VIII
CAPITOLO
Mi
addormentai nonostante fosse ancora molto presto, sfinita da quella pessima
giornata. I miei pensieri si trasformarono nei sogni, prima solo
immagini vaghe, che poi acquistarono nitidezza. Éomer stava duellando
con una cortina di fiamme, cercando di tagliarle con la spada. Io ero lontana
da lui, e non riuscivo ad avvicinarmi, non riuscivo a
urlare di cessare quell’azione inutile. Che voltasse la
spalle all’incendio e tornasse indietro! Il fumo mi nascondeva la figura
di mio marito, ma mi accorsi che stringeva fra le braccia un puledro palomino
neonato. Éomer doveva salvare il cavallino, a costo della vita. A un certo punto mi accorsi che le fiamme stavano
circondando Éomer, un nuovo focolaio dell’incendio si stava sviluppando dietro
di lui. Il piccolo cavallo si agitava e nitriva spaventato. “Éomer, dietro di
te!” riuscii finalmente a urlare, e lui si voltò con
un’espressione inorridita. Non avrebbe potuto portare in salvo il puledro. Se
fossi riuscita ad avvertirlo prima sarebbe fuggito!
Non potevo muovermi, ero prigioniera del mio corpo.
All’improvviso Éomer balzò nelle fiamme, riuscendo a lanciare
il cavallino verso di me. Finalmente riuscii a correre verso di lui, e a
mettere al sicuro il puledro. Ma Éomer stava bruciando
nella sua armatura incandescente, in viso aveva l’espressione feroce e folle
della battaglia. Capii che era stato lui a trattenermi lontano, con la sua
volontà. Sconvolta e impotente, lo vidi accasciarsi al suolo, avvolto dalle
fiamme.
Mi
svegliò il suono di qualcuno che bussava alla porta. Ancora con il violento
rosso del fuoco negli occhi, mi tirai su a sedere, tremante e
sudata. Sentivo l’aria ancora incandescente. Mi
occorse una decina di minuti per calmarmi, ripetendomi che era solo un sogno.
Eppure provavo una strana sensazione, mi sentivo come
se avessi appena profetizzato un disastro. Si diceva che il mio avo Galador il Mezzelfo possedesse l’abilità della preveggenza:
che forse non fosse stata del tutto annacquata dal sangue umano?
Il
bussare alla porta non era cessato, anche se si era fatto nervoso. Lo ignorai, non avevo voglia di parlare con nessuno, nemmeno
con Melange o con Falmer.
“Lothíriel, aprimi.” Era la voce profonda e
brusca di mio marito quella che mi chiamava.
“Vattene.”
Potevo quasi vederlo sbuffare. Non mi sfuggì il fatto che
avesse usato il mio nome intero, invece dell’abbreviativo con cui si riferiva a
me di solito.
“Lothíriel,
non essere sciocca. Vieni ad aprirmi.” Continuava a
darmi ordini, non se ne accorgeva neanche. Non
risposi, e udii un sospiro. “Lothi, per favore,”
riprese la voce di Éomer, questa volta più calma e controllata. Quasi contro il
mio volere, mi alzai e sbloccai il catenaccio, lasciando entrare l’imponente
figura di mio marito. Indossava un camicia bianca che
gli stava un poco stretta, sulle spalle ampie la stoffa era tirata e le
cuciture minacciavano di disfarsi presto. I suoi bei capelli
biondi, che ormai pettinavo quasi tutte le sere, gli ricadevano scompostamente
sulla schiena.
Tornai
nel mio nido caldo fra le coperte, stringendomele addosso
mentre mi mettevo a sedere.
“Lothi,
ascoltami. Non era mia intenzione sconvolgerti così, mi dispiace.” Allungò la mano verso un ricciolo che mi sfiorava la
spalla, ma mi ritrassi dal suo tocco. Éomer ritirò la mano. “Lothi, non voglio
che tu stia a casa perché non ti ritengo in grado di
cavalcare fino alle Montagne Nebbiose. Penso solo che sia meglio per nostro figlio
che tu non faccia un viaggio di almeno cinque giorni al galoppo verso le
montagne. Inoltre, Lothi, dovremmo montare le tende per te la notte e perdere
molto tempo.” Le argomentazioni di Éomer non erano
così infondate, ma io sentivo, specialmente dopo il sogno, che dovevo andare con lui. Avevo paura che se non l’avessi fatto
sarebbe successo qualcosa di terribile. “Non ho forse ragione, Lothi?”
“Probabilmente
si.” Osservai il viso di Éomer rischiararsi e le sue
spalle rilassarsi. “Ma voglio venire con te lo stesso.”
Alzai la mano per farlo tacere. “Senti, io sono una
discendente di un Mezzelfo. Ancora qualche goccia del sangue degli Eldar scorre
nelle mie vene, posseggo qualche virtù elfica, sebbene
sbiadita e non paragonabile a quelle dei Priminati. Ho fatto un sogno terribile
prima che tu mi svegliassi, forse è una premonizione:
sento che se non ti accompagno accadrà un disastro. Potrebbe essere soltanto un
sogno, certo, eppure mi sembra che ci sia un significato in quello che ho
visto.” Éomer sollevò le sopracciglia, scettico.
“Cosa potresti fare tu, Lothi? Credi di poter uccidere degli
Orchi in battaglia?”
“Ti
prego, parlo sul serio. Non so perché, ma so che
dovrei venire, non solo perché non voglio restare qui mentre
tu rischi la vita. Éomer, per favore, fammi venire con te.” Avevo pronunciato
il mio discorso con tono pressante ma voce pacata, non
volevo litigare di nuovo.
“E sia.” Concesse lui. “Ma resterai
molto lontana dal luogo dove combatteremo. Sei contenta?”
“Oh,
si, grazie, Éomer!” Finalmente soddisfatta, gli scoccai un bacio sulla guancia.
“Adesso
però torni a dormire di là.”
“D’accordo”
“Sveglia
Falmer e falle preparare i tuoi bagagli, domani partiamo al levar del sole.”
Anche se mi sentivo un poco in colpa, tirai giù Falmer dal suo
giaciglio e le chiesi di preparare l’occorrente per il viaggio. Mi dispiaceva di averla disturbata mentre dormiva, ma Éomer non aveva
certo intenzione di aspettare che io preparassi i bagagli prima di andare a
dormire.
“Svegliati.”
Éomer mi stava scrollando. “Dobbiamo andare.”
“Così
presto?” domandai incredula notando che fuori il cielo era ancora nero.
“Puoi
sempre cambiare idea.”
“No,
mi alzo subito.” Mi accorsi che Falmer aveva preparato una sacca da viaggio
completa ma leggera e dei comodi vestiti da viaggio, così mi vestii in fretta, presi la mia spada Crëwine, mangiai le due fette di pane e
formaggio che Éomer mi porgeva, sebbene fossi molto più affamata, corsi alle
stalle e montai su Stellagrigia, già sellata. La giumenta mi strofinò il muso
contro la mano in un gesto affettuoso, e io le diedi una mela che avevo fatto in tempo a prendere dalla cucina.
I
Cavalieri furono sorpresi nel vedermi, udii i commenti più disparati: da chi
diceva che ero troppo presuntuosa a voler andare con loro a chi affermava che
ero una degna Signora del Mark, cavalcando verso la battaglia con il mio sposo.
Qualcuno mi paragonò persino a Eowyn, qualcun’altro
commentò che lui non avrebbe mai permesso a sua moglie di fare una cosa simile.
Cavalcammo
tutto il giorno, e sebbene avessi spesso attacchi di sonnolenza o un poco di
nausea, non dissi niente e galoppai su Stellagrigia al
fianco degli Eorlingas al comando di Éomer. Erano circa mille, non molti,
poiché la minaccia rappresentata dagli Orchi non era ancora molto grande. Ci
fermammo una mezzora per il pranzo e per far riposare i cavalli, poi cavalcammo
senza sosta fino al sorgere delle stelle, la mattina dopo eravamo pronti per
partire alle prime luci dell’alba. Una piccola tenda era stata montata per me,
anche Éomer avrebbe riposato all’aperto con i suoi
Cavalieri.
Stavo
per addormentarmi quando sentii Éomer cantare a bassa
voce. In silenzio, mi accostai all’uscita della tenda per ascoltare. La lingua
era quella del Mark, ma ormai avevo imparato a distinguerne le parole. Ero sempre
stata brava a imparare i linguaggi stranieri
velocemente, e con l’aiuto del libro di Lamrai la lingua del Mark si stava
rivelando meno ostica di quello che avevo pensato.
Il
canto era sulla guerra, non potevo immaginare una voce
più adatta di quella di Éomer per intonarlo.
Avanti, Eorlingas!
Dietro a voi la casa e
davanti la battaglia
Il sangue rosso sparso come
pioggia sui prati
Il sole riflesso sulle
spade brilla e abbaglia
Dimenticate voi stessi nei
canti gridati
Per il signore, per la
moglie, per la terra
Per tornare alla casa
accogliente
Ah, quanto è bella questa
guerra
Il suono degli zoccoli
rimbombante
Vi accompagna verso la
morte giusta e gloriosa
Gloria a colui
che muore, pace per colui che vive
Siano frantumati gli scudi
e spezzate le lance
La morte per difendere i
cari sarà dolce
Avrete fama e lacrime per
voi
Cavalieri del Mark eroi.
La
voce di Éomer si fece più decisa sulle ultime parole, poi
tacque. Mi accorsi che stavo piangendo.
Al
tramonto del giorno successivo scorgemmo in lontananza una piccola figura che
galoppava disperatamente verso di noi, spronando il suo sauro al limite del possibile. Egli si rivelò essere un messaggero
mandato dalle guarnigioni delle Montagne Nebbiose, Arcale figlio di Ardasel. Riferì che gli Orchi avevano attaccato il Forte
di Leòfa quattro giorni prima. Non potevano rompere l’assedio con le poche
forze di cui disponevano, sebbene gli Orchi non potessero essere più di
settecento.
“Sono
sgusciato nella notte, senza farmi vedere,” raccontò
Arcale “Per cercare aiuto. Bisogna che vi affrettiate!” Vidi Éomer incupirsi
alle parole del Cavaliere, poi borbottare qualcosa a bassa voce a Elfhelm, accanto a lui. Quindi si
diresse verso di me.
“Ascolta,” disse “La situazione non è favorevole come speravamo. Gli
Orchi ci hanno colti di sorpresa. Tu devi tornare indietro, dobbiamo cavalcare fermandoci il meno
possibile. Arcale ti riaccompagnerà a Edoras. Di’ a Gamling approntare rinforzi
da mandare in caso di bisogno.”
Discussi,
pregai, mi arrabbiai e mi riaddolcii e infine Éomer, sfinito dalle mie
proteste, mi accordò il permesso di continuare. Arcale sarebbe andato a Edoras
da solo.
I
quattro giorni successivi passarono in un confuso insieme di albe
e tramonti e rumore di zoccoli. La notte mi portava Éomer su Zoccofuoco, in
modo che potessi dormire. Sapevo di essere un peso, ma la sensazione di dover
essere lì mentre loro combattevano era sempre più forte.
Il
paesaggio si inaspriva progressivamente, le morbide
praterie di Rohan lasciavano il passo alle spigolose propaggini delle Montagne
Nebbiose.
Fummo
in vista del Forte di Leòfa a mezzodì del sesto giorno dalla partenza di Edoras, avendo cavalcato per quattro giorni e quattro
notti senza quasi fermarci.
Éomer
ordinò alla compagnia di fermarsi su una collinetta a cinque ore di marcia dal
Forte, e mi ordinò di restare lì. Io acconsentii, perché sapevo che ormai la
pazienza di Éomer era giunta al limite. Mangiarono
qualcosa per recuperare le forze e poi rimontarono a cavallo,
splendidi e terribili a vedersi nelle loro scintillanti armature.
“Voi
resterete qui per proteggere la vostra signora.”
Ordinò Éomer rivolgendosi a tre ragazzi, i più giovani della éored. Nessuno di loro poteva avere più
di vent’anni.
“Ma mio signore, noi vogliamo combattere!”
“Avete
sentito quello che ho detto. Merodor, lascio il comando a te.”
A
malincuore, i tre giovani smontarono da cavallo. L’araldo di Éomer lasciò loro
un grande corno da suonare in caso di pericolo.
Éomer
si rivolse agli altri, schierati dietro di lui. Il sole di mezzogiorno
sfolgorava dietro di lui, facendolo apparire circonfuso di luce guerriera. Mi
pareva un dio come quando l’avevo visto la prima volta, ma
questa volta era più terribile, sorrideva ferocemente alla battaglia.
Zoccofuoco sembrava più grande degli altri cavalli, Éomer
troneggiava seduto su di lui, alto e luminoso più di chiunque.
“I
nostri compagni sono in pericolo. Li lasceremo soli?”
”No, Signore!” urlarono i soldati.
“E allora cavalcate con me, Cavalieri del Mark, per loro! Per
loro e per la pace che la nostra terra si merita; per le vostre mogli, per i
vostri figli, per ciò che avete di più caro, cavalcate
con me! Che la luna sorga sulla nostra vittoria!
Avanti, Eorlingas!” e così gridando si lanciarono verso il Forte di Leòfa,
sollevando polvere dorata dietro di loro, neanche la nebbia osava oscurare il
loro splendore.
Rimasi
a osservarli finchè non scomparirono all’orizzonte, la
morte nel cuore.
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Ciao, mellyn nin!
Visto che conclusione a effetto? Dovrei specializzarmi solo in quelle, XD.
Questa canzone, secondo me,
è leggermente meglio di quelle scorse. Che ne pensate?
Ricordatevi Merodor e i
suoi compagni, perché saranno importanti nei prossimi capitoli e forse anche
dopo (ancora non ho deciso)
Che ne dite del sogno? E’ stato davvero difficile da scrivere, pur
avendo un nonno psicanalista (a cui va un profondo ringraziamento per i
consigli). Volevo trasmettere tutta l’angoscia di Lothi, ma non so se ci sono riuscita bene.
Come sempre, un grandissimo
grazie a tutti quelli che si interessano in vari modi
alla mia storia, soprattutto alle mie meravigliose recensitrici Arwins,
Thiliol, Nini Superga, Sesshy94 e Arena, a cui si è aggiunta (benvenuta e grazie) Gilestel.
Un bacio
A presto
Elothiriel