Ciao!
BUON NATALE A TUTTIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!!!!!!!! J
Allora,
cosa ne pensate di un nuovo capitolo dopo tutto questo tempo? Consideratelo un
po’ come un regalo di Natale da parte mia!!
E
finalmente ce l’ho fatta! Inutile, a quanto pare devo per forza essere
costretta in casa con la febbre per riuscire a continuare questa fan fiction!
Ehi, aspettate però… questo non significa che siete liberi di augurarmi
qualunque tipo di malanno solo per poter continuare a leggere la storia eh?!!
Comunque, scherzi a parte… mi spiace avervi fatto aspettare così tanto! Mi rendo conto che ho impiegato più di due mesi per aggiornare, ma vi assicuro che l’ispirazione era andata a farsi un giro probabilmente dall’altra parte del mondo! Non riuscivo a scrivere una riga, e non tanto in questo capitolo che era già scritto tutto, ma nel prossimo! Non ci riuscivo! Poi mi sono impegnata (anche perché con la febbre non avevo altro da fare), ho pregato in elfico che l’ispirazione tornasse e alla fine qualcosa ho combinato… (ma poi mi direte voi quando leggerete il prossimo capitolo che è quello incriminato!)
Ora vi lascio alla storia, è meglio…
Capitolo 14
24 Dicembre 3018,
Granburrone
I ruscelli sul fondovalle
scorrevano scrosciando dolcemente mentre gli alberi, nonostante fosse ormai
dicembre inoltrato, parevano nel pieno della loro vita. Un freddo vento
invernale passò attraverso i rami e nei corridoi, che conducevano da un
edificio all’altro, e dove si aprivano balconate che permettevano di
affacciarsi sui fiumi sottostanti. Quello stesso vento accarezzò dolcemente i
capelli dell’uomo che, affacciato a una di quelle balconate, osservava come ipnotizzato
il ritmico cadere dell’acqua di una piccola cascata, giù, verso fondovalle.
« È tutto pronto. Domani
possiamo partire. » una voce lo riscosse dai suoi pensieri, mentre un uomo, dai
capelli scuri e la barba incolta, gli si avvicinava « Tu sei pronto? »
« Sono pronto da tempo.
Per me abbiamo aspettato anche troppo. »
« Se Gandalf e Sire
Elrond hanno ritenuto giusto farci aspettare fino ad ora, un motivo c’è. Non
dobbiamo dubitare delle loro scelte. »
« Non dubito delle loro
scelte, Aragorn. » la voce di Boromir si fece tesa « Temo per la sorte del mio
popolo. Tu sai che vi seguirò, che combatterò con voi, ma non appena mi sarà
possibile i miei passi si dirigeranno verso Minas Tirith. Gondor ha bisogno di
essere difesa! »
Il ramingo si appoggiò
alla balconata e strinse i denti mentre, in silenzio, scrutava la valle
sottostante.
Gennaio 3019, Minas
Tirith
« E poi metti dell’altra
crema al cioccolato qui ed è fatta! La torta è pronta! »
« Sìììì! E ora me la
mangio! » esclamò il piccolo Asyl.
« Eh, no… mi sa che
dovrai aspettare ancora un po’! » gli spiegò Niniel ridendo.
« Perché? » domandò
deluso il bambino « Hai detto che è pronta! » e incrociò le braccia sul petto.
« Asyl! Smettila di fare
i capricci e ascolta quello che ti dice Niniel! Altrimenti non viene più ad
insegnarti a preparare i dolci! » lo riprese sua sorella Ilarin.
Era un tardo pomeriggio
di metà gennaio e Niniel, dopo il lavoro, si era fermata a casa di Ilarin.
Alcune settimane prima aveva conosciuto Asyl, il fratellino dell’amica. Il bambino
si era affezionato a Niniel e, nonostante sua sorella Ilarin fosse anche lei
una cuoca, era riuscito a convincere Niniel ad andare da loro, quel pomeriggio,
perché gli insegnasse a cucinare un dolce.
« Mi sgridi solo perché
sei gelosa che ho chiesto a Niniel e non a te di insegnarmi a preparare una
torta! » le rispose il bambino, leccandosi in dito sporco di cioccolato.
« Ma cosa dici? » Ilarin
spalancò gli occhi « Vorrei solo che tu ascoltassi un po’ di più Niniel! »
« Ma lei aveva detto che
la torta era pronta! Perché non posso mangiarla allora? » reclamò lui.
« Perché prima dobbiamo
cuocerla! » gli spiegò Niniel, intromettendosi nella discussione tra fratello e
sorella.
« Ma se la mangio così
cosa succede? »
« Ti viene un bel mal di
pancia! » gli spiegò Niniel.
« Allora mi sa che è
meglio se prima la cuoci… » bisbigliò il bambino.
Niniel e Ilarin
scoppiarono a ridere, mentre le guance del bambino si tingevano di vergogna.
« La smettete di
prendermi in giro? » gridò il bambino offeso.
« E dai Asyl! Stiamo
scherzando! » gli disse la sorella.
« Io no! Per questo
voglio imparare a cucinare bene! Così quando sarò grande cucinerò insieme a
Niniel e poi ci sposeremo! »
Le due ragazze smisero di
ridere e si guardarono esterrefatte.
« Asyl, vedi io… non
credo che tu e Niniel… sì, insomma, non credo che potrete mai sposarvi! » gli
disse la sorella.
« E perché? Guarda che se
anche tu non vuoi io Niniel la sposo lo stesso! » rispose il bambino mettendo
le mani sui fianchi.
Ilarin guardò l’amica
senza sapere cosa rispondere, mentre Niniel si arrovellava per cercare il modo
più corretto per rispondere al bambino senza farlo rimanere male.
«
Vedi Asyl... Io ho già un fidanzato. » gli spiegò Niniel.
Il
bambino la guardò fissa negli occhi, aggrottando la fronte:
«
E che vuol dire? » sbottò.
«
Significa che lei è già innamorata di un’altra persona, e che questa persona è
innamorata di lei. » cercò di spiegargli Ilarin.
«
Allora non potremo sposarci? Non potremo stare insieme tutta la vita? » domandò
il bambino triste.
«
Temo di no, Asyl, e poi sei un po’ piccolo per poter sposare me... » Niniel
venne interrotta bruscamente da un’ occhiata di fuoco del bambino:
«
Io non sono piccolo! Ho sei anni, e sono forte come Boromir e Faramir messi
insieme! »
«
Asyl! » lo rimproverò Ilarin.
Il
bambino si voltò di scatto verso la sorella:
«
Sai che è vero! » disse, chiudendo gli occhi e alzando il viso in maniera
altezzosa.
Niniel
scoppiò a ridere:
«
Non metto in dubbio che tu sia un uomo, né che tu sia forte come loro... »
«
Più di loro! » la corresse Asyl.
«
Scusami, più di loro... Ma vedi, tu hai sei anni e io venticinque. »
«
Ed è tanto? » domandò il bambino.
«
Umh, vediamo... » Niniel si fissò le mani e mostrò al bambino sei dita alzate «
Questi sono i tuoi anni » disse, poi mostrò per due volte dieci dita aperte e
infine altre cinque « E questi sono i miei. Capisci ora? Ho troppi anni più di
te! »
Asyl
rimase pensieroso per un attimo, continuando a fissare le mani di Niniel che
ora giacevano chiuse sulle sue ginocchia.
«
Non pensavo che tu fossi così vecchia! »
«
Asyl, ma ti sembra il caso? Chiedi subito scusa a Niniel! » lo riprese Ilarin
spalancando gli occhi, ma l'amica scoppiò nuovamente a ridere:
«
Lascia stare Ilarin! Asyl ha ragione! Per lui noi siamo vecchie! »
«
Ciò non toglie che dovrebbe cercare di essere meno maleducato! »
«
Io non sono maleducato! Dico solo quello che penso! » sbottò Asyl.
Ilarin
alzò gli occhi al cielo, mentre Niniel scoppiò nuovamente a ridere.
«
Sai una cosa? Credo che se tuo fratello avesse avuto una ventina d’anni in più,
avrei anche potuto farci un pensierino! »
«
Cosa significa? » domandò il bambino.
«
Niente Asyl, niente! » esclamarono all’unisono le ragazze.
«
Ragazzi! Sono tornata! » la porta d’ingresso della piccola e umile abitazione
si chiuse, e una voce femminile li distrasse dalla loro conversazione.
«
È tornata la mamma! » trillò il bambino, correndo fuori dalla cucina.
«
È meglio che io vada, ora. Si è fatto tardi e i miei mi staranno aspettando. »
disse Niniel all’amica.
In
quel momento, il bambino tornò di corsa in cucina tirando la madre per una
mano:
«
Guarda cosa mi ha insegnato a cucinare Niniel: una torta al cioccolato! Così
questa sera potremo mangiarcela tutta! »
«
Se te la mangi tutta ti verrà mal di pancia! » gli fece presente la sorella.
«
Ma uffa! Se la mangio prima di cuocerla mi viene mal di pancia, se la mangio
tutta mi viene mal di pancia lo stesso… secondo me dici così solo perché te la
vuoi mangiare tutta tu! » reclamò il bambino mentre Ilarin alzava gli occhi al
cielo, quindi, la ragazza si rivolse all’amica:
«
Ti presento Sorien, mia mamma. » poi si rivolse alla donna « Mamma, lei è
Niniel, la ragazza che da ottobre lavora con me, te ne ho parlato. »
«
Piacere di fare la vostra conoscenza! » disse la cuoca mentre l’espressione
della donna mutava, nel giro di pochi secondi, per passare da rilassata a
distaccata:
«
Niniel… sì, Ilarin mi ha parlato di te. » disse con voce atona.
Niniel
forzò un sorriso, poi si affrettò a dire:
«
Ora è meglio che vada, a casa mi aspettano. » si avvicinò alla sedia dove aveva
appoggiato il mantello e lo prese, ma Asyl non era molto contento della
decisione della ragazza:
«
Niniel aspetta! Dobbiamo ancora cuocere la torta! »
«
A quello penserà tua sorella! È una brava cuoca, ricordalo sempre! » indossò il
mantello e salutò Ilarin, Sorien e il bambino, per poi uscire in strada.
L’aria
gelida di quella sera di gennaio le bruciò i polmoni, ma nonostante quello
provò una sensazione di piacere nell’essere nuovamente all’aria aperta: aveva
notato lo sguardo della madre di Ilarin. Era lo sguardo di chi non provava
piacere nel trovarti a casa sua.
Un
altro respiro profondo e si incamminò verso il cancello che dava sul terzo
livello, mentre il sole scompariva oltre l’orizzonte.
«
Si può sapere cosa ti prende? Perché l’hai trattata così? » sbottò Ilarin,
arrabbiata per il comportamento della madre.
«
Ti rendi conto di chi è quella ragazza? » le rispose la donna.
«
È Niniel! È mia amica! »
«
È quella di cui si è tanto parlato per i problemi che ha avuto col Sovrintendente.
» disse la madre con distacco.
«
Perché dici così? »
«
Abbiamo già abbastanza problemi, non serve che andiamo a fare amicizia con
persone che potrebbero procurarcene altri! Niniel non è vista di buon occhio da
Denethor, non possiamo rischiare di attirarci la sua inimicizia per un tuo
capriccio. »
«
Ma se Denethor non sa nemmeno che esistiamo! » ringhiò a denti stretti la
ragazza, mentre gli occhi le si facevano lucidi « Non ti riconosco più, mamma.
Ti stai comportando esattamente come hanno fatto tutti gli altri con noi quando
è morto papà! »
Ilarin
scappò dalla cucina, ed uscì in strada sbattendo la porta.
«
Mamma, perché Ilarin si è arrabbiata? » domandò Asyl, che aveva assistito in
silenzio alla scena.
«
Non è niente tesoro, sono cose che capitano! » gli rispose Sorien « Ora vieni,
mettiamo a cuocere la tua torta! »
Ilarin
corse in strada senza nemmeno mettere il mantello e vide Niniel che si avviava
verso il cancello che portava al livello superiore. Per fortuna non aveva
ancora fatto molta strada. Chiamò l’amica, e le corse incontro.
«
Mi spiace per il modo in cui ti ha trattata mia madre! Di solito non fa così,
non so cosa le abbia preso… » si scusò, col fiato corto per via della corsa.
«
Non ti preoccupare Ilarin. Capisco benissimo cosa possa pensare tua madre di
me! »
«
Eppure lei dovrebbe capire… »
«
Lei lo fa per proteggere te e Asyl. Teme che io possa essere una minaccia per
voi, a causa dei miei rapporti non propriamente rosei col Sovrintendente. Il
suo comportamento è comprensibile! » Niniel sorrise.
«
Mi spiace! » Ilarin non sapeva più come farlo capire all’amica, ma Niniel
scosse la testa.
«
Non ti preoccupare! Ora torna in casa, o rischi di prenderti un accidente! Fa
parecchio freddo questa sera. Ci vediamo domani alla mensa. »
Le
due si salutarono e Niniel riprese la sua salita verso il quinto livello della
Città.
Lanciò uno sguardo veloce
agli ultimi raggi di sole che ancora facevano capolino da occidente, e sperò
che non scomparissero troppo in fretta. Odiava camminare da sola per Minas
Tirith, una volta calato il sole. Non sopportava di trovarsi fuori casa dopo il
crepuscolo, quando le tenebre strisciavano per la Città e l’Oscurità di Mordor
pareva ancora più concreta e palpabile.
Il rumore di passi veloci veniva attutito dall’erba che cresceva lungo il fianco della collina. Il mantello si impigliò nel ramo di un cespuglio del sottobosco, ma questo non impedì alla persona che correva a perdifiato di continuare nella sua disperata corsa.
Gli alberi le venivano incontro, ma la persona li schivava abilmente e saltava buche traditrici che si aprivano nel terreno.
Ed ecco, ancora quelle grida che chiedevano aiuto e passi pesanti che si avvicinavano, facendo tremare la terra e vacillare il cuore.
In lontananza, spade cozzavano tra loro in una battaglia all’ultimo sangue.
E grida, grida terribili, di mostri senza pietà. Il sibilo di una freccia che veniva scoccata e di nuovo urla, terribili urla.
Ma quella persona correva imperterrita: non doveva perdere tempo.
Le grida brutali vennero sovrastate da grida più umane: quelle di chi ha bisogno di aiuto, di chi teme di morire e verso le quali quella persona stava correndo.
Il fiato le veniva meno, ma lei correva, doveva arrivare in tempo! Il cuore batteva, forte, sempre più forte, tormentato da un terribile senso di oppressione, ma nonostante tutto, non lasciava spazio alla paura.
L’aria parve rabbuiarsi ad Est, mentre un tuono in lontananza turbava il cielo e quelle grida, quella disperata richiesta d’aiuto, erano sempre più vicine.
Improvvisamente, una piccola radura si aprì davanti ai suoi occhi e lo spettacolo che si presentò fu devastante: decine di Orchi, alti, possenti, e quelle urla ormai lì accanto. Eppure non riusciva a capire a chi appartenessero. Percepiva la presenza di due animi amici, che ora avevano smesso di urlare, ma non riusciva a vedere chi fossero e quella persona, che aveva appena terminato la sua disperata corsa, sguainò la spada che portava al suo fianco e ne strinse forte l’elsa.
Un grido, uno solo, e si gettò verso gli Orchi brandendo l’arma con sicurezza.
La spada trapassò il ventre di un nemico, poi di un altro, e così accadde con molto altri Orchi che gli si avvicinavano.
Il cuore batteva, forte, sempre più forte, le braccia dolevano per i contraccolpi dovuti al cozzare della sua spada contro quelle degli Orchi, ma resisteva. Combatteva, il fiato corto, ma combatteva.
In lontananza altri rumori di battaglia. Il sibilare di una freccia, l’urtare delle lame di spada l’una contro l’altra, grida di combattimento e poi un Orco, il più robusto di tutti, una mano bianca dipinta sul suo volto e occhi, occhi gialli, occhi terribili, che incutevano immensa paura.
Infine tre suoni, profondi, forti e penetranti, che fecero tremare l’aria e il cuore dei nemici…
Niniel si mise seduta sul
letto, di nuovo, in un bagno di sudore. Non aveva urlato, quella volta. Non
più. Aveva quasi fatto l’abitudine a quegli incubi che agitavano le sue notti.
Respirava a fatica, come
sempre, come se avesse corso anche lei insieme a quella persona del suo sogno.
Si alzò, e al buio
raggiunse la bacinella dove si trovava l’acqua che la mattina usava per
sciacquarsi il viso.
L’aria fredda di metà
gennaio invadeva la stanza poco riscaldata e Niniel rabbrividì, mentre il
sudore le si gelava addosso.
Immerse le mani nella
bacinella, l’acqua era quasi ghiacciata sulla superficie. Raccolse un po’
d’acqua nelle mani e la gettò senza troppa cura sul viso, mentre un brivido le
percorse l’intero corpo. Cercò a tentoni il panno appoggiato allo schienale di
una sedia, si asciugò la faccia, e tornò verso il letto.
Fu scossa da un altro
brivido, ma Niniel non seppe dire se fosse causato dal freddo o dal buio
profondo che invadeva la sua stanza.
Si rifugiò sotto le
coperte e si preparò a passare l’ennesima notte insonne.
« Earine! »
Era mattino presto, e la
cameriera si sentì chiamare mentre lasciava il quinto livello della Città per
dirigersi alla Cittadella, dove gli ordini del Sovrintendente la aspettavano.
« Niniel? Cosa ci fai
qui? È presto, non dovresti essere ancora a casa? »
Niniel le si avvicinò di
corsa:
« Sì, ma ero sveglia e
non riuscivo a dormire… »
Earine la guardò bene in
faccia, mentre l’altra ansimava per la corsa.
« Hai fatto di nuovo quel
sogno? »
A Niniel mancò il respiro
mentre le tornavano alla mente quegli occhi gialli, e le ci vollero alcuni
secondi prima che riuscisse a rispondere, poi annuì.
« Ne hai parlato con
Faramir? »
« È per questo che sono
qui! » le disse Niniel « So che Faramir viene da me ogni giorno, ma ho bisogno
di essere sicura che oggi verrà. Quando lo vedi, a pranzo, o per il palazzo,
devi dirgli che questa sera deve assolutamente venire a casa mia perché devo
parlargli! »
Earine annuì, seria.
« Conta pure su di me! »
« Grazie! »
« Ora scappo, oggi ho il
primo turno, se arrivo in ritardo il vecchiaccio potrebbe rinchiudermi nelle
segrete del palazzo! » scherzò Earine.
Niniel sorrise, e salutò
l’amica.
« Non mi sono dimenticata
della promessa che ti ho fatto! » le urlò Niniel dopo qualche secondo.
Earine si voltò con aria
interrogativa.
« Appena avrò un attimo
di tempo ti organizzo quel famoso incontro romantico con mio fratello, come ti
avevo promesso! »
Niniel avrebbe scommesso
che il viso dell’amica in quel momento fosse più rosso di un peperone, mentre
le faceva un veloce gesto con la mano in modo da zittirla.
La cuoca sorrise, poi si
voltò e si incamminò verso casa sua.
Finalmente, un’altra
pesante giornata era passata. Tra incarichi in cucina, prese in giro da parte
delle solite tre cuoche e conseguente nervosismo. Niniel si era impegnata a
mordersi la lingua ogni volta che quelle tre le rivolgevano la parola: in
questo modo riusciva a trattenersi dal rispondere male a Liden e compagnia. Già
quelle tre le affidavano sempre i compiti più duri, rispondergli male avrebbe
significato andarsela ulteriormente a cercare, senza contare che non voleva
ritrovarsi di nuovo ad avere problemi con Nasten e magari con Denethor in
persona.
A sprazzi, in vari
momenti della giornata, le era tornato in mente quel sogno: quella corsa
sfrenata verso il luogo in cui qualcuno urlava, quegli occhi gialli che ogni
volta le provocavano profondo turbamento e quei suoni penetranti, che avevano
la capacità di calmarla e agitarla al tempo stesso.
Niniel era sulla strada
di casa. Quella sera stava tornando da sola perché Narith aveva iniziato a fare
i turni di guardia insieme ai soldati più anziani, e quella volta gli era
capitato il turno di notte.
Mancava poco all’ora di
cena e il buio invadeva già la Città mentre in lontananza, oltre le nubi nere
che da Mordor arrivavano a coprire anche il cielo sopra Minas Tirith, si
scorgeva un timido sole che andava nuovamente a nascondersi oltre l’orizzonte,
come se esso stesso temesse l’Oscurità che proveniva dalla Terra Nera.
In Città, dalle case,
iniziava a giungere leggera e delicata la luce delle candele che le donne
accendevano nelle cucine dove stavano preparando la cena. Fin da quando era
bambina, a Niniel era sempre piaciuto vedere la Città, nelle sere invernali,
che piano piano si accendeva della luce di una moltitudine di candele. Era
un’immagine che le aveva sempre suggerito infinita tranquillità, per non
parlare poi di quanto fosse meravigliosa, Minas Tirith, completamente
illuminata da quella tenera luce. Guardarla dall’altezza del quinto livello,
dove lei abitava, e vedere quella cascata di case sotto di sé tenuemente
illuminate era uno spettacolo che mozzava il fiato. Niniel aveva sempre
desiderato poter vedere Minas Tirith, di sera, dai Campi del Pelennor. Era
convinta che vedere la Città dall’esterno, illuminata da quella luce, dovesse
essere ancora meglio. Purtroppo, però, era nata in un tempo in cui, trovarsi
fuori dal cancello dopo il tramonto, non era consigliabile.
« Sono tornata! » Niniel
entrò in casa, chiudendosi la porta alle spalle.
« Ben arrivata! » la salutò
dolcemente la madre « Di là c’è qualcuno che ti aspetta. »
Niniel corrugò la fronte,
per poi dirigersi verso la piccola cucina. Appena vi entrò, notò il padre,
seduto accanto al tavolo, sul quale era poggiato un calice contenente del vino
e, di fronte a Adhort, vi era Faramir.
Non appena la ragazza
entrò in cucina, lui si alzò in piedi in segno di rispetto.
« Faramir! È da molto che
sei qui? Perdonami, ho appena finito di lavorare! »
« Non preoccuparti, non
ho fretta. »
Il padre della ragazza si
congedò, lasciandoli soli nella piccola stanza.
Doveva essere strano per
lui trovarsi in casa il figlio del Sovrintendente. Era sempre stato abituato a
lavorare per i nobili, per i Signori della Città, ma contatti diretti con loro
li aveva avuti ben poche volte. Ora, ospitare a casa propria Faramir, doveva
apparirgli davvero strano. Niniel glielo lesse in faccia e, dentro di sé,
sorrise divertita.
« Stai pure comodo, non è
necessario che ti alzi. » disse Niniel, imbarazzata dal gesto dell’uomo. Non
era abituata a tanta deferenza.
« Perché no? È normale
alzarsi, quando arriva una donna. » le rispose lui con gentilezza.
Niniel lo guardò, e per
l’ennesima volta constatò quanto Faramir fosse diverso dal padre.
« Ma io non sono di
nobile stirpe. » ribattè lei abbassando gli occhi.
« Questo non ha
importanza! Sei una donna, e per lo più la ragazza di mio fratello. E poi la
nobiltà non si denota dalla discendenza, ma dal cuore di una persona. »
Niniel lo fissò per
alcuni secondi, senza sapere cosa rispondere, infine sospirò:
« La ragazza di tuo
fratello… A dir la verità, quel giorno a Osgiliath, Boromir mi ha solo detto
che vostro padre avrebbe dovuto abituarsi all’idea di noi due insieme, ma nulla
di più. »
Faramir rise
sommessamente, facendo sussultare la ragazza.
« Nulla di più, eh?
Boromir non è mai stato bravo in queste cose. Sarà anche abituato a maneggiare
armi e fare discorsi che infiammano i cuori dei soldati, ma quando si tratta di
affari di questo genere perde la capacità di parola! » sorrise lievemente
divertito senza però voler, in questo modo, mancare di rispetto a suo fratello.
« Ti assicuro, » aggiunse
subito dopo « Conosco mio fratello e con quel: “mio padre dovrà abituarsi
all’idea di noi due insieme”, voleva dire molto più di ciò che può sembrare! »
Guardò la ragazza, che
già sentiva le guance in fiamme e una profonda felicità nel cuore, nell’udire
le parole di Faramir.
« Dunque, Earine mi ha
detto che volevi parlarmi. » l’uomo comprese l’imbarazzo di Niniel, così cambiò
argomento, spostandosi sul motivo per cui lei aveva chiesto di vederlo.
Niniel annuì decisa.
« Si tratta di un sogno
ricorrente, che faccio da alcuni mesi a questa parte. »
« Un sogno ricorrente? »
Faramir sospirò, e Niniel fu sicura di leggere nei suoi occhi lo stesso
sgomento che provava lei nel pensare che era stato proprio un sogno, a spingere
Boromir a partire.
« Di cosa si tratta? »
l’uomo si sedette meglio sulla panca di legno che poggiava al muro, come chi si
prepara ad ascoltare un lungo racconto.
Niniel si accomodò di
fronte a lui, all’altro lato del tavolo, e iniziò a raccontare:
« Inizialmente si
trattava solo di una persona che correva. C’era una persona che correva, sul
fianco di una collina, e in lontananza potevo sentire il rumore di una
battaglia mentre, dalla direzione opposta, provenivano delle grida, ed era lì
che la persona correva, verso quelle grida. Alla fine, poco prima di
svegliarmi, vedevo decine di Orchi che si avvicinavano. »
Faramir la fissava,
attento, respirando lentamente. La luce di una candela illuminava tenuemente il
suo volto magro e, l’espressione preoccupata, era evidenziata dalle ombre che
la fiamma gettava a sprazzi sul viso dell’uomo.
« In seguito » continuò
Niniel « Il sogno è stato sempre uguale, con la sola differenza di qualche
particolare che andava ad aggiungersi: rumori, passi pesanti che facevano
tremare il suolo, il sibilare di frecce che venivano scagliate, le solite urla
sempre più forti e un’agitazione crescente che si impadroniva del cuore di
quella persona che correva. »
« Non sapresti dire chi
fosse questa persona? » le domandò Faramir rompendo il suo silenzio.
Niniel scosse la tesa
tristemente:
« No. Non sono ancora
riuscita a capirlo. So solo che è come se fossi io, o comunque io vedo la scena
dal punto di vista di quella persona che corre. Vedo gli alberi, la collina,
sento il fiato venir meno per via della corsa e percepisco la sua
preoccupazione. È come se l’unica cosa importante, in quel momento, fosse
correre verso il luogo da cui provengono le grida che chiedono aiuto. »
« Oltre agli Orchi hai
visto qualcos’altro che potrebbe fornirci qualche indizio particolare? » le
domandò Faramir.
« Tutto si svolge su una
collina, ma non saprei proprio dirti dove, non c’è nessun particolare che
potrebbe indurmi a capire se si tratta di un luogo reale o meno, ma aspetta che
ti dica cos’ ho visto nel sogno di questa notte. »
Faramir annuì, e si
sporse leggermente in avanti col busto, in attesa di sentire cosa doveva
riferirgli la ragazza.
« Ho visto il cielo ad
Est rabbuiarsi e ho sentito un tuono in lontananza. Inoltre, la persona che
correva, credo sia riuscita a raggiungere il luogo verso il quale si stava
dirigendo. Potevo infatti sentire di fianco a me le urla verso le quali stava
correndo, anche se non riuscivo a vedere a chi appartenessero. Però, quella
persona, ha sguainato la spada e ha iniziato a combattere contro gli Orchi. Tra
questi, ve n’era uno che non avevo mai notato nei sogni precedenti: aveva occhi
gialli, profondi e più terribili di quelli di tutti gli altri Orchi e in più,
portava un simbolo che non sono riuscita a spiegarmi, nonostante io vi abbia
pensato tutto il giorno. Si tratta di una mano bianca dipinta sul volto. »
« Una mano bianca! »
Faramir scattò e spalancò gli occhi.
« Esatto. » Niniel annuì,
e fissò l’uomo con apprensione in attesa di una spiegazione.
« Sei proprio sicura di
non aver mai visto quel simbolo? Né di averne sentito parlare? » le domandò.
La ragazza scosse il
capo, continuando a fissarlo.
« Isengard. » bisbigliò
Faramir, mentre i suoi occhi si perdevano nelle ombre leggere che la candela
allungava sui muri della piccola stanza.
« Che cosa significa? »
« La mano bianca è il
simbolo di Saruman, lo Stregone Bianco e Signore di Isengard. Non è un buon
segno il fatto che quegli Orchi portassero dipinto sul volto il suo stemma. »
« C’è un’altra cosa: gli
Orchi del mio sogno… avevano un aspetto diverso, rispetto a quello degli Orchi
che ho visto a Osgiliath. Erano più alti, più robusti. »
Faramir sospirò.
« Temi che questo sogno
possa avere qualche significato? » domandò Niniel con apprensione.
« Non lo so. » l’uomo
scosse la testa « Davvero non lo so. »
La ragazza sospirò,
andando ad accasciarsi sulla vecchia sedia di legno. Rimasero in silenzio per
alcuni secondi, poi lei ebbe un sussulto:
« Quasi mi dimenticavo!
C’era un’altra cosa nel sogno di stanotte, che nei precedenti non si era mai
verificata. Poco prima di svegliarmi, ho udito tre suoni profondi e penetranti,
che hanno fatto tremare il cuore di quei tremendi Orchi. Non saprei dire con
certezza di cosa si trattasse, ma ho avuto la netta sensazione che fosse il
suono di un corno. »
Faramir alzò di scatto il
viso e puntò i suoi occhi in quelli della ragazza:
« Un corno. » sussurrò «
È dunque ciò che temevo? »
Lei lo fissava, senza
riuscire a porre la domanda che le rimbombava nella testa.
« Cosa vuoi dire? »
riuscì infine a domandare con voce tremante dopo alcuni secondi « Faramir, cosa
significa? » il tono della sua voce si era involontariamente alzato, non
ricevendo risposta dall’uomo.
Faramir finalmente si
riscosse, mentre sul suo viso rimaneva un’espressione che la cuoca non avrebbe
saputo come interpretare.
« Boromir. » bisbigliò
infine.
Il cuore di Niniel
sussultò e la paura la invase.
« Boromir ha portato con
sé il Corno di Gondor, quando è partito. Va suonato nel momento del bisogno,
quando i nemici non ti lasciano via di fuga, quando da solo non hai possibilità
di salvarti e hai bisogno di rinforzi. »
Alla ragazza parve che il
cuore le si fosse fermato. Il respiro le venne meno e, se non fosse stata
seduta, le gambe avrebbero sicuramente ceduto.
« Boromir… Vuoi, vuoi
dire che quella persona… » non riusciva a formulare un pensiero coerente, e le
parole non la aiutavano.
« Non possiamo esserne
certi, l’unica cosa che mi fa pensare a lui è il suono del corno, perché le
altre cose di cui mi hai parlato non ci danno indizi che riconducano a Boromir.
»
« Allora perché parli di
lui? Perché dovrebbe essere lui? » il tono di voce della ragazza si alzò
nuovamente, mentre le sue guance ora pallide venivano rigate da abbondanti
lacrime.
« Perdonami. Perdonami,
non avrei dovuto. » bisbigliò Faramir turbato.
Niniel si asciugò con
rabbia le lacrime, che però non smettevano di scendere, facendola arrabbiare
ancora di più e vergognare di essere scoppiata a piangere di fronte a Faramir,
ma la paura che quella persona che correva potesse essere Boromir, quella paura
che a lungo era rimasta sopita in lei e che Niniel aveva percepito e scacciato,
rifiutando di piegarsi ad essa, ora quella paura aveva invaso completamente il
suo cuore, la sua mente, tutte le sue membra, e minacciava di schiacciarla
senza pietà.
Turbato, e col cuore
colmo di pietà e comprensione per la ragazza, Faramir si alzò e le si avvicinò,
inginocchiandosi di fronte a lei e prendendo le mani di Niniel nelle sue.
« Sono stato uno sciocco
a parlare così. Perdonami, nessuno ci assicura che si tratti di Boromir. » le
disse.
« Non consolarmi, non ne
ho bisogno. Ho avuto questo timore fin dal primo sogno che ho fatto, ma avevo
cercato di ignorarlo. Ora che tu hai avuto il mio stesso presentimento, sono
certa che si tratti di Boromir. Non ho più dubbi. »
« Potrebbe trattarsi di
un semplice sogno dovuto alla lontananza di Boromir e alla paura che hai di
perderlo. Nessuno ci assicura che esso voglia predirci qualcosa. » le disse
dolcemente Faramir.
« Eppure io non sono
tranquilla, e questa cosa mi turba profondamente. »
« Ti assicuro, che farò
di tutto perché a mio fratello non accada nulla. » Faramir le strinse più forte
le mani « Parlerò con mio padre, cercherò di fargli mandare dei rinforzi. Non
permetterò che gli succeda qualcosa di male. »
« Tuo padre? E cosa gli
dirai, che io ho fatto un sogno in cui c’è una persona che corre, che non
riusciamo a vedere in volto e che crediamo si tratti di Boromir? » domandò
ironicamente lei, ma subito dopo si rese conto del tono poco rispettoso che
aveva usato.
« Gli dirò che il sogno
l’ho fatto io. » la interruppe Faramir « Così non rischio di metterti in mezzo.
» ignorò il modo di fare un po’ brusco della ragazza. Si rendeva perfettamente
conto di come dovesse sentirsi in quel momento Niniel.
« Non ho paura di venire
coinvolta. Quello che temo è che Denethor non ti dia retta se viene a sapere
che il sogno l’ho fatto io. »
« Per questo gli dirò che
si tratta di un mio sogno: ho più possibilità che mi creda e non rischio di
coinvolgerti. » Faramir le sorrise dolcemente « Stai tranquilla, non gli
accadrà niente! »
« Lo spero, ma ho troppa
paura per crederci veramente. »
« Non lasciare che la
paura turbi il tuo cuore, in questo modo corri il rischio che ti derubi anche
della più piccola speranza e chi non ha più speranza è perduto. »
Niniel alzò gli occhi e
annuì silenziosamente.
Poco dopo, accompagnò
Faramir alla porta:
« Quando parlerai con tuo
padre? »
« Domattina sarà la prima
cosa che farò. Tornerò domani sera, per farti sapere com’è andata. »
Così, dopo aver chinato
il capo di fronte alla ragazza, Faramir si allontanò silenzioso, nel buio della
sera.
Niniel rimase fuori
ancora per qualche minuto, nonostante la profonda oscurità. Inspirò profondamente
l’aria gelida di gennaio e alzò gli occhi al cielo. Era coperto, tetre nubi lo
derubavano della sua immensità, segnandolo con confini visibili anche in quella
oscurità mentre le stelle rimanevano solo un ricordo lontano, di antica
bellezza di un’Era passata.
« Quando tornerai,
l’Oscurità si diraderà, e guarderemo insieme le stelle. Ne sono certa. »
Stessa sera di metà
Gennaio, Moria
Un buio profondo,
irreale, regnava nell’immenso salone. I cuori dei membri della Compagnia erano
oppressi da quell’oscurità, che non faceva altro che suggerire alle loro menti
immagini ancor più cupe e spaventose.
I Nove Compagni, distesi
a terra in quell’arcano luogo, tentavano con fatica di prendere sonno, mentre
un Elfo dai lunghi capelli biondi montava di guardia fissando il buio,
immobile, con uno sguardo talmente limpido che dava l’impressione di essere in
grado di perforare anche le nere nubi di Mordor.
« Non riesci a prendere
sonno? » domandò dopo lunghi minuti, senza nemmeno voltarsi.
« Chi vi riesce? » borbottò
Boromir, rigirandosi per l’ennesima volta.
« Gli Hobbit dormono, e
ora credo anche gli altri. »
L’uomo di Gondor non
rispose. Gli capitava sempre più spesso, ultimamente, di essere di malumore.
Strano, si diceva lui, per una persona che si trovava nella sua situazione.
Vedeva più logico l’essere spaventato dal pericolo che stavano combattendo, e
verso il quale stavano marciando. Ma in realtà, il sentimento principale che
aveva tormentato il suo cuore fino a quel momento era stato quel senso di
irrequietezza, la preoccupazione per ciò che poteva essere successo a casa, il
desiderio di tornare il prima possibile a Minas Tirith, per poter difendere
direttamente il suo popolo e le persone che amava. Il desiderio di tornare per
poter nuovamente incontrare gli occhi di Niniel, rivederla comparire da dietro
la piccola dispensa che si trovava in un angolo della cucina di corte,
esultante per aver ritrovato il barattolo del sale e con i capelli mossi
scompigliati. Poter sentire ancora il suono della sua voce, abbracciarla come
aveva fatto quel giorno a Osgiliath, e restituirle il bacio che lei gli aveva
dato poco prima che lui partisse.
Si voltò nuovamente,
tornando a fissare l’oscurità delle Miniere di Moria. Mai, come in quel
momento, aveva desiderato poter sentire una brezza leggera accarezzargli il
viso. Mai, come in quel momento, aveva sperato di alzare gli occhi e poter
vedere le stelle brillare in cielo. Cercò di immaginare le stelle sopra Minas
Tirith, nelle notti d’estate, che con la loro luce facevano brillare d’argento
in contorni della Città Bianca. Ma non vi riuscì. Ogni tentativo di scorgere
nella sua mente un po’ di luce venne annullato dall’oscurità che all’esterno lo
avvolgeva, opprimendolo e levandogli il respiro, soffocandolo con la sua
pesante e fastidiosa presenza.
Poco lontano da lui,
poteva sentire il respiro affannoso del piccolo Hobbit Frodo. Sembrava quasi in
preda a un incubo. Boromir si voltò leggermente verso il compagno di viaggio e,
nell’oscurità, cercò di distinguerne i contorni: gli appariva come un piccolo
bambino infagottato e impaurito, tormentato da sogni indicibili e
inimmaginabili, come quegli incubi che da bambino ti svegliano nel cuore della
notte, facendoti urlare e chiamare i genitori in cerca di conforto.
« È stato coraggioso. »
la voce penetrante dell’Elfo lo distolse dai suoi pensieri.
Boromir si voltò verso
Legolas, del quale riusciva a distinguere solo una leggera ombra tra le ombre
più profonde delle Miniere.
« Ci vuole coraggio per
decidere di portare un tale onere. » continuò l’Elfo.
« Io ancora non capisco
perché non vogliate consegnarlo agli Uomini. Anche nei nostri cuori c’è
coraggio, non siamo tutti corrotti! » disse piano Boromir.
« Se il destino ha voluto
che l’Anello andasse a Frodo, c’è di sicuro un motivo. »
« Ma si tratta di un
Hobbit… »
« Il destino conosce vie
che ai nostri occhi sono celate. Quando la nebbia si diraderà, e riusciremo a
scorgere dove porta la nostra via, comprenderemo il perché di molte cose. »
« Purtroppo però, non
sempre la nebbia si dirada prima della fine. » commentò Boromir con una
insolita nota di incertezza nella voce.
« No, ma se il fato ha
deciso che fosse Frodo a caricarsi dell’Anello, non dobbiamo fare altro che
mantenere i doveri che ci siamo assunti e proteggerlo fino alla fine. La
nebbia, prima o poi, si diraderà e scomparirà del tutto, mostrandoci dove ci
hanno condotto i nostri sforzi. »
« Nulla ci assicura,
però, che ciò che vedremo ci piacerà. » disse l’uomo.
« Esatto, ma ora nulla
deve farci pensare che ciò che vedremo non ci piacerà. Non lasciare che le
ombre di questo luogo invadano il tuo cuore e la tua mente. Fino alla fine,
niente dovrà farci pensare che le cose andranno male per forza. Sappiamo che
abbiamo intrapreso una missione pericolosa, ma dobbiamo continuare a credere in
noi, a credere in Frodo. Non dovremo mai smettere di sperare! »
Rimasero in silenzio per
alcuni secondi, poi Legolas aggiunse:
« Riposa ora. Domani temo
ci aspetterà una nuova e lunga marcia nelle ombre. »
Boromir si voltò
dall’altra parte e, inaspettatamente, col cuore un po’ più leggero, chiuse gli
occhi e cercò di dormire. Era forse la prima volta che riusciva ad avere una
conversazione così tranquilla con uno dei membri della Compagnia.
Non avrebbe saputo dire
cosa gli avesse infuso quella tranquillità: se le parole dell’Elfo o la sua
voce che pareva provenire da millenni di storia ed esperienza.
Chiuse gli occhi,
riprovando a immaginare le stelle che punteggiavano il cielo sopra la sua
Città, nelle fredde notti invernali, donando inaspettatamente calore a chiunque
le osservasse in cerca di consiglio. E infine le vide, chiare, luminose, che
brillavano lontane e inafferrabili, eppure così reali.
Sospirò, un profondo
respiro liberatorio e il viso di Niniel si affacciò nei suoi pensieri, con i
suoi occhi scuri e i capelli ribelli, da far storcere il naso alle nobili di
corte. Eppure erano parte dell’essere di quella ragazza tanto che, immaginarla
con i capelli perfettamente in ordine e senza il suo grembiule immancabilmente
macchiato del sugo di qualche pietanza, gli risultava difficile e quasi
offensivo nei confronti di Niniel.
“Quando tutto questo sarà
finito, tornerò e guarderemo insieme le stelle sopra Minas Tirith.”
Sorrise nell’oscurità,
mentre lentamente e inconsapevolmente scivolava nel sonno.
Ok,
capitolo finito… ora preparatevi per il prossimo… credo che ci saranno tante
persone che vorranno ammazzarmi dopo averlo letto… Io vi avviso già… così vi
preparate… a volte è meglio mettere le mani avanti subito… Ok, la smetto!
Passiamo
a cose più importanti! Grazie a chi ha letto e aggiunto la storia tra le
seguite e le preferite!
Spero
di risentirvi prima del 31 dicembre… significherebbe che sono riuscita a finire
un altro capitolo!! Beh, intanto, vi auguro un
Felice Natale, sperando che voi abbiate potuto passarlo in serenità con le
persone che amate!!
Ora,
recensioni:
Ragazzapsicolabile91: ok, so che mi vorresti
ammazzare! XD Ma alla fine il capitolo è qui e, come promesso, ho scritto anche
di Boromir! (scommetto che quando hai letto il primo pezzo hai pensato: ma
come, tutto qui? Ma alla fine del capitolo ho scritto un’altra bella pagina su
Boromir! Spero sia bastata!!) Dicevi… con tutte le brutte pieghe che ci sono?…
allora non leggere il prossimo capitolo… altrimenti mi ammazzi! (io non ho
detto niente… *me fischietta*) Alla prossima!!
Evening_star:
ciaooo! Sono
tornata! (Sì, ok, non che te ne freghi più di tanto!) va bene, basta con le
cavolate! Piccioncini bis e piccioncini unis… non sai quanto mi hai fatto
ridere con questa storia!! Sì, sì! Non manca molto all’incontro tra i
piccioncini bis! Stiamo solo aspettando l’arrivo di una persona che dovrà dare
una mano a Niniel… Eh beh, spero che questo capitolo ti sia piaciuto! Fammi
sapere!
Nini
superga:
Eh, purtroppo colleghe simili a quelle tre le ho provate sulla mia pelle… forse
è per questo che mi sono venute bene! Comunque sono contenta che ti sia
piaciuto il capitolo spero che anche questo ti abbia fatto la stessa
impressione! A presto!! Ciao ciao!!
Arwins: Ciao! Che bello una nuova
lettrice! Sono contenta che la storia ti sia piaciuta! Spero solo che poi la
verifica di latino sia andata bene (Il latino… l’ho provato sulla mia pelle…
non ne andavo matta! J ) Sono contenta anche che
Niniel e Ilarin ti siano piaciute come personaggi! Spero che leggerai anche
questo capitolo! E, se ti va, fammi sapere cosa ne pensi! A presto!!
Elena90: ciao!! Sono contenta che
la storia ti sia piaciuta! Ecco, finalmente, un nuovo capitolo! Appena posso
posterò anche gli altri ma, siccome la storia non è ancora scritta fino alla
fine (ho scritto solo il capitolo successivo a questo!) a volte vado a rilento
con gli aggiornamenti. Ma non disperare! Prima o poi gli aggiornamenti
arriveranno! Spero di risentirti! Ciaooooo!!