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Autore: Dira_    02/01/2011    23 recensioni
“Mi chiamo Lily Luna Potter, ho quindici anni e credo nel Fato.
Intendiamoci: niente roba tipo scrutare il cielo. Io credo piuttosto che ciascuno di noi sia nato più di una volta e che prima o poi si trovi di fronte a scelte più vecchie di lui.”
Tom Dursley, la cui anima è quella di Voldemort, è scomparso. Al Potter lo cerca ancora. All’ombra del riesumato Torneo Tremaghi si dipanano i piani della Thule, società occulta, che già una volta ha tentato di impadronirsi dei Doni della Morte.
“Se aveste una seconda possibilità… voi cosa fareste?”
[Seguito di Doppelgaenger]
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Lily Luna Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Capitolo XIX

 
 


 
How can I help if I think you're funny when you're mad
I'm the kind of guy who laughs at a funeral
Can't understand what I mean? Well, you soon will
I have the tendancy to wear my mind on my sleeve
I have a history of taking off my shirt…
(One Week, Barenaked Ladies¹)
 
 
Scozia, Hogwarts. Mattina.
Poco prima di colazione, Dormitorio maschile di Grifondoro.
 
Svegliarsi la mattina prima di tutte, vestirsi, rendersi presentabile ed infine sgattaiolare nella stanza del tuo ragazzo non appena l’ultimo inquilino è sceso giù a fare colazione è quasi un’arte.
O almeno Rose Weasley ne era fermamente convinta.
A volte avrebbe preferito che fosse Scorpius a fingersi una specie di spia ninja babbana, ma c’era quel piccolo problema delle scale del Dormitorio delle ragazze, debitamente incantate per diventare uno scivolo ripidissimo non appena un maschio vi posava il piede.
E pensano che noi ragazze invece siamo pure e avulse dai desideri sessuali?
I fondatori erano piuttosto ingenui…
Aprì la porta e trovò Scorpius che si grattava la testa con la parte appuntita di una piuma, reggendo una lista in mano. Compiva grandi passi avanti e indietro coprendo la distanza dal suo letto al grande specchio appeso alla porta del bagno. Era ancora in pigiama e sembrava aver dormito una manciata di ore, dalla faccia.
“Spero che lì dentro non ci sia inchiostro…”
Scorpius sobbalzò, per poi imprecare sonoramente confermando che sì, c’era e gli aveva procurato una vistosa chiazza appiccicosa poco sopra l’orecchio.
Essendo il suo ragazzo di solito immune a quel genere di figuraccia adolescenziale, Rose capì che la situazione era abbastanza seria.
Gratta e Netta.” Pronunciò agitando la bacchetta con un sospiro divertito. “Come va?” Offrì neutralmente.
“Malissimo! Entro domenica devo annunciare il mio Assistente alla corte dei Presidi riunita o qualcosa del genere… solo che non so per chi decidere.” Emise un lamento sconfortato. “Mi si sono proposti in trenta!”
“E tu non puoi scremare?”
“Non sono mai stato bravo in questo genere di valutazioni… Forse non dovrei scegliere nessuno.” Replicò di malumore: a giudicare dalla condizione dei suoi capelli, una specie di massa confusa di corni e ritrose, doveva aver passato veramente tutta la notte con quella lista.

Scorpius poteva sembrare un ridanciano e sventato scemo, che prima agiva e poi pensava secondo i sacri dettami Grifondoro, ma non era vero. Prendeva sul serio le cose.
Solo che non lo fa vedere a nessuno, quasi fosse un difetto…
“Dura la vita del Campione, eh?” Lo stuzzicò comunque, rimediandosi un’occhiataccia livorosa.
“Sì, lo so. Me l’ha detto anche Potty. Te lo sei scelto tu, quindi non rompere.”
“Breve ed efficace… Jamie a volte ha dei picchi di intelligenza inaspettati… Dai, dà qua.” Capitolò infine prendendogli la lista: dopotutto aveva deciso di dargli una mano, e gliel’avrebbe data, anche a costo di tacitare quella voce nella testa che le urlava che era tutto sbagliato e che doveva far cessare quella follia prima che l’idiota venisse ammazzato da qualche incantesimo o creatura mostruosa.

Del resto gli altri due Campioni hanno già scelto…
Dominique aveva scelto suo cugino Mael, che Rose sperava fosse più furbo di quanto sembrasse in apparenza, e il tedesco aveva scelto un altro tipo, sgradevole esattamente quanto lui, sebbene Lily non facesse che dir loro che era una persona favolosa. Sören, si intendeva.
Comunque, qualunque fossero i suoi giudizi in merito, quella era gente preparata.
“Oh, no! Scordati McLaggen! Voglio avere un futuro come coppia!”
“Sì, beh… in effetti avevo pensato di toglierlo, ma la sua famiglia mi ha mandato un pacco enorme da Mielandia… ma probabilmente stanno cercando di corrompermi…” Aggiunse velocemente, vedendo la sua faccia. “Lo so, ma è un buon giocatore di Quidditch! Ed è un prefetto!”
“Grazie alla sua famiglia, Scorpius. Gli Assistenti non possono essere dei bambocci raccomandati. Devono occuparsi della fase preparatoria, delle indagini sulla natura della prova che verrà affrontata. Manca un mese, tu non hai un Assistente e non sai neanche cosa ti colpirà!”

“Che prova dovrò affrontare.” Le suggerì dolce.
“Sì, beh… è lo stesso!” Borbottò, ignorando la sua aria divertita. “… McLaggen no, comunque. Totalmente no.” Ribadì spuntando con un frego violento il suo nome dalla lista.
“Posso fare a meno dell’Assistente, non è obbligatorio.”

Tu ne avrai uno. Avrai tutto l’aiuto possibile!”
Scorpius inarcò le sopracciglia, fingendo assoluta meraviglia. “Ma ho già te!”

Ecco, questo le chiuse doverosamente la bocca. Rose pensò che con le frasi ad effetto il suo ragazzo era un re. Specialmente se seguivano uno dei suoi baci che le facevano persino dimenticare dove si trovasse, quanto tempo avessero e…
Oh, al diavolo.
Furono bruscamente risvegliati dalle urla gioiose di due idioti dal piano di sotto e dallo scoppio di un incantesimo.
Odio Hogwarts. So che non dovrei dirlo, che è stata proprio la scuola a farci conoscere e unire, ma… non si ha un solo maledetto momento per sé stessi qua dentro!
“Sono un Prefetto…” Brontolò Rose, lasciando comunque che le baciasse la punta del naso e l’angolo morbido delle labbra. “Devo andare a controllare.”
“Potresti essere tu la mia Assistente…” Suggerì Scorpius mentre attentava alla sopravvivenza del suo maglioncino. “… sarebbe perfetto, no?”

“Io ti darò una mano lo stesso… ed in ogni caso, se fossi una buona candidata avrei già capito a cosa devi andare incontro…” Brontolò allontanandolo con una mano, mentre Scorpius sbuffava divertito.
“Ti vuoi rilassare? Ho ancora un mese per scoprirlo, e so che si tratta di una prova fisica. Il che significa allenamenti al Club dei Duellanti con Michel e corsa ogni mattina. Mi sto preparando, veramente!”
“E stamattina?”
“Beh, la lista? Priorità!”
Rose annuì, ma sentendo un nuovo rumore orrendo, come di qualcosa che stesse franando, alzò gli occhi al cielo. “Devo andare. Vestiti, ci vediamo in Sala Comune. Ah, e dammi la lista… me ne occuperò io. Tu sei troppo buono.”
Aye aye sir!” Recitò il ragazzo, con un grande sorriso grato. “Sii crudele, mi raccomando. Confido in te.”
“Tu in realtà sei una serpe, ammettilo…” Replicò con un sorrisetto.

Scorpius rise.  
 
****
 
Sala Grande, Colazione.
 
“È solo un’uscita Tom! Non mi sembra questa gran cosa!”
“Appunto. Non basta che tua sorella faccia le presentazioni a pranzo o a cena?”
Albus sospirò esasperato all’ennesimo rifiuto del tutto irragionevole del suo ragazzo: sapeva che odiava quel genere di cose e si era aspettato quell’ostruzionismo.

Ma ehi, è troppo sperare che per una volta si comporti come una persona carina e disponibile?
Ovviamente sì. 
Certo, esporglielo a colazione, mentre era preso dal compito supremo di mangiare era stata una pessima idea.
Ma chissà, speravo che intontito dal sonno com’è mi dicesse di sì soprappensiero…
“Lils ci tiene a presentarci ufficialmente Sören, scemo misantropo.” Ripeté per forse la terza volta. “E credo sia anche arrivato il momento, visto che è qui da quasi due mesi.”
Tom inarcò il sopracciglio, come se avesse detto una cosa molto sciocca. “Quelli di Durmstrang non mi sembra brillino per desiderio di ampliare le proprie amicizie. Personalmente, apprezzo.” Fu la conseguente risposta annoiata.

Oh, ma va’ al diavolo. 
“Faremo quest’uscita, fine della storia.” Chiuse il discorso bevendosi un sorso di the bollente e fingendo che non avesse voglia di sputarlo.
“È bollente.” Gli fece notare Tom mascherando un sorrisetto.
“Lo so. Sta’ zitto.” Borbottò divorando uno scones per non urlare. “L’uscita, la faremo.” Ripeté ad ogni buon conto.
“Non puoi costringermi.”
“Otto mesi. Disperazione. Nessun Gufo.” Snocciolò lentamente, piantandogli occhi nei suoi. “Otto mesi.” 
Tom inspirò lentamente, ma non osò ribattere.

Ah!
“… Me lo farai pesare per sempre, vero?”
“No, solo molto a lungo.” Replicò sorseggiando soddisfatto il suo the, adesso bevibile.

Era convinto che una parte di Tom, quella che adesso lo guardava con un’aria che sarebbe stata più appropriata in camera da letto, fosse in realtà intrigata dalla sua parte più serpeverde.  
Il loro scambio di sguardi fu interrotto dall’apparizione di sua cugina e Malfoy, che sedettero loro accanto.
“Ci serve una mano.” Esordì Rose mentre Malfoy annuiva meccanicamente, con aria disperata.

“L’assistente.” Annusò subito Tom. “Non è un po’ tardi per avere le idee confuse?” All’occhiataccia tripla che lo investì si limitò a scrollare le spalle. “Chiedevo…”
Albus, che era un serpeverde, ma non così, sorrise invece supportivo. “Sono sicuro che avete un sacco di opzioni!”
“È questo il punto mini-Potter, sono troppi!” Si lamentò il biondo con una smorfia, addentando un muffin per la frustrazione. “La maggior parte di loro sono bravi ragazzi, mi dispiacerebbe dirgli di no…”
“Rosie, perché non tu?” Suggerì, anche se già conosceva la risposta. La cugina infatti si mordicchiò un labbro, e scosse la testa.
“Sarebbe troppo sospetto Al…” Scrollò le spalle. “E comunque non sono tagliata per queste cose.”
“Se mi dovesse succedere qualcosa alla Prima Prova sarebbe lei a dover affrontare le altre. Non se ne parla.” Soggiunse Scorpius con aria ferma. “No, maschilista a dirlo, ma non mi sentirei a posto se dovesse essere una ragazza a gareggiare in vece mia.”
“Il fatto è che molta di questa genere vuole questo titolo solo per farsi bella…” Si lamentò Rose tormentandosi una ciocca di capelli mentre sorseggiava caffè. “E tolti quelli troppo giovani, troppo stupidi, troppo avventati o inaffidabili…”
“Mi serve un tipo con cervello in abbondanza e sangue freddo. Non è solo una questione di fiducia, ma di tattica.” Riassunse Scorpius grattandosi il mento meditabondo.

“Si sono proposti solo Grifondoro e Tassorosso?” Chiese Tom con un sorrisetto da schiaffi. Albus pensava la stessa cosa naturalmente, ma gli tirò comunque un ceffone sulla spalla, perché non era carino esprimere certi razzismi ad alta voce.
Risparmiamoli per la nostra Sala Comune, che diamine!
Scorpius non sembrò particolarmente irritato, a differenza di Rose, ma anzi rise. “Già. A quanto pare a voi Serpeverde  e ai Corvonero non interessa la Gloria Eterna…”
“Sì, in effetti siamo più attaccati alla nostra vita che alle nostre ambizioni.” Convenne Tom accettando la stoccata.
Trascorsero il resto della colazione a guardare la lista. Tom, forse memore della conversazione di prima, nonostante dispensasse casuali frecciatine, si mise d’impegno ad analizzarla assieme a loro.
Alla fine convennero che non c’era un solo candidato decente, e Scorpius chiese loro di scortarlo fino a lezione, visto che veniva costantemente placcato da gruppi di pretendenti, ansiosi di conoscere la sua decisione.
“Forse dovresti lasciar perdere. Dopotutto non è obbligatorio avere un secondo.” Suggerì Tom, il cui momento di grazia comunicativa continuava. Al era convinto che in fondo stimasse Malfoy, e la cosa sembrava anche ricambiata.
Dopotutto la sera della festa per l’ammissione di James, il biondo, piuttosto brillo, gli aveva confessato che trovava che fosse simpatico come suo padre, Lord Draco Malfoy.
Al aveva riso per dieci minuti di fila dell’aria sconcertata di Tom, evidentemente indeciso se considerarla un’offesa o un complimento.
“Forse hai ragione… Non scelgo nessuno e faccio contenti tutti. O perlomeno, meno seccati.” Convenne Scorpius.
Vennero stoppati sulle scale per il secondo piano, causa rischio collisione con un trafelato professor Paciock che quasi li travolse senza degnarli di un’occhiata. La cosa aveva del singolare, quindi rimasero a guardare l’uomo che scese le scale per andare ad accogliere due maghi all’ingresso principale.
“Salve, salve! No, no… il carico va portato alle Serre, non qui!” Esclamò, tanto forte che poterono sentirlo persino da quella distanza. “Le Serre sono fuori dal Castello!”
“Poteva dircelo prima!” Replicò sgarbato il più giovane. “Sa quanto ci vuole per spostare stamine così giovani senza svegliarle?”
“Falla finita…” Lo riprese il più vecchio, probabilmente il padre. “Nessun problema professore, ma ci servirà una mano. Vada a prendere qualcosa per coprirsi le orecchie, che son nervosette.”
Neville annuì. “Sì, seguitemi, ho già tutto quello che mi serve!”
E sparirono oltre il grosso portone.

“Di che parlavano?” Chiese immediatamente Rose. “E poi da quando si consegna materiale didattico così tardi?”
Forse non era materiale didattico.” Suggerì Tom che fissava il portone con aria assorta. “Quei maghi non vengono da Hogsmeade, l’accento era irlandese.”
“È vero, solitamente c’è un negozio di Botanica Magica in città da cui si serve sempre zio Neville, e quelli non erano i soliti commessi.” Intervenne Al, l’unico in grado di parlare con cognizione di causa.

Erbologia è una materia stupenda… Non capisco davvero perché venga abbandonata al Quinto dalla maggior parte degli studenti! Il programma avanzato è complesso okay, ma…
“Appurato che non è materiale per le lezioni…” Osservò Scorpius, interrompendo il flusso dei suoi pensieri. “… può centrare con la Prova!” Si illuminò, prima di adombrarsi con la stessa velocità. “Dovrò affrontare una pianta gigante o qualcosa del genere?”
“Non credo.” Osservò Tom. Fece un sorrisetto, come sempre faceva quando arrivava a qualche conclusione. Al sbuffò esasperato.

Ma non dice nulla, perché si diverte come un matto a tenere le persone sulle spine.
Il mio ragazzo è odioso.
“Cioè?” Interloquì Rose con quell’aria nervosa che tanto divertiva Tom. “Orecchie coperte, urla…” Si bloccò prima di aprirsi in un largo sorriso consapevole. “Mandragole! Hanno portato delle Mandragole!”
“Scusa?” Scorpius assunse l’espressione di chi non stava capendo nulla della conversazione in cui si supponeva fosse coinvolto. “Dovrò affrontare una specie di brutto nanerottolo fatto d’erba?”
“No…” Scosse la testa Tom, assottigliando lo sguardo in direzione della porta, meditabondo. Prima però aveva lanciato un’occhiata sorpresa e insolitamente valutativa a Rose. “… ma è chiaro che si tratti di parte della Prima prova. Le specie più potenti si trovano in Irlanda, se non mi sbaglio… portarle in Inghilterra è un dispendio di energie, galeoni e cavilli burocratici che difficilmente sarebbero scomodati per … Erbologia.”
“Guardate che Erbologia è una gran materia…” Si sentì in dovere di chiarificare Albus, indispettito. “Perché ci dice che quando le Mandragole vengono trasportate, se sono molto giovani, tendono ad agitarsi e a cercare di uscire dal vaso. Questo spiegherebbe anche perché zio Neville debba coprirsi le orecchie. La voce degli esemplari giovani non è mortale ma può mettere k.o. per diverse d’ore. Torna tutto, no?”

Rose si mordicchiò l’angolo di un’unghia. “Sì, ma…” Iniziò per poi lasciar perdere.
Scorpius sembrava sempre più dubbioso. Al poteva capirlo: neppure lui aveva la minima idea del perché la scuola avesse ordinato Mandragole irlandesi.
Non sarebbe neanche granché come Prova. Sapere che basta mettersi un paraorecchi per neutralizzare le loro urla è roba del Secondo anno…
“Basilisco.” Pronunciò lentamente Tom, facendoli tutti voltare verso di lui. Al pensò che un po’ se la stava persino godendo. Aveva la sua solita espressione neutra, ma gli occhi gli brillavano. “La Prima prova sarà un Basilisco.” Ripeté.
Rose fu la prima ad aprire bocca, quasi un filo di voce. “Che cacchio stai dicendo? Come fai a saperlo?”
“L’estratto di Mandragola, distillato dalle radici di un esemplare adulto, serve per preparare un infuso che cura la Pietrificazione…” Lanciò uno sguardo all’altro serpeverde. “Se non mi sbaglio.” Aggiunse senza intenderlo veramente.
Il silenzio che ne conseguì, per Albus fu uno dei più assordanti a cui ebbe la sfortuna di presenziare.

Tom, vedendo che tutti lo stavano fissando come se stesse per cruciare qualcuno, ebbe almeno la cura di mostrarsi serio e composto quando terminò la sua analisi. “… Visto che non mi risulta ci sia un’infestazione di serpenti giganti, è più probabile che la scuola si sta tutelando dall’eventualità che un Campione rimanga pietrificato mentre affronta un Basilisco.”  
Rose aveva l’aria di chi aveva voglia di prendere a calci qualcuno o mettersi a piangere. Persino Scorpius, il Grifondoro d’Oro, sembrava leggermente inquieto.
Fu lui infine a schiarirsi la voce, guardando Tom come se lo vedesse per la prima volta.
“Senti Dursley…” Esordì con voce pacata, ammirevole visto che aveva appena scoperto che poteva essere il pasto di una creatura mortale. “Non è che ti va di diventare il mio secondo?”
 
 
****
 
Londra, Diagon Alley, Accademia Auror.
Ora di pranzo.
 
“Voglio fare sesso.”
James lo brontolò guardando con odio il panorama che si vedeva dal tetto piatto dell’Accademia.

Era più che altro una dichiarazioni di intenti. L’unico con cui avrebbe voluto farlo stava a leghe da lì, preso dai suoi compiti da professorino.
Robert ‘Bobby’ Jordan, Allievo Auror come lui, alzò lo sguardo dall’accurata preparazione della sua sigaretta artigianale.

“Spero non con me, fratello. Ti voglio bene, ma sono felicemente accasato con una ragazza.” Rispose placido, perché poco o niente lo sconvolgeva.
“Senza offesa, Bobby, ma non sei il mio tipo…”
“È molto razzista quel che stai dicendo.” Replicò  con aria falsamente indignata.

“Mi dispiace deluderti, ma ho giocato tra le lenzuola anche con uno dei fratelli.” Replicò scrollando la cenere della sua sigaretta: pensare a Zabini gli dava ancora un sottile senso di disagio. Le cazzate si facevano in due in quei casi, ma sapeva di non essersi comportato nel migliore dei modi con il serpeverde. “E comunque rimane il fatto. Odio l’astinenza forzata.”
“Il professor Lupin non è ancora venuto a trovarti?”
“No. Ha da fare. E non chiamarlo così…” Fece una smorfia, appoggiandosi a braccia conserte sulla ringhiera. “La fai sembrare una cosa, che so, torbida!”
“Un po’ lo è. Insomma, era un nostro professore.”  

“Precocemente tale, giovane e lo conosco da una vita. Vogliamo davvero parlare di questo?”
“No, visto che sono etero.”
“E chi ha detto che mi interesso solo ai maschietti?” Si sentì in dovere di sottolineare. “Ma almeno tu la tua Jolene ce l’hai in casa… io ce l’ho in Scozia. Scozia, okay?”
Bobby mimò quel movimento. “C’è sempre un onesto solitario, Jimmy.” Chiarificò persino.

“Fottiti.”
“Ehi, è una tua scelta ed io la rispetto, ma è il rovescio della medaglia quando vuoi mantenere monogama una relazione a distanza …”   

James grugnì una maledizione non impegnativa: in realtà era contento di avere il buon vecchio Bobby a condividere con lui quell’avventura Auror. Gli mancavano gli Scamandro, con i loro ‘capo’ e la fedeltà assoluta alla sua legge malandrina.
Le cose cambiano… Si diventa grandi, come dice sempre Lils.
Gli mancavano anche i suoi fratelli. Non era abituato a non sentir più le battutine di Lily o le raccomandazioni pallose di Al almeno una decina di volte al giorno.
Cristo, ho passato un’intera vita ad averli trai piedi…
Si sentiva un po’ solo, e neanche le lunghe, romantiche – lo erano, era inutile che l’altro negasse – lettere di Teddy o quelle marcatamente folli di Malfoy lo tiravano su di morale.
Oltre a questo, non ho ancora trovato un maledetto coinquilino… E visto che per fare l’Allievo Auror non ti pagano…
La sua padrone di casa, una vecchia strega con più gatti in casa che simpatia, gli aveva già mangiato due mesi di affitto. Integrale. Di quel passo, il suo conto alla Gringott si sarebbe estinto entro al fine dell’anno seguente.
“Ehy, tirati su di morale!” Lo spronò Bobby. “Forse ho trovato una soluzione ad uno dei tuoi problemi!”
“È bello che tu mi ricordi che ne ho parecchi…” Ironizzò, ma si voltò verso di lui. “Sarebbe?”
“Ti ho trovato un coinquilino. Hai presente mio cugino Lionel?”
“Quello che è stato beccato dalla McGrannit, quando era ancora Preside, con la borsa piena di erbe aromatiche babbane?” Interloquì incredulo: si ricordava di lui, era al Settimo di Grifondoro quando lui era ancora al primo. Un tipo alternativo, con una gran massa di dreadlocks lunghi fin sotto il sedere.  

“Ma dai, che era roba da niente! Comunque adesso ne è fuori.” Gli assicurò spigliato. “Lavora alla Gringott come spezza - incantesimi ed è sempre in giro per mezzo globo. Ma quest’anno dovrà starsene buono, perché si è beccato non so quale fattura in Turchia, e deve fare controlli periodici al San Mungo.”
“… Non stai facendo venire molta voglia di averlo in casa…”
“Eddai! Ti dico che è a posto, fidati no? E poi è gay.”
“E questo che c’entra?” Sbottò indignato. “Siamo per caso tra babbani, che si fa discriminazione? Meglio avere un coinquilino con gli stessi gusti per evitare casini?”
“Rilassati! Merlino Jimmy, hai una coda di paglia infinita!” Sbuffò l’altro divertito. “Ovvio che no, ma è sempre meglio avere qualcuno in casa che si trova a proprio agio all’idea, no?”
“Ah-ah…”
“Ascolta, conosce un sacco di gente forte.” Inarcò le sopracciglia significativo. “Organizza party da sballo, fratello. Qual è il tuo problema?”
“Nessuno, solo…”
“Okay. Te lo devo proprio dire.” Scosse la testa con disapprovazione. “Amico, da quando sei uscito da Hogwarts sembri un pensionato.”

James serrò le labbra, mentre sentiva il suo orgoglio di festaiolo urlare sofferente, finalmente ascoltato. Perché Bobby non aveva tutti i torti, la realtà è che si era infossato nella routine.
Quell’estate l’aveva passata con Teddy, o in mezzo ai suoi cugini e a lunghe partite di Quidditch alla Tana. Aveva sistematicamente rifiutato tutti gli inviti degli ex-compagni in favore della sua famiglia e delle serate di sesso bollente con un Teddy appena uscito dall’armadio².
Il che non è necessariamente un male, eh…
Dopotutto era stata una diretta conseguenza degli eventi successi l’anno prima – c’era bisogno di lui in una casa in lutto per la supposta perdita di quel deficiente di Tommy. Ma adesso con la situazione normnalizzata, Ted lontano e tutti i cugini ad Hogwarts, non aveva scuse.
Non ho ancora fatto un party decente da quando sono qui, se non si conta quello per la mia ammissione. Cazzo!
Lo realizzò con sgomento. Bobby sembrò leggergli nel pensiero, perché ghignò comprensivo.
“Eggià, Jimmy. Mi sei diventato moscio. Capisco che l’Accademia sia dura, sto qua con te… ma non è possibile che la tua nuova idea di sabato sera sia andare al pub a giocare a freccette con quei noiosi degli Allievi ex-Tassorosso…” Soggiunse con aria impietosita. “Abbiamo diciotto anni. È nostro dovere divertirci…”
“Lionel organizza feste da urlo, eh?”
“Da chi credi che abbia preso le idee migliori per i nostri party di fine anno? E poi così potrai finalmente pagare solo metà-affitto.”
“Okay.” Sorrise, vinto dalla ragionevolezza delle argomentazioni. “Digli che può mandarmi un Gufo quando vuole per vedere l’appartamento.” 

Bobby gli sorrise con approvazione. Poi il discorso si spostò sul Torneo Tremaghi, che teneva costantemente vivo l’interesse della comunità Magica anche fuori da Hogwarts.
Ne discussero un po’, ma sentendo le prime gocce di pioggia abbattersi impietosamente sulle loro teste, decisero di rientrare.  
L’ambiente dell’Accademia era quanto di più funzionale e spartano potesse esserci. I corridoi erano in mattoni scuri, di quelli che tanto andavano nel periodo post-prima guerra magica. Alle pareti erano appesi manifesti di reclutamento o quadri di Auror celebri, ormai morti. James aveva passato venti inquietanti minuti a scambiare quattro chiacchiere con il ritratto di Malocchio, poco meno di un mese prima: era stato divertente fino a quando il vecchio Auror aveva cominciato a subissarlo di raccomandazioni. Erano giorni che si svegliava urlando ‘Vigilanza Costante’.
“Ti dirò… secondo me Malfoy potrebbe vincere il Torneo.” Riprese il discorso Bobby, mentre entravano nell’ascensore che li avrebbe portati al Quadrato, il cortile dove si svolgevano le esercitazioni pratiche. “Fidati, quel bastardo sa il fatto suo.”
“Sì, me ne sono reso conto l’anno scorso…” Bobby, uscito, si bloccò, guardando qualcuno di fronte a loro. “Ma quello non è tuo padre, Jimmy?”
James alzò lo sguardo dalla contemplazione di una bruciatura sulle nocche, cicatrice da esercitazione. Harry Potter era appena apparso da uno dei camini della Sala Centrale e si stava spolverando il mantello di ordinanza.
Papà? Da quando viene all’Accademia?
Solitamente non ci mette piede, se non per la cerimonia di inizio corsi!
“Ehi, Jamie, cercavo proprio te!” Esclamò questi, mentre si puliva le lenti dagli schizzi di pioggia. Doveva essere arrivato da poco a giudicare dalla mancanza del solito corteo di giovani reclute ammirate.
“Ciao vecchio.” Gli sorrise di rimando, mentre l’amico assumeva la tipica aria di chi vorrebbe dire qualcosa di arguto per farsi notare dal celebre Salvatore ma ritiene al tempo stesso l’idea una cretinata. “Ti ricordi di Bobby?” Aggiunse poi in onor di amicizia.
“Certo, il figlio di Lee, vero?” Gli strinse la mano. “Come sta tuo padre?”
“Bene, uhm… grazie Signore.” Sorrise a trentadue denti il ragazzo. “Molto bene.”
“Sento il suo programma alla radio ogni sera. Io e Ginny lo adoriamo. Portagli i miei saluti.” Suo padre negli anni aveva imparato come maneggiare la celebrità. James il suo sembrare sempre compassato, quando in realtà aveva solo una gran voglia di svicolare da quel genere di attenzioni. “Jamie, la tua pausa pranzo è già finita?” Chiese infatti.

“No, ho ancora una mezz’oretta.”
“Avrai già mangiato, ma potremo andare a prenderci comunque qualcosa qua vicino, magari da Fortebraccio. Ti va?” Propose gentilmente. James si sentì di nuovo come quando, da bambino, eseguiva una manovra particolarmente complicata sulla scopa.

Era da tanto che suo padre non lo portava a prendere il classico gelato padre-figlio.
Le possibilità che accadesse di nuovo si sono drasticamente ridotte quando gli ho detto di me e Teddy…
“Sicuro, mi avanza sempre il posto per il dolce!” Captò lo sguardo del padre, che era sulla scia di ‘solo io e te, per favore’ e aggiunse. “Ci si vede all’esercitazione Bobby!”
“Ah, certo…” Mormorò quello deluso. “Arrivederci Signor Potter.”

Quando furono soli, suo padre smise la maschera di eroe alla portata di tutti, per sospirare. James rise. “Pessima giornata, signore?”
“Non hai idea di quanto…” Gli sorrise stancamente. “Non volevo toglierti dai tuoi amici, comunque…”
“No problema. Sono il figlio maggiore, è mio compito essere il bastone della tua vecchiaia!” Esclamò, schivando poi il conseguente scappellotto affettuoso.

 
 
****
 
Londra, Diagon Alley. Da Fortebraccio.
Pomeriggio.

 
Harry Potter si sentiva un padre fiero. E lo era, veramente.
Aveva dei figli meravigliosi, in gamba e che un giorno sarebbero tutti diventati maghi e streghe di valore.
E nell’equazione non includeva solo quelli che portavano il suo cognome, naturalmente.
Non avendo avuto figure genitoriali vere, che avesse potuto chiamare tali senza sentirsi in qualche modo debitore della considerazione che gli veniva rivolta, era sempre stato spaventato dall’eventualità di essere un padre fallimentare.
Ginny lo rassicurava in tal senso, dicendogli che aveva gli stessi meriti e gli stessi difetti di un padre qualunque.
Non le aveva mai detto che lui, per i suoi figli, avrebbe voluto essere un padre più che nella media.
Altrimenti chi la sentirebbe… Harry, piantala subito con questa sindrome del Prescelto!
Porse la cioccolata aromatizzata al suo primogenito, che lo aspettava al tavolino. Da lontano, il figlio di Florian Fortebraccio, reinventatosi dispensatore di cibi e bevande calde, li guardava benevolo, come una volta suo padre aveva fatto con lui.
James diede un lungo sorso, espirando poi con soddisfazione. “La cioccolata migliore di Diagon Alley! Giuro, neppure ai Tre Manici è così buona!”
“Vero… mi ricordo quando qui venivo a prendere il gelato, in estate e…”
“… Florian, il padre di Dexter, ti aiutava con i compiti.” Ripeté compito il ragazzo, ridendo subito dopo della sua aria confusa. “Papà, lo dici ogni volta che veniamo qui. Lily però è più brava di me ad imitarti  … il che è notevole visto che è una ragazza.”
Harry sorrise, accettando il punto: ritagliarsi un po’ di tempo con James era qualcosa che doveva fare da parecchio tempo. Gli impegni glielo avevano impedito, certo, ma avrebbe mentito se non avesse ammesso che provava ancora un certo imbarazzo a confrontarsi con suo figlio.

Il fatto – nonché problema - era che si era finalmente accorto di quello che adesso era James.
Era sempre stato più semplice vederlo come un ragazzino leggermente cresciuto, che faceva i dispetti a tutti e si lagnava se tentavi di pettinargli i capelli.
L’epifania sessuale di suo figlio, seguita dalla rivelazione di avere una relazione con nientemeno che Teddy, aveva messo Harry di fronte al fatto compiuto: James era un cresciuto.
Il punto non era che Teddy fosse un uomo.
Beh, magari mi sarebbe piaciuto avere dei nipotini, ma me ne farò una ragione.
Tra qualche anno.
Non gli era mai importato chi amava chi: era il verbo a fare la differenza, non certo il soggetto.
Gli era stato insegnato che l’amore faceva la differenza, ed era con quello che aveva vinto Voldemort.
Con che coraggio quindi avrebbe potuto controbattere a suo figlio?
Ed Harry adesso sapeva che c’era bisogno di una dichiarazione di intenti più esplicita.
Glielo doveva. 
Quindi aveva riesumato la sua vecchia determinazione Grifondoro e aveva deciso di andare a parlargli. Faccia a faccia.
“Papà? Stai in silenzio da cinque minuti, va tutto bene?” La voce preoccupata del figlio lo distolse dal flusso dei suoi pensieri.
Ginny ha ragione, non mi toglierò mai la brutta abitudine di perdermi in me stesso.
Beh, nessuno è perfetto.
Gli sorrise. “Certo, stavo solo pensando…”
“Problemi di lavoro?” Interloquì con un guizzo curioso nello sguardo. Harry ricordò con affetto quando da piccolo gli correva incontro, tornato dal lavoro, per farsi prendere in braccio e raccontare la sua giornata.

E come si arrabbiava se si accorgeva che me la stavo inventando per non raccontargli troppi particolari…
“No, non più del solito. Te ne accorgerai quando finirai l’Accademia…” Lo rabbonì alla sua espressione esasperata – no, non aveva smesso di sentirsi irritato per le mancate informazioni. “… non più del solito sarà la tua risposta standard.” Gli assicurò facendolo ridacchiare. “In realtà mi stavo chiedendo come le cose andassero a te.”
“Oh, alla grande!” Minimizzò come suo solito, con uno di quei ghigni che avevano indubbiamente saltato una generazione Potter. “Insomma, sono il migliore là dentro, non per vantarmi…”
“Non per vantarti, eh?”
“Sicuro! Se volessi vantarmi ti direi che mi sento già pronto per il Diploma!” Scrollò le spalle, prima di lanciargli un’occhiata di traverso, modo che aveva per fargli intuire che stava scherzando, ma non troppo.

“Bene… e l’appartamento?”
“La padrona, lo sai, è una specie di megera. Anzi, credo sia una mezza megera, ma potrebbe andare peggio. Anzi, ormai ho fatto amicizia con il barbone banshee all’angolo. Non mi urla più addosso mentre passo… l’altro giorno, pensa, ha pure salutato. Almeno credo. Non si capisce bene, con quella loro lingua strana…”
Harry rise. “Questo è meglio non dirlo a tua madre però.”
“Totalmente!” Annuì con vigore. “Se sapesse una cosa del genere mi costringerebbe a tornare a casa, e spiacente, ma la vita da mago indipendente non è poi così male.”
“E con Ted?” La domanda gli uscì più facilmente di quanto avesse pensato. Non riusciva ancora a chiamarlo Teddy – c’era una parte di sé che era arrabbiata col figlioccio per aver agito alle sue spalle e essersi preso il suo bambino. Non poteva farci niente.

Ma si può sempre migliorare…
James lo guardò stupito per un attimo. Poi si aprì in un largo sorriso da bambino contento che gli strinse il cuore.
Si sarebbe maledetto da solo: avrebbe dovuto fargli quella domanda molto prima.
“Bene! Adesso se ne sta ad Hogwarts, lo conosci. Lo metti in mezzo ai libri e a cose noiose come i doveri scolastici e non riesci a scollarlo di lì neanche a schiantarlo…” Il sorriso cambiò sfumatura, perché non era rivolto a lui: ad Harry ricordò quello che Ginny gli rivolgeva nella loro adolescenza convulsa e disperatamente innamorata. Forte e sincero.
“Vero…” Si risolse a dire. “Non vi siete ancora… ehm. Visti?”
James scosse la testa, bevendosi un altro sorso di cioccolata. Supponeva per nascondere la smorfia scontenta che gli era salita al viso. I suoi figli erano sempre trasparenti.

O come mi piace pensare, sono ancora in grado di leggerli…
“Sì, un paio di volte. Il Tremaghi lo tiene impegnato. Sai, come direttore di Tassorosso deve occuparsi dell’organizzazione, insieme agli altri Direttori e al Preside. Ed essendo, tipo, il più giovane e carino quella Gigantessa francese…”
Madame Maxime, Jamie…”
“Sì, quella… beh, non fa che chiamarlo per questa o quella cosa. Per le palle di Merlino!” Non riuscì a trattenersi. “E poi non è come se potessi andarlo a trovare sempre. Ho lezione piena da lunedì a venerdì e la domenica se non vado a pranzo dalla nonna mi viene a prelevare di persona… e poi sabato sto da voi.”
Harry subì lo sfogo con sia una punta di disagio che di divertimento. James si stava lamentando esattamente nel modo in cui l’aveva sempre sentito lamentarsi da bambino, quando Ted preferiva Villa Conchiglia a casa loro.

Forse avrei dovuto accorgermene prima…
“Penso che per un paio di sabati io e tua madre potremo fare a meno di te.” Disse anche se a malincuore. Con Albus e Lily a scuola la casa gli sembrava sempre un po’ vuota. Riavere almeno James era bello.
James lo scrutò incerto. “Sì… beh. Okay.” Disse con un brontolio ispido che Ginny sosteneva poteva aver ereditato solo da lui. “Grazie…” Aggiunse, ed Harry fu certo che si riferisse anche ad altro.
“Non devi ringraziarmi… Solo fatti vedere ogni tanto, okay?” Scherzò per stemperare l’imbarazzo di entrambi. “Piuttosto, ho saputo che Malfoy è diventato Campione.”
James sorrise, grato di quell’argomento improvvisamente meno spinoso. “Già! Zio Ron come l’ha presa?” Lo sguardo che gli rivolse lo fece scoppiare in una risata. “Andiamo… Scorpius è in gamba, veramente!”
“Ne sono sicuro… ma sai com’è tuo zio con i Malfoy.”
“Beh, ma lo detestavi anche tu, no? Dico, a scuola…”
“È passata tanta acqua sotto ai ponti. Ci sono persone peggiori al mondo di Draco Malfoy. Scorpius poi, a quanto mi hai detto, è una persona completamente diversa.”

“Se non fosse che hanno la stessa faccia, direi che non è figlio di quel tizio.” Annuì con vigore. “Non ha avuto vita facile per colpa della sua famiglia. Forse se vincesse il Torneo farebbe cambiare idea persino a zio Ron!”
“Uhm.” Replicò Harry saggiamente. Da parte sua ne dubitava. Il suo decennale amico aveva un problema con il giovane Malfoy che andava oltre la pervicace antipatia che nutriva per il resto della sua famiglia. Era infatti convinto che Scorpius traviasse la sua adorata primogenita con un’amicizia interessata solo ad arrivare alla sua innocenza.

Le cose secondo Ginny non stanno così. Secondo lei, Rosie e il ragazzo stanno già assieme.
Non che lo abbia detto a Ron, nessuno di noi vuole vederlo ad Azkaban per aver affatturato un mago appena uscito dalla minore età.
“No, eh?” Indovinò James con un sospiro. “A volte zio Ron è un po’ limitato… Dico, nei suoi orizzonti.”
“Ha molte belle qualità…” Rispose evasivamente, perché voleva bene all’amico come un fratello, ma non poteva nascondere i suoi difetti, quelli evidenti come case perlomeno. “Sai com’è fatto. Crede sempre che la mela non cada lontano dall’albero, sia nel bene che nel male…”
“Scorpius vuole diventare un Auror.” Gli comunicò, spiando la sua reazione.

Harry era preparato a non deludere suo figlio.
“Per quello che ha fatto l’anno scorso, direi che ha buone possibilità di successo. E come Campione, beh… il Calice sa scegliere.” Rispose diplomaticamente: non ce l’aveva con Scorpius. Anzi, per quel poco che aveva potuto vedere sembrava un ragazzo in gamba.
Meglio però che non stia con Rosie…  
 
Suo padre per lui era un eroe. Punto.
Non solo perché  aveva sconfitto un tipo oscuro, cattivissimo e genocida, una cosa che in fondo lui aveva sempre vissuto nei racconti degli adulti e non l’aveva mai toccato direttamente.
Era un eroe perché continuava, anche con una vita piena di bastardate fatte alla sua persona, a voler comprendere gli altri.
Se fosse stato lui, un padre, non aveva la minima idea di come avrebbe reagito a vedere suo figlio e il figlioccio mettersi assieme. Avrebbe spaccato qualcosa probabilmente.
Forse suo padre l’aveva fatto, ma senza farglielo pesare,  notare. E adesso gli stava lì di fronte, a bere cioccolata e chiedergli come stessero andando le cose con Teddy. Sorridendo.
Sembrava stare comunque seduto su uno schiopodo ed era proprio questo il punto: lo faceva per lui.
Ed io non avrei mai potuto dire a Teddy che lo volevo, se non fossi stato sicuro che comunque fossero andate le cose, i miei non mi avrebbero mai sbattuto la porta in faccia.
Avrebbe voluto abbracciarlo e dirgli qualcosa di più complesso di un ‘grazie’, ma forse non ce n’era bisogno. Suo padre aveva capito benissimo.
Parlarono quindi di Malfoy, del Tremaghi e di cavolate finchè la cioccolata non fu finita e la sua pausa rosicchiata via.
“Ops, sono pure in ritardo!” Esordì quando lanciò un’occhiata all’orologio. “Beh, dirò che il Salvatore mi ha offerto una cioccolata calda. Vuoi vedere che me la passano?”
“Questo è approfittare della tua posizione, Jamie.” Replicò il padre divertito.
Risero assieme ed uscirono dal locale mentre una fitta pioggerellina cominciava a lavare la strada ciottolosa. James si tirò su il bavero del mantello d’ordinanza, imitato dal padre.

Si scambiarono un’occhiata che lo fece sentire inequivocabilmente a posto.
Poi il genitore fu quasi decapitato da un Gufo che finì per impattare contro la vetrina del negozio accanto.
“Per tutti i diavoli della Gran Bretagna!” Esclamò James quando l’animale si accasciò  a terra in un tripudio di piume e un flebile starnazzo. “Il Ministero dovrebbe selezionare meglio i suoi Gufi…”
“Gira una brutta influenza gufica al Ministero… Pare faccia perdere loro il senso dell’orientamento. Un bel problema, in Guferia è il caos.” Gli spiegò raccogliendo pietosamente l’animale e alleviandolo dal peso della grossa busta che recapitava.
James vide lo stemma del Dipartimento di Cooperazione Magica, ma poco altro: il padre aprì la busta e gli diede le spalle.
Argh, prima o poi potrò leggere anche io quella roba!
Aspetta Jamie, aspetta. È solo questione di tempo.
“Da chi viene?” Chiese comunque. Vide la schiena del padre irrigidirsi e capì che certo non era l’invito per un party di Halloween.
“… Devo andare.” Disse semplicemente con un borbottio. “Ci vediamo questo sabato.” E detto questo si smaterializzò senza aspettare una sua conferma.
James fu certo di aver visto di aver visto la firma recitare Draco Lucius Malfoy.
 
 
****
 
Note:
Finalmente sono riuscita a postare. Dannate feste!
Ebbene sì, un basilisco! :DDD Sono o non sono una sadica?

Il capitolo comunque si dividerà in due parti. Questa è la prima. ;)
(Capitan Ovvio)
1. Qui la canzone.

2. Uscire dall’armadio: coming out the closet. Insomma, il coming out. Era troppo carino per non tradurlo. Che poi, dai, è quello che ha fatto Teddyno. ^^. Ah, poi una nuova fan-art da parte di Elezar81, la favolosa snapshot of happy times Enjoy!
  
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