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Autore: Lua93    19/12/2010    8 recensioni
“Il musicista teneva la sua chitarra in mano, lasciando che le dita pizzicassero sulle tese corde.
La ragazza smise di respirare con i polmoni e cominciò a farlo con il cuore, stringendo il libro tra le sue piccole mani.
E quando lui chiuse gli occhi, lei iniziò a vedere.”
Edward è un giovane chitarrista di strada.
Bella lavora in una piccola libreria.
Uno è un artista che espone la sua arte attraverso la musica, l’altra è una timida ragazza che si nasconde dietro i libri. Così diversi, eppure così vicini.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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1. You're a Starlight
                                                                                  


1. You’re a Starlight.

"Nessun vascello c'è,
 che come un libro,
 possa portarci in contrade lontane."

Emily Dickenson


I capelli di Bella erano sparsi sul pavimento, disegnavano un ventaglio aperto oltre la sua testa. Il colore scuro e consumato del vecchio pavimento di legno faceva da contrasto a quella pelle candida, che sotto quella luce sembrava tanto un manto di neve. Il naso piccolo e dritto puntava sul soffitto e gli occhi erano fissi su quelle parole che l’avevano conquistata sin dalla prima riga. Le dita esili stringevano la copertina rigida sovraccoperta del vecchio libro che ormai da troppo tempo l’aveva rapita e portata via dalla realtà. Sembrava persa, ma lei non voleva essere ritrovata. Quando apriva un libro non lo faceva mai solo per vivere una nuova avventura o una tormentata storia d’amore, lei si tuffava tra quelle pagine, un poco alla volta, per non farsi male. E quando emergeva si rendeva conto che alla fine il vuoto c’era ancora. Un enorme buco nero che le risucchiava anche i più nascosti pensieri. E in quel giorno d’inizio Maggio, mentre fuori i primi raggi del sole si decidevano ad uscire allo scoperto, lei si nascondeva tra le pieghe di quella grande stanza, circondata da libri e racconti, che secondo una logica irrazionale l’avrebbero protetta dal resto del mondo.
<< Isabella! >>
La ragazza sobbalzò facendo scivolare il libro dalle sue mani. Si sollevò dal freddo pavimento frettolosamente e senza accorgersene spinse il racconto che poco prima stava leggendo, infondo alla libreria in legno naturale. Si morse il labbro inferiore, e cercò di sistemare la scena del misfatto.
<< Isabella, dove sei? >>
Si sentì tanto una bambina birichina, che dopo aver allungato le mani verso la credenza per mangiare qualche biscotto, era stata scoperta. Lei lo sapeva bene che quello non era il suo posto. Che Miss Popper non l’aveva assunta per bivaccare con un libro in mano. No, lei non era lì come lettrici.  Lei doveva venderli i libro. Doveva diffondere l’arte della lettura e non celarla e tenerla solo per se.
Quando Bella si sporse oltre la porta, vide la donna avvicinarsi.
<< Oh Bella, ma cosa devo fare con te? >> L’anziana signora sollevò un sopracciglio, formando altre ruga su quella pelle ormai non più giovane.
Miss Popper ci provava davvero, ma nel ruolo della cattiva non riusciva proprio a calarci. Sollevò le spalle e il petto si gonfiò quando rubò tutta quell’aria dalla stanza. Bella abbassò la testa osservando dove il libro si fosse nascosto, e in silenzio lo recuperò. Sentiva gli occhi chiari di Miss Popper sulla schiena che quasi gli perforavano la spina dorsale tanto l’intensità. Si voltò senza un espressione sul volto e mise al suo posto Le affinità elettiva.
Miss Popper sospirò, << vieni cara, andiamo all’ingresso. Ti fa male respirare tutta questa polvere. >>
Bella si lasciò guidare senza controbattere, ma non la pensava come lei. La muffa dei libri, così come lei la chiamava, non era altro che tutto il vento che avevano assorbito durante il loro viaggio per arrivare fino a lì. E Bella quel profumo lo venerava, lo rispettava, perché era antico. Era un cimelio importante della storia di ognuno di quei libri, per questo, quando entrava in quel vecchio magazzino, respirava a pieni polmoni.
 
C’era silenzio, forse troppo per definirlo tale. Forse era meglio dire che non c’era nulla, esattamente come quel niente che Bella sentiva dentro. Osservava dritto davanti a se, la testa spingeva sulle mani e i gomiti sulla quale si poggiava sembravano non reggere più.
Era vuota la libreria quel giorno.
O forse era meglio dire che era sempre vuota.
Nessuno entrava più in quel vecchio magazzino all’angolo di Notthing Hill. Nessuno che avesse realmente intenzione di acquistare un libro. Quelli che varcavano la porta d’ingresso l’avevano fatto solo per il gusto di sentir vibrare il campanellino posto sulla soglia. La maggior parte delle volte erano solo turisti curiosi, che alla fine di entrare in quel negozio o nel supermarket infondo alla strada poco importava. Era l’euforia della scoperta che l’invogliava ad entrare ogni volta. E Bella ormai aveva imparato a distinguere i respiri della gente che entrava in quelle rare volte, e solo una volta su mille, sollevava la testa.
Quel giorno, era uno di quei giorni in cui la testa di Bella non si sollevava mai.
Miss Popper era una signora anziana, che di anni ne aveva parecchi dietro le spalle, aveva acquistato esperienze e conosciuto davvero tante persone. Ma una come Isabella Swan non ne aveva davvero mai viste. Si perdeva ad osservarla. A volte stava ore intere a scrutare ogni suo minimo movimento, perché quella ragazza era davvero da scrutare. Miss Popper lo sapeva, Bella era una di quelle persone belle, non solo in senso fisico, ma belle e basta. Belle perché quando sorridevano illuminavano ciò che li circondava. Belle perché il suono della loro voce riempiva l' aria. Belle perché ad osservarle ci si sprecherebbe anche tutta la vita. Ecco, Isabella era una di quelle persone.
<< Isabella? >> La voce sottile della padrona di quella vecchia libreria, attirò l’attenzione di Bella, che sollevò la testa, incuriosita.
Il vestito di lino azzurro svolazzò come mosso dal vento, mentre il corpo della signora si muoveva lento verso la scrivania dove Bella era seduta.
<< Stavo pensando, oggi è una bella giornata, perché non esci fuori a prendere una boccata d’aria? >>
Per quanto Miss Popper si sforzasse di capire com’era fatta quella ragazza, non riusciva mai a comprendere i suoi desideri.
Bella non le rispose, ma attese comunque che continuasse, perché lei invece aveva imparato a conoscerla quella simpatica vecchietta.
<< Potresti fare una passeggiata nel parco, il terreno è asciutto, non è piovuto. >> Continuò dolcemente.
Il cuore di Bella si mise a pompare più sangue quando aveva associato il parco al musicista che aveva visto qualche giorno prima.
Era ancora nella sua mente quella canzone, e la voce di quel ragazzo sconosciuto scorreva ancora nelle sue vene. Aveva provato a scacciarlo via quell’assurdo pensiero, ma proprio non c’ era riuscita. Avrebbe tanto voluto rivederlo, non perché provasse per lui chi sa quali sentimenti, ma per il semplice fatto che la sua voce la metteva in pace con il mondo. Bella questo non riusciva proprio a capirlo, ma almeno il profumo era riuscita a conservarlo. Se smetteva di respirare riusciva a percepirne il retrogusto amaro del melograno e la dolcezza rifinita della vaniglia. Si morse ancora una volta il labbro inferiore, questa volta però non per paura di essere scoperta, ma per il dubbio di andare o meno.
<< Potresti prendere un libro e leggerlo seduta sotto i rami di un albero. Oggi la giornata è davvero fiacca, posso cavarmela anche senza di te. >> Continuò Miss Popper.
Isabella rifletté sulle sue parole e alla fine si decise ad alzarsi.
<< Per qualsiasi cosa non esitate a chiamarmi. >> Sorrise depositando un piccolo bacio sulla pallida guancia della signora.
Miss Popper alzò gli occhi al cielo e ridacchiò esasperata, << vai e assorbi più vitamina D che puoi, è raro vedere un sole così bello. >>
Prima di lasciarla andare via, Miss Popper andò nel magazzino per recuperare il libro che Isabella stava leggendo, << così avrai la possibilità di finirlo. >> Le disse aprendole la porta di legno massello.
Il campanellino emise uno stridulo suono quando la porta si richiuse. Le tende giallastre vennero scostate leggermente e il riflesso di un sorriso comparve sul vetro della porta.
Miss Popper lasciò scivolare il tessuto dalle sue dita e si voltò verso la scrivania, senza smettere di sorridere. Quella ragazza da quanto era arrivata gli aveva cambiato la vita.
 

Il cielo quel giorno era color biadetto. Si diceva che venisse estratto dalle ceneri di oltremare e che i pittori lo usassero spesso per dipingere quel manto azzurro sopra le loro teste. Lo facevano perché era raro e quando qualcosa diventava così preziosa si custodiva segretamente, così Isabella quel giorno scattò una fotografia immaginaria al cielo, per imprimerlo per sempre nella sua memoria.
Le strade erano affollate e Bella si sentiva strattonare da una parte all’altra del marciapiede, stringendo tra le mani il libro che Miss Popper gli aveva concesso di leggere. Lo teneva vicino al cuore per paura di perderlo. Teneva tutto quello che non voleva perdere vicino al cuore, così come gli aveva insegnato sua mamma. Un giorno però, Bella la perse e non riuscì più a trovarla, così una parte del suo cuore scomparve con lei.
Non ci pensava mai al suo passato, cercava di dimenticarlo, non perché fosse stato violento, semplicemente perché quando si trovava lontana dalle persone che amava, lei cercava di dimenticarle, per non soffrire la loro mancanza.
Perché quella lontananza non era divisa da un oceano o da qualche miglio, no, la distanza che separava Bella dalla sua mamma si chiamava cielo.
Ed era passato così tanto tempo che il colore di quel volto celeste, il giorno che portò via sua madre, neppure lo ricordava più.
Così per paura di perdere ancora qualcosa, le teneva strette al cuore, e si era preoccupata di difendere solo quello che le circondava, che stava dimenticando la cosa più importante. Perché Bella non se ne rendeva conto, ma fuori dal suo cuore aveva scordato di custodire se stessa, così lentamente la stava perdendo.
Era rimasta incantata ad osservare come la gente diventasse diversa quando si scontrava, che quasi si era dimenticata di cambiare strada. I suoi piedi camminavano dritti, senza una destinazione precisa. Il suo cuore però, sapeva dove andare.
Così ripercorse la strada di qualche giorno prima e di nuovo si lasciò trasportare per raggiungere il parco. Il suo desiderio era quello di poter leggere il libro in tranquilla armonia, ma avrebbe tanto voluto rivedere quel musicista, perché la sua voce, la sua canzone gli erano mancate.
Erano diversi giorni che le ascoltava solo attraverso i ricordi tanto che si chiese se fosse tutto frutto della sua fantasia, eppure non si sorprese quando giungendo a destinazione, ritrovò lo stesso bizzarro ragazzo che suonava la medesima canzone.

Jonathan Rhys Meyers - This Time

Sorrise, e si avvicinò lentamente al piccolo gruppo di persone che l’ascoltavano rapiti.
Bella si sporse per osservare il suo volto.
I suoi occhi erano attenti, il loro colore sembrava tanto quello di una pietra preziosa, Bella ci pensò su qualche secondo, poi si convinse che la giada era quella che più gli somigliava.
Lei si perse ad osservare i dettagli di quel volto dalla carnagione così pallida da sembrare essere fatta di porcellana. Seguì i tratti del suo viso, perdendosi lungo la linea ben definita della mascella per poi scendere lungo il collo. Lui era solo un ragazzo, ma già profumava di uomo.
Quando il musicista posò i suoi occhi sul suo pubblico non si accorse della ragazza con i capelli color mogano, non si accorse neppure che lei era l’unica che lo stesse osservando davvero. Non si accorse di tante cose quel giorno, che Bella senza far rumore si allontanò, raggiungendo il lato opposto del marciapiede, per poter sentire vibrare meglio le sue corde vocali. Perché voleva essere sola e al contempo circondata da gente, quando ascoltava la voce di quello sconosciuto.
Il musicista teneva la sua chitarra in mano, lasciando che le dita pizzicassero sulle tese corde.
La ragazza smise di respirare con i polmoni e cominciò a farlo con il cuore, stringendo il libro tra le sue piccole mani.
E quando lui chiuse gli occhi, lei iniziò a vedere.
 
Qual è il tuo nome straniero?
Ognuno di noi ne possiede uno. Potresti chiamarti Prato, perché i tuoi occhi sono come un’immensa tela colorata di verde. Potresti chiamarti Battito, perché è quello che la tua voce mi sta facendo crescere dentro il mio petto. Il tuo nome potrebbe essere Buco Nero, perché senza rendertene conto mi stai risucchiando.
Cosa sei straniero?
Posso chiamarti straniero?
Potrei vivere solo della tua musica dolce viandante. Chi sei?
Un Buco Nero? Una Meteora? Non sei di questa Terra, forse neppure di questa Via Lattea, eppure sei fatto di un materiale che Shakespeare definirebbe Sogno.
Posso ascoltarti cantare? Posso farlo senza disturbare?
Mi sento in pace, e non solo con il Mondo, ma con l’intero Universo.
 
Bella ascoltava rapita, persa dentro le vibrazioni della sua voce, persa nell’aria che lui catturava per sprigionare nuovi respiri fatti di parole.
Si accorse che la canzone era quasi terminata quando le note iniziarono ad affievolirsi e le mani del musicista sfiorare sempre più lentamente le corde. Così senza indugiare oltre aprì la prima pagina del libro, quella bianca che precedeva l’introduzione, e prendendo una penna blu dalla sua piccola borsetta nera, scrisse velocemente. La punta della penna tracciava linee e cerchi violenti sulla delicata carta. Erano parole che bruciavano, erano vive.
Bella sollevò lo sguardo accertandosi di non avere nessuno accanto a se, scattò in piedi felice di vedere invece, le persone che gettavano monetine nella custodia posata davanti i piedi del ragazzo.
Con passo svelto si avvicinò al musicista e senza farsi vedere gettò il pezzo di carta bianco ripiegato nella custodia.
Sorrise allontanandosi, certa che nessuno l’avesse vista.
 
 
Edward era solo, il suo pubblico era appena andato via, si era dissolto ed era tornato nel mondo reale. Era da quella mattina che gironzolava per la città suonando e cantando, e a quell’ora del giorno era già stanco. Raccogliendo il frutto del suo lavoro si accorse di un bigliettino ripiegato, incuriosito lo prese tra le mani e l’aprì lentamente.
You’re a Starlight. Thanks for your light.
Sorrise alzando lo sguardo come se cercasse qualcuno, eppure era solo. Ripiegò il bigliettino e l’infilò nella tasca del vecchio jeans, recuperando la sua compagna di avventure. Nessuno l’aveva mai descritto con quelle parole. Chiunque fosse stato, pensò, doveva essere qualcuno che aveva l’occhio celeste, perché solo un essere superiore poteva vedere così tanta bellezza in qualcosa di umano. Così si allontanò dal parco, con ancora il sorriso sulle labbra.



Lua93:
Siamo arrivati alla fine del primo capitolo di Buskers. Quanti di voi si sono chiesti cosa significasse questo titolo? Che cos'è Buskers, che cosa sono? Semplicemente significa artisti di strada. Questa storia è dedicata a loro, e un pò anche a me. Qui troverete tutto quello che io amo di più. Londra, la musica, i libri, l'amore, l'amicizia e ovviamente i colori. Perche' amo Londra? Forse semplicemente perche' come dicono le persone che vivono intorno a me, Londra è nei miei occhi. Ecco direi che sia la risposta migliore, forse, sarò anche un pò presuntuosa, ma io Londra la sento. Probabilmente prima di nascere in questo corpo ero una goccia del Tamigi o un filo d'erba dell'Hyde Park. E perchè no, anche la lancetta dei minuti dell'orolodio del Big Ben. Forse tutto o nulla, ma probabilmente ero Londra.
Perchè amo la musica? Perchè le note arrivano lì dove le parole non bastano, sono solo 7 eppure creano un infinità di emozioni. Poi la musica crea e non distrugge mai, non è forse la cosa migliore che potessero inventare? Anche se credo sia stata la musica ad inventare noi...
I Libri sono semplicemente la mia anima, leggere per me è essenziale come respirare.
Amore e Amicizia sono tutto ciò di cui ogni essere umano avrebbe bisogno per sopravvivere.
E perche' i colori? Semplicemente perchè riempiono i contorni e completano quello che il buio non riesce a finire.
E ora vi ho parlato un pò di me, probabilmente molte di voi avranno saltato qualche punto, ma ecco, sentivo il bisogno di dirvelo, che in questa storia troverete un pò di me in ogni capitolo, e perche' no, anche un pò di voi.
Ma iniziamo a parlare del capitolo, che forse è meglio.
Isabella mi sembra abbastanza chiaro, vive in un mondo tutto suo, fatto di libri e parole. Edward vive in un altro mondo, fatto di note e altre parole. Sono due mondi paralleli, binari che si prolungano all'infinito, e chi lo sa se sono fatti per trovarsi, forse si, forse no.
Bella ha una concezione particolare di ciò che la circonda e tende a vedere tutto sotto una luce diversa. Edward preferisce invece, tenere gli occhi chiusi. In questo capitolo Bella si è esposta aprendosi a Edward, sotto forma di luce. Toccherà ad Edward capire se vale la pena inseguirla. La storia è ancora tutta agli inizi, succederanno tante cose, che li faranno scoprire e avvicinarsi. Sono felice di vedere che questa storia vi piace e ogni vostra parola mi riempie di felicità. Spero di portare un pò di luce anche io dentro ognuna di voi =)
Grazie per aver letto questo papiro. Al prossimo capitolo.
Un bacio,
Lua.
   
 
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