VI
CAPITOLO
Ci avviammo insieme
verso il Salone del Trono, dove Éomer si congedò da me e si mise a studiare una
carta insieme a Aragorn, mio padre. Elfhelm non c’era, ma avevo detto a Éomer
di parlargli appena lo avesse visto. Io, seguendo le istruzioni che mio marito
mi aveva dato, entrai nella piccola stanza accanto al Salone e lì mi sedetti
sul basso scranno al centro del muro orientale. Sentivo delle voci fioche ma
irose provenire da fuori dell’uscio, segno che c’era già qualcuno che aveva una
contesa da farmi sciogliere. Mi sentivo abbastanza tranquilla, poiché anche a
Dol Amroth certe volte dei contadini mi avevano sottoposto questioni giudiziare
di scarsa importanza. Falmer aspettava che dessi il permesso di entrare ai
contendenti. Le feci un cenno e lei aprì la porta, facendo accedere al mio
cospetto tre persone: un vecchio che trascinava una ragazza e un giovane. Essi
sembravano abitanti delle campagne intorno ad Edoras, anche se il giovane
probabilmente aveva prestato servizio nelle ultime guerre. Tutti e tre si
inchinarono, senza cessare di guardarsi male.
“Io sono Romalto
dell’Ovestfalda, mia signora, e non sarei venuto se il motivo che mi spinge non
fosse di grande importanza per me,” disse il vecchio “ma mia figlia Ifolse, che
vedete qui, e questo ragazzotto hanno commesso verso di me un grave misfatto.”
La fanciulla cercò di divincolarsi e strillò:
“Non è vero,
Regina, non abbiamo fatto niente di male!” il giovane corse in suo aiuto,
spintonando Romalto.
“Basta!” mi stupii
io stessa dell’autorità emanata dalla mia voce: ventitrè anni a dare ordini
alla servitù di Dol Amroth non erano passati invano. “Ricomponetevi, per
favore! Tu, Romalto, lascia tua figlia, e voialtri non lo interrompete mentre
parla.” Immediatamente si ristabilì l’ordine. Ifolse si inchinò mormorando
qualche scusa e qualche implorazione. Aspettai che avesse finito e poi feci
cenno al vecchio di continuare.
“Hanno commesso un
misfatto verso di me e i miei antenati” riprese l’anziano uomo fissando il
ragazzo. “Infatti questi due hanno osato sposarsi di nascosto, senza che io
avessi ciò che mi spettava per aver ceduto mia figlia in matrimonio; e quel che
è peggio è che io sono venuto a conoscenza di ciò da parte di una vecchia
comare che li ha visti scappare insieme durante la notte. E la loro unica
giustificazione è che si amano” pronunciò quest’ultima parola con disprezzo.
“Non capisci, Ifolse,” si voltò verso la figlia con rabbia mista a
preoccupazione e affetto “Che questo sprovveduto non ha di che servirsi per
garantirti una vita soddisfacente, per questo ti ha sposato di nascosto a me?!”
“Non è vero!” lo
interruppe il giovane. “Io potrei provvedere a Ifolse lavorando!”
“Lavorando cosa?”
chiese il Romalto sdegnoso. “Lo sanno tutti che non possiedi nemmeno un
orticello! Regina, io chiedo che voi annulliate questo matrimonio e che mi
rendiate mia figlia.”
“Mia signora, non
divideteci, ve ne prego!” singhiozzò la ragazza accasciandosi sul pavimento.
Non poteva essere più grande di Mathrel.
“Giuro che mi
prenderò cura di Ifolse a costo di privarmi del cibo e del sonno” dichiarò il
ragazzo avvicinandosi alla fanciulla, ma il vecchio lo fermò con
un’occhiataccia.
“Silenzio!”
esclamai. “Tu, Romalto, desideri che il matrimonio sia annullato, mentre voi
due chiedete che io legittimi la vostra unione. Ma il padre di Ifolse” mi
rivolsi al giovane “E’ stato privato dei beni che gli spettano e asserisce che
tu non abbia i mezzi per provvedere a sua figlia. E’ vero questo?” a
malincuore, lui rispose:
“Si, mia signora.”
Ifolse smise di piangere e alzò la testa spaventata. Poi parlò così:
“A me non importa
se Camset non ha una bella casa o un pezzo di terra. Preferisco stare accanto a
lui nella povertà, che accanto a un altro nella ricchezza.” Sebbene la ragazza
fosse commovente e io, nel profondo del cuore, parteggiassi per lei, in realtà
aveva ragione suo padre. Quindi, dopo aver riflettuto qualche secondo, decisi
di risolvere così la contesa.
“Se Camset fosse
benestante e ti avesse fatto i doni che ti appartengono per diritto, non
saresti contrario a questo matrimonio, non è vero?” chiesi a Romalto.
“No…no, mia
signora. Ma tanto non li ha, e non li avrà mai, a meno che non accada un
miracolo!” sibilò.
“Allora ti atterrai
alla mia decisione.” Feci una pausa, raccogliendo le idee. “Ieri, uno degli
stallieri di Meduseld è caduto da un cavallo imbizzarrito ed è si è ferito
gravemente: a lungo non potrà riprendere il lavoro. Io ti do adesso, Camset,
una somma di denaro equivalente a sei mesi di duro lavoro nelle stalle, che
dovrebbe essere sufficiente a comprare dei doni per Romalto e un piccolo pezzo
di terra per te e Ifolse. Ma poi dovrai lavorare sei mesi come stalliere qui a
Meduseld, per ripagare il debito. In seguito te e Ifolse potrete guadagnarvi da
vivere lavorando la terra. Invece Romalto avrà ciò che gli spetta in cambio di
Ifolse e sarà sicuro che sua figlia non vivrà nella povertà. Accettate
quest’offerta?”
“Si, grazie,
Regina! Grazie!” esclamò Camset inchinandosi fino a terra.
“Va bene così,
Regina, eppure avrei desiderato che Ifolse sposasse un altro. Ma se lei è
convinta che sia l’uomo adatto a lei e non vivrà nella miseria, allora
accetterò che diventi mio genero.”
“Mia signora, mi
avete reso la ragazza più felice del Mark con la tua sentenza!” sorrisi alle
parole di Ifolse. Dopo essersi inchinati ancora una volta, i tre paesani
uscirono, e anch’io li seguii, per vedere se c’era qualcun altro ad aspettare,
ma evidemente quel giorno non avrei dovuto sanare altri contrasti. Alla porta
c’era solo Ifolse, che stringeva nervosamente in mano un lembo della gonna di
spesso panno ruvido, così diversa dalla mia veste di velluto e seta bianca.
“Mia signora,”
mormorò “Posso chiedervi ancora una cosa?”
“Parla, Ifolse.”
“Vedete, adesso
Camset abiterà qui a Edoras per sei mesi, lavorando alle stalle. Mi chiedevo…mi
chiedevo se ci fosse un posto anche per me. Non vorrei tornare a casa con mio
padre, ma restare qui con Camset.” mi inteneriva la sua voce timida, ma non
potevo soddisfare la sua richiesta.
“Ifolse, ascolta:
non c’è lavoro per te qui a Meduseld, ma questo è un bene. Io ti consiglio di
tornare a casa con tuo padre ed essere amabile con lui, in modo che si convinca
che ha fatto bene a lasciarti sposare Camset, rendendoti felice. Fai in modo
che si accorga che non lo abbandonerai, ma che rimarrai la sua figlia fedele
anche dopo il matrimonio.” Ifolse mi sembrò un po’ delusa, ma poi chinò il capo
e disse: “Avete ragione, Signora.” Quindi si produsse in un’ultima riverenza e
seguì Romalto verso l’uscita di Meduseld.
“Siete stata molto
saggia, mia signora.” Disse Falmer dopo che padre e figlia ebbero varcato la
soglia. “Avete reso quei due giovani felici senza far torto al vecchio. Eppure
sembrava che Romalto avesse ingoiato un boccone molto amaro! Ma ha accettato i
vostri ordini, ed è questo l’importante.”
Mi sentivo stanca e
preoccupata di non aver preso la giusta decisione nei confronti del vecchio,
sebbene avessi fatto tutto il possibile per comporre il litigio.
“Lothi!” la voce
allegra di Imhlen annunciò l’arrivo di mia sorella. “Lothi, sei stata
bravissima!”
“Chi te l’ha
detto?”
“Ho ascoltato
attraverso la porta”, rispose Imhlen, e mi stupii, perché quello non era un
comportamento degno di lei. “Mi ha convinto Mathrel” aggiunse infatti,
sorridendo della mia espressione meravigliata. “Ma ho fatto bene. Non pensavo
che tu potessi essere così regale; sei stata giusta ma magnanima.”
“Grazie.” Le
sorrisi. Quel giorno non avevo pensato molto alle mie sorelle, e me ne
dispiacevo. “Ho finito. Perché non andiamo a fare una passeggiata prima di cena?
Sono solo le quattro.”
“Volentieri, ma
prima dobbiamo trovare Mathrel. Non ho idea di dove sia, era con me a…”
arrossì.
“A origliare”
completai io, ridendo. “Malvagia influenza della nostra sorellina.”
“Si, ecco, però a
un certo punto è giunto un servitore che le ha riferito che Elfhelm desiderava
parlarle.”
“Ecco perché
Elfhelm non era alla riunione…”mormorai fra me e me, sorpresa dal fatto che
Elfhelm avesse voluto dichiararsi così presto.
“Ma perché Elfhelm
voleva parlare con Mathrel? Non riesco a spiegarmelo.” Disse Imhlen perplessa.
“Mathrel, fino a prova contraria, non è un Maresciallo né un Cavaliere.”
“Credo di sapere
cosa è successo mentre noi eravamo qui. Vieni, andiamo a cercare Mathrel.”
Cercammo nostra
sorella per una buon quarto d’ora, prima di trovarla seduta sui gradini delle
scale della terrazza, che scrutava, con un’aria assorta inusuale per lei, il
verde orizzonte del Mark. Ci sedemmo piano ai suoi due lati. Lei non parlò,
cosa talmente insolita per Mathrel che iniziai a preoccuparmi che le fosse
successo qualcosa di brutto.
“Math, cosa ti
angoscia?” le domandò Imhlen con dolcezza. Mathrel non rispose, si limitò ad
accennare con la testa verso il palazzo. “Math, ti puoi fidare di noi.
Qualunque cosa sia capitata, noi saremo dalla tua parte.” Mathrel restò in
silenzio qualche altro minuto, poi parlò con voce fioca:
“Elfhelm mi ha
chiesto di sposarlo.” Imhlen spalancò gli occhi, attonita. Se Mathrel non fosse
stata così concentrata sulle nuvole, sarebbe morta dalle risate.
“E tu che hai detto?”
indagai.
“Per ora ho
risposto che ci devo pensare. Ma…ma non so! Non so che fare. Elfhelm è un
Maresciallo di nobile stirpe, e quindi sarebbe un marito adatto anche a una
Principessa come me. Però è vecchio!” Mathrel scoppiò in singhiozzi, affondando
la testa nella mia spalla. Imhlen le si avvicinò e le carezzò i capelli.
“Non sei costretta
a sposarlo, se non vuoi.”
“Elfhelm è stato
così gentile…ha detto che sono bella come un giglio di mare.”
“Ha fatto una
semplice constatazione,” commentai “non so se lo puoi definire un complimento.”
“E’ vero” ridacchiò
Mathrel fra le lacrime. “Io sono bella.” E ricominciò a piangere, mentre io e
Imhlen la stringevamo, cercando di consolarla. “Come hai fatto a decidere di
sposare Éomer, Lothi? Io mi sento così confusa. So che dovrei accettare la proposta di Elfhelm, ma in realtà non voglio,
però non voglio nemmeno dare un dispiacere a lui. So che sarebbe un buon
matrimonio politico e che alla fine non starei così male qui a Rohan con te,
Lothi, ma non ce la faccio a dire di sì. Per tutta la vita. Oh, come vorrei che
Elfhelm non mi avesse mai vista!”
Pianse e pianse, in
preda alla commozione e all’angoscia, fino a che non ebbe più fiato per
continuare a singhiozzare. Allora io feci andare a prendere Stellagrigia e altri
due cavalli alle stalle e portai le mie sorelle fuori per una galoppata, e
gioii nel vedere il viso di Mathrel rischiararsi mentre incitava il suo cavallo
ad andare più veloce per superare Imhlen. Stellagrigia correva troppo forte
perché le mie sorelle potessero raggiungermi, così mi fermai ad aspettarle in
cima a una collina.
Quella sera
Mathrel, sebbene a malincuore, disse a Elfhelm che non era ancora pronta a
sposarsi, e credetti che il Maresciallo avesse compreso e perdonato mia
sorella.
La cena del mio
primo giorno di matrimonio la consumai da sola con Éomer, gli altri, suppongo
sotto proposta di Eowyn e Imhlen, avevano avuto la delicatezza di lasciarci
soli, cenando fuori nella calda luce del tramonto del due maggio.
Io e mio marito
parlammo a lungo, come non avevamo mai fatto, e io appresi molte cose sul suo
passato e lui molte cose sul mio, sebbene io avessi meno cose da raccontare.
Infine, quando Falmer aveva sparecchiato, Éomer tacque un minuto e mi scrutò
attentamente.
“Dammi il braccio”
ordinò poi. Io gli porsi il braccio destro senza fare domande, anche se ero
curiosa di sapere il perché di quella richiesta. “L’altro braccio, so che sei
mancina.” Obbedii e lui arrotolò la manica del mio abito fino al gomito,
tenendomi l’avambraccio fra le mani callose. “Tu hai impugnato la spada, e non
una volta sola,” mormorò. Non sorrideva. “Me ne sono accorto stamattina. Ti sei
esercitata a combattere, non è così? Come mia sorella.”
“Si, Éomer.” Mi
chiesi perché la mia risposta aveva il tono di una scusa. Lui sospirò.
“Non ti impedirò di
continuare a farlo; perché tu sappia difenderti nel caso in cui tutto sia
perduto.” Il suo viso, già serio, divenne quasi feroce. Ritrassi
impercettibilmente il braccio dalla sua stretta, che si era fatta rude e forte.
“Ma non ti azzardare a fare ciò che ha fatto Eowyn. Le donne non devono andare
in guerra. Hai idea di quello che ho provato quando ho visto mia sorella, che
credevo al sicuro a casa, esanime sul campo di battaglia? Avrei preferito
essere trafitto da mille spade, invece che sopportare una tale follia, un tale
dolore. Ti probisco nel modo più assoluto di scendere in guerra, affrontare
nemici o combattere a rischio della vita; a meno che non io non sia stato
ucciso, Rohan caduta e tutte le libere genti della Terra di Mezzo morte e
schiave.” Strinse ancora più aspramente il mio polso. “Hai capito? Mai. Mai
permetterò che una simile pazzia si ripeta.”
“Ma tua sorella ha
compiuto grandissime imprese.” sussurrai.
“Non avrebbe dovuto
farlo. La guerra è compito degli uomini, e se Eowyn ha fatto ciò che ha fatto è
perché io sono stato stolto e negligente e lei avventata. E tu non sei come mia
sorella, non sei resistente come lei. Eowyn è tenace come l’acciaio ed era
altrettanto fredda, tu sei simile a una gemma di vetro: forte, ma fragile.
Giura che non ti ribellarai a ciò che ti ho ordinato. Giura e toglierai un
grande peso dal mio cuore.”
Ero spaventata
dalla ferocia nel suo sguardo e dalla forza con cui mi stringeva il braccio. I
suoi occhi azzurri erano bui e tempestosi, ma in essi scorgevo le emozioni che
lo facevano parlare così. Non dissi niente. “Giura!” ripetè. Dentro di me le
fantasie che avevano accompagnato la mia crescita, splendide immagini di spade
brillanti e azioni gloriose, si ribellavano, ribollivano e si confondevano in
figure sfocate dai colori vividi. Ma una nuova forza le tratteneva, un potere
risvegliato dagli occhi di Éomer, un potere che comprendeva quanto fossero
infantili e irreazzabili i miei sogni. “Lothi, tu non sai cos’è la guerra. Non
hai mai visto uomini trucidati a centinaia, o il sangue che gocciola dalle
lance. Non hai mai visto nessuno dei tuoi cari morire sul campo di battaglia,
non hai rischiato di perdere ciò che avevi di più caro per mano degli Orchi e
di potenze ancora più terribili. Lothi, giura. Mia sorella mi ha tradito, ha
rischiato di morire e adesso vive lontana. Lothi, io voglio che tu giuri perché
mi sei cara.” Non potevo oppormi ancora. E rinunciando a ogni speranza di
grandezza e di eroiche imprese, dissi:
“Giuro.” E giurai
alla maniera del Numereoano Amrazor che era il capostipite della nostra stirpe:
mi morsi un dito fino a far uscire il sangue e tracciai con esso un segno sul
largo palmo di Éomer. Giurai così al Signore del Mark, come un guerriero che
giura al suo Re.
“Bene” approvò
Éomer. “Così è giusto.” Non ero d’accordo, ma tacqui. Ormai avevo giurato; mi
limitai a lanciare un’occhiata poco benevola a mio marito. “Non sarai mica
arrabbiata? E comunque puoi tenere il broncio quanto vuoi, non cambierò idea.
Quindi ti conviene smettere.” Mi aveva lasciato il braccio e la sua voce era
tornata tranquilla. Lo perdonai quasi subito, perché avevo capito che quelle
parole erano state dettate dall’affetto per me, affetto che non mi sarei
aspettata di ricevere da un uomo che avevo sposato per ragioni politiche.
“Non sono
arrabbiata con te, Éomer.” Vidi che era contento di questo.
Anche quella notte
non fu molto riposante.
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Buon anno a
tutti!!
Ecco il primo
capitolo del 2011.
Nella prima
parte di questo capitolo ho voluto mostrare Lothi come la Principessa e la
Regina che è, non solo come figlia e moglie.
Che ne dite di
Camset, Ifolse e Romalto? Li inserisco nella storia ancora o li faccio sparire?
A voi l’ardua sentenza.
Grazie a tutti
coloro che continuano strenuamente a leggermi e recensirmi, eo a seguirmi,
ricordarmi o preferirmi.
Come sempre un
bacio speciale a Arwins, Thiliol, Sesshy 94, Nini Superga e Arena.
A presto
Elothiriel