My Executioner
Il mio carnefice.
Che
si fosse addormentato era una
parola grossa, Naruto era semplicemente
scivolato in un irrequieto dormiveglia, molto più
confortevole di un mondo
popolato da incubi.
Un sottile filo lo manteneva alla
realtà e l’alcool che aveva in corpo lo confondeva
abbastanza per non pensare a
quello che aveva fatto, non continuamente almeno.
Si prospettava un bel futuro.
I suoi nervi non erano abbastanza
saldi, non lo erano mai stati, troppo
emotivo lo aveva definito Kiba una volta mentre,
sottolineiamo, anche lui
piangeva alla visione di “Hachiko”.
Sbuffò
osservando il cassetto dove aveva messo la pistola, senza nasconderla
se non
con una tovaglia, di un arancione così sgargiante che
sembrava voler solo dire “Cercami,
sono qui”.
Probabilmente se ne sarebbe
sbarazzato, quando non aveva molta importanza notato come
l’omicidio di Neji
non era minimamente trapelato; ovviamente il dubbio che gli Hyuuga
avesse
assunto investigatori privati persisteva, ma in quel caso, che cosa
cambiava
una pistola vuota in un cassetto? Se fossero risaliti a lui,
l’arma del delitto
era un irrilevante dettaglio di fronte alla testimonianza che quella
cameriera
poteva fornire.
Ruotò i suoi occhi al tavolo,
dove la bottiglia ormai semi-vuota troneggiava.
Continuare così? Impossibile.
Fare che cosa, allora?
Sei debole.
Debole. Debole. Debole.
Lo sapeva; dannata voce, dannata debolezza,
dannato tutto il mondo.
Beep.
L’improvviso campanello lo fece
sobbalzare; chi era, che voleva, volevano portarlo al fresco?
«Stupido, potrebbe essere
chiunque».
Cosa non del tutto vera, ma
Naruto, ancora confuso dalla sbornia, non poteva certo sapere che erano
le tre
del mattino e che la città era immersa nel silenzio della
notte.
Si alzò, ondeggiando appena,
tappandosi la bocca appena in tempo.
Dannato anche il senso di vomito.
Non chiese nemmeno chi fosse,
aprì la porta con un leggero tremore. Tutto si
bloccò per un istante. Il chiunque
non comprendeva colui che gli stava davanti. Un Sasuke
decisamente calmo entrò in casa, senza nemmeno chiedere il
permesso, facendo indietreggiare Naruto per la sorpresa,
e poi alzò gli occhi ossidiana lentamente.Tutto parve
fermarsi, di nuovo. Sembravano
leggergli l’anima quelle pozze nere, sembravano volerlo
privare anche della più
debole resistenza, sembravano voler leggerlo, fino in fondo.
Sorpresa? Rabbia? Paura? O Gioia…?
Esattamente
cosa c’era negli
occhi con cui lo stava fissando?
Tutte e quattro, effettivamente, danzarono
per un attimo nel cuore di Naruto, prima che la nausea, traditrice e
violenta,
si rimpossessò di lui. Voltò le spalle a Sasuke e
corse verso il bagno, lo
stesso in cui aveva vomitato l’anima poche ore prima.
Sentì la porta chiudersi,
i passi lenti sul pavimento, il posare una bottiglia di vetro di nuovo
sul
tavolo ed infine la figura elegante del moro si appostò
dalla porta, nel raggio
del suo campo visivo.
«Ubriacarsi non risolve mai i
problemi».
Rabbia.
La faceva semplice. LUI non era
certo un assassino professionista, LUI non
sarebbe mai riuscito più a condurre la sua vita come se
niente fosse stato; con
che coscienza avrebbe potuto svegliarsi ogni mattino senza pensare “Io ho ucciso un uomo”?
Si issò sulle gambe tremanti per
sciacquarsi la bocca, se avesse replicato probabilmente non sarebbe
stato nulla
di carino e di litigare, con la testa in quella bolla, non aveva voglia.
«Non ti verranno a prendere».
Sentì per un secondo
dissolversi quella morsa asfissiante che lo accompagnava.
Paura.
Naruto aveva paura, ogni ora,
ogni minuto ed ogni secondo, da quando era rimasto solo nel taxi e
quelle
parole lo avevano quasi fatto star bene, se poi la consapevolezza di
non sapere
con chi stesse parlando non gli avesse fatto di nuovo precipitare il
cuore in
mille aghi.
Chi era quello per garantirgli
qualcosa di simile?
Alzò il busto dal lavandino,
osservandosi nello specchio, due occhiaie profonde gli segnavano il
viso ed il
suo solito brillio azzurro era svanito dagli occhi stanchi. Fuggito
lontano
come la sua libertà, si disse.
«Gli Hyuuga sono una delle più
potenti famiglie dell’intero Giappone».
«Lo so».
«Probabilmente vorranno vendetta».
Vide tentennare Sasuke con la
coda dell’occhio, ma poi la voce ferma di
quest’ultimo rispose.
«Sicuramente».
«Risaliranno a me. Verranno a
prendermi».
«Non lo permetterò».
Questa volta, la voce non aveva
esitato nemmeno per un secondo, era perforata nelle sue orecchie come
un grido,
ma più piacevole.
Si girò lentamente, incontrando
di nuovo lo sguardo serio del suo interlocutore «Te lo
prometto».
Chi era quello che dirgli quelle
cose? Chi gliele aveva chieste? Perché osava trattarlo come
un debole? Poteva
fidarsi?
Gli occhi scuri non tradivano
nessuna emozione, ma poté vederla Naruto, prima di svanire,
la determinazione
di quella promessa.
Non lo permetterò.
E
le lacrime uscirono, troppo
trattenute. Sasuke non fece nulla se non osservarlo, in silenzio,
mentre il
biondo consumava una disperazione troppo forte per sparire dimenticata
nei
meandri del cuore.
Passarono minuti che però parvero
ore, ad entrambi, e quando le ultime lacrime finirono a terra, Sasuke
tese la
mano al ragazzo sfinito.
«Andiamo a letto Naruto, è tardi».
Quest’ultimo si lasciò guidare
nella sua stessa casa fino alla camera da letto dove Sasuke lo
buttò
delicatamente sul letto, a sprofondare nel materasso morbido.
Gli occhi tremarono. Era così
stanco, ma non così tanto per non notare che il moro stava
per andarsene.
«Resta qui» sussurrò senza quasi
rendersene conto. Sasuke si girò di scatto fissando
il ragazzo biondo che si era issato sui gomiti per vederlo meglio.
«Non fare cose di cui potresti
pentirti» si disse «Vattene», ma i suoi
piedi parevano avere volontà propria;
fece un passo e poi un altro, fino ad arrivare di fronte a Naruto,
semisdraiato sotto
il suo sguardo.
«Non farlo» si ripeté, ma fu
troppo tardi. Le labbra scivolarono su quelle bagnate del biondo, fino
a
coprirle completamente, erano fresche come le primavere premature.
Naruto, forse sorpreso, dischiuse
quasi subito le labbra; il bacio fu approfondito col medesimo
entusiasmo da
entrambi, poi Naruto si staccò, ansimante e con le gote
arrossate.
«Adesso dormi» gli sussurrò
Sasuke all’orecchio. E Naruto si addormentò.
Quella
sera, prima di congedarsi,
suo padre l’aveva invitata nel suo studio, luogo in cui
raramente metteva
piede. L’aveva fatta sedere e con un sorriso inusuale, aveva
cominciato a
domandare, provocare e proporre.
«Hinata, dovresti prendere in
considerazione l’idea di sposarti» aveva aperto il
discorso sedendosi
comodamente «non sei più una ragazzina».
Hinata trattenne il respiro.
Sposarsi? Con chi? Lei? E Naruto?
L’ultimo nome le provocò una
stretta al cuore, ma cercando di non pensarci alzò lo
sguardo.
«S…sp..sposarmi?».
«Perché no? E’ scontato che
dovrai assicurare un erede e sarebbe deplorevole vederti in sposa ad un
sempliciotto qualsiasi».
E Hinata capì. Suo padre, così si
dichiarava l’uomo che la fissava con occhi penetranti, aveva
già un piano tutto
per lei che avrebbe garantito la continuità e la potenza
della sua famiglia,
rovinandole la vita.
«E chi…?». Fu più che un sussurro, ma per Hyuuga
Hiashi fu abbastanza,
aveva ottenuto la parziale rassegnazione della figlia che sicuramente,
prima
della fine del discorso, sarebbe stata totale.
«Sasuke Uchiha, per esempio» pronunciò
lentamente «sarebbe un ottimo marito. Unico rappresentante
della sua famiglia
ed è bello e gentile, un marito che ti invidierebbero tutti
Hinata».
Hinata conosceva bene Sasuke, più
per fama in effetti, ma aveva avuto anche l’onore di
incontrarlo, se così si
poteva dire, e l’idea di sposarlo non gli piaceva.
Sasuke Uchiha era la classica
persona scostante che desidera farsi gli affari degli altri al pari di
buttarsi
giù da un treno; incurante di tutto viveva nella villa
accanto alla sua, dopo
ettari ed ettari di giardino. Così diverso dal bambino che
aveva conosciuto
quando la famiglia Hyuuga era stata invitata a villa Uchiha: se lo
ricordava Sasuke
che timido, sorridendo appena, se ne stava dietro le gambe della
propria madre
per scampare agli ospiti. Hinata lo aveva invidiato, lei non aveva
nessuno
dietro cui nascondersi; era un ricordo vivido che non era scomparso,
soprattutto dopo le foto che come protagonista avevano un Sasuke
adolescente
così freddo ed inespressivo da colpirla.
«Uchiha san vuole…?».
«Sposarti? Dubito che potrebbe
trovare una moglie migliore di te, perché non dovrebbe?
Anche lui sicuramente
starà cercando di sistemarsi».
«E se fosse innamorato?».
Hiashi fissò la figlia un attimo,
ma poi scoppiò a ridere.
«Dalle mie conoscenze non lo è; è
pronto a prendere moglie e tu sei il suo ideale perfetto; timida, dolce
e per
nulla incline ad impicciarti ad affari noiosi. Non negherai poi di
essere bella
come tua madre».
Hinata sussultò, non era solito
pronunciare sua madre da molto tempo.
«Preferiresti propormi un tuo
candidato come sposo?». Quella domanda, per quanto potesse
sembrare fintamente
dolce e carica di speranze, non ammetteva risposta.
Deglutì. Da quando tutto era
diventato così difficile? Perché sembrava tutto
prossimo a caderle sulle spalle
e intrappolarla? Come c’era finita lì? Cosa
avrebbe detto a Naruto?
Trattenendo le lacrime, prese
fiato per parlare, ma qualcosa glielo impedì. Sospetto,
terribile sospetto.
Abbassò gli occhi.
«No papà».
Sentì il sorriso di suo padre
ampliarsi.
TBC
Eh,
ormai siamo verso la fine, nel prossimo capitolo verrà
svelato tutto :3 e in quello successivo scriverò un breve
epilogo.
Non ci ho messo poi così tanto.
Non sono solita chiedere recensioni, ma visto che la storia ormai
è quasi giunta al termine vorrei sapere che idea vi siete
fatti ~ Al prossimo capitolo e grazie a chi ancora la legge *A*
Hime <3