Libri > Il Signore degli Anelli e altri
Segui la storia  |       
Autore: Elothiriel    11/01/2011    7 recensioni
“Éomer Éadig. […] nell’ultimo anno della Terza Era prese in moglie Lothíriel, figlia di Imrahil.”
Così dice Tolkien, e non sappiamo altro su Lothìriel. Chi era questa Principessa di Dol Amroth e com'è stato il suo matrimonio con Eomer?
La voce narrante è proprio lei, che racconta ciò che Tolkien tace: la storia di questa fanciulla venuta dal Mare per sposare il Signore del Mark.
Genere: Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Eomer, Imrahil, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
VIII

VIII

 CAPITOLO

 

 

Mi addormentai nonostante fosse ancora molto presto, sfinita da quella pessima giornata. I miei pensieri si trasformarono nei sogni, prima solo immagini vaghe, che poi acquistarono nitidezza. Éomer stava duellando con una cortina di fiamme, cercando di tagliarle con la spada. Io ero lontana da lui, e non riuscivo ad avvicinarmi, non riuscivo a urlare di cessare quell’azione inutile. Che voltasse la spalle all’incendio e tornasse indietro! Il fumo mi nascondeva la figura di mio marito, ma mi accorsi che stringeva fra le braccia un puledro palomino neonato. Éomer doveva salvare il cavallino, a costo della vita. A un certo punto mi accorsi che le fiamme stavano circondando Éomer, un nuovo focolaio dell’incendio si stava sviluppando dietro di lui. Il piccolo cavallo si agitava e nitriva spaventato. “Éomer, dietro di te!” riuscii finalmente a urlare, e lui si voltò con un’espressione inorridita. Non avrebbe potuto portare in salvo il puledro. Se fossi riuscita ad avvertirlo prima sarebbe fuggito! Non potevo muovermi, ero prigioniera del mio corpo. All’improvviso Éomer balzò nelle fiamme, riuscendo a lanciare il cavallino verso di me. Finalmente riuscii a correre verso di lui, e a mettere al sicuro il puledro. Ma Éomer stava bruciando nella sua armatura incandescente, in viso aveva l’espressione feroce e folle della battaglia. Capii che era stato lui a trattenermi lontano, con la sua volontà. Sconvolta e impotente, lo vidi accasciarsi al suolo, avvolto dalle fiamme.

Mi svegliò il suono di qualcuno che bussava alla porta. Ancora con il violento rosso del fuoco negli occhi, mi tirai su a sedere, tremante e sudata. Sentivo l’aria ancora incandescente. Mi occorse una decina di minuti per calmarmi, ripetendomi che era solo un sogno. Eppure provavo una strana sensazione, mi sentivo come se avessi appena profetizzato un disastro. Si diceva che il mio avo Galador il Mezzelfo possedesse l’abilità della preveggenza: che forse non fosse stata del tutto annacquata dal sangue umano?

Il bussare alla porta non era cessato, anche se si era fatto nervoso. Lo ignorai, non avevo voglia di parlare con nessuno, nemmeno con Melange o con Falmer.

 “Lothíriel, aprimi.” Era la voce profonda e brusca di mio marito quella che mi chiamava.

“Vattene.” Potevo quasi vederlo sbuffare. Non mi sfuggì il fatto che avesse usato il mio nome intero, invece dell’abbreviativo con cui si riferiva a me di solito.

“Lothíriel, non essere sciocca. Vieni ad aprirmi. Continuava a darmi ordini, non se ne accorgeva neanche. Non risposi, e udii un sospiro. “Lothi, per favore,” riprese la voce di Éomer, questa volta più calma e controllata. Quasi contro il mio volere, mi alzai e sbloccai il catenaccio, lasciando entrare l’imponente figura di mio marito. Indossava un camicia bianca che gli stava un poco stretta, sulle spalle ampie la stoffa era tirata e le cuciture minacciavano di disfarsi presto. I suoi bei capelli biondi, che ormai pettinavo quasi tutte le sere, gli ricadevano scompostamente sulla schiena.

Tornai nel mio nido caldo fra le coperte, stringendomele addosso mentre mi mettevo a sedere.

“Lothi, ascoltami. Non era mia intenzione sconvolgerti così, mi dispiace. Allungò la mano verso un ricciolo che mi sfiorava la spalla, ma mi ritrassi dal suo tocco. Éomer ritirò la mano. “Lothi, non voglio che tu stia a casa perché non ti ritengo in grado di cavalcare fino alle Montagne Nebbiose. Penso solo che sia meglio per nostro figlio che tu non faccia un viaggio di almeno cinque giorni al galoppo verso le montagne. Inoltre, Lothi, dovremmo montare le tende per te la notte e perdere molto tempo. Le argomentazioni di Éomer non erano così infondate, ma io sentivo, specialmente dopo il sogno, che dovevo andare con lui. Avevo paura che se non l’avessi fatto sarebbe successo qualcosa di terribile. “Non ho forse ragione, Lothi?”

“Probabilmente si. Osservai il viso di Éomer rischiararsi e le sue spalle rilassarsi. “Ma voglio venire con te lo stesso. Alzai la mano per farlo tacere. “Senti, io sono una discendente di un Mezzelfo. Ancora qualche goccia del sangue degli Eldar scorre nelle mie vene, posseggo qualche virtù elfica, sebbene sbiadita e non paragonabile a quelle dei Priminati. Ho fatto un sogno terribile prima che tu mi svegliassi, forse è una premonizione: sento che se non ti accompagno accadrà un disastro. Potrebbe essere soltanto un sogno, certo, eppure mi sembra che ci sia un significato in quello che ho visto. Éomer sollevò le sopracciglia, scettico.

Cosa potresti fare tu, Lothi? Credi di poter uccidere degli Orchi in battaglia?”

“Ti prego, parlo sul serio. Non so perché, ma so che dovrei venire, non solo perché non voglio restare qui mentre tu rischi la vita. Éomer, per favore, fammi venire con te.” Avevo pronunciato il mio discorso con tono pressante ma voce pacata, non volevo litigare di nuovo.

E sia.” Concesse lui. “Ma resterai molto lontana dal luogo dove combatteremo. Sei contenta?”

“Oh, si, grazie, Éomer!” Finalmente soddisfatta, gli scoccai un bacio sulla guancia.

“Adesso però torni a dormire di là.”

“D’accordo”

“Sveglia Falmer e falle preparare i tuoi bagagli, domani partiamo al levar del sole.

Anche se mi sentivo un poco in colpa, tirai giù Falmer dal suo giaciglio e le chiesi di preparare l’occorrente per il viaggio. Mi dispiaceva di averla disturbata mentre dormiva, ma Éomer non aveva certo intenzione di aspettare che io preparassi i bagagli prima di andare a dormire.

 

“Svegliati.” Éomer mi stava scrollando. “Dobbiamo andare.

“Così presto?” domandai incredula notando che fuori il cielo era ancora nero.

“Puoi sempre cambiare idea.”

“No, mi alzo subito.” Mi accorsi che Falmer aveva preparato una sacca da viaggio completa ma leggera e dei comodi vestiti da viaggio, così mi vestii in fretta, presi la mia spada Crëwine, mangiai le due fette di pane e formaggio che Éomer mi porgeva, sebbene fossi molto più affamata, corsi alle stalle e montai su Stellagrigia, già sellata. La giumenta mi strofinò il muso contro la mano in un gesto affettuoso, e io le diedi una mela che avevo fatto in tempo a prendere dalla cucina.

I Cavalieri furono sorpresi nel vedermi, udii i commenti più disparati: da chi diceva che ero troppo presuntuosa a voler andare con loro a chi affermava che ero una degna Signora del Mark, cavalcando verso la battaglia con il mio sposo. Qualcuno mi paragonò persino a Eowyn, qualcun’altro commentò che lui non avrebbe mai permesso a sua moglie di fare una cosa simile.

Cavalcammo tutto il giorno, e sebbene avessi spesso attacchi di sonnolenza o un poco di nausea, non dissi niente e galoppai su Stellagrigia al fianco degli Eorlingas al comando di Éomer. Erano circa mille, non molti, poiché la minaccia rappresentata dagli Orchi non era ancora molto grande. Ci fermammo una mezzora per il pranzo e per far riposare i cavalli, poi cavalcammo senza sosta fino al sorgere delle stelle, la mattina dopo eravamo pronti per partire alle prime luci dell’alba. Una piccola tenda era stata montata per me, anche Éomer avrebbe riposato all’aperto con i suoi Cavalieri.

Stavo per addormentarmi quando sentii Éomer cantare a bassa voce. In silenzio, mi accostai all’uscita della tenda per ascoltare. La lingua era quella del Mark, ma ormai avevo imparato a distinguerne le parole. Ero sempre stata brava a imparare i linguaggi stranieri velocemente, e con l’aiuto del libro di Lamrai la lingua del Mark si stava rivelando meno ostica di quello che avevo pensato.

Il canto era sulla guerra, non potevo immaginare una voce più adatta di quella di Éomer per intonarlo.

 

Avanti, Eorlingas!

Dietro a voi la casa e davanti la battaglia

Il sangue rosso sparso come pioggia sui prati

Il sole riflesso sulle spade brilla e abbaglia

Dimenticate voi stessi nei canti gridati

 

Per il signore, per la moglie, per la terra

Per tornare alla casa accogliente

Ah, quanto è bella questa guerra

Il suono degli zoccoli rimbombante

Vi accompagna verso la morte giusta e gloriosa

 

Gloria a colui che muore, pace per colui che vive

Siano frantumati gli scudi e spezzate le lance

La morte per difendere i cari sarà dolce

Avrete fama e lacrime per voi

Cavalieri del Mark eroi.

 

La voce di Éomer si fece più decisa sulle ultime parole, poi tacque. Mi accorsi che stavo piangendo.

 

Al tramonto del giorno successivo scorgemmo in lontananza una piccola figura che galoppava disperatamente verso di noi, spronando il suo sauro al limite del possibile. Egli si rivelò essere un messaggero mandato dalle guarnigioni delle Montagne Nebbiose, Arcale figlio di Ardasel. Riferì che gli Orchi avevano attaccato il Forte di Leòfa quattro giorni prima. Non potevano rompere l’assedio con le poche forze di cui disponevano, sebbene gli Orchi non potessero essere più di settecento.

“Sono sgusciato nella notte, senza farmi vedere,” raccontò Arcale “Per cercare aiuto. Bisogna che vi affrettiate!” Vidi Éomer incupirsi alle parole del Cavaliere, poi borbottare qualcosa a bassa voce a Elfhelm, accanto a lui. Quindi si diresse verso di me.

“Ascolta,” disse “La situazione non è favorevole come speravamo. Gli Orchi ci hanno colti di sorpresa. Tu devi tornare indietro, dobbiamo cavalcare fermandoci il meno possibile. Arcale ti riaccompagnerà a Edoras. Di’ a Gamling approntare rinforzi da mandare in caso di bisogno.

Discussi, pregai, mi arrabbiai e mi riaddolcii e infine Éomer, sfinito dalle mie proteste, mi accordò il permesso di continuare. Arcale sarebbe andato a Edoras da solo.

I quattro giorni successivi passarono in un confuso insieme di albe e tramonti e rumore di zoccoli. La notte mi portava Éomer su Zoccofuoco, in modo che potessi dormire. Sapevo di essere un peso, ma la sensazione di dover essere lì mentre loro combattevano era sempre più forte.

Il paesaggio si inaspriva progressivamente, le morbide praterie di Rohan lasciavano il passo alle spigolose propaggini delle Montagne Nebbiose.

Fummo in vista del Forte di Leòfa a mezzodì del sesto giorno dalla partenza di Edoras, avendo cavalcato per quattro giorni e quattro notti senza quasi fermarci.

Éomer ordinò alla compagnia di fermarsi su una collinetta a cinque ore di marcia dal Forte, e mi ordinò di restare lì. Io acconsentii, perché sapevo che ormai la pazienza di Éomer era giunta al limite. Mangiarono qualcosa per recuperare le forze e poi rimontarono a cavallo, splendidi e terribili a vedersi nelle loro scintillanti armature.

“Voi resterete qui per proteggere la vostra signora. Ordinò Éomer rivolgendosi a tre ragazzi, i più giovani della éored. Nessuno di loro poteva avere più di vent’anni.

Ma mio signore, noi vogliamo combattere!”

“Avete sentito quello che ho detto. Merodor, lascio il comando a te.

A malincuore, i tre giovani smontarono da cavallo. L’araldo di Éomer lasciò loro un grande corno da suonare in caso di pericolo.

Éomer si rivolse agli altri, schierati dietro di lui. Il sole di mezzogiorno sfolgorava dietro di lui, facendolo apparire circonfuso di luce guerriera. Mi pareva un dio come quando l’avevo visto la prima volta, ma questa volta era più terribile, sorrideva ferocemente alla battaglia. Zoccofuoco sembrava più grande degli altri cavalli, Éomer troneggiava seduto su di lui, alto e luminoso più di chiunque. 

“I nostri compagni sono in pericolo. Li lasceremo soli?”
”No, Signore!” urlarono
i soldati.

E allora cavalcate con me, Cavalieri del Mark, per loro! Per loro e per la pace che la nostra terra si merita; per le vostre mogli, per i vostri figli, per ciò che avete di più caro, cavalcate con me! Che la luna sorga sulla nostra vittoria! Avanti, Eorlingas!” e così gridando si lanciarono verso il Forte di Leòfa, sollevando polvere dorata dietro di loro, neanche la nebbia osava oscurare il loro splendore.

Rimasi a osservarli finchè non scomparirono all’orizzonte, la morte nel cuore.

 

………………………………………………………………………………………….

 

Ciao, mellyn nin!

 

Visto che conclusione a effetto? Dovrei specializzarmi solo in quelle, XD.

Questa canzone, secondo me, è leggermente meglio di quelle scorse. Che ne pensate?

Ricordatevi Merodor e i suoi compagni, perché saranno importanti nei prossimi capitoli e forse anche dopo (ancora non ho deciso)

Che ne dite del sogno? E’ stato davvero difficile da scrivere, pur avendo un nonno psicanalista (a cui va un profondo ringraziamento per i consigli). Volevo trasmettere tutta l’angoscia di Lothi, ma non so se ci sono riuscita bene.

 

Come sempre, un grandissimo grazie a tutti quelli che si interessano in vari modi alla mia storia, soprattutto alle mie meravigliose recensitrici Arwins, Thiliol, Nini Superga, Sesshy94 e Arena, a cui si è  aggiunta (benvenuta e grazie) Gilestel.

 

Un bacio

A presto

Elothiriel

 

 

 

  
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il Signore degli Anelli e altri / Vai alla pagina dell'autore: Elothiriel