A Beppe.
Alla 3B del 2006.
Sorridiamo nel rivederci, ci scambiamo battute e ricordiamo momenti passati. Le medie per molti non sono state il periodo migliore, ma ora, vedendole così lontane non possiamo ricordarle se non con un leggero sorriso.
Di fronte alla tomba in marmo, in quel freddo pomeriggio del 4 dicembre, rimpiangiamo quell’amico scomparso, colui che non ha potuto assaporare la maturità, le gioie delle superiori e i sabati sera in cui la follia supera la realtà.
Ci stringiamo nei nostri cappotti, nelle nostre sciarpe e guardandoci l’un l’altro capiamo di essere cresciuti, di essere diventati quelli che Beppe doveva diventare.
Ci chiediamo, dopo 4 anni, come la vita possa essere così ingiusta, senza senso e bastarda da strappare un giovane al suo periodo migliore. Ci sentiamo impotenti, piccoli e insignificanti e osservando quella foto, pensiamo con un leggero sorriso che lui non avrebbe mai voluto che fossimo lì a compiangerlo. Ci avrebbe scossi, avrebbe messo la musica a manetta e si sarebbe messo a ballare con quella sua risata che ancora suona nelle orecchie.
I primi fiocchi di neve cominciano a scendere. Ci congediamo rumorosamente, ricevendo occhiate da vecchi intenti a cambiare fiori ormai appassiti. Lancio un leggero sguardo alla tomba dei miei nonni e li saluto cordialmente: visto come sono cresciuta? Spero siate fieri di me.
Uscendo nessuno si volta per quel segno della croce, non per mancanza di rispetto ma perché sappiamo che in realtà Beppe non è morto, ma risiede in ognuno di noi.
Elena.