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Autore: Lady Hime    28/12/2010    3 recensioni
SasuNaru} «Che ci fai tutto solo dobe? Cerchi la tua dolce metà?».
«Chi ti dice che non l’abbia già trovata?».
«Ceerto».
«Pff».
«Sali?».
«Giusto se mi preghi in ginocchio».
Genere: Azione, Drammatico, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Hanabi Hyuuga, Hinata Hyuuga, Neji Hyuuga, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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My Executioner

Il mio carnefice.

Non sapeva cosa gli aveva dato, ma Naruto si ritrovò incredibilmente guarito il giorno seguente, dopo un lungo sonno in quella strana cella. Si sfiorò con le dita fredde il labbro inferiore.
Lo sentiva ancora, il solletico di quelle labbra sulle sue, l’umido bacio che gli aveva lasciato per fargli ingerire la pastiglia. Era stato caldo quel bacio, nonostante l’inesistenze intenzione. Il solo ricordo più concentrato aveva la capacità di farlo arrossire, ma era inevitabile che ci pensasse no?
Si osservò le mani confuso.
Le parole che gli aveva detto, quel “so benissimo di cosa parli” gli aveva fatto paura; certo, aveva immaginato, dalla freddezza con cui aveva trattato il caso di Neji che non era uno stinco di santo, ma sentirlo dalle proprie orecchie la velata confessione di essere un assassino incallito era un’altra faccenda; una faccenda che lo rattristava quasi.
Aveva ricevuto un bacio, uno sfuggevole e fugace incontro per un motivo sciocco, ma non riusciva a levarselo dalla testa; come la sua voce del resto, come i suoi occhi, come il suo cor…
«Su Uzumaki, direi che puoi uscire» gli annunciò uno strano tizio sovrappeso, ma più che concentrarsi su quello, Naruto focalizzò con attenzione le parole appena sentite.
«Cosa…?» riuscì a sillabare mentre l’altro gli liberava i polsi dalle manette.
«Beh che pensavi, che ti tenessimo qui tutta la vita? Sas’ke ha detto che ormai è tutto risolto».
Naruto avrebbe riso se la sua espressione non fosse rimasta glacialmente allibita. Tutto a posto….certo, aveva ucciso un uomo, un uomo importante come Neji Hyuuga, come diavolo faceva ad essere tutto a posto?  
«Come…risolto…io non…»
«Non preoccuparti Naruto, se Sasuke dice che è tutto a posto, allora è così»; la voce quasi rassicurante della persona davanti a lui, glielo fece credere, anche solo per un minuto.
«Tutto a posto…» sussurrò mentre veniva portato fuori dal tizio.
Salì nel taxi che era stato chiamato per lui, inconsapevole che due occhi neri come la notte lo fissavano attenti.
«Sasuke…è davvero tutto risolto?» chiese sfacciatamente Karin al suo superiore. Quello la fissò, lasciando cadere la sigaretta a terra.
«Lo sarà domani mattina, non prima».

 

Hinata si resettò la lunga gonna bianca, impaziente.
Suo padre sarebbe arrivato da lì a poco, sentiva già il suo esile corpo tremare d’inquietudine, memore di come ogni volta veniva trattata, fin da subito. C’era sempre qualcosa che non andava in lei, sempre. Una gonna, una parola, un sorriso…qualunque cosa, non aveva molta importanza la gravità o meno, c’era.
Hanabi invece no, c’era l’inspiegabile motivo di perdonarle le imperfezioni, in fondo lei era soltanto la seconda erede; prima nel cuore di suo padre forse, ma pur sempre seconda di dinastia.
Suo padre ne era forse meno rigido solo perché non dipendeva da lei il futuro del suo Clan; quello spettava ad Hinata o ad un erede maschio, se sua madre prima di morire glielo avesse concesso.
Osservò la sorella di soppiatto, che rigida nel suo completo nero osservava la strada fiera.
Sembrava un lupo, determinato e sicuro di sé, mentre attende qualunque cosa, anche la peggiore; lei invece pareva un agnello, debole e piccolo, speranzoso di non incontrare il lupo. Alzò leggermente la testa quando vide un’auto riconosciuta apparire dalla curva; si fermò davanti all’abitazione Hyuuga.
Hinata osservò l’autista scendere, aprire la porta posteriore e inchinarsi mestamente quando la persona uscì. Suo padre fece il suo solito ingresso, osservato da tutta la servitù che si inchinò unanime e dalle sue due uniche figlie, che lo fissavano ostentando una felicità falsa.
«Padre». Fu Hanabi la prima a parlare, come al solito. Avanzando sui suoi tacchi neri, si avvicinò al genitore, sorridendo, ma non lo abbracciò. Non era solita farlo comunque. Non erano una famiglia normale, erano una delle famiglia più importanti e ciò imponeva un alto contegno anche all’interno della fascia famigliare. Quello salutò Hanabi quasi affettuosamente, avvicinandosi a sua volta a lei. Vide come gli occhi di suo padre passarono da sua sorella a lei e per riflesso incondizionato, chinò di scatto la testa, fissandosi i piedi.  Portava tacchi troppo alti, pensò.
«Hinata Chan, tu non saluti tuo padre?».
Hinata scattò di colpo. Mai, Hinata lo sapeva bene, mai, suo padre aveva desiderato un suo saluto, preferiva ignorare la voce della prima figlia ogni volta e concentrarsi sulla seconda, così sicura e nobile.
«Certo!» squittì poi, accorrendo al padre e accennando un inchino «Sono felice che tu sia tornato a casa».
Bugia, tremenda bugia.
«Mi stupirei del contrario» la riprese suo padre immediatamente. Ecco, pensò, quella sicuramente sarebbe stata la prima situazione ideale per umiliarla. «Ovviamente non subito mai dell’amore incondizionato che hanno le mie figlie verso di me».
O forse no, si corresse poi, osservando il sorriso del padre che pareva, in effetti, rivolto a lei.
Non ci fu nemmeno un momento per gustarsi quel sorriso, che suo padre si rivolse subito ad Hanabi.
«Beh Hanabi, che ne dici di deliziarci con una tua composizione? Mi hai scritto che hai vinto un concorso…» si allontanarono così, Hanabi e suo padre, lasciandola indietro per un attimo.
«Hinata non vieni?» chiese suo padre bonariamente osservandola per un minuto per poi tornare a rivolgere attenzione ad Hanabi.
«C..certo…» sussurrò Hinata piano, per non interrompere il discorso dei due.
Fece uno o due passi, ma i suoi tacchi, troppo alti continuava a ripetersi, inciamparono nel vestito; furono due braccia forti a salvarla dall’asfalto.
«Tutto bene, Hinata-sama?».
Le pupille di Hinata si dilatarono leggermente, osservando l’autista che la sorreggeva preoccupato. Annuì, fissandosi i piedi.
Quello la aiutò ad alzarsi, per poi tornare all’automobile. «Arrivederci Hinata sama».
Hinata lo osservò allontanarsi verso i garage.
Quella voce.
Si lasciò la strada alle spalle rientrando in casa; vacillava appena sui tacchi, ma non fece nemmeno attenzione a risolvere quella sua goffaggine. Pensava.

Arrivederci Hinata sama


In quelle tre semplici parole, Hinata riconobbe la voce del suo rapitore.


____ L'angolino di Hime che non è morta - 

Non pensavate che vi avessi davvero abbandonato? XD diciamo che mi ero bloccata, su Naruto; c'è voluto una ff su Sakura (non avrei mai pensato di doverla ringraziare) per sbloccarsi sul Fandom 8D
Beh ormai ci siamo, siamo ad un punto abbastanza importante per la storia e tra poco ci sarà la fine.
Tenterò di non morire, ma sapere, preferisco non forzarmi XD vengono fuori scritti molto poco carini se ci tento.

   
 
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