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Autore: Reiranichole    19/12/2010    4 recensioni
Un’esplosione. Tutto si ridusse ad un esplosione; tra tutto quel frastuono avrei potuto perdere definitivamente anche la testa, il corpo, il cuore. Nessuno avrebbe visto realmente dove sarebbero finiti.
Scattai varie immagini di quel momento: una ragazza accovacciata lungo l’asfalto umido, di una strada non troppo trafficata; i piedi nudi ormai bluastri; i vestiti fin troppo corti, mostravano le sue giovani e vergini nudità.
La cosa più terrificante erano i suoi occhi: completamente spalancati. In una frazione infinitamente minima, tutto tornò a trenta giorni prima.
«Aiutami.»
Ecco come tutto finì; ecco come tutto iniziò.
Genere: Generale, Sovrannaturale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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1 Dicembre 2000
“Caro Diario,
l’ennesima volta; l’ennesimo sogno. Non riesco a togliermelo dalla testa, e ‘lui’ non mostra segni di scoraggiamento. Continua a trasmettermi le solite immagini e da qualche giorno persino le sue sensazioni.
Sempre quell’incantevole viso, sempre quello sguardo. Odio vederla cosi fragile e indifesa. Non si merita quella fine!
Anzi, in realtà non si merita una fine.
Mi sto accorgendo di essere emotivamente legata a lei, come se ci fosse una conoscenza cosi intima, cosi ‘storica’, come se lei avesse bisogno di me, nella stessa maniera con cui io ho “bisogno” di lei.
…Ethan pensa che sono pazza; pensa anche che il troppo stress mi sta uccidendo, e che più vado avanti cosi, più non riconoscerà la sua ragazza. Che stupido. In compenso mi ha proposto una dolce vacanza in baita da lui.
Ammetto che ho preso in considerazione la proposta, ma la situazione, da quando ho iniziato ad avere queste “visioni” si è fatta più tesa. Ho le netta sensazione che non mi creda al cento per cento; forse si sta solo auto-giustificando etichettandomi come p a z z a.

Una cosa è sicura : devo scoprire il messaggio di quei sogni o loro non termineranno mai.

Domani ho la 20esima seduta da Katie; gliene parlerò. Spero che almeno lei non mi prenda per pazza, sarebbe davvero uno schifo affrontare tutto questo da sola. Credo che non ce la farò, se no.
Miriam.

Anche se avevo scritto quelle poche righe, la mano incominciò a dolermi parecchio; la massaggiai lentamente, facendo passare il pollice sul palmo e sul polso. Chiusi gli occhi, per gustare meglio il dolce piacere di quel casalingo massaggio.
Un flash; niente di più.
Di nuovo quegli occhi, di nuovo quel rivolo di bava fresco sull’angolo delle labbra.
Spalancai a mia volta gli occhi, saltando sulla sedia ed emettendo un piccolo urlo, che smorzai subito con la mano dolorante. La spinsi con cosi tanta forza contro le labbra, che non mi accorsi di quanto male mi stavo facendo. Cristo! Non poteva continuare cosi, era ormai una settimana che andava avanti; sempre lo stesso sogno, sempre la solita ragazza.
Un fantasma?
I fantasmi non infestavano i sogni altrui, non avevano questo potere. E poi quell’incantevole ragazza…la sua aria era familiare, ma il suo viso, non mi avrebbe mai detto niente.
I boccoli biondo cenere che le ricadevano sulle spalle; la pelle albina, sfumata appena da un lieve rossore sulle guance incavate; gli occhi grigio perla, grandi, immensi, cosi immensi che ti ci potevi tuffare dentro.
Ricordava vagamente una bambola di porcellana, fragile e suadente, come nessun’altro.
Sarei riuscita a scoprire qualcosa di più? Necessitavo di risposte e in quel momento, ero cosi piena di domande…

Lasciai tutto com’era. La scrivania era un casino, la mia camera era un casino, la mia testa era un casino. Non m’importava; in quel momento, una sgridata da mia madre, mi avrebbe di certo aiutata a scrollarmi di dosso quella schifosa passività preoccupante.
Scesi le scale rapidamente, ancora in pigiama. Nessun ritocco ai capelli, nessun velo di trucco, ne assurde paranoie per scegliere l’abito più comodo o trendy. D’altronde non mi aspettava nessuna attività impegnativa; nessun’altro appuntamento se non quello di starmene sul divano a recuperare tutte le energie che la settimana precedente – piena di notti insonni, di risvegli poco dolci e angoscianti pensieri – mi aveva sottratto, senza troppa pietà.
Feci appena in tempo a toccare l’ultimo gradino, che qualcuno alla porta bussò. Mi avvicinai al pomello, inspirai a fondo, e lo girai. Una ventata d’aria gelida mi colpi il viso, muovendo appena la liscia frangetta che mi copriva gli occhi; mi fu subito addosso, prendendomi in braccio e facendomi volteggiare come una ballerina d’opera.
I suoi dolci baci mi scaldarono il collo, mi fecero rabbrividire appena, inondandomi di dolcezza e calma, il mix perfetto che solo Ethan era in grado di darmi, sempre.
- Buongiorno principessa – mi sussurrò sull’incavo del collo, baciandomi appena, e solleticando ogni punto debole che conosceva a memoria, dopo due anni di fidanzamento.
– Buon..giorno cucciolo – risposi, con voce tremolante, quasi balbettando.
Mi prese il viso tra le mani, appoggiando le sue labbra sulle mie. Amavo i suoi baci, erano sempre qualcosa di speciale, di unico, di nostro. Chiusi gli occhi, per trattenere quell’immagine e salvarla nella parte più profonda e delicata della mia mente. Strinsi i suoi capelli tra le mani, e non fu più solo un incontro di labbra, ma divenne col passare dei minuti, anche un incontro di lingue e sospiri. Lo trattenni a me, con tutta la forza che avevo, e che potevo racimolare. Lo sentii sorridere, e spostarsi lentamente dal mio viso, con il respiro affannato, accelerato, quanto il mio.
- Sai che cosi perdo il senno, Mir. Tu mi fai impazzire anche solo respirando..dio. – mi sospirò sulle labbra, guardandomi con voglia, tanta voglia.
Quanto era passato da quando era entrato a casa? 5 minuti? 10? Non ricordavo neanche il mio nome, e non mi importava neanche ricordarlo. Sapevo che la sua compagnia era la situazione più tenera che potevo permettermi per non pensare ad altro. Come dicevamo noi : i nostri momenti erano a base di camomilla.
Mi prese in braccio, a mò di sposa; con tutta calma ci accingemmo a raggiungere il salone, il nostro dolce rifugio. Il divano 4 posti a L era il nostro mobilio preferito. Sorrisi accarezzandogli i capelli, portandoli appena dietro l’orecchio. Non ricordavo li avesse cosi lunghi, gli stavano comunque d’incanto.
- A cosa pensi? Ti vedo e sento un po’…stralunata. Hai dormito stanotte? – mi chiese.
- In verità non tanto, anzi…è cosi ormai da qualche notte. Non riesco a prendere sonno, o se ci riesco, qualche ora dopo mi sveglio. – risposi, spostando lo sguardo fuori dalla finestra. Aveva ripreso a nevicare.
- ..i soliti incubi? – si azzardò a domandare. Sapeva che non mi sentivo a “mio agio” a parlare di quello che mi stava succedendo.
-Può darsi…non preoccuparti però, domani ho la seduta da Katie..penso gliene parlerò. Voglio capire..ma ammetto che ho una forte paura di …di non lo so. E se non riuscissi a capire il senso, perché un senso non c’è? ..Credi nelle visioni, Eth?- mi azzardai a chiedergli, spostando ora lo sguardo nel suo, che non trovai. Smisi di cercarlo di colpo, puntando l’attenzione sulle mie mani, e sullo smalto ormai disfatto.
- Come ti viene in mente di chiedermi una cosa del genere?? Lo sai benissimo, sono tutte delle grandi stronzate. E non dovresti neanche prenderle in considerazione. Te l’ho detto come la penso. Sei troppo stressata, una settimana in baita non sarebbe male, ti distenderesti e non continueresti con tutti questi incubi. E’ ridicolo Mir, renditene conto. E’ ridicolo! – mi spaventò il tono in cui mi disse tutto questo.
Forse dalla mia espressione lo capì, perché cercò subito di aggiungere qualcosa. Una mossa prevedibile, che feci morire all’istante posando due dita sulle sue labbra.
- Forse hai ragione, ma se fossi davvero cosi stressata, un’altra seduta che mi schiarisca le idee, non andrebbe poi cosi male, no? Se fosse davvero come dici tu, potremmo partire anche più sereni. Non rovinerei niente. – abbozzai un leggero sorriso.
- Ma come devo fartelo capire? Tu non rovini mai niente, sciocchina. – mi accarezzò la guancia, guardandomi finalmente di nuovo negli occhi. Tutto questo era rassicurante, dannatamente rassicurante che mi ci appigliai con tutta la forza che avevo.
Allontanare anche Ethan sarebbe stato troppo, avrei dovuto tenerlo vicino, ma non coinvolgerlo ancora; non sarebbe stato d’aiuto, non cosi.
- Quando pensavi di andarci? – domandai con tutto il rossore che il mio viso, non mi avrebbe mai aiutato a nascondere.
- Dove amore? – rispose lui con aria di non capire a cosa mi stavo riferendo.
- Oh non fare l’idiota. Hai capito…su…in.. in baita da te. – farfugliai.
Mi prese tra le sue braccia, e mi sussurrò – Tra qualche giorno amore, ne ho già parlato con i tuoi, sono cosi contenti che ci togliamo da in mezzo alle scatole. – mi fece ridere, come non ridevo da tempo. Lo baciai, e continuammo quel discorso cosi dolce, interrotto nei pressi della porta d’ingresso.

Un’ora più tardi, le avvolgenti rassicurazioni di Ethan, erano scomparse via con lui.
Uno dei tanti telegiornali delle 12 trasmettevano le solite notizie, ormai sentite e risentite. Possibile che in un mondo cosi pieno di persone, tutto si riduceva al solito? Omicidi, suicidi, guerre, e stupidissime interviste sondaggio sui regali di Natale. Ridicoli.
E fu proprio quando mi avvicinai alla tv, per prendere il telecomando e spegnere tutto quel farfugliare stupido, che mi accorsi di lei.
Era l’intervistata più giovane del servizio.
Boccoli biondi, occhi grigi e grandi, pelle bianchissima e quel sorriso, e quella delicatezza estrema che aveva anche nel parlare.
Era lei.
Come si chiamava? Dove abitava? Come diavolo faceva ad essere viva, se nei miei sogni era morta, distesa su una dannata strada disabitata.
Oh dio, stavo uscendo pazza? Era proprio cosi.

- ELENA!! Su andiamo! – una delle amiche la stava chiamando via, la giornalista la lascia andare.

Elena. Elena come? Elena no rimani, perché sei tu, proprio tu che invadi i miei sogni, ogni notte.
Ridicolo, tutto questo non era vero. Forse stavo ancora sognando. No no, era tutto vero. Io l’avevo sognata ed ora lei era qui, in tv. Parlava ed ora correva via, insieme ad un amica, molto più grande di lei.
16? 17? Quanti anni aveva?
- E da Philadelphia è tutto. A voi la linea. – disse quasi urlando la giornalista.

Philadelphia. Elena. 16, 17 anni.
Dovevo trovarla. Era ancora viva.
  
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