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Autore: _aspasia_    24/01/2011    3 recensioni
Charles era intento a comporre le sue poesie nella sua angusta soffitta in un povero palazzo parigino, quando ad un tratto sentì salire dal piano inferiore una leggiadra musica divina...
Genere: Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Personaggi: Frédéric François Chopin, Charles Baudelaire.
Conteggio parole: 620.
Dedica : ad Ali che oltre ad essere un’ottima amica e compagna di banco mi sostiene nel mio amore folle per la musica e il carissimo Charles.

Il poeta maledetto scriveva alla sua scrivania; un piccolo tavolo malfermo e vecchio, mangiato dalle tarme in un'angusta soffitta di un misero palazzo parigino. É così che il poeta era costretto a vivere, è cosi che aveva scelto di vivere. À l'ècart de la société.
I borghesi non apprezzavano le sue opere, ma andava bene così, solo i poeti, solo gli artisti possono cogliere la vera realtà; e lui, lui che abitava sotto di lui, lui che tesseva ricami arabescati su tasti d'avorio, lui che ammaliava con la sua arte. Lui potevacapire.
Una bottiglia di assenzio giaceva abbandonata sul pavimento, lanciando luminescenze smeraldine. Lei seduttrice ed aralda di visioni ignote.
La musica continuava ad eccheggiare nel palazzo dismesso, musica angelica, malinconica, ricca di spleen accompagnatrice delle parole che andava scrivendo sul quel pezzo di carta.
Si chiamava Chopin, Frédéric François ed era un poeta come lui, un poeta del pianoforte.
Non era arrivato da molto a Parigi, ma da quando era giunto in quel povero appartamento sotto la sua soffitta aveva portato un piccolo e debole barlume di goia, una consolazione in quel mondo ipocrita e borghese.
La mano del poeta prese la bottiglia di assenzio ammirando i giochi di colore e già pregustando il suo sapore, là accanto dell'oppio; i suoi migliori amici, solo loro lo confortavano. Loro e Chopin, e qualche puttana.
Si riempì un bicchiere,e poi, e poi solo quel dio maledetto e crudele sa cosa sia successo.
Ricordò di essere sceso quasi correndo su quelle scale polverose e piene di buchi, quasi volando, leggiadro e regale come un albatro bussando alla porta del musicista.
Venne ad aprire un giovane, pallido ed emaciato, ma con due occhi vividi e tormentati. Era lui, Chopin.
"Bonsoir Monsieur".
"Bonsoir" disse il poeta ammirando le sue labbra rosse vermiglio, voluttuose come le rose.
"Cosa posso fare per lei Monsieur?"
"Charles, chiamatemi Charles".
Si avventò sulle sue labbra, assetato di baci, la sua vita era consacrata al limite ma a volte si sentiva così stanco, così maledettamente stanco di quelle costrizioni; solo un altro artista avrebbe potuto realmente capirlo, colmare quei baratri di dolore che lo spingevano a tentare il suicidio. La sua sola e unica gioia era la sua arte, così brutalmente denigrata dalla morale, e la musica che da pochi giorni eccheggiava nel suo cuore curando le sue ferite. Quella musica così triste, così melanconica, così maledettamente sua era ormai parte di lui e colui che l'aveva creata meritava di essere amato, di essere consolato.
Baciò quella lunghe dita immaginandole mentre correvano veloci sui tasti, le leccò una ad una non lasciando mai i suoi occhi. Il musicista gemeva piano, persino la sua voce era pura melodia.
"Charles" mormorò, gli occhi colmi di lussuria e bramosia.
Lo fece giarare verso il pianoforte, oggetto che produceva suoni incantati e improvvisamente, entrò in lui. Il suo sesso caldo pulsava di desiderio ed i gemiti del poeta si mescolarono a quelli del musicista creando melodie che alcun orecchio mortale aveva mai osato ascoltare.
 
Il sole sorse sui tetti di Parigi ed il poeta si ritrovò disteso sulla propria scrivania, il capo riversato sui fogli riempiti di simboliche parole; la bottiglia di Assenzio era vuota affianco a lui, l'oppio scomparso.
Chopin, il suo amato musicista, quello che era accaduto la notte precente era quindi solo un sogno prodotto da quei paradisi artificiali? Non osava crederlo, non poteva.
Con la mente addietro nei ricordi nebulosi, offuscati dalla droga ritornò a quei momenti, forse veri forse solamente immaginati, ricordò le lunghe dita di François e una frase densa di poesia eccheggiò nella sua testa provata:
 
"Musica leggera e appassionata che somiglia a un brillante uccello volteggiante sugli orrori dell'abisso".
Questa era la musica di Chopin.
 
  
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