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Autore: Eowyn 1    26/12/2010    9 recensioni
« E allora? Cosa sono questi discorsi? » li rimproverò Niniel guardandoli severamente « Che arrivi anche, la guerra. Sappiamo che ormai è quasi inevitabile! Ci porterà via molto, ma non è questo lo spirito con cui dobbiamo affrontarla! Dobbiamo reagire! Combattere e stare il più sereni possibile fino a che ne abbiamo la possibilità! » Che cosa sarebbe successo se Boromir, prima di partire per Granburrone, avesse conosciuto Niniel, la cuoca di corte? Un caso fortuito ha voluto che si conoscessero...
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Boromir, Faramir, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao

Ciao! BUON NATALE A TUTTIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!!!!!!!! J

Allora, cosa ne pensate di un nuovo capitolo dopo tutto questo tempo? Consideratelo un po’ come un regalo di Natale da parte mia!!

E finalmente ce l’ho fatta! Inutile, a quanto pare devo per forza essere costretta in casa con la febbre per riuscire a continuare questa fan fiction! Ehi, aspettate però… questo non significa che siete liberi di augurarmi qualunque tipo di malanno solo per poter continuare a leggere la storia eh?!!

Comunque, scherzi a parte… mi spiace avervi fatto aspettare così tanto! Mi rendo conto che ho impiegato più di due mesi per aggiornare, ma vi assicuro che l’ispirazione era andata a farsi un giro probabilmente dall’altra parte del mondo! Non riuscivo a scrivere una riga, e non tanto in questo capitolo che era già scritto tutto, ma nel prossimo! Non ci riuscivo! Poi mi sono impegnata (anche perché con la febbre non avevo altro da fare), ho pregato in elfico che l’ispirazione tornasse e alla fine qualcosa ho combinato… (ma poi mi direte voi quando leggerete il prossimo capitolo che è quello incriminato!)

Ora vi lascio alla storia, è meglio…

 

 

 

Capitolo 14

 

24 Dicembre 3018, Granburrone

 

I ruscelli sul fondovalle scorrevano scrosciando dolcemente mentre gli alberi, nonostante fosse ormai dicembre inoltrato, parevano nel pieno della loro vita. Un freddo vento invernale passò attraverso i rami e nei corridoi, che conducevano da un edificio all’altro, e dove si aprivano balconate che permettevano di affacciarsi sui fiumi sottostanti. Quello stesso vento accarezzò dolcemente i capelli dell’uomo che, affacciato a una di quelle balconate, osservava come ipnotizzato il ritmico cadere dell’acqua di una piccola cascata, giù, verso fondovalle.

« È tutto pronto. Domani possiamo partire. » una voce lo riscosse dai suoi pensieri, mentre un uomo, dai capelli scuri e la barba incolta, gli si avvicinava « Tu sei pronto? »

« Sono pronto da tempo. Per me abbiamo aspettato anche troppo. »

« Se Gandalf e Sire Elrond hanno ritenuto giusto farci aspettare fino ad ora, un motivo c’è. Non dobbiamo dubitare delle loro scelte. »

« Non dubito delle loro scelte, Aragorn. » la voce di Boromir si fece tesa « Temo per la sorte del mio popolo. Tu sai che vi seguirò, che combatterò con voi, ma non appena mi sarà possibile i miei passi si dirigeranno verso Minas Tirith. Gondor ha bisogno di essere difesa! »

Il ramingo si appoggiò alla balconata e strinse i denti mentre, in silenzio, scrutava la valle sottostante.

 

Gennaio 3019, Minas Tirith

 

« E poi metti dell’altra crema al cioccolato qui ed è fatta! La torta è pronta! »

« Sìììì! E ora me la mangio! » esclamò il piccolo Asyl.

« Eh, no… mi sa che dovrai aspettare ancora un po’! » gli spiegò Niniel ridendo.

« Perché? » domandò deluso il bambino « Hai detto che è pronta! » e incrociò le braccia sul petto.

« Asyl! Smettila di fare i capricci e ascolta quello che ti dice Niniel! Altrimenti non viene più ad insegnarti a preparare i dolci! » lo riprese sua sorella Ilarin.

Era un tardo pomeriggio di metà gennaio e Niniel, dopo il lavoro, si era fermata a casa di Ilarin. Alcune settimane prima aveva conosciuto Asyl, il fratellino dell’amica. Il bambino si era affezionato a Niniel e, nonostante sua sorella Ilarin fosse anche lei una cuoca, era riuscito a convincere Niniel ad andare da loro, quel pomeriggio, perché gli insegnasse a cucinare un dolce.

« Mi sgridi solo perché sei gelosa che ho chiesto a Niniel e non a te di insegnarmi a preparare una torta! » le rispose il bambino, leccandosi in dito sporco di cioccolato.

« Ma cosa dici? » Ilarin spalancò gli occhi « Vorrei solo che tu ascoltassi un po’ di più Niniel! »

« Ma lei aveva detto che la torta era pronta! Perché non posso mangiarla allora? » reclamò lui.

« Perché prima dobbiamo cuocerla! » gli spiegò Niniel, intromettendosi nella discussione tra fratello e sorella.

« Ma se la mangio così cosa succede? »

« Ti viene un bel mal di pancia! » gli spiegò Niniel.

« Allora mi sa che è meglio se prima la cuoci… » bisbigliò il bambino.

Niniel e Ilarin scoppiarono a ridere, mentre le guance del bambino si tingevano di vergogna.

« La smettete di prendermi in giro? » gridò il bambino offeso.

« E dai Asyl! Stiamo scherzando! » gli disse la sorella.

« Io no! Per questo voglio imparare a cucinare bene! Così quando sarò grande cucinerò insieme a Niniel e poi ci sposeremo! »

Le due ragazze smisero di ridere e si guardarono esterrefatte.

« Asyl, vedi io… non credo che tu e Niniel… sì, insomma, non credo che potrete mai sposarvi! » gli disse la sorella.

« E perché? Guarda che se anche tu non vuoi io Niniel la sposo lo stesso! » rispose il bambino mettendo le mani sui fianchi.

Ilarin guardò l’amica senza sapere cosa rispondere, mentre Niniel si arrovellava per cercare il modo più corretto per rispondere al bambino senza farlo rimanere male.

« Vedi Asyl... Io ho già un fidanzato. » gli spiegò Niniel.

Il bambino la guardò fissa negli occhi, aggrottando la fronte:

« E che vuol dire? » sbottò.

« Significa che lei è già innamorata di un’altra persona, e che questa persona è innamorata di lei. » cercò di spiegargli Ilarin.

« Allora non potremo sposarci? Non potremo stare insieme tutta la vita? » domandò il bambino triste.

« Temo di no, Asyl, e poi sei un po’ piccolo per poter sposare me... » Niniel venne interrotta bruscamente da un’ occhiata di fuoco del bambino:

« Io non sono piccolo! Ho sei anni, e sono forte come Boromir e Faramir messi insieme! »

« Asyl! » lo rimproverò Ilarin.

Il bambino si voltò di scatto verso la sorella:

« Sai che è vero! » disse, chiudendo gli occhi e alzando il viso in maniera altezzosa.

Niniel scoppiò a ridere:

« Non metto in dubbio che tu sia un uomo, né che tu sia forte come loro... »

« Più di loro! » la corresse Asyl.

« Scusami, più di loro... Ma vedi, tu hai sei anni e io venticinque. »

« Ed è tanto? » domandò il bambino.

« Umh, vediamo... » Niniel si fissò le mani e mostrò al bambino sei dita alzate « Questi sono i tuoi anni » disse, poi mostrò per due volte dieci dita aperte e infine altre cinque « E questi sono i miei. Capisci ora? Ho troppi anni più di te! »

Asyl rimase pensieroso per un attimo, continuando a fissare le mani di Niniel che ora giacevano chiuse sulle sue ginocchia.

« Non pensavo che tu fossi così vecchia! »

« Asyl, ma ti sembra il caso? Chiedi subito scusa a Niniel! » lo riprese Ilarin spalancando gli occhi, ma l'amica scoppiò nuovamente a ridere:

« Lascia stare Ilarin! Asyl ha ragione! Per lui noi siamo vecchie! »

« Ciò non toglie che dovrebbe cercare di essere meno maleducato! »

« Io non sono maleducato! Dico solo quello che penso! » sbottò Asyl.

Ilarin alzò gli occhi al cielo, mentre Niniel scoppiò nuovamente a ridere.

« Sai una cosa? Credo che se tuo fratello avesse avuto una ventina d’anni in più, avrei anche potuto farci un pensierino! »

« Cosa significa? » domandò il bambino.

« Niente Asyl, niente! » esclamarono all’unisono le ragazze.

« Ragazzi! Sono tornata! » la porta d’ingresso della piccola e umile abitazione si chiuse, e una voce femminile li distrasse dalla loro conversazione.

« È tornata la mamma! » trillò il bambino, correndo fuori dalla cucina.

« È meglio che io vada, ora. Si è fatto tardi e i miei mi staranno aspettando. » disse Niniel all’amica.

In quel momento, il bambino tornò di corsa in cucina tirando la madre per una mano:

« Guarda cosa mi ha insegnato a cucinare Niniel: una torta al cioccolato! Così questa sera potremo mangiarcela tutta! »

« Se te la mangi tutta ti verrà mal di pancia! » gli fece presente la sorella.

« Ma uffa! Se la mangio prima di cuocerla mi viene mal di pancia, se la mangio tutta mi viene mal di pancia lo stesso… secondo me dici così solo perché te la vuoi mangiare tutta tu! » reclamò il bambino mentre Ilarin alzava gli occhi al cielo, quindi, la ragazza si rivolse all’amica:

« Ti presento Sorien, mia mamma. » poi si rivolse alla donna « Mamma, lei è Niniel, la ragazza che da ottobre lavora con me, te ne ho parlato. »

« Piacere di fare la vostra conoscenza! » disse la cuoca mentre l’espressione della donna mutava, nel giro di pochi secondi, per passare da rilassata a distaccata:

« Niniel… sì, Ilarin mi ha parlato di te. » disse con voce atona.

Niniel forzò un sorriso, poi si affrettò a dire:

« Ora è meglio che vada, a casa mi aspettano. » si avvicinò alla sedia dove aveva appoggiato il mantello e lo prese, ma Asyl non era molto contento della decisione della ragazza:

« Niniel aspetta! Dobbiamo ancora cuocere la torta! »

« A quello penserà tua sorella! È una brava cuoca, ricordalo sempre! » indossò il mantello e salutò Ilarin, Sorien e il bambino, per poi uscire in strada.

L’aria gelida di quella sera di gennaio le bruciò i polmoni, ma nonostante quello provò una sensazione di piacere nell’essere nuovamente all’aria aperta: aveva notato lo sguardo della madre di Ilarin. Era lo sguardo di chi non provava piacere nel trovarti a casa sua.

Un altro respiro profondo e si incamminò verso il cancello che dava sul terzo livello, mentre il sole scompariva oltre l’orizzonte.

 

« Si può sapere cosa ti prende? Perché l’hai trattata così? » sbottò Ilarin, arrabbiata per il comportamento della madre.

« Ti rendi conto di chi è quella ragazza? » le rispose la donna.

« È Niniel! È mia amica! »

« È quella di cui si è tanto parlato per i problemi che ha avuto col Sovrintendente. » disse la madre con distacco.

« Perché dici così? »

« Abbiamo già abbastanza problemi, non serve che andiamo a fare amicizia con persone che potrebbero procurarcene altri! Niniel non è vista di buon occhio da Denethor, non possiamo rischiare di attirarci la sua inimicizia per un tuo capriccio. »

« Ma se Denethor non sa nemmeno che esistiamo! » ringhiò a denti stretti la ragazza, mentre gli occhi le si facevano lucidi « Non ti riconosco più, mamma. Ti stai comportando esattamente come hanno fatto tutti gli altri con noi quando è morto papà! »

Ilarin scappò dalla cucina, ed uscì in strada sbattendo la porta.

« Mamma, perché Ilarin si è arrabbiata? » domandò Asyl, che aveva assistito in silenzio alla scena.

« Non è niente tesoro, sono cose che capitano! » gli rispose Sorien « Ora vieni, mettiamo a cuocere la tua torta! »

 

Ilarin corse in strada senza nemmeno mettere il mantello e vide Niniel che si avviava verso il cancello che portava al livello superiore. Per fortuna non aveva ancora fatto molta strada. Chiamò l’amica, e le corse incontro.

« Mi spiace per il modo in cui ti ha trattata mia madre! Di solito non fa così, non so cosa le abbia preso… » si scusò, col fiato corto per via della corsa.

« Non ti preoccupare Ilarin. Capisco benissimo cosa possa pensare tua madre di me! »

« Eppure lei dovrebbe capire… »

« Lei lo fa per proteggere te e Asyl. Teme che io possa essere una minaccia per voi, a causa dei miei rapporti non propriamente rosei col Sovrintendente. Il suo comportamento è comprensibile! » Niniel sorrise.

« Mi spiace! » Ilarin non sapeva più come farlo capire all’amica, ma Niniel scosse la testa.

« Non ti preoccupare! Ora torna in casa, o rischi di prenderti un accidente! Fa parecchio freddo questa sera. Ci vediamo domani alla mensa. »

Le due si salutarono e Niniel riprese la sua salita verso il quinto livello della Città.

Lanciò uno sguardo veloce agli ultimi raggi di sole che ancora facevano capolino da occidente, e sperò che non scomparissero troppo in fretta. Odiava camminare da sola per Minas Tirith, una volta calato il sole. Non sopportava di trovarsi fuori casa dopo il crepuscolo, quando le tenebre strisciavano per la Città e l’Oscurità di Mordor pareva ancora più concreta e palpabile.

 

Il rumore di passi veloci veniva attutito dall’erba che cresceva lungo il fianco della collina. Il mantello si impigliò nel ramo di un cespuglio del sottobosco, ma questo non impedì alla persona che correva a perdifiato di continuare nella sua disperata corsa.

Gli alberi le venivano incontro, ma la persona li schivava abilmente e saltava buche traditrici che si aprivano nel terreno.

Ed ecco, ancora quelle grida che chiedevano aiuto e passi pesanti che si avvicinavano, facendo tremare la terra e vacillare il cuore.

In lontananza, spade cozzavano tra loro in una battaglia all’ultimo sangue.

E grida, grida terribili, di mostri senza pietà. Il sibilo di una freccia che veniva scoccata e di nuovo urla, terribili urla.

Ma quella persona correva imperterrita: non doveva perdere tempo.

Le grida brutali vennero sovrastate da grida più umane: quelle di chi ha bisogno di aiuto, di chi teme di morire e verso le quali quella persona stava correndo.

Il fiato le veniva meno, ma lei correva, doveva arrivare in tempo! Il cuore batteva, forte, sempre più forte, tormentato da un terribile senso di oppressione, ma nonostante tutto, non lasciava spazio alla paura.

L’aria parve rabbuiarsi ad Est, mentre un tuono in lontananza turbava il cielo e quelle grida, quella disperata richiesta d’aiuto, erano sempre più vicine.

Improvvisamente, una piccola radura si aprì davanti ai suoi occhi e lo spettacolo che si presentò fu devastante: decine di Orchi, alti, possenti, e quelle urla ormai lì accanto. Eppure non riusciva a capire a chi appartenessero. Percepiva la presenza di due animi amici, che ora avevano smesso di urlare, ma non riusciva a vedere chi fossero e quella persona, che aveva appena terminato la sua disperata corsa, sguainò la spada che portava al suo fianco e ne strinse forte l’elsa.

Un grido, uno solo, e si gettò verso gli Orchi brandendo l’arma con sicurezza.

La spada trapassò il ventre di un nemico, poi di un altro, e così accadde con molto altri Orchi che gli si avvicinavano.

Il cuore batteva, forte, sempre più forte, le braccia dolevano per i contraccolpi dovuti al cozzare della sua spada contro quelle degli Orchi, ma resisteva. Combatteva, il fiato corto, ma combatteva.

In lontananza altri rumori di battaglia. Il sibilare di una freccia, l’urtare delle lame di spada l’una contro l’altra, grida di combattimento e poi un Orco, il più robusto di tutti, una mano bianca dipinta sul suo volto e occhi, occhi gialli, occhi terribili, che incutevano immensa paura.

Infine tre suoni, profondi, forti e penetranti, che fecero tremare l’aria e il cuore dei nemici…

 

Niniel si mise seduta sul letto, di nuovo, in un bagno di sudore. Non aveva urlato, quella volta. Non più. Aveva quasi fatto l’abitudine a quegli incubi che agitavano le sue notti.

Respirava a fatica, come sempre, come se avesse corso anche lei insieme a quella persona del suo sogno.

Si alzò, e al buio raggiunse la bacinella dove si trovava l’acqua che la mattina usava per sciacquarsi il viso.

L’aria fredda di metà gennaio invadeva la stanza poco riscaldata e Niniel rabbrividì, mentre il sudore le si gelava addosso.

Immerse le mani nella bacinella, l’acqua era quasi ghiacciata sulla superficie. Raccolse un po’ d’acqua nelle mani e la gettò senza troppa cura sul viso, mentre un brivido le percorse l’intero corpo. Cercò a tentoni il panno appoggiato allo schienale di una sedia, si asciugò la faccia, e tornò verso il letto.

Fu scossa da un altro brivido, ma Niniel non seppe dire se fosse causato dal freddo o dal buio profondo che invadeva la sua stanza.

Si rifugiò sotto le coperte e si preparò a passare l’ennesima notte insonne.

 

« Earine! »

Era mattino presto, e la cameriera si sentì chiamare mentre lasciava il quinto livello della Città per dirigersi alla Cittadella, dove gli ordini del Sovrintendente la aspettavano.

« Niniel? Cosa ci fai qui? È presto, non dovresti essere ancora a casa? »

Niniel le si avvicinò di corsa:

« Sì, ma ero sveglia e non riuscivo a dormire… »

Earine la guardò bene in faccia, mentre l’altra ansimava per la corsa.

« Hai fatto di nuovo quel sogno? »

A Niniel mancò il respiro mentre le tornavano alla mente quegli occhi gialli, e le ci vollero alcuni secondi prima che riuscisse a rispondere, poi annuì.

« Ne hai parlato con Faramir? »

« È per questo che sono qui! » le disse Niniel « So che Faramir viene da me ogni giorno, ma ho bisogno di essere sicura che oggi verrà. Quando lo vedi, a pranzo, o per il palazzo, devi dirgli che questa sera deve assolutamente venire a casa mia perché devo parlargli! »

Earine annuì, seria.

« Conta pure su di me! »

« Grazie! »

« Ora scappo, oggi ho il primo turno, se arrivo in ritardo il vecchiaccio potrebbe rinchiudermi nelle segrete del palazzo! » scherzò Earine.

Niniel sorrise, e salutò l’amica.

« Non mi sono dimenticata della promessa che ti ho fatto! » le urlò Niniel dopo qualche secondo.

Earine si voltò con aria interrogativa.

« Appena avrò un attimo di tempo ti organizzo quel famoso incontro romantico con mio fratello, come ti avevo promesso! »

Niniel avrebbe scommesso che il viso dell’amica in quel momento fosse più rosso di un peperone, mentre le faceva un veloce gesto con la mano in modo da zittirla.

La cuoca sorrise, poi si voltò e si incamminò verso casa sua.

 

Finalmente, un’altra pesante giornata era passata. Tra incarichi in cucina, prese in giro da parte delle solite tre cuoche e conseguente nervosismo. Niniel si era impegnata a mordersi la lingua ogni volta che quelle tre le rivolgevano la parola: in questo modo riusciva a trattenersi dal rispondere male a Liden e compagnia. Già quelle tre le affidavano sempre i compiti più duri, rispondergli male avrebbe significato andarsela ulteriormente a cercare, senza contare che non voleva ritrovarsi di nuovo ad avere problemi con Nasten e magari con Denethor in persona.

A sprazzi, in vari momenti della giornata, le era tornato in mente quel sogno: quella corsa sfrenata verso il luogo in cui qualcuno urlava, quegli occhi gialli che ogni volta le provocavano profondo turbamento e quei suoni penetranti, che avevano la capacità di calmarla e agitarla al tempo stesso.

Niniel era sulla strada di casa. Quella sera stava tornando da sola perché Narith aveva iniziato a fare i turni di guardia insieme ai soldati più anziani, e quella volta gli era capitato il turno di notte.

Mancava poco all’ora di cena e il buio invadeva già la Città mentre in lontananza, oltre le nubi nere che da Mordor arrivavano a coprire anche il cielo sopra Minas Tirith, si scorgeva un timido sole che andava nuovamente a nascondersi oltre l’orizzonte, come se esso stesso temesse l’Oscurità che proveniva dalla Terra Nera.

In Città, dalle case, iniziava a giungere leggera e delicata la luce delle candele che le donne accendevano nelle cucine dove stavano preparando la cena. Fin da quando era bambina, a Niniel era sempre piaciuto vedere la Città, nelle sere invernali, che piano piano si accendeva della luce di una moltitudine di candele. Era un’immagine che le aveva sempre suggerito infinita tranquillità, per non parlare poi di quanto fosse meravigliosa, Minas Tirith, completamente illuminata da quella tenera luce. Guardarla dall’altezza del quinto livello, dove lei abitava, e vedere quella cascata di case sotto di sé tenuemente illuminate era uno spettacolo che mozzava il fiato. Niniel aveva sempre desiderato poter vedere Minas Tirith, di sera, dai Campi del Pelennor. Era convinta che vedere la Città dall’esterno, illuminata da quella luce, dovesse essere ancora meglio. Purtroppo, però, era nata in un tempo in cui, trovarsi fuori dal cancello dopo il tramonto, non era consigliabile.

« Sono tornata! » Niniel entrò in casa, chiudendosi la porta alle spalle.

« Ben arrivata! » la salutò dolcemente la madre « Di là c’è qualcuno che ti aspetta. »

Niniel corrugò la fronte, per poi dirigersi verso la piccola cucina. Appena vi entrò, notò il padre, seduto accanto al tavolo, sul quale era poggiato un calice contenente del vino e, di fronte a Adhort, vi era Faramir.

Non appena la ragazza entrò in cucina, lui si alzò in piedi in segno di rispetto.

« Faramir! È da molto che sei qui? Perdonami, ho appena finito di lavorare! »

« Non preoccuparti, non ho fretta. »

Il padre della ragazza si congedò, lasciandoli soli nella piccola stanza.

Doveva essere strano per lui trovarsi in casa il figlio del Sovrintendente. Era sempre stato abituato a lavorare per i nobili, per i Signori della Città, ma contatti diretti con loro li aveva avuti ben poche volte. Ora, ospitare a casa propria Faramir, doveva apparirgli davvero strano. Niniel glielo lesse in faccia e, dentro di sé, sorrise divertita.

« Stai pure comodo, non è necessario che ti alzi. » disse Niniel, imbarazzata dal gesto dell’uomo. Non era abituata a tanta deferenza.

« Perché no? È normale alzarsi, quando arriva una donna. » le rispose lui con gentilezza.

Niniel lo guardò, e per l’ennesima volta constatò quanto Faramir fosse diverso dal padre.

« Ma io non sono di nobile stirpe. » ribattè lei abbassando gli occhi.

« Questo non ha importanza! Sei una donna, e per lo più la ragazza di mio fratello. E poi la nobiltà non si denota dalla discendenza, ma dal cuore di una persona. »

Niniel lo fissò per alcuni secondi, senza sapere cosa rispondere, infine sospirò:

« La ragazza di tuo fratello… A dir la verità, quel giorno a Osgiliath, Boromir mi ha solo detto che vostro padre avrebbe dovuto abituarsi all’idea di noi due insieme, ma nulla di più. »

Faramir rise sommessamente, facendo sussultare la ragazza.

« Nulla di più, eh? Boromir non è mai stato bravo in queste cose. Sarà anche abituato a maneggiare armi e fare discorsi che infiammano i cuori dei soldati, ma quando si tratta di affari di questo genere perde la capacità di parola! » sorrise lievemente divertito senza però voler, in questo modo, mancare di rispetto a suo fratello.

« Ti assicuro, » aggiunse subito dopo « Conosco mio fratello e con quel: “mio padre dovrà abituarsi all’idea di noi due insieme”, voleva dire molto più di ciò che può sembrare! »

Guardò la ragazza, che già sentiva le guance in fiamme e una profonda felicità nel cuore, nell’udire le parole di Faramir.

« Dunque, Earine mi ha detto che volevi parlarmi. » l’uomo comprese l’imbarazzo di Niniel, così cambiò argomento, spostandosi sul motivo per cui lei aveva chiesto di vederlo.

Niniel annuì decisa.

« Si tratta di un sogno ricorrente, che faccio da alcuni mesi a questa parte. »

« Un sogno ricorrente? » Faramir sospirò, e Niniel fu sicura di leggere nei suoi occhi lo stesso sgomento che provava lei nel pensare che era stato proprio un sogno, a spingere Boromir a partire.

« Di cosa si tratta? » l’uomo si sedette meglio sulla panca di legno che poggiava al muro, come chi si prepara ad ascoltare un lungo racconto.

Niniel si accomodò di fronte a lui, all’altro lato del tavolo, e iniziò a raccontare:

« Inizialmente si trattava solo di una persona che correva. C’era una persona che correva, sul fianco di una collina, e in lontananza potevo sentire il rumore di una battaglia mentre, dalla direzione opposta, provenivano delle grida, ed era lì che la persona correva, verso quelle grida. Alla fine, poco prima di svegliarmi, vedevo decine di Orchi che si avvicinavano. »

Faramir la fissava, attento, respirando lentamente. La luce di una candela illuminava tenuemente il suo volto magro e, l’espressione preoccupata, era evidenziata dalle ombre che la fiamma gettava a sprazzi sul viso dell’uomo.

« In seguito » continuò Niniel « Il sogno è stato sempre uguale, con la sola differenza di qualche particolare che andava ad aggiungersi: rumori, passi pesanti che facevano tremare il suolo, il sibilare di frecce che venivano scagliate, le solite urla sempre più forti e un’agitazione crescente che si impadroniva del cuore di quella persona che correva. »

« Non sapresti dire chi fosse questa persona? » le domandò Faramir rompendo il suo silenzio.

Niniel scosse la tesa tristemente:

« No. Non sono ancora riuscita a capirlo. So solo che è come se fossi io, o comunque io vedo la scena dal punto di vista di quella persona che corre. Vedo gli alberi, la collina, sento il fiato venir meno per via della corsa e percepisco la sua preoccupazione. È come se l’unica cosa importante, in quel momento, fosse correre verso il luogo da cui provengono le grida che chiedono aiuto. »

« Oltre agli Orchi hai visto qualcos’altro che potrebbe fornirci qualche indizio particolare? » le domandò Faramir.

« Tutto si svolge su una collina, ma non saprei proprio dirti dove, non c’è nessun particolare che potrebbe indurmi a capire se si tratta di un luogo reale o meno, ma aspetta che ti dica cos’ ho visto nel sogno di questa notte. »

Faramir annuì, e si sporse leggermente in avanti col busto, in attesa di sentire cosa doveva riferirgli la ragazza.

« Ho visto il cielo ad Est rabbuiarsi e ho sentito un tuono in lontananza. Inoltre, la persona che correva, credo sia riuscita a raggiungere il luogo verso il quale si stava dirigendo. Potevo infatti sentire di fianco a me le urla verso le quali stava correndo, anche se non riuscivo a vedere a chi appartenessero. Però, quella persona, ha sguainato la spada e ha iniziato a combattere contro gli Orchi. Tra questi, ve n’era uno che non avevo mai notato nei sogni precedenti: aveva occhi gialli, profondi e più terribili di quelli di tutti gli altri Orchi e in più, portava un simbolo che non sono riuscita a spiegarmi, nonostante io vi abbia pensato tutto il giorno. Si tratta di una mano bianca dipinta sul volto. »

« Una mano bianca! » Faramir scattò e spalancò gli occhi.

« Esatto. » Niniel annuì, e fissò l’uomo con apprensione in attesa di una spiegazione.

« Sei proprio sicura di non aver mai visto quel simbolo? Né di averne sentito parlare? » le domandò.

La ragazza scosse il capo, continuando a fissarlo.

« Isengard. » bisbigliò Faramir, mentre i suoi occhi si perdevano nelle ombre leggere che la candela allungava sui muri della piccola stanza.

« Che cosa significa? »

« La mano bianca è il simbolo di Saruman, lo Stregone Bianco e Signore di Isengard. Non è un buon segno il fatto che quegli Orchi portassero dipinto sul volto il suo stemma. »

« C’è un’altra cosa: gli Orchi del mio sogno… avevano un aspetto diverso, rispetto a quello degli Orchi che ho visto a Osgiliath. Erano più alti, più robusti. »

Faramir sospirò.

« Temi che questo sogno possa avere qualche significato? » domandò Niniel con apprensione.

« Non lo so. » l’uomo scosse la testa « Davvero non lo so. »

La ragazza sospirò, andando ad accasciarsi sulla vecchia sedia di legno. Rimasero in silenzio per alcuni secondi, poi lei ebbe un sussulto:

« Quasi mi dimenticavo! C’era un’altra cosa nel sogno di stanotte, che nei precedenti non si era mai verificata. Poco prima di svegliarmi, ho udito tre suoni profondi e penetranti, che hanno fatto tremare il cuore di quei tremendi Orchi. Non saprei dire con certezza di cosa si trattasse, ma ho avuto la netta sensazione che fosse il suono di un corno. »

Faramir alzò di scatto il viso e puntò i suoi occhi in quelli della ragazza:

« Un corno. » sussurrò « È dunque ciò che temevo? »

Lei lo fissava, senza riuscire a porre la domanda che le rimbombava nella testa.

« Cosa vuoi dire? » riuscì infine a domandare con voce tremante dopo alcuni secondi « Faramir, cosa significa? » il tono della sua voce si era involontariamente alzato, non ricevendo risposta dall’uomo.

Faramir finalmente si riscosse, mentre sul suo viso rimaneva un’espressione che la cuoca non avrebbe saputo come interpretare.

« Boromir. » bisbigliò infine.

Il cuore di Niniel sussultò e la paura la invase.

« Boromir ha portato con sé il Corno di Gondor, quando è partito. Va suonato nel momento del bisogno, quando i nemici non ti lasciano via di fuga, quando da solo non hai possibilità di salvarti e hai bisogno di rinforzi. »

Alla ragazza parve che il cuore le si fosse fermato. Il respiro le venne meno e, se non fosse stata seduta, le gambe avrebbero sicuramente ceduto.

« Boromir… Vuoi, vuoi dire che quella persona… » non riusciva a formulare un pensiero coerente, e le parole non la aiutavano.

« Non possiamo esserne certi, l’unica cosa che mi fa pensare a lui è il suono del corno, perché le altre cose di cui mi hai parlato non ci danno indizi che riconducano a Boromir. »

« Allora perché parli di lui? Perché dovrebbe essere lui? » il tono di voce della ragazza si alzò nuovamente, mentre le sue guance ora pallide venivano rigate da abbondanti lacrime.

« Perdonami. Perdonami, non avrei dovuto. » bisbigliò Faramir turbato.

Niniel si asciugò con rabbia le lacrime, che però non smettevano di scendere, facendola arrabbiare ancora di più e vergognare di essere scoppiata a piangere di fronte a Faramir, ma la paura che quella persona che correva potesse essere Boromir, quella paura che a lungo era rimasta sopita in lei e che Niniel aveva percepito e scacciato, rifiutando di piegarsi ad essa, ora quella paura aveva invaso completamente il suo cuore, la sua mente, tutte le sue membra, e minacciava di schiacciarla senza pietà.

Turbato, e col cuore colmo di pietà e comprensione per la ragazza, Faramir si alzò e le si avvicinò, inginocchiandosi di fronte a lei e prendendo le mani di Niniel nelle sue.

« Sono stato uno sciocco a parlare così. Perdonami, nessuno ci assicura che si tratti di Boromir. » le disse.

« Non consolarmi, non ne ho bisogno. Ho avuto questo timore fin dal primo sogno che ho fatto, ma avevo cercato di ignorarlo. Ora che tu hai avuto il mio stesso presentimento, sono certa che si tratti di Boromir. Non ho più dubbi. »

« Potrebbe trattarsi di un semplice sogno dovuto alla lontananza di Boromir e alla paura che hai di perderlo. Nessuno ci assicura che esso voglia predirci qualcosa. » le disse dolcemente Faramir.

« Eppure io non sono tranquilla, e questa cosa mi turba profondamente. »

« Ti assicuro, che farò di tutto perché a mio fratello non accada nulla. » Faramir le strinse più forte le mani « Parlerò con mio padre, cercherò di fargli mandare dei rinforzi. Non permetterò che gli succeda qualcosa di male. »

« Tuo padre? E cosa gli dirai, che io ho fatto un sogno in cui c’è una persona che corre, che non riusciamo a vedere in volto e che crediamo si tratti di Boromir? » domandò ironicamente lei, ma subito dopo si rese conto del tono poco rispettoso che aveva usato.

« Gli dirò che il sogno l’ho fatto io. » la interruppe Faramir « Così non rischio di metterti in mezzo. » ignorò il modo di fare un po’ brusco della ragazza. Si rendeva perfettamente conto di come dovesse sentirsi in quel momento Niniel.

« Non ho paura di venire coinvolta. Quello che temo è che Denethor non ti dia retta se viene a sapere che il sogno l’ho fatto io. »

« Per questo gli dirò che si tratta di un mio sogno: ho più possibilità che mi creda e non rischio di coinvolgerti. » Faramir le sorrise dolcemente « Stai tranquilla, non gli accadrà niente! »

« Lo spero, ma ho troppa paura per crederci veramente. »

« Non lasciare che la paura turbi il tuo cuore, in questo modo corri il rischio che ti derubi anche della più piccola speranza e chi non ha più speranza è perduto. »

Niniel alzò gli occhi e annuì silenziosamente.

Poco dopo, accompagnò Faramir alla porta:

« Quando parlerai con tuo padre? »

« Domattina sarà la prima cosa che farò. Tornerò domani sera, per farti sapere com’è andata. »

Così, dopo aver chinato il capo di fronte alla ragazza, Faramir si allontanò silenzioso, nel buio della sera.

Niniel rimase fuori ancora per qualche minuto, nonostante la profonda oscurità. Inspirò profondamente l’aria gelida di gennaio e alzò gli occhi al cielo. Era coperto, tetre nubi lo derubavano della sua immensità, segnandolo con confini visibili anche in quella oscurità mentre le stelle rimanevano solo un ricordo lontano, di antica bellezza di un’Era passata.

« Quando tornerai, l’Oscurità si diraderà, e guarderemo insieme le stelle. Ne sono certa. »

 

Stessa sera di metà Gennaio, Moria

 

Un buio profondo, irreale, regnava nell’immenso salone. I cuori dei membri della Compagnia erano oppressi da quell’oscurità, che non faceva altro che suggerire alle loro menti immagini ancor più cupe e spaventose.

I Nove Compagni, distesi a terra in quell’arcano luogo, tentavano con fatica di prendere sonno, mentre un Elfo dai lunghi capelli biondi montava di guardia fissando il buio, immobile, con uno sguardo talmente limpido che dava l’impressione di essere in grado di perforare anche le nere nubi di Mordor.

« Non riesci a prendere sonno? » domandò dopo lunghi minuti, senza nemmeno voltarsi.

« Chi vi riesce? » borbottò Boromir, rigirandosi per l’ennesima volta.

« Gli Hobbit dormono, e ora credo anche gli altri. »

L’uomo di Gondor non rispose. Gli capitava sempre più spesso, ultimamente, di essere di malumore. Strano, si diceva lui, per una persona che si trovava nella sua situazione. Vedeva più logico l’essere spaventato dal pericolo che stavano combattendo, e verso il quale stavano marciando. Ma in realtà, il sentimento principale che aveva tormentato il suo cuore fino a quel momento era stato quel senso di irrequietezza, la preoccupazione per ciò che poteva essere successo a casa, il desiderio di tornare il prima possibile a Minas Tirith, per poter difendere direttamente il suo popolo e le persone che amava. Il desiderio di tornare per poter nuovamente incontrare gli occhi di Niniel, rivederla comparire da dietro la piccola dispensa che si trovava in un angolo della cucina di corte, esultante per aver ritrovato il barattolo del sale e con i capelli mossi scompigliati. Poter sentire ancora il suono della sua voce, abbracciarla come aveva fatto quel giorno a Osgiliath, e restituirle il bacio che lei gli aveva dato poco prima che lui partisse.

Si voltò nuovamente, tornando a fissare l’oscurità delle Miniere di Moria. Mai, come in quel momento, aveva desiderato poter sentire una brezza leggera accarezzargli il viso. Mai, come in quel momento, aveva sperato di alzare gli occhi e poter vedere le stelle brillare in cielo. Cercò di immaginare le stelle sopra Minas Tirith, nelle notti d’estate, che con la loro luce facevano brillare d’argento in contorni della Città Bianca. Ma non vi riuscì. Ogni tentativo di scorgere nella sua mente un po’ di luce venne annullato dall’oscurità che all’esterno lo avvolgeva, opprimendolo e levandogli il respiro, soffocandolo con la sua pesante e fastidiosa presenza.

Poco lontano da lui, poteva sentire il respiro affannoso del piccolo Hobbit Frodo. Sembrava quasi in preda a un incubo. Boromir si voltò leggermente verso il compagno di viaggio e, nell’oscurità, cercò di distinguerne i contorni: gli appariva come un piccolo bambino infagottato e impaurito, tormentato da sogni indicibili e inimmaginabili, come quegli incubi che da bambino ti svegliano nel cuore della notte, facendoti urlare e chiamare i genitori in cerca di conforto.

« È stato coraggioso. » la voce penetrante dell’Elfo lo distolse dai suoi pensieri.

Boromir si voltò verso Legolas, del quale riusciva a distinguere solo una leggera ombra tra le ombre più profonde delle Miniere.

« Ci vuole coraggio per decidere di portare un tale onere. » continuò l’Elfo.

« Io ancora non capisco perché non vogliate consegnarlo agli Uomini. Anche nei nostri cuori c’è coraggio, non siamo tutti corrotti! » disse piano Boromir.

« Se il destino ha voluto che l’Anello andasse a Frodo, c’è di sicuro un motivo. »

« Ma si tratta di un Hobbit… »

« Il destino conosce vie che ai nostri occhi sono celate. Quando la nebbia si diraderà, e riusciremo a scorgere dove porta la nostra via, comprenderemo il perché di molte cose. »

« Purtroppo però, non sempre la nebbia si dirada prima della fine. » commentò Boromir con una insolita nota di incertezza nella voce.

« No, ma se il fato ha deciso che fosse Frodo a caricarsi dell’Anello, non dobbiamo fare altro che mantenere i doveri che ci siamo assunti e proteggerlo fino alla fine. La nebbia, prima o poi, si diraderà e scomparirà del tutto, mostrandoci dove ci hanno condotto i nostri sforzi. »

« Nulla ci assicura, però, che ciò che vedremo ci piacerà. » disse l’uomo.

« Esatto, ma ora nulla deve farci pensare che ciò che vedremo non ci piacerà. Non lasciare che le ombre di questo luogo invadano il tuo cuore e la tua mente. Fino alla fine, niente dovrà farci pensare che le cose andranno male per forza. Sappiamo che abbiamo intrapreso una missione pericolosa, ma dobbiamo continuare a credere in noi, a credere in Frodo. Non dovremo mai smettere di sperare! »

Rimasero in silenzio per alcuni secondi, poi Legolas aggiunse:

« Riposa ora. Domani temo ci aspetterà una nuova e lunga marcia nelle ombre. »

Boromir si voltò dall’altra parte e, inaspettatamente, col cuore un po’ più leggero, chiuse gli occhi e cercò di dormire. Era forse la prima volta che riusciva ad avere una conversazione così tranquilla con uno dei membri della Compagnia.

Non avrebbe saputo dire cosa gli avesse infuso quella tranquillità: se le parole dell’Elfo o la sua voce che pareva provenire da millenni di storia ed esperienza.

Chiuse gli occhi, riprovando a immaginare le stelle che punteggiavano il cielo sopra la sua Città, nelle fredde notti invernali, donando inaspettatamente calore a chiunque le osservasse in cerca di consiglio. E infine le vide, chiare, luminose, che brillavano lontane e inafferrabili, eppure così reali.

Sospirò, un profondo respiro liberatorio e il viso di Niniel si affacciò nei suoi pensieri, con i suoi occhi scuri e i capelli ribelli, da far storcere il naso alle nobili di corte. Eppure erano parte dell’essere di quella ragazza tanto che, immaginarla con i capelli perfettamente in ordine e senza il suo grembiule immancabilmente macchiato del sugo di qualche pietanza, gli risultava difficile e quasi offensivo nei confronti di Niniel.

“Quando tutto questo sarà finito, tornerò e guarderemo insieme le stelle sopra Minas Tirith.”

Sorrise nell’oscurità, mentre lentamente e inconsapevolmente scivolava nel sonno.

 

 

 

 

 

Ok, capitolo finito… ora preparatevi per il prossimo… credo che ci saranno tante persone che vorranno ammazzarmi dopo averlo letto… Io vi avviso già… così vi preparate… a volte è meglio mettere le mani avanti subito… Ok, la smetto!

Passiamo a cose più importanti! Grazie a chi ha letto e aggiunto la storia tra le seguite e le preferite!

Spero di risentirvi prima del 31 dicembre… significherebbe che sono riuscita a finire un altro capitolo!! Beh, intanto, vi auguro un Felice Natale, sperando che voi abbiate potuto passarlo in serenità con le persone che amate!!

 

Ora, recensioni:

 

Ragazzapsicolabile91: ok, so che mi vorresti ammazzare! XD Ma alla fine il capitolo è qui e, come promesso, ho scritto anche di Boromir! (scommetto che quando hai letto il primo pezzo hai pensato: ma come, tutto qui? Ma alla fine del capitolo ho scritto un’altra bella pagina su Boromir! Spero sia bastata!!) Dicevi… con tutte le brutte pieghe che ci sono?… allora non leggere il prossimo capitolo… altrimenti mi ammazzi! (io non ho detto niente… *me fischietta*) Alla prossima!!

 

Evening_star: ciaooo! Sono tornata! (Sì, ok, non che te ne freghi più di tanto!) va bene, basta con le cavolate! Piccioncini bis e piccioncini unis… non sai quanto mi hai fatto ridere con questa storia!! Sì, sì! Non manca molto all’incontro tra i piccioncini bis! Stiamo solo aspettando l’arrivo di una persona che dovrà dare una mano a Niniel… Eh beh, spero che questo capitolo ti sia piaciuto! Fammi sapere!

 

Nini superga: Eh, purtroppo colleghe simili a quelle tre le ho provate sulla mia pelle… forse è per questo che mi sono venute bene! Comunque sono contenta che ti sia piaciuto il capitolo spero che anche questo ti abbia fatto la stessa impressione! A presto!! Ciao ciao!!

 

Arwins: Ciao! Che bello una nuova lettrice! Sono contenta che la storia ti sia piaciuta! Spero solo che poi la verifica di latino sia andata bene (Il latino… l’ho provato sulla mia pelle… non ne andavo matta! J ) Sono contenta anche che Niniel e Ilarin ti siano piaciute come personaggi! Spero che leggerai anche questo capitolo! E, se ti va, fammi sapere cosa ne pensi! A presto!!

 

Elena90: ciao!! Sono contenta che la storia ti sia piaciuta! Ecco, finalmente, un nuovo capitolo! Appena posso posterò anche gli altri ma, siccome la storia non è ancora scritta fino alla fine (ho scritto solo il capitolo successivo a questo!) a volte vado a rilento con gli aggiornamenti. Ma non disperare! Prima o poi gli aggiornamenti arriveranno! Spero di risentirti! Ciaooooo!!

   
 
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