca a me di ricevere la tua occhiataccia, sorellina.
- Si zia.
- Ogni volta mi sorprendo sentendo la voce di Draco, forse perché sono poche le
volte in cui si rivolge a me, o forse perché è identica a quella di Lucius.
Mi sento
strana ad essere chiamata zia, non mi sono ancora abituata all’idea. Infondo io
non so nulla di mio nipote, credo che non mi sarei interessata a lui neanche se
per questi quindici anni non fossi stata rinchiusa ad Azkaban.
Esci
dalla stanza. Senza un motivo preciso mi alzo e ti seguo.
- Dove
corri, Cissy? - le urlo dietro usando la voce infantile.
- Te l’ho
detto. Vado dall’elfo domestico. - Hai un tono seccato.
- Hai
paura che non sia tutto perfetto per il tuo adorato figlioletto? - Ho una
voglia matta di farti innervosire.
- Finiscila
Bella. - Ci sto riuscendo, ti stai arrabbiando, tenti di zittirmi, ma sai bene
che nessuno ci riesce.
- O forse
hai paura che non sia all’altezza dell’Oscuro Signore? -
Ti fermi;
ho fatto centro.
- Cosa ti
fa pensare che io abbia paura? - mi chiedi secca. Sento che in questo momento
mi stai detestando.
- Ti
conosco bene - dico riprendendo il tono di voce normale. - Più di quanto tu
credi. -
- Oh, ti
prego, non fare la parte della sorella maggiore preoccupata. Cosa stai cercando
di dirmi, che mi vuoi bene, forse? – chiede con una punta di sarcasmo.
Non
rispondo, so che anche se avessi intenzione di farlo non saprei bene cosa dire.
Cerco di
avvicinarmi, non so bene perché, ma mi è impossibile perché con passi svelti
hai già superato il portone della sala.
Rimango
nella semioscurità del corridoio, illuminato solo dalla luce proveniente dal
salotto.
- Cosa
stai facendo essere inutile?! Devo dedurre che non hai capito nulla di ciò che
ti ho ordinato?!... -urli contro l’elfo domestico. Probabilmente stai sfogando
la rabbia che provi verso di me contro di lui; di solito di limiti a osservare
questi esseri con distaccato disgusto ogni volta che fanno qualcosa che non ti
va a genio. Ricordo che da piccola non mancava occasione in cui trattavi coloro
che ritenevi inferiori dall’alto in basso.
Noto che
da quando sono ripiombata nella tua vita, non mi hai mai sfiorato neanche con
un dito, naturalmente non mi aspettavo di ricevere abbracci, però… niente.
Questo mi
fa sentire strana, una sensazione che non riesco bene a capire… che io sia
dispiaciuta? Non ci credo, non ho mai avuto grandi rapporti con le mie sorelle.
Sono
davanti alla camera che mi hanno dato i Malfoy. I pensieri nella mia testa sono
tanti che neanche mi sono accorta di aver percorso tre corridoi.
Entro.
Mi dirigo
stancamente davanti allo specchio, uno specchio di dimensioni esagerate che era
appartenuto a mia madre,poi dato in eredità a Narcissa.
Sono così
diversa… la prigionia mi ha sottratto quasi tutta la bellezza, per me motivo di
vanto e orgoglio.
Mi
trascino fino al letto a baldacchino, mi ricorda quello della mia vecchia
camera, quando ancora vivevo con le mie sorelle.
Da
qualche giorno una cornice d’argento lavorato padroneggia sul mio comodino.
Deve
averla messa qualche membro della servitù, o Narcissa, che non sopporta di
vedere i mobili spogli, soprattutto in casa sua.
Improvvisamente
decido di prenderla, e mi metto a osservare la foto al suo interno, da vicino.
È in bianco
e nero.
Vedo la
famiglia Black farmi brevi cenni di saluto.
La foto
deve essere stata scattata parecchi anni fa, infatti mia madre, mio padre, la
zia e lo zio sono più giovani, io dimostro dieci anni, Narcissa e Regulus sono
ancora più piccoli.
Ricordo
però che in passato c’erano anche Andromeda e Sirius, probabilmente dopo la
loro fuga da casa scomparvero anche dalle foto.
Mi sembra ieri il giorno in cui ti osservavo nella
culla sulle punte dei piedi, a volte mi divertivo a provocare i tuoi pianti, per
poi nascondermi quando irrompeva nella tua stanza nostra madre, chiedendosi
come mai ti eri svegliata.
Non mi aveva mai scoperta.
Il tempo sembra essere passato in
fretta, troppo in fretta.
Il giorno del tuo quarto
compleanno la mamma e la zia ebbero la brillante idea di scattare una foto di
famiglia .
Mi stavo preparando in camera mia,
quando vidi che mi osservavi dallo spiraglio della porta.
- Che cosa vuoi? - ti domandai
seccata. Non sopportavo di essere osservata senza il mio permesso. – Vattene. -
Subito ti vidi andartene e quando
aprii la porta tu era già scomparsa… sapevo che eri andata da Andromeda.
Avevo ed ho ancora l’assoluta
certezza che tu preferissi Andromeda a me ,forse anche dopo che fuggì
disonorando la nostra famiglia.
- Scendete! -ordinò nostra madre dalla rampa delle scale. - Il fotografo
è arrivato. -
Scesi di corsa le scale fino a
raggiungere il cortile, fuori si gelava; durante la notte aveva nevicato e ogni
cosa era stata ricoperta da un pesante
strato bianco.
Regulus e Sirius erano già scesi
da tempo, quest’ultimo aveva un’espressione imbronciata e lanciava occhiatacce
torve al fratello minore.
Mi avvicinai a lui senza farmi
notare e lo spintonai, facendolo cadere sulla distesa bianca.
Da terra mi guardò come se volesse
uccidermi: strana espressione da vedere sulla faccia di un bambino di
appena quatto anni.
Gli mostrai uno dei ghigni
migliori del mio repertorio e gli feci la
linguaccia, questo sempre mentre mia madre non mi vedeva.
Si rialzò a fatica, lottando
contro l’ingombrante giacca che lo proteggeva dal freddo. Con piacere notai che
la neve gli aveva bagnato la parte dei pantaloni inferiore al ginocchio.
Feci per buttarlo giù di nuovo ma
fui interrotta da Andromeda, che era
spuntata all’improvviso.
- Che stai facendo Bella? -chiese
con una punta di severità nella voce e con un tono abbastanza alto da far
girare verso di me i nostri genitori e gli zii.
- Smettila di infastidire tua
cugina, Sirius! -disse la zia con voce seccata. Non aveva capito nulla di ciò
che stava succedendo e aveva dato la colpa al figlio.
Dopodichè gli adulti tornarono a
ignorarci bellamente e a occuparsi di dare istruzioni al fotografo.
Questa volta nessuno si mise a
difendere Sirius, neanche Andromeda, a cui avevo lanciato uno sguardo
minaccioso: se mi avesse messo nei guai più tardi avremmo fatto i conti.
Nonostante le minacce mi si
avvicinò e mi sussurrò in un orecchio, in modo che nessun altro sentisse - Ma
non ti vergogni a dar fastidio ad un bambino di quattro anni?! -
Sapevo che non ce l’aveva con me
solo per Sirius, ma anche per come mi ero rivolta a te il giorno del tuo compleanno. Sicuramente quando ti avevo
cacciato dalla mia stanza eri andata a raccontare tutto alla ‘sorella buona ’ .
Devo ammettere che mi diede
fastidio la frase pronunciatami all’orecchio da Andromeda,di solito me ne
uscivo con un’alzata di spalle, ma questa volta no . Forse non riuscivo a
sopportare il fatto che una bambina più piccola di me si comportasse in ogni
situazione in maniera matura, con un tale senso della giustizia.
Dopo quello che mi disse capii che
importunare ancora Sirius non mi avrebbe fatto più divertire.
Ti osservai per un attimo, la
mamma ti aveva fatto indossare il più bel vestito che avevi, anche se nella
foto sarebbe stato coperto dal cappotto. Sembravi una bambola dai vaporosi
capelli biondi accuratamente arricciati e dalle guance arrossate dal freddo.
- Venite qui -ci richiamò lo zio
facendo un’ ampio gesto con la mano. Tu ti avvicinasti facendo attenzione a non
bagnare le scarpe di vernice nera.
Mi avvicinai anche
io,posizionandomi il più lontano possibile da Andromeda, vicino alla zia e a
Regulus, che gli dava la mano.
- Al mio tre - disse il fotografo,
scomparendo dietro la macchina fotografica. Mi sforzai di sorridere, o almeno
di mostrare un’espressione lontanamente felice: sapevo che quella sarebbe stata
una giornata da dimenticare.
- Uno, due… -
Poso la
cornice sul comodino, non capisco come mai improvvisamente mi tornano alla
mente vecchi ricordi.
Mi alzo
dal letto e mi dirigo di nuovo verso la sala,a quest’ora dovrebbe essere
arrivato già qualche Mangiamorte.
Sento un
leggiero vociare proveniente dal salotto. Avevo ragione, è già ora.
Faccio il
mio ingresso. Tutti i Mangiamorte posano lo sguardo su di me per un ’attimo, poi
tornano a partecipare ad accese discussioni.
Ovviamente
l’Oscuro Signore non c’è, questa è solo una piccola riunione indetta per
discutere della situazione, ormai è da più di due settimane che alcuni dei
nostri uomini sono stati gettati ad Azkaban, tra cui Lucius e Rodolphus .
Mi sembra
strano che Narcissa abbia ospitato conosciuti Mangiamorte nella sua casa per la
riunione; il Ministero la sospetta.
Vedo
Draco, in silenzio, ad ascoltare discorsi di uomini che come me hanno dato
tutto per Colui Che Non Deve Essere Nominato.
Dopo aver
inquadrato uno ad uno tutti gli ospiti riesco finalmente a vederti, stai
parlando con la moglie di Rabastan mentre sorseggi una bibita, sicuramente
alcolica.
A passi
svelti attraverso tutta la stanza e ti raggiungo alle spalle. Ti poso una mano
sulla spalla come per chiamarti.
Il
bicchiere di cristallo che avevi in mano cade improvvisamente, il frastuono fa
ammutolire tutti i presenti,che ti guardano stupiti.
Ti volti
verso di me, mi guardi con una strana espressione, che non riesco a decifrare.
Non capisco come mai una reazione del genere, ti ho colta alla sprovvista o è
per il fatto che io ti abbia toccata?
- Narcissa,
dovresti fare più attenzione - tento di dire con una voce leziosa, che esce non
molto convinta.
Sembri
sconvolta mentre mi lanci la seconda occhiata di fuoco della giornata. - Chiamo
qualcuno che venga a pulire… - dici infine rompendo il silenzio.
Lasci
immediatamente la sala, ma io so benissimo che non stai andando ad avvisare
l’elfo domestico.
Finalmente
ti fermi quando scopri che ti sto seguendo. - Che diavolo vuoi ancora? -
- Le cucine
sono dall’altra parte, Cissy. -
Ti sento
sospirare lentamente. - Ho voglia di prendere una boccata d’aria. -
La nostra famiglia conosceva i Lestrange
ancora prima che io nascessi, e già da allora aveva deciso che io e Rodolphus
ci saremmo dovuti unire in matrimonio.
Quando venni a saperlo accettai la
cosa di buon grado, conoscendolo bene come membro dei Serpeverde.
Non lo amavo, certo, ma neanche lo
odiavo, la pensavamo allo stesso modo su molte cose.
Non ho mai creduto nell’amore, soprattutto
allora credevo che la cosa più importante fosse la passione.
Andromeda invece non voleva
saperne di matrimoni combinati. Ogni volta che il discorso cadeva sul suo
matrimonio con il fratello minore di Rodolphus, la sentivo singhiozzare dalla
mia camera.
Un giorno scesi nelle cucine, era
un’ afosa notte estiva, e non riuscivo a prendere sonno.
L’ultima persona che mi aspettavo
di trovare era Andromeda, in pigiama e ciabatte, che sorseggiava lenta un bicchiere d’acqua cristallina.
- Anche tu non riesci a dormire? -
mi chiese appena mi vide comparire sulla porta.
Risposi con un mugolio, presi la
bottiglia e mi versai anche io dell’acqua in un bicchiere.
Mi misi a bere avida, intanto la
osservavo. Aveva gli occhi rossi, probabilmente aveva passato un’altra notte a
piangere.
Un leggero sorriso comparve sul
mio volto.
Nonostante il passare degli anni, ogni
occasione era buona per metterla in disagio, innervosirla, come facevo quando eravamo
piccole.
- Dovresti smetterla di piangere, sai?
Con quegli occhi da rana potresti non piacere più al tuo futuro maritino - dissi
tutto con estrema lentezza, per gustarmi l’espressione della sua faccia ad ogni
singola parola.
In cucina regnò il silenzio
assoluto per alcuni secondi, ci osservammo a vicenda, lei sembrava ferita, io
trionfante.
- Oh, andiamo, non ti sarai offesa
per così poco? - aggiunsi poco dopo, sardonica.
Passarono altri secondi prima che
mi rispondesse. - Non cambierai mai, Bella - disse finalmente, riprendendosi e
mostrandomi un sorriso malinconico. - Come quando da piccola di divertivi a
fare i dispetti a me e a Narcissa. -
- Almeno fino a quando tu andavi
lacrimante a fare la spia. - Non capivo, aveva sempre reagito in qualche modo
alle mie provocazioni.
- Non sono mai stata come te, non
riesco a contenere le mie emozioni - continuò.
Mi diede la netta impressione che più che con me stesse parlando a se stessa, -
né a sposare un ’uomo che non amo. -
Posò il bicchiere nel lavandino e
si diresse verso la porta.
- Buonanotte Bella. -
Uscì.
- Buonanotte… -sussurrai.
Il fatto successe qualche mese
dopo.
Ricordo che nostra madre lanciò un
urlo che si sentì per tutta la casa. Mi affacciai alla porta del bagno e notai
che la famiglia al completo percorreva le scalinate di marmo, chiedendosi da
che camera provenisse l’urlo.
Quando aprii la porta della camera
di Andromeda vidi nostra madre seduta sul letto, singhiozzante. Dalla sua bocca
uscivano parole incomprensibili. Papà le teneva la mano.
Mi girai verso di te, in cerca di
spiegazioni, ma tu fissavi con occhi vitrei le stringhe delle tue scarpe.
Poi vidi improvvisamente un pezzo
di pergamena spiegazzato, senza pensarci lo afferrai.
Era la calligrafia di Andromeda.
Quando arrivai all’ultima riga ero
furiosa. Come aveva potuto, Andromeda, voltare le spalle alla sua famiglia? Come
aveva potuto innamorarsi e scappare con uno sporco babbano?
- Mi vergogno di avere il suo
stesso sangue. - Le parole mi uscirono dalla bocca senza che io riuscissi a
controllarle, dopodichè nostra madre si mise a si singhiozzare più forte.
Nostro padre lasciò la mano della
mamma, si alzò e mi si parò davanti, per un istante pensai che volesse
schiaffeggiarmi, ma non mi colpì, non ne avrebbe avuto la forza.
- Andate in camera vostra - disse
con voce stanca ma ferma. - Devo sbrigare alcune pratiche. -
Sapevo che di lì a poco avrebbe
mandato un gufo per diseredarla.
Ti portai in camera mia, credo che
avessi avuto una mezza idea di consolarti, per la prima volta da quando eri
nata.
Mentre cercavo le parole giuste da
dirti, delle lacrime silenziose
solcarono le tue guance.
- No, Cissy, non se lo merita, non
devi piangere per una traditrice - cominciai, incerta, non sapendo bene come
continuare. Le mie parole non ebbero l’effetto sperato.
- Resta sempre nostra sorella ,Bella.
- Furono le uniche parole che uscirono dalla tua bocca quel giorno.
Nonostante
sia giugno, in cortile tira un venticello fresco, che ci costringe a coprirci
le spalle con le mani.
Sei
seduta su un vecchio dondolo, io ti sto di fronte, in piedi.
Sei
silenziosa, sembri disposta a guardare in qualsiasi direzione tranne che verso
di me.
Il vento
mi scompiglia i capelli di pece.
- Che ti
succede, Cissy? - chiedo mentre mi siedo accanto a te.
- Non so
di che stai parlando - rispondi guardando dritto davanti a te.
- Ti
comporti in maniera fredda e distaccata da quando dono evasa. -
- Non
siamo mai state molto affettuose tra noi,questo lo sai. -
- È
diverso. Cerchi in tutti i modi di evitarmi. -
- Non
dire sciocchezze… -
Non sei
mai stata capace di mentirmi.
Alzo la
faccia al cielo: è una notte buia, non si vede neanche una stella.
- Ti
ricordi, Cissy, che nella nostra vecchia casa c’era un dondolo simile a questo.
Io, te e Andromeda litigavamo sempre per decidere chi dovesse spingere le altre
due… Tu dicevi sempre che toccava alla più grande, e Andromeda ti dava manforte
- dico con voce roca, guardandoti in faccia.
Per la
prima volta da tanto tempo mi sorridi, malinconica.
- Adoravo
quel dondolo. -
- Lo so. -
Quando
sei comparsa in casa mia ho visto che eri così cambiata, Bella… in questi
ultimi quindici anni siamo cambiati tutti, e questo mi spaventa. -
- Prima
avevo ragione, vero? Hai paura per Draco. -
Mi fissi
a lungo negli occhi, poi sconfitta annuisci - Tu-sai-chi ha intenzione di punirlo per lo sbaglio di
Lucius. -
- Troveremo
il modo per proteggerlo - ti dico dolcemente, con voce rassicurante, una voce
che uso molto raramente.
- È un bambino bellissimo, Narcissa
cara. -
Aveva parlato una donna dai
capelli brunastri, che si complimentava con te dopo la nascita di Draco. In
quel momento la donna mi dava le spalle, non ricordavo chi fosse, probabilmente
era una lontana cugina che avevamo conosciuto durante l’infanzia.
Lanciai un’occhiata al corridoio:
maghi e streghe erano in ’attesa di farti gli auguri per la nascita del tuo
primogenito, tutto ciò mi ricordava il giorni in cui eri nata tu, Narcissa.
Quella volta, però, non fui costretta da un padre severo ad aspettare in
silenzio, lontana da tutto e tutti.
Mi faceva male la schiena, avevo
passato tutta la notte sulle scomode poltrone del S. Mungo, in compagnia di mio
marito.
Lasciai perdere la piccola folla
che aspettava fuori dalla tua camera e mi concentrai su di te.
Eri piuttosto pallida, tuttavia
sorridevi compiaciuta ad ogni complimento che riceveva il bambino che tenevi
tra le braccia.
Quando la donna uscì mi sedetti
sul letto dove eri sdraiata.
- La piccola Narcissa è diventata
madre - dissi imitando la voce di una bambina.
- Forse sarebbe il caso che anche
la più grande metta al mondo degli eredi - dicesti senza scomporti, poi ti
lasciasti andare in un sorriso.
- Degli eredi… Non credo di essere
la persona adatta per prendere queste responsabilità - dissi ghignando.
- Perché no? -
- Oh, andiamo Cissy… sai bene
anche tu che quella dispettosa di Bellatrix non è molto adatta a fare la mamma -
dissi incredula alla domanda di mia sorella. - Sembri nostra madre -conclusi, sempre
ghignando.
Accarezzai con un dito la guancia
del neonato, che dormiva profondamente.
- Allora, avete deciso che nome
dargli? - chiesi per cambiare discorso.
- Draco. -
- Draco? Draco Malfoy? Che razza
di nome è Draco Malfoy? - dissi, scoppiando in una sonora risata.
- Non è gentile da parte tua, Bella
- dicesti mettendo su una sorta di broncio. - Adesso smettila di ridere! -
La
riunione si è appena conclusa.
Sono
l’unica a pensare che sia stata completamente inutile? O lo pensi anche tu, Narcissa?
Si, sicuramente
lo pensi, e sei preoccupata, più di quanto dai a vedere.
So anche
che ti sarebbe piaciuto restare tutta la notte sul dondolo, in giardino, piuttosto
che ascoltare discorsi che di certo non grazieranno tuo figlio dall’Oscuro
Signore.
Draco
oggi è diventato ufficialmente un mangiamorte, Colui Che Non Deve Essere
Nominato lo ha scelto.
- Buonanotte
madre - ti dice tuo figlio, con la solita voce strascicata piena di rispetto. - Buonanotte
zia. -
Rispondiamo
entrambe annuendo e lo vediamo sparire oltre la scalinata vicina all’ingresso.
Sono
stanca, è stata una giornata faticosa, tormentata da ricordi dolorosi che
pensavo non facessero più parte di me.
Mi ostino
a voler ricordare Andromeda come una traditrice del suo sangue. Ogni volta che
mi torna alla mente il suo volto provo disgusto. Oggi però avrei voluto tornare
indietro nel tempo, a quei giorni in cui la vita era così semplice e provavo
affetto o rabbia anche per lei. Quei giorni in cui i membri della mia famiglia non erano
separati da barricate invisibili.
Vorrei
che fosse tutto come allora.
Faccio
per andarmene.
- Aspetta
- mi dici mentre ho raggiunto anche io la scalinata.
La
guardo,in attesa.
- Ho
deciso - dici a bassa voce, tanto che devo sforzarmi per sentire. - Andrò da
Piton, gli chiederò di aiutarmi - concludi, senza guardarmi in faccia.
- Piton?
– chiedo incredula. - Ma… chi ti dice che non sia un traditore? Chi ti dice che
non porterà tuo figlio davanti al Tribunale? -mi altero.
- Dovrà aiutarmi per forza. - Hai un tono che non ammette
repliche.
- D’accordo -dico sconfitta, la mia voce sembra quella di
una bambina che non è stata assecondata. - Ma io verrò con te. -
Sono poco convinta, non credo che tu stia facendo la
scelta giusta.
Mentre arrivo all’ultimo gradino sento che a passi veloci
mi stai raggiungendo.
- Bella? - mi chiami.
Girandomi ti ritrovo davanti a me.
- Si? -
- Grazie. -
FINE