IX
CAPITOLO
“Regina, volete che vi montiamo la tenda?” chiese
il più grande dei tre ragazzi con aria afflitta. Notai che aveva i capelli
corti, come li portavano i bambini, e non lunghi come la maggior parte dei
Cavalieri.
“Si, grazie. Come ti chiami?”
“Merodor figlio di Trameor, mia signora.”
“Quanti anni hai?”
“Diciotto, mia signora.”
“Devi essere molto valoroso per appartenere già
alla éored del Re. Non temere, Éomer
non ti ha lasciato indietro perché non crede nella tua spada. Semplicemente,
ritiene che tu sia ancora troppo giovane per morire.”
“Ne è sicura, Regina?” chiese Merodor un poco meno
scuro in viso.
“Si, non ti angustiare. Avrai certamente molte
occasioni di dimostrare il tuo coraggio al Re.” Gli sorrisi e lui si inchinò
rassicurato.
Mi sedetti su una roccia rivolta verso la via che
conduceva al Forte di Léofa, con la carta geografica di quei luoghi in mano.
Mentre seguivo con il dito la strada che l’éored
stava percorrendo, tormentavo un
lembo della mia veste finchè non lo ebbi ridotto a un bradello sdrucito.
Credevo di scorgere bagliori di spade e lance, quando ancora gli Eorlingas non
potevano essere arrivati al Forte. Sentivo dentro di me un’angoscia
indescrivibile, un’inquietitudine che non avevo mai provato. Ogni mio pensiero
era Éomer e soprattutto per il nostro bambino ancora senza nome. Man mano che
passavano le ore e i Cavalieri si avvicinavano alla battaglia l’ansia cresceva.
Dopo che ebbero montato la tenda, Merodor e gli altri due ragazzi si sedettero
alla base della pietra dove mi ero assisa, scrutando l’orizzonte come me.
Quando furono le cinque Merodor si alzò e iniziò ad andare su e giù
nervosamente, seguito dai suoi compagni. Io tirai fuori Crëwine dalla veste e
la strinsi fino a farmi diventare bianche le nocche. All’improvviso, fiamme si
levarono nel cielo che iniziava a scurirsi. Gridammo tutti e quattro insieme,
uno dei ragazzi si alzò di scatto e, incapace di trattenersi, saltò a cavallo e
fece per lanciarsi giù dalla collina. L’altro lo seguì rapidamente.
“Oroven, Elfkral, fermi!” ordinò Merodor.
“Il Forte brucia!”
“Cosa credete di fare? Dobbiamo rimanere qui per
difendere la Regina! Pensate che il Re vi perdonerebbe per averla lasciata
sola?” Oroven e Elfkral tirarono le briglie per fermare i cavalli. “Dovete
ubbidire agli ordini del Re, qualunque siano i vostri sentimenti.”
“Possiamo portare anche la Regina. Scommetto che
anche voi, mia signora, non desiderate altro che andare alla battaglia. Vi
difenderemo noi. Venite!” Elfkral fece voltare il cavallo e stese la mano verso
di me per aiutarmi a salire dietro di lui.
“Delkral, sei impazzito?” gridò Merodor.
“Se la Regina viene con noi non tradiremo gli
ordini del Re.” Elfkral mi fissò, i suoi, grandi e azzurri occhi di sedicenne,
erano colmi di speranza e di esortazione.
Volevo andare. Non desideravo altro che lanciarmi
con Oroven e Elfkral verso il Forte. Avrei dato qualunque cosa per sapere se
Éomer era vivo e illeso. Ma scossi la testa in cenno di diniego.
“Non posso.” gemetti “Anch’io devo obbedire al Re.
Non posso.” Mi chiesi perché mi stavo facendo questo.
“Scendete da cavallo. Avete sentito la Regina.
Tornate ai vostri posti.” disse Merodor. Potevo sentire il rimpianto e
l’amarezza nella sua voce. Oroven e Elfkral obbedirono a malincuore e
riportarono i cavalli nel praticello dietro la tenda. “Permettete, mia
signora?” disse Merodor accennando ai suoi compagni.
“Vai pure” mormorai. Incrociai le braccia sul
ventre in un istintivo gesto di protezione verso la mia creatura; mentre
fissavo le fiamme che si levavano a Nord. “Éomer, ti prego. Ti prego.”
mormorai.
“Dovevi lasciarci andare”la voce di Oroven era
bassa ma irosa. “Non pensavo che tu fossi un tale codardo.”
“Io non sono un codardo!” ribattè Merodor.
“E’ vero,” intervenne Elfkral. “Lascialo stare,
Oroven. Non sbaglia a obbedire agli ordini.”
“No, non è un codardo. Lui vuole rimanere qui con
la Regina mentre il Re rischia la vita,” sibilò Oroven furioso “e sappiamo
perché, non è vero, Elfkral? Tu” la voce del ragazzo si era trasformata in un
ringhio “Tu segretamente speri che Éomer muoia, non è così? Nella tua follia
desideri che la Signora sia tua!”
“Sei forse impazzito, Oroven? Ti rendi conto delle
cose che stai dicendo? A Merodor, il nostro amico!”
“Taci, Elfkral!” ordinò Oroven. “Sentiamo cos’ha da
dirci il nostro capitano.”
“E’ follia la tua, Oroven. Mai potrei desiderare la
morte del Re!”
“Abbiamo visto con che occhi hai guardato la Regina
questi giorni, sebbene ella sia infinitamente superiore a te. Tu non sei un
codardo, Merodor, sei un traditore. Desiderare la moglie del Re! Non lascerò
che un individuo del genere mi dia ordini!” Un secondo dopo, Oroven galoppò
fuori dal praticello, verso la strada. “Addio, mia signora! Vado a combattere
al fianco del Re, perdonatemi!”
Il litigio dei tre ragazzi mi aveva turbato. Sperai
che Oroven avesse parlato spinto dalla rabbia e dall’angoscia per i compagni
dell’éored.
“Volete cenare, mia signora?” chiese Merodor con
aria mite.
“Grazie, Merodor.”
“Sentite, Signora, non dovete prestar fede alle
cose che ha detto Oroven. Io non mi permetterei mai…” arrossì e chinò il capo.
“Non ti preoccupare, Merodor. Le persone spesso
affermano cose a cui non credono quando sono spinte dalla rabbia e dall’ansia,
io non…” un grido terrorizzato mi interruppe.
“Elfkral!” urlò Merodor, e si precipitò dietro la
tenda. Io lo seguii stringendo la mia spada. Il giovane Cavaliere era riverso a
terra, una freccia nero piumata gli spuntava dal petto, una macchia scura di
sangue si stava allargando sotto di lui. “Orchi!” esclamò atterrito Merodor,
sollevando il compagno. “Delkral, mi senti? Ti prego, apri gli occhi!” ma il
viso di Elfkral restò bianco e immobile. Solo un lieve respiro tradiva la vita
che ancora c’era in lui.
“I signori dei cavalli piangono per la feccia?”
trattenni il respiro.
Non avevo mai visto un Orco, ma non avevo dubbi
sulla razza dell’orribile creatura che aveva parlato. Nera e ributtante, ci
fronteggiava circondata dai suoi compagni, altrettanto ripugnanti.
“Ci hanno trovato! Oh, per Eorl, come hanno fatto?!
Signora, fuggite” mi sussurrò Merodor, pallido come un morto. “Fuggite subito.”
Sembrava che le orride creature fossero divertite dal nostro orrore, stavano
ferme a osservarci. Merodor mi passò Elfkral e sfoderò la spada.
“Prendete Elfkral e fuggite!”
“Non posso
lasciarti qui da solo! Come farai?”
Il ragazzo non ebbe tempo di rispondere. Uno degli
Orchi, stanco di aspettare, gli si era lanciato addosso. Il Cavaliere parò la
sua sciabola e provò un affondo, ma presto altri gli furono intorno e fu
ferito. Istintivamente, sfoderai Crëwine e mi preparai ad aiutare Merodor nella
lotta. Ma una voce, quella di Èomer, fermò il mio braccio. “Ti probisco nel modo più assoluto di
scendere in guerra, affrontare nemici o combattere a rischio della vita; a meno
che non io non sia stato ucciso, Rohan caduta e tutte le libere genti della
Terra di Mezzo morte e schiave.” Avevo giurato, non potevo fare nulla.
Sentii con orrore il sogno realizzarsi, la volontà di Èomer mi impediva di
essere d’aiuto.
“Avanti,
vermi!” strillò il capo. “Sono solo un ragazzino e una donna! Sterminateli, poi
avrete il piacere di prendere alle spalle dei veri guerrieri!”
Gli attacchi si fecero più fitti. Merodor parò
molti colpi che mi avrebbero ucciso, terrorizzato e pallido.
“Via, Signora!” combattendo, eravamo indietreggiati
fino alla roccia dove stavo seduta prima. Stellagrigia era lì sotto. Fischiai e
la mia cavalla ci fu accanto, nitrendo.
“Portatelo in salvo, mia signora, ve ne prego. E’
mio cugino.”
Ero stordita dalla confusione, ma riuscii a
trascinare Elfkral su Stellagrigia e a salire dietro di lui, mentre Merodor ci
difendeva disperatamente, uccidendo quanti più Orchi possibile. Ma ormai era
con le spalle al muro, le orride creature ci stavano separando. “Andate!” urlò
Merodor, ormai sanguinante e esausto.
“Vengo da te!” ribattei, lottando contro l’istinto
che mi urlava di scappare.
“La cavalla non può portarci in tre! Verremmo
presi! Andate! Salvate mio cugino!”
“Merodor…!”
“Via!”
Gli Orchi iniziarono a menare fendenti contro
Stellagrigia, ma lei li teneva lontani scalciando. Ogni secondo temevo di
cadere e di far cadere Elfkral, ma la mia fedele giumenta riusciva a tenerci in
sella pur impennandosi e sferrando calci all’impazzata, così tenendomi con una
mano, stringevo a me Elfkral e la spada, pregando di poterla usare. Vidi
Merodor scomparire sotto le nere figure che lo assediavano sotto la roccia. Con
la morte nel cuore, diedi un colpo di tallone nei fianchi di Stellagrigia,
ordinando: “Gongan, gongan!” e lei si
scagliò come un fulmine sulla strada, lasciando indietro gli Orchi.
Strinsi le briglie e sistemai meglio corpo inerte e
sanguinante di Elfkral davanti a me, incitando la cavalla a galoppare più
veloce. Corse come il vento, portandoci in salvo. Il rumore rimbombante degli
zoccoli stordiva la mia mente, cercando di non pensare a niente strinsi a me
Elfkral e lasciai che la cavalla ci portasse lontano dalla morte.
Giunta all’inizio di una discesa, Stellagrigia si
fermò improvvisamente. Spalancai gli occhi, inorridita. Una lunga fila di Orchi
si stendava sotto i nostri piedi, correvano a portare aiuto ai loro compagni al
Forte. Dovevano essere almeno quattrocento. Allora il gruppo che stava
combattendo con l’éored di Éomer non
era che l’avanguardia dell’esercito! Schiacciati tra l’incudine e il martello,
stanchi e colti di sorpresa, gli Eorlingas avrebbero potuto cedere. Dovevano
essere avvertiti. Dovevo arrivare al Forte prima di loro, non potevo fermarmi,
sebbene fossi esausta e Elfkral moribondo. Anche se avrei voluto buttarmi per
terra e piangere, per Merodor, per Elfkral, per me e il mio bambino, tirai le
briglie facendo voltare Stellagrigia e la spronai a trottare verso un sentiero
nascosto ma poco distante dalla strada. Scesi da cavallo e, strappata una
striscia di tessuto dal mio abito, fasciai con quella il petto del ragazzo
esanime dopo avergli tolto l’armatura, che lasciai sull’erba. Quindi rimontai
in sella e mormorai:
“Galoppa, Stellagrigia, corri! Dobbiamo salvare il
Re!” battei un colpo di tallone nei fianchi della giumenta e lei si lanciò sul sentiero,
veloce come la tempesta.
“Galoppa, Stellagrigia, corri!”
Più rapido della mia giumenta avrebbe potuto
correre solo il fulmine, ma non mi sembrava abbastanza. Mi sentivo il cuore
straziato fra il desiderio di andare avanti e quello di tornare indietro da
Merodor, lasciai che le lacrime mi scorressero sul viso, subito lavate via dal
vento. Elfkral non accennava a svegliarsi, anche se a ogni salto di
Stellagrigia il suo corpo sussultava. Il sangue continuava a uscire dalla
ferita sul torace, la misera fasciatura che gli avevo fatto non era sufficiente
a fermare l’emorragia. Mi chiesi per quanto Stellagrigia avrebbe potuto
sopportare quell’andatura. Circa verso le nove di sera, la feci rallentare e
bere a un ruscello che attraversava il sentiero: la schiuma le usciva dalla
bocca, erano almeno tre ore che galoppava a una velocità folle. Ma in
lontananza sentii il rumore della corsa degli Orchi, fui costretta a rimontare
in sella e a spronare di nuovo Stellagrigia.
“Avanti, mia povera Stella; ancora non possiamo
fermarci”
La luna sorse sulla strada che continuava in
salita, senza che io scorgessi altro che i lontani bagliori dell’incendio.
Stellagrigia correva e correva, e infine una nera figura illuminata dal crudele
fuoco rosso si stagliò su un poggio poco lontano. Udivo grida e metallico
cozzare di spade davanti a me, il cupo rimbombo della corsa degli Orchi dietro.
Esausta ma piena di rinnovata energia, spinsi la cavalla su per il pendio
roccioso.
Ciao, miei cari lettori! (Va be’, solo lettrici)
Vi chiedo perdono per l’aggiornamento lento, ma mi
sto pentendo amaramente di aver scelto il liceo classico sperimentale
scientifico, dato che non dormo e non scrivo più per studiare (a malapena
mangio)
Comunque, come vi sembra questo capitolo pieno d’azione?
Interessante? Spero di sì.
Sono veramente cattiva con Lothi, mi dispiace, ma l’ho
messa alla prova per vedere se tiene fede al giuramento.
Come sempre, un grandissimo GRAZIE alle mie
lettrici e recensitrici Arwins, Thiliol, Sesshy94, Nini Superga, Arena,
Gilestel e Lexis.
Un bacio,
a presto