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Autore: vivvinasme    06/01/2011    4 recensioni
Fanfiction liberamente ispirata a 'Canterbury Tales' di Geoffrey Chaucer.
[L’oste ricordava ogni particolare di quella notte di dieci anni prima, quando un ragazzo biondo fece capolino nella sua vita senza neanche bussare, o meglio, facendolo molto rumorosamente, e cambiando tutto, in un battito di ciglia.]
Dedicata a tutte le autrici che mi hanno fatto battere il cuore.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Konohamaru, Nuovo Personaggio, Sakura Haruno | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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Disclaimer: I personaggi citati in questa fanfiction sono tutti maggiorenni e appartengono quasi tutti a Masashi Kishimoto. Questa storia, inoltre, non ha fini di lucro. Il personaggio di Harry Bailly, come l'ambientazione e la taverna appartengono a Geoffrey Chaucer e alla sua opera 'The Canterbury Tales'.
 
Buongiorno, dormiglione.”
Harry attraversò la piccola stanza per aprire la finestra, i passi che suonavano ovattati sul pavimento di legno.
Prendendo nuovamente posto sul morbido letto di Naruto, lasciò che l’odore proveniente dal piatto che aveva in mano giungesse sino al suo sensibile naso. Harry aveva da tempo imparato che, quando si trattava di far destare l’adorabile ragazzo che in quel momento russava piano, la sveglia più efficace era proprio il cibo.
Naruto non avrebbe mai rinunciato alla sua coppia di fette di pane tostato con il miele, soprattutto dopo una serata completamente a digiuno.
Quando, qualche ora prima, Harry aveva chiuso la porta della locanda, ancora un poco scosso per il racconto e il mare di ricordi che ne era scaturito, la cena di Naruto era ancora abbandonata sul bancone, solitaria; del proprietario non c’era traccia.
Dopo qualche veloce indagine, aveva trovato Naruto immerso nel proprio letto, rannicchiato in posizione fetale, la mano che stringeva spasmodicamente un sottile oggetto; il suo splendente sguardo stampato sulla carta era riconoscibile anche da lontano, mentre sorrideva abbracciato al misterioso ragazzo dagli occhi scuri.
In quel momento, osservando quella figura segretamente fragile, Harry aveva ripensato a Ronald, e a tutte le sofferenze da lui sopportate.
Non avrebbe permesso che Naruto patisse lo stesso, a tutti i costi.
Un leggero fruscio lo fece rabbrividire, mentre tornava alla realtà. Con la coda dell’occhio, vide Naruto rigirarsi tra le coperte, socchiudendo gli occhi chiari.
“Il mio piano sta andando per il verso giusto.” Sussurrò, trattenendo una risata, Harry.
All’improvviso, una mano spuntò proprio di fronte a lui, afferrando il piatto che ancora stringeva tra le dita. Con uno scatto repentino, Naruto si diede una spinta per sedersi sul materasso, e iniziò a mangiare selvaggiamente, quasi non avesse mai visto vivande del genere.
Harry sorrise, mentre il rumore delle mascelle del ragazzo riempiva la piccola stanza.
“Avevi fame, eh?”
“Fì!” Rispose Naruto, sputacchiando pezzetti di pane.
Un rumore di passi interruppe la loro blanda conversazione, ricordando ad Harry che aveva un ospite. Si pentì subito di non avergli dedicato le dovute attenzioni, ma quando fece per alzarsi e andare a vedere se fosse tutto a posto, Konohamaru entrò nella stanza, gli occhi ancora velati di sonno.
“Buongiorno a tutti!” Fece con voce rauca.
Harry si alzò immediatamente per cedere il posto al ragazzo, ma ricevette un cenno di diniego.
“Non preoccuparti, Harry. Stavo giusto scendendo per fare colazione.” Aggiunse cortese.
Sin da quando era solo un bambino, Harry era stato educato al rispetto e alla generosità. Il modo in cui si prendeva cura dei suoi usuali ospiti, i pellegrini, era uno dei principali motivi per cui la sua locanda riceveva così tante visite, quindi si trovò un poco spiazzato quando Konohamaru si avviò verso le scale, facendo scorrere la mano sull’asta di legno installata per aiutare i visitatori più anziani.
Con uno sguardo, si congedò da Naruto, che continuava a mangiare, e seguì il ragazzo fino al bancone di legno.
“Cosa desideri?” Gli chiese, non appena se lo trovò davanti.
Konohamaru sorrise, e rispose: “Uova con la pancetta!”
“Va bene, qualche minuto e sono pronte.”
“Ti ringrazio della tua ospitalità, ad ogni modo, Harry.”
Mentre con le dita dava piccoli tocchi al guscio per romperlo, Harry sorrise, pensando che quel ragazzo iniziava a piacergli. Somigliava terribilmente a Naruto, per certi versi.
Eppure alcuni lati della sua personalità erano molto diversi da quella del cantastorie, e forse era stato proprio questo che i due ragazzi avevano intrapreso strade diverse; Harry aveva un disperato bisogno di conoscere quale fosse quella impegnata da Naruto.
“Non devi ringraziarmi…” Disse Harry al muro, rammaricandosi del non poter osservare l’espressione del suo interlocutore.
Adorava esaminare i volti delle persone, mentre parlava; riteneva di avere una sorta di ‘sesto senso’, che gli permetteva di scorgere la più remota e debole emozione, dietro una piega delle labbra, o un tic dell’occhio.
Per questo aveva sempre ripudiato le nuove tecnologie, che si facevano strada sempre più prepotentemente tra gli uomini.
“Ok, lo farò solo alla fine di questa storia allora!” Esclamò Konohamaru dopo un attimo di silenzio, con voce potente. Il tutto fu accompagnato da una sonora manata sul bancone, il cui rumore echeggiò per qualche attimo nella stanza.
La mente di Harry fu violentemente invasa da una serie di domande, che presto arrivarono alla bocca; parlò, mentre porgeva al ragazzo il piatto con la colazione e un bicchiere di latte.
“A proposito… Konohamaru, tu quando hai visto Naruto per l’ultima volta?”
Il ragazzo sussultò udendo le parole di Harry, il quale era pienamente convinto che Konohamaru poteva ampliare la sua mole d’informazioni sulla vita di Naruto, permettendogli così di capirlo, di aiutarlo.
“Harry, sei sicuro di voler sapere proprio tutto?” Chiese, gli occhi che rispecchiavano il suo passato.
“Sì. Tu vuoi sapere perché Naruto se n’è andato, io perché è venuto qua. Quindi siamo pari, no?”
Konohamaru si lasciò scappare un sorriso. Harry non seppe mai se tale forma di giubilo fosse stata causata dalla sua provocazione, oppure dalla forma che aveva dato alle uova e alla pancetta, facendo somigliare il cibo ad un volto felice. Era molto più propenso, però, per il primo motivo.
Harry era un abile conversatore, proprio grazie alla varietà delle persone che periodicamente soggiornavano alla locanda; quindi non si stupì quando vide Konohamaru prendere un profondo respiro, assicurandosi che Naruto non fosse nei paraggi, per iniziare il suo racconto.
L’oste seppe, in quel momento, di essere profondamente immerso nelle loro storie, nelle loro vite, più di quanto avrebbe mai immaginato.
 
 
***
 
Tokyo, 21 Marzo 1987
 
 
 “Konohamaru! Sei ancora sulla Terra?” Un ragazzo sui sedici anni, dai capelli paglierini e gli occhi color azzurro intenso, sventolò una mano davanti al suo sguardo, facendolo riscuotere dai meandri della sua mente.
Konohamaru lo osservò.
Durante quell’anno Naruto era cambiato, in tutti i sensi. L’occhio umano poteva percepire i muscoli che iniziavano a delinearsi sotto la sua t-shirt color panna, sebbene Naruto non facesse alcun tipo di allenamento.
“Tutte le fortune agli altri…” Pensava spesso Konohamaru, che aveva sempre osservato le sue esili braccia da undicenne, immaginandole forti e gonfie.
Persino il volto di Naruto stava mutando, assumendo tratti più definiti e consoni per la sua adolescenza, accompagnato dalla voce, più roca e profonda e priva della pura musicalità che faceva somigliare i suoi urli a dolci canti.
“Ora somigliano solo a gracidii…” Sghignazzò mentalmente Konohamaru, mentre Naruto continuava a scrutarlo con la sua solita espressione persa.
C’era qualcosa che non andava, e Konohamaru lo sapeva, sebbene non ne avesse mai fatto parola con l’amico. Persino in quel momento, mentre leggevano libri durante uno dei loro usuali pomeriggi ‘intellettuali’ – come li definiva sempre egli stesso – Naruto era distaccato, e non appassionato alle storie e ai personaggi come prima.
Konohamaru aveva dapprima attribuito questo mutamento al fatto che, oggettivamente, Naruto fosse cresciuto, e quindi avesse altri interessi, differenti dal passare tre pomeriggi a settimana chiuso in casa a leggere di personaggi immaginari. Con il passare del tempo, però, si era dovuto ricredere.
Konohamaru era ancora un bambino, ma aveva un’intelligenza fine ed acuta, e non si era lasciato scappare i frequenti impegni di Naruto che gli impedivano di trascorrere il tempo libero insieme al suo amico d’infanzia; impegni, che lo trattenevano fuori per ore, o per tutta la notte.
Quando, poi, si recava a casa sua per fargli visita, non poche volte lo aveva trovato sdraiato sul letto, stremato.
In quelle occasioni, Naruto gli aveva spesso chiesto di andarsene, inventando le scuse più inverosimili.
No, decisamente Konohamaru non era stupido, ed era riuscito a farsi un’idea più o meno chiara della situazione in cui versava la vita privata di Naruto, giungendo alla conclusione che non gli piaceva per niente.
Quando, più di un anno prima, Naruto era piombato a casa sua, urlando che aveva delle novità da raccontargli, Konohamaru aveva ascoltato con attenzione la storia di un certo Gaara, tirocinante di Jiraya, che si era offerto di portarlo a cena in un locale molto in vista.
I suoi occhi brillavano di una luce nuova, che non aveva mai scorto in lui, e la sua voce assumeva delle sfumature così molli, quando pronunciava il nome del suo nuovo amico, da far paura.
Quando, quasi aleggiando per aria, Naruto era tornato a casa, Konohamaru aveva deciso di scoprire il perché del suo strano comportamento. Non aveva idea di cosa fosse l’amore, se non dai racconti confusi della madre, che non dedicava mai troppo tempo all’argomento.
Così si era affidato ai suoi amati libri, collegando le particolari espressioni di Naruto a quel nuovo sentimento che – almeno di questo era certo – non gli piaceva per niente.
A cosa serviva innamorarsi? Tanto valeva leggere libri d’amore. Leggendo si poteva avere qualsiasi esperienza, era molto meglio della vita reale, questo aveva pensato quando aveva riflettuto su Naruto.
Ma Konohamaru era ancora un bambino, e Naruto aveva appena cominciato ad addentrarsi nel difficile mondo dell’adolescenza.
Ben presto, però, la situazione si era complicata.
Naruto e Konohamaru non si vedevano quasi mai, e ogni volta che l’ultimo provava a chiedergli di passare del tempo insieme, Naruto tirava in ballo gli impegni scolastici, e il fatto che Jiraya e Tsunade fossero molto impegnati e non gli permettessero di uscire se era solo in casa.
Il bambino era scettico, e qualche tempo dopo decise di seguire Naruto durante una delle sue fantomatiche uscite.
Non riuscì mai a dimenticare ciò che vide.
 
Quel giorno, Naruto aveva rifiutato l’invito a pranzo di Konohamaru dicendogli che aveva un altro impegno. Ma Konohamaru non aspettava altro, così, come gli aveva insegnato il suo vecchio amico, si appostò sotto una siepe accanto alla sua villetta, in attesa.
Quando, di sera, Naruto uscì chiudendo la porta senza far rumore, Konohamaru faticò a riconoscerlo; i pantaloni erano molto attillati e mettevano in risalto le natiche sode e le gambe molto esili, mentre il maglione che indossava aveva una scollatura a V appariscente.
Ricordando come usualmente Naruto selezionasse i suoi abiti – e cioè senza criterio alcuno – Konohamaru iniziò a preoccuparsi.
Sfruttando la sua corporatura minuta, riuscì a nascondersi e a seguire l’amico che camminava guardingo, come se avesse paura degli sguardi altrui.
“Se fossi in lui sì, che avrei paura.” Aveva pensato in quel momento, scrutando l’orribile modo in cui Naruto aveva acconciato i suoi capelli, facendoli somigliare al corpo di un riccio.
Dopo venti minuti di cammino, Konohamaru, che cominciava ad essere stanco, vide Naruto guardarsi intorno, per poi infilarsi in un vicolo laterale.
Si affrettò a seguirlo, le gambe che chiedevano pietà per lo sforzo.
Konohamaru si appostò dietro un secchio pieno d’immondizia, ignorando il terribile puzzo che ne proveniva, e concentrandosi sul suo amico, che si era fermato e scrutava qualcosa nell’ombra.
Quando sentì provenire una voce dall’esatto punto fissato da Naruto, sobbalzò.
“Ciao, tesoro.” Il tono era basso, profondo, e pieno di una strana calma che al contrario inquietò il bambino ancora di più.
“Ciao.” Rispose Naruto. La sua voce era… Impaurita?
“E’ tanto che non ci vediamo. Come stai?” Parlando, una figura uscì dall’ombra.
Konohamaru dovette strizzare gli occhi per identificarla, e ci riuscì solo grazie ad un vago ricordo di una foto che gli era stata messa in mano qualche tempo prima.
Gaara.
I capelli erano ancora più rossi di quanto ricordasse, e gli occhi dovevano avere qualche potere mistico, perché erano capaci di attirare la materia.
La mente giovane di Konohamaru identificò Gaara come un mostro, ma di quelli attraenti, che affascinano la preda, per poi ucciderla tra le torture più atroci.
Sospettò che Naruto si trovasse proprio all’interno della sua tela.
“Bene…” Sussurrò il ragazzo. Era di spalle, ma Konohamaru poté intuire la sua espressione.
“Ok, allora. Dove vogliamo andare questa sera?” In quella domanda se ne nascondevano altre mille, Konohamaru lo sapeva. Ma non riusciva ad immaginare di che tipo.
“Da nessuna parte!” Esclamò Naruto all’improvviso.
Gaara spalancò gli occhi turchesi.
“Cosa? Non vorrai certo rimanere qui!”
Konohamaru vide distintamente Naruto tremare. Ma se aveva paura, perché continuava ad uscire con quel ragazzo?
“Qui! Va bene… qui.”
Una pausa, poi Gaara parlò, mentre si avvicinava a Naruto.
“Come vuoi, rimaniamo qui.”
Konohamaru non credette subito a ciò che vide.
Con un movimento sinuoso, Gaara afferrò la nuca del ragazzo e lo spinse verso di sé, facendo unire le loro labbra.
Naruto rimase perfettamente immobile, subendo quell’atto che spaventò Konohamaru non poco. All’improvviso indietreggiò, separando le loro labbra.
“Scusa, Gaara… Ma almeno per una volta, perché non stiamo insieme parlando, e non baciandoci?” Il suo tono era così puro e innocente che Konohamaru riuscì a scorgere un po’ del vecchio Naruto nel ragazzo dai pantaloni attillati che si ergeva davanti a lui.
“Sei ancora un bambino, Naruto… E ora taci.” Disse, quasi con violenza, Gaara, riprendendo il lavoro lasciato in sospeso.
Si baciarono per un’ora, quasi ininterrottamente, interrompendo solo per permettere a Naruto di riprendere fiato.
Konohamaru sarebbe stato felice, se Naruto avesse trovato la persona giusta per lui. Ma aveva la netta sensazione che non fosse affatto così.
Il ragazzo era ancora immobile, mentre Gaara gli somministrava attenzioni senza apparentemente badare a come si sentisse il suo partner.
Quando, finalmente, Naruto separò le proprie labbra, che erano diventate secche, da quelle del più grande, Konohamaru riuscì a sentire Gaara sussurrargli nell’orecchio: “Abbiamo finito, no? Ti farò sapere quando sono libero… Ci vediamo, tesoro.”
Appena ebbe terminato di pronunciare quelle parole con voce melliflua, Gaara sorpassò Naruto e uscì in fretta dal vicolo, senza guardarsi alle spalle.
Le gambe di Naruto cedettero, e il ragazzo cadde a terra con un tonfo, singhiozzando.
Konohamaru non riuscì a resistere, e gli si avvicinò. Quando gli carezzò una spalla con la mano, Naruto lo spinse via, urlando.
“Non avevamo finit – Konohamaru, cosa ci fai qui?” Il tono di Naruto cambiò, la sua espressione si rilassò, sebbene le sue sopracciglia avessero assunto una piega piuttosto arcigna.
“Volevo sapere cosa fai quasi tutte le sere da sei mesi a questa parte.”
Gli occhi di Naruto guizzarono dappertutto, e quando ebbe capito che non avrebbe potuto inventare alcuna scusa, sospirò. Una lacrima solitaria sfuggì ai suoi occhi azzurri.
Konohamaru s’infuriò contro chi aveva il potere di farlo soffrire.
“Allora, vuoi rispondermi?”
Prima di parlare, Naruto si alzò in piedi, le gambe ancora tremanti.
“Ti spiegherò tutto mentre torniamo a casa. Posso dormire da te?” Gli chiese, con un tono talmente supplichevole da far capitolare Konohamaru.
“Certo, andiamo.”
I due si avviarono, a passo lento, verso la Verità.
Ma lei era proprio dietro di loro, aspettando che si voltassero e l’afferrassero, insieme.


Spazio di Vivvi:

*Evita i pomodori e le zucchine* ... Ciao! Vi ricordate di me e della mia storia?
Spero di sì! E spero soprattutto che mi possiate perdonare per questo immenso ritardo... forse alcuni di voi sapranno che sono sparita dalla circolazione nello scorso periodo, soprattutto a causa di complicazioni che mi hanno impedito di dedicare il giusto tempo alla lettura delle storie che amo... quindi figuratevi se sono riuscita a scrivere T.T
Ma ora sono qui, e so che avrete perso il filo della storia, se vi ricorderete ancora della sua esistenza ò.ò  
Devo dire che anche io avevo perso il contatto e la morale per cui scrivevo Stories, e poi, grazie ad un'altra fanfiction che ho scritto, il mio stile è mutato (non so se in meglio o in peggio, questo dovrete dirmelo voi), e credo di noti anche da questo ultimo capitolo.
La storia stavolta è narrata da Konohamaru, che decide di raccontare ad Harry le cose sotto il suo personale punto di vista, che è Personale proprio per il fatto che Naruto è come un fratello per lui, e anche per il fatto che è ancora un bambino, e vede le cose con il suo originale modo.
Come per gli altri capitoli, anche questa è una Storia, e si potrebbe quasi leggere indipendentemente dalle altre.
La vicenda di Naruto è complessa, me ne sto accorgendo ora che ho riletto la trama da me precedentemente elaborata. E io che qualche capitolo fa affermavo che la storia sarebbe finita in 6 capitolucci XDXD Credo che saranno molti di più, anche perchè ci sono molti personaggi rimasti da caratterizzare e la trama non è ancora cominciata, si potrebbe dire.
Quindi spero che apprezziate questo ultimo capitolo, e cercherò di non fare più quest'abnorme e vergognoso ritardo. Sorry!
Ah, per quanto riguarda le recensioni, vi rispondo subito utilizzando il nuovo sistema, sebbene mi manchi rispondere qui.
Un bacione a tutti, e buona lettura!

Vivvi.


 

   
 
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