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Autore: The Anstruthers    22/12/2010    1 recensioni
Due fratelli decisamente atipici si ritrovano alle prese con un orologio scomparso, un ben noto salottino londinese dai mille segreti (popolato da altrettante enigmatiche personalità) ed una giacca deplorevolmente rovinata.
Racconto ispirato al gioco di ruolo del Forum di Baker Street - The Strand Magazine.
Genere: Comico, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questo è un racconto di ruolo ispirato al GdR di narrazione forum-based The Strand Magazine: Il Forum di Baker Street, a propria volta basato sull'universo di Sherlock Holmes, creato da Sir Arthur Conan Doyle. Non tutti i personaggi citati ci appartengono, ma noi Anstruther, di certo, siamo di nostra stessa proprietà.
Buona Lettura!



Un Caso di Puntualità

Il rigore dell'inverno londinese non sembra avere particolare effetto sul tepore del salotto di Baker Street. Il camino arde come sempre, la corrispondenza trafitta dal pugnale sulla mensola è sempre folta, ma uno strano fermento turba una figura assai nota al lettore, una figura esile, un po' impacciata, ma dall'animo buono.

Il dottor Tobias Anstruther passeggia nervosamente attraverso il salottino, il contegno come al solito composto e rigido, il viso serio e pervaso da una sottile vena d'imbarazzo frammisto a rassegnazione. Scruta con attenzione ogni angolo del salotto, percorrendolo con gli occhi e scostando di tanto in tanto timidamente qualche foglio, un libro, od anche l'angolo della pelle d'orso collocata accanto al caminetto.
Il lettore lo potrebbe scorgere mentre, chinato, ispeziona con molta attenzione lo spazio al di sotto della scrivania del dottor Watson per poi emergerne con un leggero sospiro balbettando un distinto "Ahimè!"
Il dottore si alza, percorre nuovamente la stanza avanti ed indietro, borbotta tra sé e si guarda intorno, completamente assorto nel proprio turbamento e nella propria frenetica attività.

D’un tratto la porta del salotto si apre e, se il Lettore avrà la bontà di levarsi da davanti ad essa, per mettersi in un angolo della stanza, potrà consentire l’ingresso di una figura dall’aria svagata, la cui mente sembra rapita in chissà quali cogitazioni.
Questa figura, che risponde al nome di Oscar Anstruther, oltre ad essere il fratello minore di Tobias, è uno dei figli spirituali di quel buon Lord Brummel, il padre di tutti i dandy. Il nuovo arrivato attraversa la stanza osservando il fratello e mollemente si siede su di una poltrona.

Senza essersi minimamente reso conto dell'ingresso del congiunto, Tobias si passa una mano tra i capelli; solleva con discrezione un cuscino dal divano e lo rimette al suo posto. Cammina frettolosamente verso una delle poltrone, trovandola vuota, fa scorrere le dita lunghe e magre sulla seduta: nulla. Si dirige verso l'altra poltrona, e trasale visibilmente, sobbalzando nel notarla occupata.
"Io - pardon - Oscar!" esclama, balbettando.

"Ebbene sì, ahimè, sono io, sì!" risponde distrattamente il fratello, posando il bastone alla base della poltrona e slacciandosi il mantello, facendolo ricadere sulla spalliera, "Mi piacerebbe tanto che qualcun altro si annoiasse al posto mio, ma purtroppo..." tirato il cappello su una sedia vicina, prosegue "Non fare nulla ha un costo altissimo in termini di noia, ma è incredibilmente riposante!"

Tobias visibilmente impallidisce, trovandosi di fronte al fratello, ma la cortesia profondamente radicata nel suo animo gli impone di accennare un sorriso sincero e cordiale.
"Oh - ma," si guarda intorno, visibilmente in imbarazzo, "Ma certo. Come - ovvero," gesticola "Cosa fai qui?"

Il dandy accavalla le gambe sostenendosi il mento con una mano, il gomito poggiato sulla gamba accavallata. Guarda appena il fratello, poi parlando lentamente:
"Nulla, a Piccadilly c'era un tale che girava con un girasole in mano [1], mi sono spaventato ed ho deciso di fare un salto qui. Oggi il mondo è pieno di folli!" dopo una pausa riprende con espressione di diniego, "Ma dico, non si rendono conto che i girasoli sono fuori stagione adesso?"

Malgrado l'agitazione, il sorriso del medico si allarga, ingenuamente divertito "Un uomo - con un girasole in mano? A Piccadilly?" l'uomo scuote appena il capo, certo dando per scontato che Oscar stia scherzando, "Fratello mio - sei incorreggibile." Poi, come ricordandosi all'improvviso di una preoccupazione, ritorna completamente serio e scocca un'occhiata spaurita intorno.

"Mi sbaglio, o qualcosa ti preoccupa?" chiede Oscar senza però modificare la sua espressione sognante e fuori dal mondo.

"Oh?", trasalendo nuovamente, l'interpellato si schiarisce la voce "Io - ma no - assolutamente - come - nulla - come ti viene - in mente?", balbetta; chiaramente a disagio, evita lo sguardo di Oscar sforzandosi di mettersi a sedere fermo su di una poltrona, ed ancora guardandosi intorno.

"Ah, ah!" dice Oscar agitando l'indice, "Coraggio, hai combinato qualcosa, dì la verità! Cosa hai fatto? Hai versato la tintura di iodio sul bucato della signora Hudson?"

Tobias arrossisce subliminalmente, quindi, accigliato: "Ma, Oscar! Certo - che no," scuote il capo, tenendo lo sguardo basso.

D’umore particolarmente ilare, Oscar si porta le mani alle tempie come per fare un incredibile sforzo mnemonico. "Vediamo vediamo... mmmh... ci sono!", asserisce candidamente, "Non ti ricordi come si esce da questa casa!"
Detta la prima di una lunga serie di cattiverie, il dandy ritorna al suo primitivo stato di spleen [2].

Colto nell'orgoglio, Tobias replica imbarazzato:
"E' da almeno - due mesi - che riesco ad uscirne - senza domandar la strada."
Poi sbirciando il viso di Oscar, assume tutto l'aspetto di un uomo assalito dal rimorso e cerca di aprirsi in una confessione.
"Fratello - io..." balbetta, esitando, mentre il fratello guarda distrattamente in direzione della finestra.

"Tu?"

Arrossendo ancora di più, desolato, il medico s'irrigidisce sulla poltrona, cercando di proseguire:
"Io - temo di" esita ancora e deglutisce "Non l'ho fatto apposta - credimi - solo che - temo di - involontariamente -" Colto dall’agitazione agita una mano in aria come per afferrare i pensieri che gli sfuggono.

Oscar, nel mentre, con il candore che si conviene ad un dandy ortodosso, dice: "Temi di avermi pestato un piede?" E sospira, "Direi di si, ma non volevo dirti nulla per non farti agitare" Guardando poi il fratello con un tenue sorriso, prosegue: "Adesso, se magari volessi scostarti, potrei recuperare l'uso dell'arto, che ne dici?"

Un colore vermiglio imporpora le gote di Tobias prima che egli se ne accorga; sobbalzando e balbettando qualche spontanea scusa, il giovane dottore scosta il piede da quello offeso del congiunto; una mano va alla fronte per posarsi su di essa, mentre l'uomo si sistema meglio sulla poltrona, nella consueta posizione eretta e rigida. Eppure, la determinazione di rivelar la propria colpa non si dilegua.
"No, io..." con fermezza, egli prende coraggio, traendo beneficio da un profondo respiro, "Io temo - di aver - insomma - ho perduto -" e sbircia ancora il viso del suo interlocutore.

"Il senno?" lo interrompe Oscar, con un sospiro, "No, fratello, a memoria mia sei sempre stato così!" Gli sorride, battendogli una mano sulla spalla; poi, con maggior misura di serietà, "Hai perduto la via dell'uscita? Ah, no, mi hai detto che adesso riesci ad uscire serenamente anche da solo." Ormai confuso, "Insomma, Tobias, cosa hai perso?"

Desolato, il medico non può far altro che esternare finalmente la verità; a sguardo basso e con aria profondamente desolata, risponde: "Il - il tuo regalo - Oscar. Il - l'orologio, il mio orologio." sconsolato ed imbarazzato termina allargando le braccia.

Indignato, il dandy si alza di scatto in piedi, "Il mio regalo? Cielo, è questa la considerazione che hai per i regali di tuo fratello?" e, lasciatosi cadere sulla poltrona, aggiunge, "Non ci posso credere, Tobias! Ma," gesticolando, "Almeno ti ricordi," qualche vago suono indistinto precede la conclusione dell'interrogativo, "Come era fatto?"

Affranto ed a sguardo basso, Tobias non osa neppure sbirciare il viso del fratello. "Ma - ma sì, certo!" balbetta, assai agitato, passandosi una mano sulla fronte, "Sai bene - quanto mi fece piacere - il tuo regalo - Oscar! E come io - l'abbia tenuto caro ed in funzione - da due anni a questa parte." Seppure quest'ultima frase contenga tutto l'orgoglio di un esperto in meccanica, la voce rimane bassa e desolata.

Oscar, come perso in un altro mondo, "Oh, bene," replica, con tono pacato, "Perchè io non lo ricordo, e se dobbiamo cercarlo potrebbe tornarci utile sapere che forma aveva, non trovi?"

"Ebbene, era - " il fratello gesticola, cercando di riprodurre con la forma delle dita chiuse a cerchio, quella dell'orologio. "Era rotondo - senz'altro -" ed annuisce tra sé, per poi proseguire, "La verniciatura era dorata - e v'erano impresse le mie iniziali all'interno..." il pover'uomo cerca le parole, sbattendo le palpebre, "Della copertura." conclude, deglutendo; solleva gli occhi per un momento verso l'altro, poi li riabbassa.

"Oh, sembra proprio un orologio!" esclama quegli, annuendo in direzione della finestra; poi, dubbioso: "Ma andava bene?"

Con espressione grave, Tobias annuisce. "Il meccanismo - era pressochè perfetto. Perdeva appena pochi secondi - ogni settimana."
Sospirando, si alza in piedi, con aria inquieta e desolata. "Oh, son assai - spiacente - Oscar! Ma sappi - che lo ritroverò. Son certo d'averlo perduto - " allargando le braccia indica il comfortevole salottino, "In questa stanza."

Il contegno di Oscar è di diniego e poca fiducia nell'avvenire. "Certo, se almeno avesse avuto qualche difetto!" esclama, scuotendo il capo, "Un orologio che va male balza subito all'occhio, mentre uno che va bene si confonde tra la massa!" Poi, con un sospiro, "Speriamo di trovarlo, hai detto che potrebbe essere qui? In questa stanza?"

Pervaso da una nuova frenesìa, Tobias annuisce, "Sì, ne son sicuro - fratello mio." spiega, "Questa mattina son entrato - dovevo lasciare un biglietto - al dottor Watson." e come a voler rinnovare nel fratello minore l'immagine del collega, gesticola in direzione della scrivania presente accanto alla finestra del salottino. "E rammento bene - d'aver guardato l'ora - mentre ero qui. Appena uscito - dovetti ricontrollare - ma l'orologio non v'era più - ed io non avevo tempo -" lasciando in sospeso crolla il capo, inconsolabile.

Il dandy, tuttavia, annuisce ripetutamente, con convinzione, "Bene, allora vorrà dire che ci dovremo dedicare alla caccia dell'orologio!" Si alza: "Da dove cominciamo?"

Compunto, nella sua Vittoriana vergogna, il medico ancora non solleva gli occhi sul viso del fratello, "Io - avevo pensato - di controllare - nei pressi dello scrittoio." e desolato si schiarisce la voce, "Ma pare - non esser lì."

"Ovvio!" ribatte subito Oscar, facendo spallucce, "E' sempre così!", sospira, "Ah! Allora, cominciamo da..." dubbioso si guarda intorno, "Da..." si gratta la testa, "Da dove?"

Non meno perplesso, Tobias segue lo sguardo del congiunto, sbattendo le palpebre, "Potremmo iniziare da -" l'occhio gli cade su una valigetta nera che reca le iniziali J.B. su di una targhetta dorata posta su entrambi i lati della chiusura a fermaglio. "E' la borsa - del dottor Bell - quella?"

"Sì," concorda il dandy, passandosi una mano sul viso, "Ma potrebbe essere anche quella di Jules Bieuxmont!" annuisce.

Il suo interlocutore, sorpreso, aggrotta le sopracciglia, cercando di ripetere tra sé il nome. "Un tuo conoscente - Oscar?" s'informa, avvicinandosi alla borsa nera e spostandola; osserva attentamente il pavimento intorno ad essa, quindi la rimette a posto.

L'interpellato scuote convintamente il capo, "Affatto, non so neppure chi sia, nè se esista! Ma le iniziali potrebbero essere le sue!" ed ancora annuisce più volte.

Tobias, scoccando una breve occhiata al fratello sorride leggermente, con un divertimento fanciullesco; ma poi, rammentandosi della propria colpa, ritorna serio, grave ed imbarazzato; si avvicina al tavolo chimico di Sherlock Holmes, rovistando tra le beute con poca disinvoltura.

"Tu pensi che possa essere finito qui dentro?" presa dal pavimento la borsa di Bell, Oscar indica la borsa.

Pensieroso, l'altro si passa una mano tra i capelli, "Sinceramente - non ricordo se la borsa - fosse qui - e se fosse aperta oppure chiusa - stamattina." avvicinatosi, con un pizzico di reverente esitazione, fa per aprire la fibbia della valigetta.

"Temo che lo sapremo solo aprendola, fratellone!" sospira Oscar, "Coraggio!"

Tobias accenna in senso affermativo, aprendo finalmente la borsa; osservando con attenzione quello che può solamente per ora intuire del contenuto, infila una mano al suo interno, estraendone un astuccio di cuoio ed un fonendoscopio.

Il dandy si sporge in avanti, "Non sembra che ci sia un orologio qui, guarda un po' lì sotto." fa cenno di cercare sotto una custodia di legno dall'aria vissuta.

Estraendo la scatolina di legno scuro, il fratello maggiore percorre a tentoni il fondo della borsa, "Qui non v'è nulla - ma -" osserva la custodia con evidente curiosità, come a domandarsi cosa possa contenere. Esita, con la discrezione che si addice alla sua indole timida.

Oscar, ad ogni modo, rende palese la domanda sottintesa, additando la scatola: "Cosa è?" chiede, senza preamboli.

Tobias inclina il capo da una parte e dall'altra, "Non saprei -" balbetta; tuttavia, fa scattare la cerniera ed apre la custodia.

Il contenuto del misterioso oggetto si rivela essere una serie di strumenti dall'apparire non proprio rassicurante: lame affilate dal pesante manico in cuoio od in osso e dall'impugnatura salda, alcune frastagliate, altre liscie; tutte hanno l'aria d'esser ben tenute, ma indubbiamente utilizzate di recente. Il giovane seguace di Lord Brummel, con fare distaccato, li osserva.
"Oh, ma voi vi divertite ad usare quella roba lì?" domanda, schiettamente.

Il medico richiude la scatola, riponendola nella valigia; accigliato si rivolge al congiunto. "Non ci divertiamo - Oscar -" corregge, serio, "Ma a volte è - indispensabile." aggiunge, gesticolando. "Il dottor Bell - è un luminare - sai. Rimettiamo tutto a posto - presto - prima che si accorga - che abbiamo rovistato - nella sua borsa." esorta, in soggezione al solo pensiero.

"No, ma non credo che se ne potrebbe avere a male, sai?" sentenzia Oscar, con atteggiamento di languida indifferenza, "Mi sembra una persona pacifica; da quanto tempo è che sta qui?"

"Più o meno - una decina di mesi - credo." ragiona Tobias, adoperandosi per ricollocare ogni cosa al suo posto, "Penso tu abbia ragione - "commenta poi, "E' una persona mite - ma potrebbe credere - che avessimo cattive intenzioni."

Oscar emette una istintiva risatina, "Beh, è curioso, non trovi? Sembra paradossale, un uomo che se ne va a spasso con questo strumentario pensa che noi due abbiamo cattive intenzioni? Ti pare?" fa notare, alzando le sopracciglia.

Ancora accigliato il maggiore, per la prima volta da parecchio tempo, osa guardare in viso il fratello. "Il dottor Bell - è un uomo di scienza - ed un medico coscienzioso -" sentenzia, onestamente convinto di ciò che dice. "E come tale è avvezzo ad aspettarsi - che la morale altrui - debba esser ferrea - quanto la sua."

"Bah, sarà!" le sopracciglia del dandy sono ancora alzate; l'uomo sospira, "Ma hai sentito di quel fatto di Whitechapel? L'assassino pare che avesse dei ferri come questi!" osserva il fratello, "Io non mi fiderei! Per esempio, dove si trova adesso? Perchè non è qui?" interroga, con aria grave.

"Buon Dio, Oscar!" esclama Tobias, severo, impallidendo. "Le tue insinuazioni - potrebbero risultare offensive. Ti pregherei - di moderarti - fratello mio. Sappi - che il dottor Bell - ha la mia piena fiducia." conclude, sincero.

Oscar guarda il fratello con aria definitiva, "Beh, sta' attento, fratello mio, non vorrei che..." d'un tratto lo si può veder sgranare gli occhi, mentre con tono d'urgenza egli grida: "Attento alle spalle!"

Il medico, con la più perfetta ingenuità, trasale violentemente, girando sui tacchi e guardando dietro di sè, sorpreso ed atterrito, il viso allungato pallido. "D-dove?" balbetta, non scorgendo neppure un'ombra ad attentare alla sua vita.

"Tobias!" esclama il dandy, scoppiando a ridere, "Ma è mai possibile che tu ci debba cascare sempre?" sospira, ridendo, "Ma tu guarda che fratello emotivo che ho!" constata, scuotendo il capo, con l'aria distaccata dello psicologo che conosceva esattamente la reazione delle sue cavie ancor prima d'iniziare il suo esperimento. Continua ad osservare la borsa di Bell; quindi vi infila una mano, per poi ritirarla stringendo un piccolo fiore di cotone.
"Ah! Curioso. Il dottore si dà all'uncinetto?"

Rosso per l'imbarazzo, Tobias abbozza proprio malgrado un leggero sorriso divertito di rassegnazione, stringendosi nelle spalle; cerca di tranquillizzarsi, sfregandosi la fronte con una mano e concentrandosi a scrutare il fiorellino di cotone trovato dal congiunto.
"Oh," commenta, "Riconosco - il punto - della giovane Miss Bellis."

"Chi?" è la distratta risposta di Oscar, "La ragazza che viene da te a studio?"

Tobias annuisce appena, riconducendo alla memoria la piccola figura dell'apprendista che svolge piccoli lavori domestici nel suo ufficio. "La signorina - prende spesso il tè - col dottor Bell." spiega, riponendo alcune boccettine di cristallo nella valigetta del menzionato.

"Oh! Ma davvero?" fa Oscar, guardando il fratello e giocherellando pigramente col fiore di cotone, "Ed è ancora vivo?" aggiunge.

Malcelando un secondo sorriso di fanciullesco divertimento, il medico cerca d'ostentare una certa serietà, "Figliolo!" rimprovera, "Parlare così - d'una signorina." posa gli occhi sul congiunto, corrucciato; quindi, a mezza voce: "Ad ogni modo - sappi - che il dottor Bell è esperto - in farmacologia."

"Sì, sì! Non lo metto in dubbio," assicura il dandy, anche se la sua espressione è tutt'altro che di certezza, mentre rigira il fiorellino in mano. "Ma credo che non sia esperto in gestione sentimentale, hai visto come guarda la signorina?" imita il soggetto delle sue poco delicate osservazioni facendo delle smorfie, "Salve Miss, certo Miss, tutto quello che vuole, Miss. Tu stesso mi hai detto che più di una volta gli ha distrutto la stanza, e lui," ancora preso dalla caricatura, prosegue contraffacendo il tono della voce in uno austero e cordiale, "Ma non fa nulla, Miss, tanto la dovevo cambiare!" e scuotendo il capo, "Un giorno berrà una bella tazzona di cicuta calda al posto del tè, e..." salutando in aria conclude, enfatico, "Addio, grande luminare!"

"Che il Cielo - ce ne guardi!" balbetta Tobias con fervore, rabbrividendo, "Forse - dovremmo avvertire il dottor Bell - di dimostrarsi un poco più..." gesticolando cerca le parole, "Fermo e severo - con Miss Bellis. Quella bambina - non fa che importunarlo."

Gli ingenui ritengono solitamente che, quando si sta parlando male di un qualsiasi individuo, egli stesso possa apparire sulla soglia da un momento all'altro; mentre, discorrendo alle sue spalle, ma a fin di bene, si sia completamente al sicuro. Il buon Oscar, invece, è a conoscenza del fatto che sovente quel che accade è l'esatto contrario.
La porta, ora, si apre, Lettore: attento, scostati un altro poco e lascia entrare l'imponente figura del dottor Bell. Come si suol dire: lupus in fabula!

"Oh, salve!" esclama il bonario e canuto medico; osserva la sua borsa aperta tra le braccia di Tobias ed il fiore di cotone in mano al fratello, "Cosa fate? Le occorre qualcosa, Anstruther?" domanda, avvezzo alla sbadatagine del collega, ma un poco sorpreso da quell'intrusione inaspettata. "E lei cosa ci fa con questo in mano?" prende il delicato oggetto di cotone dalle mani del dandy.

Sbiancando, Tobias si schiarisce la voce, istantaneamente in soggezione di fronte all'illustre uomo. "D-dottor Bell - noi -" indica se stesso ed Oscar, "La prego - di scusarci - noi stavamo semplicemente -" balbetta, "Cercando - il mio - orologio."

"Ah sì, sì, certo!" replica Bell, completamente disinteressato, "Faccia pure con comodo," e poi, indicando un punto dietro di sè, "Se le occorre una mano sono dalla signorina Bellis per il tè!"

Un mormorìo s'innalza da Oscar, "E ti pare!"

E la replica, ferma e pacata, del luminare, giunge rapida: "Prego?"

Terrorizzato dopo il drammatico e teatrale discorso di prima, Tobias scambia un'occhiata col fratello, "Forse - dottor Bell - intendo -" balbetta timidamente, "Sarebbe meglio -"

Oscar lo osserva per un attimo in modo significativo, come a dirgli: Lascia perdere, tanto ormai è irrecuperabile! Mentre, sfoggiando un sorriso un po' troppo forzato in direzione del medico, risponde, con garbata cortesia: "Dicevo, Le pare! Le pare, dottor Bell, che disturberemmo mai il suo tè con la signorina Bellis."

L'illustre medico pare non aver capito assolutamente nulla di quanto è successo, "Certo, certo, sì," esclama, accomodante, "Io sono di là, eh!" e saluta con un inchino, allontanandosi lungo il corridoio.

Il suo più giovane ed impacciato collega apre la bocca e la richiude diverse volte; quindi s'inchina di riflesso, cortesemente, scoccando al fratello uno sguardo affranto che pare voler dire: E non facciamo nulla?

Salutando il dottore, il dandy chiude la porta dietro le sue spalle; interpretando senza fatica l'occhiata del congiunto, "E che vuoi fare?" domanda, retorico, alzando le spalle. "Ormai!"

Tobias, sospirando, crolla il capo, impaurito. "Speriamo - non accada - nulla di male!" mormora; porta la mano al taschino del soprabito come per estrarne il fazzoletto, ma non trovandolo si limita a schiarirsi la voce.

"Beh," interviene Oscar, con un sospiro, "Se non altro, abbiamo appreso che l'orologio non si trova nella borsa di Bell!"

Il maggiore degli Anstruther sgrana gli occhi. "Ah già - l'orologio!" gli sfugge, a mezza voce: si era già dimenticato dell'intera faccenda; subito si guarda intorno, come a voler recuperare il tempo perduto. "Vediamo - se per caso mi è caduto - nei pressi dell'attaccapanni." ed avvicinatosi ad esso, prende ad osservarlo: ma lo sguardo gli cade su un mantello dall'aria familiare, quello di Miss Evangeline Slasher.

Anche l'altro, dal senso estetico decisamente più raffinato, sta scrutando curioso l'indumento. "Mmh..." commenta, "Dimmi, Tobias, non trovi che questo mantello sia un po' troppo..." e completa la frase con gesti vaghi ed assolutamente afinalistici.

L'espressione di Tobias è molto diversa da quella indifferente del dandy: contiene una palese sfumatura di affetto. "E' - delizioso - non trovi, Oscar?" commenta il medico; rimane a contemplare per qualche altro momento il mantello; di riflesso arrossisce, e nel tentativo di riprendere il suo contegno normalmente serio si china, cercando l'orologio nei pressi del portaombrelli, che, nel salottino di Baker Street, ospita, oltre ad alcuni robusti bastoni dall'impugnatura metallica, una notevole collezione di mappe di Londra e varie cartine geografiche.

Oscar non segue più le ricerche del fratello: s'interrompe, osservandolo con aria distaccata. "Se trovi delizioso un mantello, Tobias," nota, "La cosa si fa davvero preoccupante! Di chi è?" e, prendendo il mantello, "Troppo piccolo per Bell o Holmes, tuo no davvero, e neppure di Watson!" la sua curiosità cresce insieme al numero di affermazioni. Curioso, quasi civettuolo, ripete, "Di chi è?"

Per tutta risposta, il medico riprende l'indumento dalle sue mani, diventando nel contempo decisamente più rosso in viso; con gentilezza, ripone l'oggetto sull'appendiabiti. "Non credo - ti interessi saperlo - fratello." borbotta, non riuscendo ad evitare di assumere un colorito pressochè scarlatto.

Avendo un'indole assai dispettosa, Oscar rincara. "No, no! Adesso tu mi dici di chi è!" e, afferrato di nuovo l'indumento, "Allora? Dai, dai! Di chi è?" lo rigira tra le mani, "Ah, ma aspetta! Qui ci sono delle iniziali... E.S.! Oh!" riporta sul sembiante del fratello uno sguardo malizioso, "Hai capito, il fratellone!"
Fa per riporre il mantello, ma da una delle tasche cade sul pavimento qualcosa di metallico. Sbalordito, il dandy prorompe: "Cielo!" e prosegue, allibito, "Un'arma!"

"Ragazzo mio -" aveva già iniziato a sospirare Tobias, con fare rassegnato, sollevando gli occhi al soffitto. Ma quel rumore sordo attira la sua attenzione; l'uomo impallidisce, e d'istinto si china, raccogliendo l'arma e riponendola, in gran fretta nella tasca del mantello. "Dammi -" intima, sussurrando, "Lascia stare - questo indumento." appende definitivamente il sobrio mantello nero all'attaccapanni di legno.

Oscar appare sconvolto. "Ma perchè va in giro c-con u-una pi-pistola?" balbetta.

Tobias sposta lo sguardo dall'indumento al congiunto e lo osserva per un attimo; evidentemente preoccupato da quel repentino cambiamento d'umore, gli poggia una mano sulla spalla, con fare rassicurante. "Si tratta - d'una questione - di massima serietà - della quale sarebbe -" esitando accenna un sorriso, "Troppo lungo - spiegarti. Nè tu - nè io - siamo in pericolo, questo - è chiaro. Ma dovrai darmi - la tua parola - di non far menzione - di ciò che hai visto."

Spaventato, il suo interlocutore annuisce. "Cielo, Cielo!" ripete, scuotendo il capo con gli occhi spalancati, "Fratello, sei circondato da persone pericolose! Prima la tua infermiera che scambia la camomilla con l'aconito, e poi la tua fidanzata, che va in giro..." la voce è ora stridula, "... con un'arma!"

Stringendo la mano sulla spalla del fratello, il medico solleva le sopracciglia, "Oscar - ti pregherei di calmarti. Tranquillizzati - non v'è nulla - di cui preoccuparsi. Miss Slasher - è una persona - perfettamente rispettabile."
Poi, resosi conto del carattere paradossale di quest'ultima affermazione, abbassa lo sguardo, schiarendosi la voce.

Oscar infatti lo osserva ad occhi sgranati, con aria fortemente perplessa. "Ma davvero?"

"Ti assicuro - che è così." esclama Tobias. Porta le mani dietro la schiena, desideroso di cambiare argomento. "Vieni - cerchiamo ancora - il mio orologio." spia il contegno del fratello, un po' preoccupato.

Il dandy annuisce, "Sì, sì!" Cerchiamo! Non può essere vicino all'attaccapanni!" guarda con soggezione il mantello della signorina Slasher, "No, meglio di no, e se è lì, sarà bene che venga fuori da solo!" seguendo il congiunto domanda, "Dove cerchiamo adesso?"

"Ecco - qui - vicino all'archivio... non vi ho ancora guardato." suggerisce l'altro, indicando a gesti il massiccio archivio criminale di Holmes, contenente centinaia di fascicoli, articoli di giornale, resoconti classificati in ordine alfabetico; tuttavia l'oggetto, assai noto al lettore dello Strand Magazine, è accompagnato da un'altra coppia di curiosi articoli: appeso ad un angolo del mobile v'è un cappellino decisamente femminile che contiene, come un buffo recipiente rustico, un flauto di latta.

Incuriosito, Oscar si accosta al cappello; osserva attentamente, poi, recuperata la sua tradizionale vena cinica, "E questo cosa è?" brandisce il flauto, "Una cerbottana con frecce velenose? O è effettivamente un flauto?"

Tobias gli rivolge un sorriso divertito, "No, no - trattasi di un -" gesticola, cercando il termine adatto, "Flauto irlandese." si china, ispezionando il pavimento accanto allo schedario. "E' di Miss Lady - una delle inquiline." sposta un fascicolo e fruga all'interno di un cassetto, evidentemente rincuorato dalla rinnovata schiettezza del fratello.

"Lady," mormora il dandy, dubbioso, "Lady, sì, mi ricordo di lei!" sorride rigirando il flauto nelle mani. Poi, con una insospettabile vena romantica, "Beh, sono stati fortunati a trovarsi lei e Watson, non trovi, Tobias?"

Sorpreso l'interpellato rivolge lo sguardo al congiunto e sorride sinceramente. "Sono - d'accordo - fratello mio." ripone i fascicoli estratti dallo schedario e poggia una spalla al mobile per tentare di discostarlo un po' dal muro.

Oscar decide di dargli una mano; nell'aiutarlo, gli occhi cadono su un fascicolo alla lettera S. "Toh! Guarda, Stapleton! Era un bravo ragazzo! Uno studioso! Come mai il vostro Holmes se ne è occupato?"

Tobias aggrotta leggermente le sopracciglia, facendo forza sul mobile nel tentativo di smuoverlo. Non riuscendo a scostarlo neppure di un centimetro, "Stapleton?" domanda, meditabondo, assottigliando lo sguardo, "In effetti - rammento - che Watson - mi ha parlato di un certo... Stapleton."

L'altro osserva il fratello provato dal tentativo di muovere lo schedario. "Sì, lo conoscevo, era un bravo naturalista. Chissà che fine ha fatto?" indica la cassettiera, "Pesa?"

"U-un po'." replica il medico, ansimando; poggia la schiena allo schedario e tenta nuovamente di far leva per spostarlo, ma senza successo; la mano destra va per la seconda volta al taschino ma non vi trova il fazzoletto; quindi, improvvisamente, l'uomo, con una espressione di sospetto, riprende: "Oscar - non pensar neppure - ad aprire quel fascicolo. Il signor Holmes - non approverebbe."

Colto in flagrante, quello alza le mani con fare angelico, "Ma ti pare! Mi trovi tipo da curiosare tra le carte altrui?" osservando il fratello, "Togliti la giacca, stai sudando! Scusa se non ti aiuto, ma sto reggendo il flauto ed il fascicolo," alza le spalle, "Ho le mani occupate!"

Proprio malgrado, Tobias gli rivolge un sorrisetto divertito, scuotendo il capo con rassegnazione. "Potresti appoggiarli - e darmi una mano - mio caro fratello." fa notare; tuttavia segue il consiglio di Oscar, toglie il soprabito e si rimette con impegno al lavoro, diventando assai rosso ed accaldato, ed in definitiva visibilmente prossimo ad un collasso. "Giusto Cielo - quante indagini - ha fatto il signor Holmes." esala.

"Oh, sì! E' vero!" mugugna il dandy, "Morte di Sir Charles Baskerville... un cane... la leggenda di Sir Hugo," si ode mormorare, "Stapleton!" esclama infine, "Ma tu guarda! Chi l'avrebbe detto! Come si rovina un uomo! E dire che era veramente bravo, sai Tobias?"

Udendo quei borbottii, il medico impiega un po' di tempo a capire da chi provengano; s'interrompe e si avvicina al congiunto. "Figliolo! Contegno." sbotta, aggrottando le sopracciglia; ma poi, evidentemente molto accaldato, non può fare a meno di barcollare e sedersi su di una seggiola.

L'altro giovane annuisce distrattamente, "Sì, certo, contegno." e seguita a leggere. Dopo poco, prosegue, "L'importante, Tobias, è imparare dai propri errori e non commetterli più!" agita il flauto di Lady sotto il naso del fratello, "Lei c'è riuscita!" alza le spalle, "Stapleton no!"
Posati il flauto ed il fascicolo, "Coraggio, sù! Ti dò una mano!" concede infine, osservando lo schedario. "Ah, ma ce l'hai fatta!"

Ripresosi, Tobias si alza, barcollando verso fratello ed archivio; osserva il primo per un attimo con un mezzo sorriso: assai ingenuo per natura, egli è tuttavia lungi dall'essere privo di buon senso, e sa riconoscere la saggezza quando la incontra. Rimasto in silenzio per un attimo, accenna col capo alla cassettiera. "Sì - ma purtroppo -" balbetta, "Il mio orologio - non è qui."

Con aria rassegnata, "Oh! Che peccato!" esclama Oscar; riprende il flauto ed il fascicolo, "Beh, rimetti a posto lo schedario, io terrò questi!" annuisce con solenne faccia di bronzo.

Quest'ultima uscita pare troppo anche per il medico, che ha la fortuna di conoscere Oscar da quasi trent'anni, ormai. Egli fissa il fratello per qualche istante, con una mistura di serietà e sbalordimento, sbattendo le palpebre; quindi scoppia in una rara e bassa risata quasi fanciullesca, scuotendo il capo; senza indugio si avvicina al mobile e si rimette all'opera per ricollocare al suo posto la mole di legno e metallo.

Anche il dandy scoppia a ridere, "Va bene, va bene!" si arrende, "Ti aiuto!"

"No, fratello mio," lo dissuade Tobias, poggiando la schiena allo schedario. "E' solamente giusto - io ho perso il tuo orologio - ed io lo cercherò." corretto ed onesto sino nel profondo, annuisce con determinazione, "Mi sembra che tu - conosca bene - Miss Lady," dice, prima di ritornare al lavoro.

A questa domanda, Oscar sorride appena, "Sì, è vero!" fa una pausa, prima di continuare, "Avrei potuto conoscerla un po' meglio, ma forse è stato un bene non farlo!" giocherella con il flauto sfoggiando un sorrisetto malizioso, "E' una ragazza in gamba, decisamente quello che ci vuole," preme il flauto contro l'addome del fratello, "Per sciogliere il tuo abbottonato collega!"

Il medico gli rivolge uno sguardo severo, non riuscendo tuttavia a trattenere un sorriso, "Il dottor Watson - è un uomo onorevole e saggio." commenta solo, riuscendo infine con immani fatiche a scostare la cassettiera.

"Ma certo che lo è, Tobias!" esclama il dandy, alzando le mani, "Ma... come dire... semel in anno licet insanire! [3] E se invece di una volta sola si insanisce qualche volta di più..." fa spallucce, "Che male c'è?"

Tobias malcela un sospiro, passandosi una mano sulla fronte e ritornando alla sedia per infilarsi nuovamente il soprabito. "Ad una persona rispettabile - è proibito - comportarsi come un folle." sentenzia; scocca al fratello un'occhiata che non riesce ad essere totalmente austera: probabilmente egli rammenta lo spavento preso prima dal giovanotto ed è sollevato di ritrovarlo normale.

Il sorriso malizioso non è ancora svanito dal volto del dandy; egli rigira il flauto nelle mani un'ultima volta per poi farlo ricadere nel cappello di Miss Lady. "E adesso, Tobias? Dove cerchiamo?"

Il medico sistema il colletto della camicia, stringendo un poco il nodo della cravatta. "Dunque - cosa ci -" fa un gesto ampio col braccio, "Rimane - da ispezionare? Oh." il suo sguardo si posa su un plico di spartiti musicali collocati accanto ad un panierino bianco di vimini.

Per tutta risposta, Oscar fischietta le prime terzine della quinta sinfonia di Beethoven. "Ta ta ta taaaaaa! E adesso viene il bello!" si porta le mani alla cinta, "Coraggio, fratello! Dopo di te!"

Al Lettore, l'ironia garbata del convinto ammiratore di Lord Brummel potrebbe sembrare fuori luogo, o addirittura inspiegabile. Lasci dunque che sia Tobias, avvicinandosi al panierino con timore, ad esporgli il motivo di tale turbamento.
"Questo - dev'essere di Miss Bellis - ma direi - di non aprirlo. L'ultima volta - ho impiegato quasi - un'ora!" solleva le sopracciglia, "A raccogliere - tutti i gomitoli di lana! Ma... questi - son spartiti - per pianoforte." curioso ed un po' stranito osserva i fogli.

Oscar osserva gli spartiti con la tipica aria malinconica e trasognata che tutti i dandy hanno nei confronti della musica, per poi parlare con voce languida: "Sì, hanno due pentagrammi, non credo che siano per uno strumento solista. Sì, penso che siano per pianoforte! Ma miss Bellis non suona la chitarra?"

Annuendo meditabondo, Tobias si passa una mano sul mento e con un leggero sorriso getta luce sul piccolo enigma: "Credo - che siano di..." assottiglia lo sguardo per un attimo "Miss Bebbe. Hai mai incontrato - quella giovine assai intelligente - che spesso lavora al teatro? Canta l'opera - insieme a Miss Irene Adler."

Oscar sospira guardandosi attorno con aria assente, probaboilmente ancora rapito dal fascino dell’ Arte invisibile. "No, credo di no... o forse sì! Sì, mi pare di ricordarla." facendo poi un sorrisetto malizioso "Di miss Adler mi ricordo, eccome," sospira, "La dimostrazione tangibile che anche Holmes è un essere umano!" Passandosi una mano sopra l’altra, come per carezzarsi, ride piano.

"Oscar!" esclama Tobias con serietà, scostando il fascicolo di partiture per ispezionare il tavolino in cerca del proprio orologio "Ti pregherei - di non essere indelicato. Il signor Holmes - è una persona..." cercando le parole adeguate, nel tentativo di pronunciarle senza balbettare, fa ampi gesti coi fogli in mano, per poi concludere, come se si liberasse di un peso: "Riservata".

"Ma certo, Tobias, certo! Hai ragione tu!" Dice pianamente Oscar scuotendo il capo e guardando al cielo. Poi, come per voler cambiare argomento: "Ma tu la conosci bene la signorina Bebbe, vero? Me ne hai parlato più volte." chiede, sfogliando distrattamente gli spartiti nel tentativo di leggere la musica.

"In effetti," cerca di spiegare Tobias, tentennando il capo e riflettendo, "Più che altro - me ne ha parlato - Miss Bellis. Da ciò - che mi ha detto - è una giovane molto assennata - ed è una eccellente artista."

"Ah, davvero?" ribatte con interesse Oscar con un tenue sorriso, pur senza muovere gli occhi dalla partitura. Poi, assunta la sua solita espressione colma di tedio: "E anche lei si dedica alla preparazione di infusi di cicuta?" chiede cinicamente chiudendo lo spartito e posandolo su un tavolino.

"Non credo - che Miss Bebbe - condivida la distrazione - di Bellis." risponde Tobias accennando un tenue sorriso e sollevando le sopracciglia "Anzi - penso si tratti - di una donna - saggia e padrona di sè." Osservando curiosamente le carte pentagrammate fino a poco prima lette dal fratello, chiede: "Di che spartito - si tratta?"

Oscar, che come il Lettore avrà vagamente intuito è una persona molto stravagante, osserva quietamente il fratello ondeggiando la testa da un lato all’altro, poi, facendo spallucce: "Non lo so, mentre lo scorrevo mi sono ricordato che io non conosco affatto la musica! E pensare che me ne ero del tutto dimenticato!"

Tobias, resistendo alla tentazione di alzare gli occhi al Cielo, con un sorrisetto fanciullesco e divertito cerca di ritornare alla realtà dopo le stramberie del suo fratello: "Proseguiamo - la nostra ricerca - fratello mio."

Oscar, mettendo le mani dietro la schiena, inclina la testa da un lato con un sorriso malinconico, con la mente ancora rapita dagli ovattati ambienti di un teatro lirico dice in tono mesto, "Sì, proseguiamo!" poi voltandosi melodrammaticamente verso il fratello, "Dove cerchiamo?"

Sbirciando il viso del giovane congiunto Tobias giunge ad una conclusione ovvia e normale, per un dandy: "Hai un'aria un po' - triste, Oscar. Sei certo - di sentirti bene?" mentre si interessa sullo stato d’animo del fratello, il dottore si avvicina al divano, ne prende una coperta e nel piegarla si avvede della presenza di un piccolo tamburello rivestito in cuoio e stoffa colorata.

Il tonfo timpanico del piccolo strumento ridesta l’attenzione del giovane Oscar e lo riporta indietro dal regno dei sogni ad occhi aperti.
"Come? Ah, sì, sto bene, cos’è quello?" chiede incuriosito osservando il manufatto, "Un tamburello?"

Tobias rigira tra le mani l'oggetto, osservandolo da più angolazioni e giungendo, dopo una scrupolosa analisi alla medesima opinione del fratello:
"Penso - di sì." dice battendo piano sulla superficie di pelle "Dev'essere - di Miss Billie." Poi, come fantasticando, accenna un sorriso, "Dovresti conoscerla."

Sorridendo delicatamente, il giovane Anstruther dice: "Sì, la conosco, la conosco bene, Tobias" ed, annuendo con un tenero compiacimento, del tutto fuori luogo sul viso di un dandy, spiega: "Veramente una brava ragazza!"

Il medico, sorpreso e vagamente interdetto, osserva il fratello e gli porge lo strumento, pensando che ne sia anch'egli incuriosito e, mentre lo strumento passa di mano, egli osserva per un attimo il congiunto, con attenzione, come per cogliere delle immagini mai viste.

Preso il tamburello, Oscar lo fa oscillare con un sorriso. "Oh, sai, quando ho avuto quel problema con il lavoro, miss Billie mi è stata davvero molto vicina" dice spontaneamente, accarezzando quasi con gratitudine l'oggetto. Dopo un momento però il nostro cinico erborista torna se stesso, concludendo i suoi pensieri con una frase rapida e laconica: "Molto vicina, al punto da potermi consentire di riprendermi e di tornare ad essere me stesso in breve tempo."
Il fugace momento di umanità del signor Anstruther si dilegua in uno sbadiglio, mentre con un sorriso appena accennato egli porge al fratello il piccolo tamburo.

Un leggero sorriso affiora anche sulle labbra del medico, un moto di istintiva gratitudine nei confronti della signorina Billie.
"Capisco, sono felice - che ti abbia aiutato." dice Tobias, guardando il fratello, "Non saprei come fare - se non trovassi - il solito Oscar - ad Aldwych."

All’affermazione del fratello Oscar risponde con disinteresse: "Potresti provare ad andare a Piccadilly, da quell'altro con il girasole!"

Il sorrisetto del dottor Anstruther assume una sfumatura di divertimento, "Non sarebbe - la stessa cosa." esclama, scostando un poco l'imbottitura del divano ed ispezionandone le pieghe.

"Bravo, risposta corretta! Era un trabocchetto" dice Oscar sospirando malinconico e congiungendo le mani con lo sguardo al cielo, "In fondo ci vuole così poco ad appagare la mia vanità!"
Poi si sporge sul divano e chiede: "Trovato nulla?"

Tobias allarga le braccia, sconfortato, anche il divano non reca buone notizie: "No - nulla." e dopo un attimo di sconforto, mormora sospirando "Dove possiamo - cercare - ora?" mentre lo sguardo si aggira frenetico per il salotto, già abbondantemente perquisito, gli occhi gli cadono sul panierino di Bellis, ancora intonso.

Con una risatina nervosa, osservando il panierino della signorina Bellis, Oscar giunge ad una drammatica conclusione: "Temo, Tobias, che ci toccherà guardare li dentro, sai?" poi, preso l'orologio dal gilet, domanda con aria annoiata: "Hai da fare per le prossime sei ore?"

Il medico deglutisce e si avvicina al panierino con fare circospetto, come se, a ragione, avesse motivo di temere qualcosa dallo stesso.
"Sei - certo - ovvero" deglutisce nervosamente e gesticola nel tentativo di far uscire i suoi pensieri e dar loro forma di parola, "Non credi che - potremmo fare a meno - di aprirlo?" nel parlare, con cautela, solleva uno degli sportellini superiori del panierino solo per sbirciare all'interno.

Sportosi sulle spalle del fratello, il più giovane osserva il panierino dall’ alto e conclude: "Eh, si! tempo proprio che dovremo farlo! Coraggio sù, cominciamo!"
E con una lena che poco si crederebbe risiedere nelle corde di un dandy cittadino, il nostro Oscar si leva la giacca e la sistema sulla spalliera di una sedia, si sbottona i gemelli ed arrotola le maniche fino al gomito, sospirando con disappunto: "Cielo! Se mi vedesse Lord Brummel!"

Tobias, prendendo esempio dalla inaspettata determinazione del fratello minore, si toglie nuovamente il soprabito e lo appoggia, accuratamente piegato, sullo schienale di una poltrona, arrotola le maniche e si avvicina al panierino; tuttavia, sfortunatamente, inciampa in un lembo del tappeto e cade sul divano, rovesciando al suolo la cesta di vimini.

Ebbene caro lettore, il signor Einstein e le sue teorie dimorano ancora in un futuro lontano, ma senza saperlo, i fratelli Anstruther, questo pomeriggio, hanno spiegato il concetto di condensazione della massa.
Un inimmaginabile volume di oggetti, i più eterogenei, affollano in un batter d'occhio il pavimento dello studio di Baker street, i più ribelli premendo anche contro la porta per poter invadere il corridoio.
Solamente una mano - è difficile a dirsi, ma da qui sembra quella di Tobias - affiora al di sopra di una marea di gomitoli delle più vicine sfumature di violetto, turchino e rosa. Poco dopo un mormorìo lamentoso emerge da quell'enorme massa lanosa a togliere tutti i dubbi: Tobias Anstruther sta annegando nella lana, ma del resto, come dargli torto? Sì, d’accordo, molti di voi sapranno nuotare, in acqua, ma vorremmo vedervi a nuotare in un mare di lana!

Cercando di orientarsi nel lanoso oceano, Oscar, saldamente ancorato al tavolo, grida: "Tobias! Sei vivo?"
Il dandy si guarda attorno frenetico, la lana non è certo il suo habitat naturale, ma ciò non sopisce la sua anima perfezionista e vocata al bello: "Dov'è la mia giacca? Si sarà sgualcita tutta quanta!"

La voce soffocata del povero Tobias emerge da sotto i gomitoli, in prossimità del caminetto. Lettore, non disperare, le speranze di rivedere il medico vivo non sono sopìte!
"L-la tua - giacca - è qui - Oscar!"
Sentito, Lettore? Neppure le speranze di rivedere la giacca di Oscar sono svanite! Direi che questa storia è veramente piena di colpi di scena!
Il povero Tobias indica il proprio piede impigliato in una delle maniche della giacca del fratello, egli lo può scorgere dal tavolo, pare sofferente e prossimo a soccombere in balìa dei flutti, pardon, dei fili multicolori.

Oscar, lasciato il sicuro appiglio del tavolo, con due bracciate giunge fino al camino, dove con impareggiabile ardimento salva la vita al fratello.
"Oh, grazie al cielo, Tobias!" lo afferra per un braccio e lo riporta in superficie, "Tobias! Resisti!" riesce ad aggrapparsi saldamente ad un becco a gas sopra il camino, ma le avventure non sono finite, perché qui Oscar si rende conto del grande dramma che lo ha colpito:
"Tobias, accidenti! Leva la scarpa dalla manica della mia giacca!"

Con difficoltà Tobias riesce a districare la scarpa dalla manica, quindi sprofonda nuovamente appesantito da un grande orologio a cucù dell'epoca elisabettiana sotto lo sguardo stupito del fratello, il quale è sinceramente meravigliato della vastità della collezione orologiaria della signorina Bellis.
"Tobias" dice al fratello non curandosi del fatto che questi sta nuovamente annegando, "Non mi avevi detto che miss Bellis aveva una passione per gli orologi, ma tu guarda quanti ne ha!"
Da un groviglio di lane Oscar districa un gruppo di orologi da tasca attaccati alla medesima catena e li osserva con stupore. "Ah, vediamo se qui c'è il tuo!" non udendo risposta Oscar si volta e chiama nuovamente: "Tobias, dove sei?"

Dei mormorii sommessi al di sotto della lana si avvertono impercettibilmente, ed una mano cerca di scostare l'enorme orologio a cucù per risollevarsi oltre il perimetro del mare di gomitoli.
Oscar con disappunto afferra la mano del fratello e lo tira su arringandolo con aria di rimprovero: "Insomma, Tobias! Basta giocare con i gomitoli! Contegno! Cerchiamo piuttosto di rimettere a posto tutto e certamente il tuo orologio salterà fuori!"

Afferrandosi all'orologio ed alla mano del fratello, con un mormorìo di ringraziamento, Tobias riesce a riaffiorare; scivola su un gomitolo di cotone particolarmente liscio e rischia di cadere di nuovo, ma aggrappandosi alla spalla di Oscar riesce ad avvicinarsi a lui. Da sopra le sue spalle può osservare la quantità di orologi che costituiscono la collezione della signorina Bellis:
"Giusto - Cielo!" riesce ad esclamare appena.

Anche il fratello minore è assai sorpreso, e ad un tratto chiede: "Hai visto quanti sono? Riesci a vedere il tuo?"

Tobias si guarda intorno spaesato, uno dopo l’altro afferra gli orologi che gli capitano a tiro e li analizza.
"Dunque - ah!" esclama esaminandone uno, lo apre, ne osserva le iniziali e la delusione prende il luogo dell'iniziale entusiasmo: "No - non è questo."
Ma a quanto pare Tobias non si da per vinto: "Oh, potrebbe - essere" mormora appena con nuovo slancio mentre tira giù un orologio dalla pantofola persiana alla quale era rimasto appeso; lo osserva bene, ma ahimè...:
"No - neppure questo! Oscar - son troppi!" sospira infine sconsolato.

"Sì, hai ragione," annuisce il fratello, "Beh, cerchiamo di rimettere tutto nel paniere, prima o poi l'orologio ci capiterà in mano!" così dicendo, Oscar prende quattro gomitoli dal pavimento e li lascia cadere nel recipiente. Dopo qualche secondo ode un tonfo sordo, apre il contenitore e tutto ciò che riesce a vedere è uno spazio nero da cui proviene una tenue corrente d’aria. Stupito, dal momento che di solito i panieri, specialmente quelli di vimini, hanno tutt’altra struttura all’ interno, si affaccia al bordo del contenitore gridando: "Ehilà?"
Un'eco assai flebile è l’unica cosa che emerge dal fitto buio del paniere di Bellis. Molto spaventato, Oscar solleva il contenitore, vi passa una mano sotto e, turbato, osservando il fratello con stupore dice: "Eppure è tutto qui!"

Tobias, perplesso, si sporge oltre la spalla del fratello e scruta, vagamente atterrito, la forma del panierino: "E' un congegno - magico?" chiede infilando la mano nel vuoto e cercandone il fondo.

"Non lo so Tobias! Non lo so proprio!" risponde Oscar inquieto "E ad essere sincero non sono sicuro di volerlo sapere!" Non trovandone il fondo, Tobias immerge il braccio sino al gomito nel panierino per poi rivolgere ad Oscar uno sguardo pressochè spaventato:
"Giusto - Cielo!" ripete; poi, dopo un attimo di terrore, "Presto - rimettiamo - tutto dentro - questo - recipiente," dice, preoccupatissimo, facendo dei gesti con le braccia.

"Sì, sì, sì! Subito, subito!" dice istericamente Oscar mentre il grande volume di lana viene riversato nel baratro del panierino gomitolo dopo gomitolo. Tuttavia, nonostante lo spavento e la fatica, dell'orologio di Tobias Anstruther non vi è alcuna traccia.

Verso la fine dell’operazione di riempimento, nell'infilare due lunghi ed acuminati ferri da maglia all'interno del capiente panierino, per errore, Tobias urta il braccio di Oscar.
"Per Giove! - Scusami - fratello mio" balbetta il medico, dispiaciuto.

Oscar, ancorchè sofferente, sorpreso sgrana gli occhi per constatare una verità terribile e atroce, per un dandy...
"Mi - mi hai bucato la giacca!" dice disperato mentre si leva l’indumento, non facendo caso al fatto che dal braccio scorre un po' di sangue, "E mi hai anche bucato la camicia! Bucare la giacca è distrazione, ma anche la camicia è deplorevole! [4]"

Tobias, ragionevolmente più preoccupato dal sangue che dal foro nel soprabito e nella camicia, esclama:
"Aspetta - Cielo - perdonami - sono," assai preoccupato balbetta ed, impallidito, afferra il braccio del fratello, "Sono - desolato - vieni - siediti."

"Cosa - cosa vuoi che m'importi del braccio?" replica Oscar con voce stridula, assai alterato, "Oggidì ne fanno di bellissimi di legno! Ma la camicia? E la giacca?" chiede con concitazione, non si capisce se più irato o sorpreso.

"Oscar - ti regalerò - una giacca ed una camicia - identiche a queste - ma ora - per cortesia - lasciami dare un'occhiata - al tuo braccio." si impone Tobias, seriamente preoccupato, anche se, apparentemente, senza motivo. Il medico è assai pallido ed invita il fratello adesso con parole più docili: "Siedi - bontà divina."

Oscar nervosamente obbedisce, guardando in direzione opposta al fratello. Della sua tagliente favella adesso è rimasto ben poco, tutto ciò che riesce a dire, infatti, è un indistinto: "Umpf!"

Tobias, invece, solleva i ferri da maglia tenendoli in controluce, con gli occhi sbarrati ed il contegno piuttosto allarmato. Pare riprendere un po' di colorito nell'atto di lasciar andare un sospiro di sollievo, poi s'avvicina al fratello poggiando i ferri e, trovato un fazzoletto nella tasca del proprio soprabito, preme ai lati della ferita sul braccio del congiunto per far fuoriuscire un poco di sangue, che tampona col fazzoletto.

"Almeno abbi il buon cuore di non giocherellare con la mia ferita, fa male!" sbraita Oscar, dirigendo poi il suo sguardo in basso, "E poi macchi il tappeto!" seguita assai alterato e con voce stridula, "Hai visto? Hai macchiato il tappeto! Adesso come facciamo? Bisogerà macchiare tutti gli angoli del tappeto per creare un minimo di simmetria!" dice, quasi lacrimando per il disgusto, "Che orrore! Una macchia asimmetrica! Ah! Dove è finito l'amore per l'equilibrio?" chiede retoricamente, e con fare sognante agita il braccio sano "Per l'estetica? Ah!" molto teatralmente si porta il dorso della mano alla fronte, "Poveri noi!"

Tobias prende l'altra mano di Oscar, discostandola dalla fronte dal dandy e poggiandola sul fazzoletto, che tiene sulla ferita. Come prima emette un sospiro, ma questa volta di rassegnazione. "Tieni premuto - da bravo!"
Il medico si dirige alla borsa del dottor Bell, la apre e ne estrae una boccetta di antisettico, versa un po' del liquido su di un panno pulito e ritorna presso il fratello, serio ed ancora preoccupato, "Dopo - penseremo al tappeto - suvvia - Oscar." balbetta, cercando di prestare delle cure ad un paziente tanto indisciplinato.

"Premo qui?" chiede Oscar, adesso più mite dopo la sfuriata iniziale. Ad un tratto l’uomo osserva la boccetta presa dalla borsa di Bell e dice:
"Senti, Tobias, ma non è che quello magari è del veleno? Sei sicuro di essere sicuro di quello che fai?" chiede preoccupato, poi, abbassando lo sguardo con uguale timore: "Attento a non macchiarmi i pantaloni!"

Tobias si ferma accanto al fratello guardandolo, lo vede ancora piuttosto pallido ed accenna un sorriso rassicurante: "E' solo - antisettico." Scosta il fazzoletto dal braccio di Oscar e vi preme la garza imbevuta di antisettico ripulendo con cautela la ferita.
"Stai fermo, Oscar!" mormora.

"Ma brucia!" risponde il fratello.

Il medico inclina il capo cercando di tener fermo il braccio del congiunto.
"Lo so - fermo ancora - un attimo," esorta, terminando di disinfettare la ferita, "Ecco - tutto fatto!" dice con soddisfazione, poi inizia ad accomodare una fasciatura sul braccio.

"Ma tu guarda!" si lamenta Oscar "Adesso mi trovo con una camicia ed una giacca da buttare e senza aver trovato l'orologio! A proposito, che ore sono?" chiede prendendo un orologio dalla tasca dei pantaloni e tenendolo in mano, "Il mio non va bene, che ore sono Tobias?"

Tobias osserva il fratello per un attimo, senza capire. Quindi, sollevando le sopracciglia, porta la destra all'orologio e ne fa scattare il meccanismo d'apertura.
"Puoi muovere - il braccio ferito, eh!" ricorda al fratello, con fare pacifico ed un leggero sorriso.

"Grazie!" risponde Oscar con una smorfia, "Quindi? Che ora è?"

Il medico si china e lancia un'occhiata al quadrante dell'orologio:
"Le sei - e ventidue." informa il fratello, serio.

"Ah! E' tardissimo, e non ho neppure preso il tè!" risponde Oscar, seccato, poi il suo incontenibile amore per l'estetica lo porta a dire:
"Bell'orologio quello che hai lì! Se non te lo fossi comprato da solo te lo avrei regalato io! Davvero bello!"

Tobias fa per voltarsi, al fine di riporre antisettico e garze, ma s'immobilizza di un tratto, osservando un punto del gilet indicato dal fratello.
"Come - ma Oscar - il mio orologio - me lo hai regalato" fissa l'orologio, allibito. Rimane a bocca aperta." ... tu." conclude, stupito egli stesso di quanto è accaduto.

Oscar, non avendo minimamente capito la dinamica degli eventi, dice:
"Ah! volevo ben dire! Chi potrebbe avere tanto gusto?" dice, alzandosi e roteando le braccia attorno a se come se danzasse, "Tanta sensibilità artistica? Tanto estro? Se non..."
Finalmente la mente gli si illumina! "Io?"
Sbatte un paio di volte le palpebre, ancora incerto, non sa se ha capito bene.

Tobias, vagamente turbato osserva il fratello: "Oscar - stiamo cercando..." prende a gesticolare indicando se stesso, "Il mio orologio!" indica il fratello, "Che tu - mi hai regalato!"

Oscar osserva il fratello con gli occhi assottigliati ed una mano sotto il mento, l'altra mano è alla cinta. "Ah, davvero? oh che sbadato! Ah, si, ricordo che mi sono anche adirato prima, perchè avevi perso il tuo orologio, sì, sì! Hai ragione!" sorride candidamente, "Beh, lo abbiamo trovato! Siamo stati bravi, eh?" esclama fieramente anche se ancora io, personalmente, credo che non abbia capito nulla di quanto è accaduto, non so voi! Comunque...
"Nulla sfugge ai fratelli Anstruther!"

Dopo un momento di completo sbalordimento, durante il quale il maggiore osserva il fratellino con preoccupazione mista a stupore e diffidenza, (come dargli torto del resto?) l'uomo si apre improvvisamente in un sorriso fanciullesco; si avvicina e prende l'orologio, cercandone le iniziali. "Sì - è proprio - il mio!" esclama, felice come un ragazzo, "C'è anche - la tua dedica!" sèguita, porgendo il meccanismo al congiunto ed indicando l'iscrizione.

Oscar si sporge a leggere la dedica e decisamente la riconosce, "Sì, sì! E' lui!" dice allegro, congiungendo le mani e portandole al petto, con lo sguardo in alto.
"Chi, del resto, poteva scrivere una cosa tanto bella, se non io?" si schiarisce la voce preparandosi a declamare ad alta voce:

"Al mio Tobias, perchè gli sia più dolce apprendere da questo monile la caducità della vita."

Quindi, quasi alle lacrime, il dandy prosegue: "Che pathos! Che sensibilità! Che genio!" esulta, girando per la stanza in preda alla commozione.

Tobias si passa una mano sulla fronte, mentre il sorriso ingenuo assume una sfumatura di chiaro divertimento; segue il fratello con lo sguardo attraverso la stanza, quindi, non potendo contenersi, gli si avvicina e dice con sorriso sincero:
"Mio buon Oscar, potrai perdonarmi - per aver perduto - un oggetto così caro?"

"Ma certo, fratellone! E poi, non lo avevi perso! E’ sempre stato nella tasca del tuo gilet!" risponde Oscar battendo con il dorso della mano sulla pancia di Tobias, "Poi, guardiamo il lato positivo della vicenda! Hai fatto un po' di esercizio fisico, spostando tutti questi mobili" aggiunge sospirando, "A voi medici piace fare moto, vero? Non siete come noi che amiamo le poltrone!"

Tobias solleva le sopracciglia, sorridendo, "Ma certo - ti ringrazio molto - fratello mio." Quindi stringe per un attimo la mano del fratellino con aria solenne, poi passa la manica sull'orologio per pulirlo, ed infine lo aggancia alla catena per riporlo nella tasca corretta del gilet.

Indicando il vestito del fratello con un sorrisino indisponente Oscar aggiunge:
"Ecco, solo, la prossima volta non sbagliare tasca, mi raccomando!"

Il medico reprime un sospiro riabbottonandosi il soprabito, prende quello del fratello e lo solleva perchè l'altro lo indossi.
"Starò attento - lo prometto."

Infilato il soprabito, il chimico recupera il cappello ed il bastone ed apre la porta per far passare prima il fratello: "Prego, prima gli anziani!" dice sorridendo maliziosamente.

Aggrottando le sopracciglia, Tobias agita una mano come a rimbrottare Oscar per la sua osservazione; ma sorride divertito mentre esce e si sofferma ad attendere il fratello poggiandogli una mano sulla spalla mentre entrambi s'avviano per le scale.

Caro Lettore, speriamo proprio che tu ti sia divertito. Noi sì, e parecchio, anche!...
Come? Sì, certo che lo sapevamo che l'orologio ce l'aveva Tobias! Ma, se glie l'avessimo detto, non avremmo trascorso un pomeriggio così avventuroso e, in fondo, neppure loro!

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Un anno fa, Baker Street fu fondata e costruita da Miss Slasher e Miss Mondella.
Almeno, la
nostra Baker Street.

Quella che abbiamo frequentato tutti i giorni, sbirciando all'interno delle stanze, percorrendo le salette affollate, dialogando e conversando amabilmente con gli occupanti. Spesso, ovunque ci trovassimo, ed in qualunque attività fossimo occupati, non abbiamo saputo resistere alla tentazione di fare una capatina nel comodo salotto, per vedere se vi fosse posta per noi o spiare cosa stessero facendo i nostri coinquilini.

In questi dodici mesi, tutti i visi che abbiamo appreso a conoscere ci sono diventati noti: qualcuno è maggiormente impresso di altri, nella nostra memoria; alcune forme sono talmente vivide da risultare indelebili, altre rimarranno comunque per sempre come un indistinto ma bel ricordo.

Questo breve racconto è per mostrarvi, uno ad uno, i volti più vividi, e per ringraziare i nostri amici del 221b di questo stupendo anno passato insieme.
Con la certezza, ovviamente, che ne seguiranno molti altri.

Miss Bellis Naemar
 (Dr. Tobias E. Anstruther)
Dr. Joseph Bell
 (Mr. Oscar W. Anstruther)


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Note al Racconto

[1] : Sembra proprio che il giovane Anstruther abbia incontrato Mr. Wilde presso Piccadilly. -- Torna SU

[2] : Quando per la prima volta Oscar ha menzionato al buon Tobias il concetto di spleen, egli ha dovuto far qualche ricerca per comprendere a cosa si riferisse. Chissà che il lettore non si trovi nella medesima situazione. -- Torna SU

[3] : Letteralmente, una volta all'anno è lecito commettere follìe. -- Torna SU

[4] : Chi è che scrisse, in una commedia, "To lose one parent [...] may be regarded as a misfortune; to lose both looks like carelessness."? Ah, a Tobias sarebbe venuto di certo in mente quella stessa opera teatrale risalente ad appena un anno prima degli eventi qui narrati, se avesse i medesimi gusti letterari del suo fratello minore. -- Torna SU


   
 
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