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Autore: Elothiriel    07/01/2011    6 recensioni
“Éomer Éadig. […] nell’ultimo anno della Terza Era prese in moglie Lothíriel, figlia di Imrahil.”
Così dice Tolkien, e non sappiamo altro su Lothìriel. Chi era questa Principessa di Dol Amroth e com'è stato il suo matrimonio con Eomer?
La voce narrante è proprio lei, che racconta ciò che Tolkien tace: la storia di questa fanciulla venuta dal Mare per sposare il Signore del Mark.
Genere: Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Eomer, Imrahil, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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VII CAPITOLO

 

VII CAPITOLO

 

Il giorno dopo Re Aragorn, Faramir ed Eowyn partirono per Gondor, e la mattina del terzo giorno da quando mi ero sposata mi dovetti separare dalle mie sorelle e da mio padre.

“Lothíriel” mi disse Imrahil prima di congendarsi “Hai fatto la scelta giusta. Temetti di non rivederti più mentre combattevo sui Campi del Pelennor, tremai per il tuo futuro, perché cupi erano quei giorni. Ma non potresti avere futuro migliore di questo: sarai una grande Regina, al fianco di un grande Re. Ma quando, nell’ora buia, avrai bisogno di un altro sostegno, non esitare a chiamarmi: Dol Amroth sarà sempre aperta per te, pronta a difenderti da ogni pericolo. Lothíriel, sarai felice qui nel Mark, ma non dimenticare la tua patria e il Mare. Spero di rivederti, e conserverò nel cuore la speranza di parlarti di nuovo, un giorno. Addio, mia cara figlia maggiore.” Mi abbracciò forte e salì a cavallo. Le mie sorelle mi strinsero, ma non dissero niente. Il giorno prima avevamo parlato a lungo, e ormai non sapevamo più che parole usare per esprimere il dolore che ci lacerava il cuore.

“Addio, Lothi.” singhiozzò Imhlen.

“Addio” le fece eco Mathrel.

“Ci rivredemo,” cercai di consolare loro e me stessa. “Verrò al vostro matrimonio. Salutatemi Lamrai e Irahel, mamma e Fetrales.”

Ci abbracciammo un’ultima, tristissima volta, poi loro montarono a cavallo e si allontanarono, non cessando di salutare con la mano. Éomer mi teneva stretta mentre mi sbracciavo in segno di saluto, poi un ultimo fiebile addio giunse alle mie orecchie e loro sparirono dietro una collina. Scoppiai in lacrime, irrefrenabili, senza badare a Éomer che mi stava dolcemente guidando verso la nostra camera, dove lasciò che mi accasciassi sul letto piangendo.

“Mi dispiace,” mormorò, senza sapere che fare di fronte alla mia disperazione. “Ma ti prometto che potrai andare a trovarle, qualche volta.”

“Grazie,”singhiozzai, “Grazie, Éomer.”

“Anche mia sorella se n’è andata, e io la vedo raramente. Non ti dirò di non piangere, perché anch’io ho sofferto il tuo stesso dolore e posso capire quanto tu sia sconfortata.” Furono quelle parole che gettarono in me il seme dell’amore che presto mi avrebbe consolata della perdita delle mie sorelle e di mio padre.

 

Nei mesi che seguirono alla partenza della mia famiglia mi sentii spesso sola e abbandonata, e mi attaccai a Éomer come un cucciolo sperduto nella pioggia segue chi gli ha allungato un boccone di cibo e qualche carezza. Poi, piano piano, incominciai a stringere amicizia con la moglie di Gamling, Melange, e ovviamente con la mia cameriera Falmer, che aveva preso il posto di Imhlen come confidente e consigliera; iniziai a prendere dimestichezza con Edoras, Meduseld, le mie funzioni di Regina e gli attacchi di malumore di mio marito. Éomer mi aveva donato una spada per esercitarmi a combattere, come ricompensa per il mio giuramento. La spada, Crëwine, era stata di sua madre, che la teneva sotto il letto per essere pronta a difendere lui e Eowyn in caso di bisogno. Éomer mi aveva raccontato che sua madre aveva ucciso una grossa volpe affamata che un inverno si era introdotta di soppiatto nella loro camera da una finestra aperta, attirata dall’odore del cibo: stava per mordere la testa del figlio che dormiva quando Théodwyn le aveva staccato il capo con un fendente ben assestato. Il ricordo lo faceva sorridere.

 

Una mattina di inizio settembre mi svegliai molto presto, tanto che trovai Éomer ancora addormentato accanto a me. Mi sentivo malissimo e avevo la nausea. Mi alzai per andare a vomitare e poi tornai a letto al caldo, sotto il cigno bianco cucito da Irahlel. Ma non riuscivo a riaddormentarmi, sebbene fuori fosse ancora buio. Mi rigiravo oppressa dalla nausea e dal mal di testa, tanto da svegliare Éomer. Si tirò su appoggiandosi su un gomito e bofonchiò spazientito:

“Che hai? Vuoi stare un po’ ferma?”

“Non mi sento tanto bene.” mormorai nel buio.

“Avrai preso il raffreddore, in questo periodo ci si ammala facilmente. Vuoi che mandi a chiamare il medico?”

“No, Éomer, grazie, credo di sapere cos’ho.”

“E allora spicciati a dirmelo e poi torna a dormire.”

 Me lo aspettavo ormai da tempo, dato che non avevo più il ciclo; ma la certezza mi aveva sconvolto. Mi mancava il fiato per la commozione e la felicità, sentivo già l’amore per quella nuova vita che cresceva dentro di me. Respirai profondamente, cercando di calmarmi, ma ero troppo emozionata.

Purtroppo non fu un discorso breve come desiderava Éomer. Anzi, nel tentativo di dirglielo con delicatezza prolungai la mia spiegazione oltre il sorgere del sole.

“Cosa?” disse infine, incredulo.

“Penso di essere incinta.”

“Ah.” Éomer spalancò gli occhi. Mi pareva alquanto sconcertato, spaventato ed eccitato; uno strano miscuglio di emozioni sul suo viso serio. “Bene,” aggiunse dopo un lungo, stupefatto silenzio. “Benissimo. Avrò presto un erede!” sorrise e mi diede un bacio sulla guancia, gesto stranamente dolce per lui. “Speriamo che sia un maschio! Vuoi qualcosa di speciale? Medicine, cibo, coperte più calde? Ti farò portare tutto ciò che desideri. Non ti alzare stamattina, resta a letto. Ti mando subito la colazione.” Il suo entusiasmo mi fece quasi scordare la nausea. “Sei stata bravissima, Lothi. Bravissima.” Io mi trattenni dal commentare che anche lui non si era certo impegnato poco. “Cosa vuoi mangiare?”

“Non ho tanta fame; ma posso alzarmi e prendere qualcosa da bere anche di là. Non sono mica malata,” sorrisi “anzi, mi sento molto meglio adesso.”

“Non importa, non ti affaticare.”

“Non mi affatico affatto! Su, Éomer, fammi alzare.” Lui mi guardò titubante.

“Sei sicura?”

“Si; una passeggiatina fino alla sala da pranzo non recherà alcun danno al tuo erede.” Éomer si vestì in fretta e aspettò pazientemente che io fossi pronta, poi mi porse il braccio e mi obbligò a camminare appoggiandomi a lui, anche se non ce n’era assolutamente bisogno. “Éomer, non sono malata né fragile come il cristallo” tentai di farlo ragionare, ma mio marito non mi ascoltò. Egli fu sempre di carattere impetuoso e autoritario, e non amava che ci si ribellasse ai suoi ordini. Spesso ci voleva molta pazienza per sopportarlo.

Mi fece prudentemente accomodare su una poltroncina invece che su una sedia di legno e comandò che mi fosse portato latte caldo. Mi affidò a Falmer con mille raccomandazioni, e sospese le udienze che dovevo dare quel giorno. Quando fu certo che non avrei potuto fare null’altro che riposarmi si allontanò con i suoi Marescialli per programmare l’attacco agli Orchetti delle Montagne Nebbiose. A breve la sua éored avrebbe compiuto un’incursione a sorpresa nel nascondiglio degli Orchi: dopo lunghe osservazioni, le sentinelle avevano scoperto dove si trovava il loro rifugio. Speravano di trovarli tutti, in modo da distruggere l’intera colonia con un solo assalto.

Sospirai guardandolo andare via. “Se adesso fa così, come si comporterà fra sei mesi?” dissi stancamente a Falmer. “E’ molto più preoccupato di me.”

“Si preoccupa sia per voi che per vostro figlio,” rispose saggiamente la mia cameriera, “Lasciatelo fare. Il Re è di animo forte, severo e coraggioso, ma questo è un avvenimento che emoziona tutti gli uomini. Dovete capire che desidera proteggere nel modo migliore voi e il bambino.”

Così mi sottomisi pazientemente agli ordini di Éomer, ammorbidendoli con la persuasione e non con le urla che a volte mi ispiravano. Comunicai a Melange, in gran segreto, ciò che mi stava succedendo, e lei fu molto felice per me. Inoltre mi diede molti utili consigli, poiché aveva già avuto sei figli e ormai era esperta in queste faccende.

Una settimana dopo quella fatidica mattina, Éomer mi annunciò che la sua éored sarebbe partita allo spuntare dell’alba del giorno seguente. Era il tardo pomeriggio del dieci settembre, e io me ne stavo quieta a fare la maglia seduta in terrazza. Ero piuttosto stanca e nervosa, dato che avevo giudicato una disputa su due pecore i cui proprietari desideravano scannarsi a vicenda, un furto di lana e uno di un puledro; inoltre avevo rimproverato aspramente Camset che aveva litigato con uno stalliere più anziano sul tipo di biada da dare a Stellagrigia. Ma non intendevo dare a Éomer un motivo per farmi fare ancora meno cose di quelle che mi permetteva di compiere, così gli sorrisi amabilmente quando si sedette accanto a me, di ritorno dai suoi incarichi di Re.

“Bene,” commentai alla notizia della partenza. “Finalmente il tuo…il nostro popolo non avrà più niente da temere. Chi manderai come capitano della spedizione? Elfhelm?” Éomer mi guardò male.

“Io, naturalmente. Pensi che mi tirerei indietro di fronte a uno scontro con quelle fetide creature?” Impallidii.

“Tu? Tu partirai per andare a combattere domani?”

“Certo.”

“Ma sei il Re! Non puoi andare! Se tu dovessi cadere, cosa ne sarebbe del tuo regno?” Non potevo permettere che lui corresse questo rischio. Non Éomer. Non lui, assolutamente. “Éomer, non puoi andare; ti prego, manda qualcun altro.” Una serie di immagini orribili mi attraversò la mente: Éomer sanguinante in una buia caverna degli Orchetti, Éomer riverso a terra sotto il cadavere di Zoccofuoco, Éomer trafitto da nere frecce mortali; il mio bambino sarebbe cresciuto senza suo padre… “Éomer, non adesso! Non pensi a me? Non pensi a nostro figlio?” Lui tacque per qualche secondo, e sperai che stesse riconsiderando la sua decisione. Poi però vidi sul suo viso l’espressione feroce, fiera e protettiva che lo rendeva bellissimo e terribile.

“E’ proprio per voi che lo faccio, Lothi. Per te e per mio figlio.” E allora capii che non avrei mai potuto convincerlo.

“Allora vengo anch’io.” Annunciai, alzandomi.

“Hai giurato. Non ti permetterò di venire.” Ribattè.

“Non per combattere. Resterò all’accampamento mentre voi andate a scontrarvi con gli Orchi.”

“E’ troppo pericoloso, soprattutto nelle tue condizioni. Tu resti qui senza discutere.” Avevo voglia di urlare per il suo dispotismo. Questa sua abitudine di darmi ordini come se fossi un oggetto di sua esclusiva proprietà, dipendente solamente dal suo volere, mi dava estremamente fastidio.

“Invece vengo.”

“Basta! Tu resti a casa e taci!”

“Non rimarrò qui mentre tu e la tua éored rischiate la vita! Non chiedo di cavalcare in guerra con voi, solo di potervi accompagnare fino all’accampamento.”

“No. Aspetti un bambino, te ne rendi conto? Pensi che cavalcare sino alle Montagne Nebbiose sia una passeggiata?”

“Pensi che non mi renda conto di quello che mi sta succedendo?” risi amaramente. “Oppure non te ne rendi conto tu? Non hai la più pallida idea di come mi sento. Eppure, dopo che tua sorella ha rischiato la sua vita per stare vicino a te e a Théoden, dovresti averlo capito.” Éomer impallidì.

“Non parlare di Eowyn.”

“Perché? Ti ricorda che anche una donna può avere un briciolo di forza e di carattere? Ti ho obbedito in silenzio anche troppo a lungo. Non mi permetti di fare niente, ma io non sono debole come pensi tu.”

“Io non penso che tu sia debole,” disse Éomer, ma io lo interruppi:

“Non pensi che io sia più debole delle altre donne, perché tutte le sono donne sono fragili per te. Se la dimostrazione di Eowyn non è stata sufficiente, farò anch’io la mia parte, sebbene io non possa eugugliare tua sorella. Domani io cavalcherò con la tua éored, che tu sia d’accordo o no.” Pronunciai queste parole quasi gridando, poi mi voltai e me ne andai ribollendo di rabbia.

“Lothíriel, Torna qui!”

“Lasciami stare!”

Invece di andare nella nostra camera, mi diressi verso la stanza di Eowyn, dove avevo dormito prima del matrimonio. Mi gettai sul letto ma non piansi, per non dare a Éomer questa soddisfazione. Dopo poco Falmer bussò alla porta e io le feci cenno di entrare.

“Mi manda il Re, mia signora. Ha detto che siete agitata per via della vostra…situazione e che siete sconvolta. Volete che vi porti qualche medicina?” Io sibilai di rabbia. Allora era questa la spiegazione che Éomer aveva dato a chi ci aveva visti. Era perfettamente in linea con il suo carattere.

“No, sto benissimo, Falmer. Va’ via.”

“Mia signora, cos’è che vi turba? Vi ho sentita urlare. Se c’è qualcosa che è in mio potere fare, ditemelo subito.”

“Se tu potessi far ragionare il Re sarebbe un’ottima cosa, ma dubito che ci riusceresti. Egli ha dei pregiudizi difficilmente estirpabili.” Falmer restò in silenzio. Infine chiese, asciutta, se volevo la cena. Io le ordinai di portarmi un vassoio in camera; così Falmer se ne andò chiudendo piano la porta. Pensai al mio bambino, chiedendomi se fosse stato spaventato dalle mie grida o se ancora fosse troppo piccolo per accorgersene. Ma il mio bambino era per metà figlio suo: avrebbe avuto lo stesso carattere autoritario? No, il mio amato piccolo non sarebbe stato così. Accarezzai la mia pancia, che ancora non era quasi per niente gonfia.

Mangiai quello che mi aveva portato Falmer, chiusi a chiave la porta e poi mi raggomitolai sotto le coperte. Ero ancora molto irata con Éomer, e il pensiero che il giorno dopo lui sarebbe partito senza di me mi angosciava e mi adirava. In parte ero infelice perché se ne sarebbe andato con il ricordo di questo litigio, e nell’orribile caso in cui dovesse morire, l’ultima cosa che avrebbe avuto da me sarebbero state le urla di quel pomeriggio. Ma nonostante questo non avevo nessuna intenzione di andare a chiedergli perdono.

 

…………………………………………………………………………………………………………

 

Ciao!

Vi ho fatto aspettare un po’, stavolta, mi dispiace, ma in compenso ecco un capitolo bello denso di avvenimenti.

 

Qui si fa la presentazione di un personaggio che penso diventerà molto importante, ovvero il principe del Mark.

 

In questo capitolo Lothi può sembrare un po’ piagnucolosa, ma pensate un po’, essere lasciate completamente sole in balia di uno sconosciuto che è vostro marito, in una terra straniera, con la probabilità di non rivedere le sorelle e il padre per molti anni. Comunque fate i vostri commenti, ditemi che ne pensate di questo capitolo faticosissimo (da scrivere).

 

Come sempre grazie mille a tutti, specialmente a Arwins, Sesshy94, Thiliol e Arena, che mi hanno fedelmente recensito anche la scorsa volta. Se qualcuno si vuole aggiungere a loro è il benvenuto =)

 

Un bacio,

Elothiriel

  
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