Ed
io tra di voi
A Giunia
La vedi uscire
dall’ascensore ridendo con un bambinello
troppo cresciuto.
“Stanotte facciamo
tardi” lo senti riferirle.
“Nooo, Daniele
anche stasera no, non ce la posso fare” le
appoggia una mano sulla spalla e te ne irriti.
“E
daii…” si sporge verso di lei.
Voleva baciarla.
Ti nascondi dietro al muro
che faceva angolo per non
essere trovato, ma soprattutto per non vederli insieme.
Era atrocemente fastidioso.
Strano, detto da te, che non
riuscivi a sopportare una
donna nemmeno vista col binocolo.
Ti rifugi in sala medici,
dove inizi a sbocconcellare una
Macina dopo l’altra dal sacchetto in mezzo al tavolo.
Lo prendi con te e sprofondi
sul divano, ingoiando il
quarto biscotto.
“Tutta quella roba
ti fa male.”
“Fa male anche
fare le tre tutte le notti” le rispondi
senza voltarti verso di lei, che presumi fosse ora in piedi in mezzo
alla
stanza.
“Cosa
stai insinuando?”
“Che ti comporti
come una ragazzina.”
Stacchi con i denti un altro
pezzo di biscotto,
sbriciolandoti addosso e sul divano.
“E tu guarda che
disastro stai combinando” ti si
avvicina.
Non aveva controbattuto al
tuo commento sulla sua
relazione con il poppante.
“Sto mangiando.
Quando si mangia si sbriciola. Quando si
ha finito di mangiare si pulisce.”
“Queste briciole
rimarranno incastrate in mezzo ai
cuscini. Dai, spostati, mettiti sulla tavola.”
Ora faceva anche la mammina.
“Ora fai anche la
mammina? Quanto ai fatti, quello che
avrebbe bisogno di una figura genitoriale è Guidi. Io sono
grande e vaccinato.”
“E soprattutto
geloso.”
La porta si apre.
Quando si dice lupus
in fabula…
“Ehm,
Cristiana” esordisce il ragazzo, arrotolando su una
mano il filo del fonendoscopio.
“Dottoressa
Gandini” lo corregge lei stessa, ovviamente
vista la tua presenza.
“Volevo
chiederti… chiederle” si blocca di nuovo,
poggiando lo sguardo su di te, che trangugiavi i biscotti in spasmi
nervosi.
“Vai avanti,
Guidi, non vorrai far attendere Cristiana”
ed enfatizzi il suo nome. “Fate come se non ci fossi. Tenendo
conto che siete
in un ospedale, fatto che rende necessario un minimo di
decenza.”
Continua a guardarti di
traverso. “C’è un paziente…
non
riesco a capire cos’abbia” svela poi, dopo aver
fatto credere che stesse
crollando un’ala del pronto soccorso.
“Ma che
novità” intervieni spudorato.
“Riccardo”
ti riprende Cristiana, piegando da un lato la
testa. “È qui per imparare.”
“Peccato che non
disponiamo di lezioni serali, altrimenti
sai quanto volentieri-”
“Riccardo!”
esclama ancora. Si rivolge poi al bamboccio.
“Mi puoi aspettare fuori?”
Daniele annuisce, ed esce
dalla stanza pentito.
Si volta verso di te, che
ancora evitavi di incontrarle
gli occhi.
Le braccia ai fianchi,
l’espressione non propriamente di
chi ti vorrebbe dar fuoco.
Qualche passo nella tua
direzione.
Una mano tesa ad afferrare
il sacchetto della Mulino
Bianco, che malamente va a finire in mezzo al tavolo.
“Stavo facendo
colazione” tranquillo ti giustifichi.
“Stavi facendo
colazione come se foste in dieci.
Sbriciolando dappertutto.”
“Ti
ripeti.”
“Mi ripeto
perché con te gli argomenti di conversazione
sono molto limitati.”
“Ora mi sento
offeso.”
“Quando
mai.” Affonda la mano all’interno del sacchetto
delle macine. “Ce ne sono rimaste due! Il prossimo lo paghi
tu.”
“Si dà
il caso che anche questo l’abbia pagato io.”
Ti alzi in piedi e la
raggiungi in due ampi passi.
“Quali sarebbero
gli argomenti delle conversazioni con
me?” cerchi di portarla sulla questione precedente.
“Mangiatene
un’altra” ti porge il biscotto.
“Mi stai chiedendo
implicitamente di tenere la bocca
chiusa?”
“Possibilmente
sì.”
Quel biscotto rimane a
mezz’aria solo per alcuni secondi,
perché ti sporgi verso di lei e lo stringi tra i denti.
Lei subito ritrae la mano.
“Che
c’è, ti faccio paura, adesso? Non ti mangio mica,
Gandini!” continui a masticare.
“Con la fame che
hai, potresti esserne capace.”
Ti sbilanci con il capo
nell’incavo tra la testa e il
collo della donna. “Saresti molto appetitosa, con questo
profumo che hai
addosso. Te l’ha regalato Guidi?” si scosta, ma
solo leggermente.
Noti il suo imbarazzo.
Noti quanto fosse agitata,
sconquassata.
Noti come stesse entrando in
iperventilazione più
facilmente di quanto ti aspettassi.
Passi due dita sulle sue
guance ora rosse, con una
lentezza che le provocava persino il solletico.
“Anche Guidi ha il
piacere di vederti così, quando tenta
di baciarti, o è solo impressione?” la provochi,
sorridendo.
“Tu non stai
tentando di baciarmi” afferma, però
titubante.
“Non ci sono
certezze, a questo mondo” nichilisticamente
dichiari.
Continui a delineare con le
dita i contorni del suo viso.
Lei si appoggia al piano del
tavolo, perché ormai era
arrivata al capolinea dei suoi spostamenti.
La blocchi tra le tue gambe.
Lei socchiude la bocca e
serra gli occhi, sperando che
quel momento passasse il prima possibile.
“Hai paura, di
nuovo.”
“Non ho
paura” riapre gli occhi per mostrarti quanto
resistesse a quella tortura psico-fisica.
“Invece
sì. Di ammettere che sei attratta da me, che mi
vorresti baciare, anzi, che vorresti che io ti baciassi. Hai paura di
mollare
Guidi, ultima tua riserva per rendermi geloso. Hai paura di perdere
l’illusione
di non potermi avere. E ora, qui, adesso, muori dalla voglia di
avvicinarti di
questi maledetti tre centimetri.”
Non rispondeva.
Forse eri stato troppo
avventato, ma non potevi – non dovevi
– lasciare che tutto corresse in quel modo, davanti ai vostri
occhi, riempiti
di ipocrisie su un cumulo di menzogne vuote.
“Dimmi solo se
è vero” abbassi il tono. Cristiana
sembrava una statua di marmo, con il solo fatto che la sua pelle era
morbida e
calda, e i suoi polmoni si espandevano in ricerca di ossigeno.
Un centimetro.
E si era avvicinata lei.
“N-non…”
“Sai qual
è la cosa strana?” l’interrompi nel suo
tentativo.
Scuote la testa.
Lasci che le tue labbra
immobili passassero sulle sue.
La senti fremere.
“Che a me, le
Macine, nemmeno piacciono.”