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Autore: rhys89    24/01/2011    1 recensioni
A volte sono proprio i piccoli piaceri a rendere bella la vita...
D’un tratto raddrizza la schiena e sorride: ecco il segnale.
Rapida, quasi temesse di essere interrotta sul più bello, sprona all’attacco il suo alfiere. E il mio cavallo ci abbandona.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Angolino dell'autrice


Buongiorno gente! ^-^ Prima di tutto devo fare una precisazione: l'incipit di questa storia (il primo paragrafo in corsivo, per intendersi) non è farina del mio sacco, ma è di proprietà di Giusi Marchetta.
Questa storia, infatti, è nata per un contest letterario chiamato blu su bianco e adesso, dopo non so quanto tempo, ho deciso di proporla anche a voi. E' una storia strana, che conta 500 parole spaccate (escluso l'incipit) e... basta, un'altra piccola cosa ve la dico alla fine, per non rovinarvi niente...
Ah, sì: per chi non lo sapesse "scacco al re" è una formula che si usa negli scacchi quando uno dei due giocatori è in una posizione tale da poter mangiare il re dell'altro la mossa successiva (naturalmente questo se l'altro giocatore non riesce ad impedirlo). La differenza con lo "scacco matto" sta nel fatto che lo "scacco al re" non è definitivo (infatti il giocatore sotto scacco può liberarsi) mentre lo "scacco matto" indica una situazione in cui, a prescindere dalla mossa del giocatore, il re sarà comunque mangiato al turno successivo.
Buona lettura a tutti!! ^-^

Il profumo dell'amore

Caterina dice che aspetta ogni mercoledì a partire dal mercoledì sera. Che è il suo piccolo momento di piacere.
Io non mi faccio illusioni, però: dice tante cose.
Quando arrivo ha già messo al loro posto i pezzi sulla scacchiera e i cuscini, visto che giochiamo sul pavimento e ogni partita dura un’ora o più.
“Non tocca a me il nero” faccio, come ogni volta.
“Sì invece” dice lei, accarezzando i suoi pedoni bianchi come se fossero un piccolo esercito del bene.


E allora mi arrendo, come sempre.
Mi chiedo se sarò mai in grado di dirle di no. Non credo. Non dopo tutti questi anni.
Sorrido e mi siedo. E la partita comincia.
Il silenzio del vecchio salotto è macchiato soltanto dal ticchettio dell’orologio a cucù e dal frusciare degli abiti ad ogni nostra mossa.
Ormai è diventata una regola: concentrazione massima. Nemmeno fossimo a un campionato mondiale.
Mi lascio sfuggire un piccolo ghigno che però lei non vede: sta studiando la scacchiera con un’intensità tale che posso quasi percepirne il calore.
Intanto con i denti si tormenta il labbro inferiore. È un tic che ha sempre avuto, da quel che so. Fin da quando, alle medie, avevamo compito di italiano.
Ricordo che, ricevuti i titoli, lei si sedeva scomposta sul banco, il mento appoggiato su una mano e le dita dell’altra tra i capelli. Quando invece iniziava a mordicchiarsi le labbra era il segnale che aveva scelto la traccia, e le mancava soltanto da decidere di cosa parlare.
Anche adesso ha già scelto la sua prossima vittima tra le mie povere pedine, lo so. Le manca solo da decidere con quale mossa mangiarla.
D’un tratto raddrizza la schiena e sorride: ecco il segnale.
Rapida, quasi temesse di essere interrotta sul più bello, sprona all’attacco il suo alfiere. E il mio cavallo ci abbandona.
Io accarezzo Tigro e non faccio una piega: non le darò questa soddisfazione.
Adesso tocca a me, e le fusa del micio si aggiungono agli altri flebili rumori della stanza.
Controllo il campo di battaglia alcuni minuti, poi passo al contrattacco.
I colpi si susseguono rapidi – per quanto possono esserlo negli scacchi – e soltanto pochi coraggiosi soldati sono ancora in piedi.
È di nuovo il mio turno.
Osservo con attenzione tutti i suoi pezzi, cercando una falla nella sua difesa. E la trovo: per mangiare il mio ultimo alfiere il suo re è rimasto scoperto sul lato.
La mia regina potrebbe approfittarne per mangiare il cavallo, ultima sua protezione.
Prendo tra le dita la pedina, facendola ondeggiare piano sul suo posto. Esito un momento soltanto, poi faccio la mia mossa.
“Scacco al re” le dico con un sorrisetto.
Lei sgrana appena gli occhi, ma si ricompone quasi all’istante e sorride di rimando: non è ancora finita, dice quel sorriso.
Dopo pochi, decisivi, minuti la partita finisce.
Ho perso.
La guardo ridere felice mentre abbraccia il micio che, come se non avesse aspettato altro che un segnale, al suo “Ho vinto!” si era lanciato in mezzo alla scacchiera, travolgendo i pochi pezzi ancora in piedi.
Ci alziamo da terra e ci sgranchiamo un po’: non abbiamo più vent’anni.
“Sai qual è la cosa più divertente?” Mi domanda, la mano sulla maniglia e Tigro ancora in braccio.
“Quale?” Le chiedo, mettendomi la giacca.
“Se mi avessi mangiato il cavallo avrei perso” mi confida con una linguaccia.
Le sorrido, dandole un bacio sulla guancia per salutarla.
“Mercoledì prossimo vincerò io” le prometto.
“Non ci contare” mi risponde, sicura di sé.



Angolino dell'autrice bis


Eccoci qua! Come vi dicevo all'inizio c'è una piccola cosa da dire su questa storiella: non so se l'avete notato ma non c'è NESSUN indizio su chi sia il/la secondo/a protagonista... perciò adesso vi chiedo: secondo voi di chi si tratta? E' un uomo o una donna? E che rapporto ha con la protagonista?
Spero di non avervi annoiato e ringrazio in anticipo chiunque vorrà lasciare una recensione e/o rispondere a queste mie domande.
   
 
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