Cosa spinge una comune donna
di ventiquattro anni o giù di lì a tentare il suicidio?
Sapere
che la vipera di turno è incinta dell'uomo di cui è innamorata,
forse.
E cosa spinge, quindi, una
comune donna di ventiquattro anni ad innamorarsi del suo capo?
Le
circostanze, probabilmente. Vedere i suoi occhi azzurri ogni santo giorno, il
suo mezzo sorriso farsi strada sul suo viso, il suo fascino irresistibile; il
fatto che, senza rendersene conto, ci si ritrova a pensare a un'improbabile
vita futura con questo. Senza rendersene conto, davvero, da un giorno all'altro
capita tra capo e collo lui, e da capo simpatico diventa nelle proprie fantasie
Rocco Siffredi un po' più pacato. Senza accorgersene, ci si trova
infatuati della persona sbagliata al momento sbagliato.
E cosa spinge, allora...
Gertrude,
basta fare domande, hai rotto le palle.
Aprii un occhio, poi un altro, infine li richiusi entrambi, sospirando.
Ero
nella merda, oppure ero morta.
La
seconda opzione mi levava dai casini: non avrei dovuto farmi in quattro per
conquistare James, no avrei dovuto dare spiegazioni a mia madre per il tentato
suicidio involontario e, soprattutto, non mi sarei dovuta preoccupare di un
possibile assassinio nei confronti di Virginia.
Ma,
naturalmente, Emma Owens non è mai stata fortunata: un uomo, davanti a
me, in camice verde e la cuffietta in testa, diceva qualcosa riguardo ad una
lavanda gastrica.
Porca
paletta, ero viva.
Entrai
in trans per qualche altro minuto e quando finalmente ripresi coscienza, la
stanza era vuota.
Non
c'era nessuno piangente al mio capezzale, non c'era nessun dottore che
dichiarava l'ora del decesso né infermiere che mi ricoprivano con un
velo bianco.
Ero
davvero sopravvissuta.
Con
la testa che ancora mi girava, decisi che un bel giretto nell'ospedale sarebbe
stata la cosa giusta: per come mi sentivo, probabilmente, la lavanda gastrica
era già bell'e fatta.
Feci
qualche passo nel corridoio, mentre il mio stomaco lanciava SOS al mio sistema
immunitario o, semplicemente, al mio cervello che naturalmente evitò
accuratamente di coglierli e mi impose di continuare nella mia amabile
passeggiata.
Mi
passai in rassegna ogni corridoio di quel santissimo ospedale, scambiando
qualche battuta con vecchiette in preda a crisi respiratorie, infine, stanca,
decisi di tornare nella mia stanza.
Ciò
che mi fregò, perchè ovviamente c'è sempre qualcosa che va storto nei miei piani infallibili, fu il
fatto che non mi ero affatto preoccupata di controllare che numero fosse la mia
camera.
Mi
ritrovai, perciò, a girovagare per i corridoi cercando di andare a
fortuna: aprii due volte i gabinetti, finché non capii che le porte rosa
con un tipo accovacciato era uno che faceva la pipì e non uno che
riabilitava i muscoli dei glutei.
Ma
comunque.
Per
tre volte m'imbattei in mocciose che stringevano convulsamente i loro Winnie
the Pooh sotto l'ascella, mettendo a tacere l'irrefrenabile desiderio di
andare lì e spiattellar loro che il loro amato amichetto si chiamava
Winnie
Ma
sorvolando, giunsi infine nel settimo corridoio del quarto piano e aprii la
prima porta che mi capitò a tiro: dentro, in una stretta mortale da cui
fuoriuscivano solo gambe pelose e depilate e mani che si sventolavano in aria, due medici o specializzandi o quel che cavolo erano,
consumavano la loro oretta d'amore puro e senza confini.
Mi
richiusi immediatamente la porta alle spalle, immaginando di vedermi spuntare
da un momento all'altro Derek e Meredith di Grey's Anatomy mentre si
rivestivano dopo un incontro furtivo nel magazzino dei medicinali.
Ripresi quindi a girarmi intorno,
finché, ormai stanca, decisi di arrendermi: strisciai con la flebo in mano fino alla reception.
- La
camera di Emma Owens- dissi con un filo di voce.
- Lei
è?- chiese sospettosa la vecchietta, il
telefono incastrato tra il mento e la spalla.
-...
Emma Owens-
E
sentii la mia dignità distruggersi in mille pezzi.
Il
giorno dopo, i medici mi permisero di tornare a casa.
-
Emma, sei una stupida- Linda, accanto a me, apriva la porta.
Lei e
Andreea erano subito venute a riprendermi in ospedale appena James le aveva
avvertite e, dai loro racconti, l'uomo ci aveva messo ben venticinque secondi
per articolare una frase di senso compito.
-
Mangiare salmone! Dio, Emma, come ti è saltato in mente?- rincarò
la dose Andreea.
Che
avrei dovuto rispondere?
Non me ne sono neanche
accorta, ho iniziato ad ingerire oggetti non identificati per mettere a tacere
il dolore immenso che si propagava, uccidendo il mio ego personale, già
decisamente lacerato dalle tette abnormi di Virginia.
Quindi
mugugnai qualcosa sul fatto che la disperazione mi aveva assalita e mi buttai a
peso morto sul divano.
Nell'altra
stanza, la centrifuga andava alla grande e il lampadario sopra la mia testa
cominciò a ballare pericolosamente; osservandolo, mi resi conto che
ballava bene quasi quanto me.
O
meglio, io ballavo male come un lampadario traballante.
O
meglio ancora, io facevo letteralmente schifo nel ballo.
Mi
appuntai mentalmente di eliminare il momento "ballo col padre/marito/testimone"
dalla mia lista di cose da fare durante il mio matrimonio, e ripresi a divagare
con la mente, immaginandomi miriadi di piccoli James
avvinghiati alla gamba di Virginia.
Dolore,
quanto dolore.
Il
telefono fisso squillò due volte e Linda si occupò di rispondere,
abbandonandosi a qualche sì, hai
ragione oppure no,no
assolutamente, infine abbassò la cornetta.
-
Emma, è meglio che tu stia a casa per due o tre
giorni, giusto il tempo per rimetterti-
sospirò poi.
- Era
James?-
-
Sì. Ha detto che è davvero dispiaciuto, e che la cosa migliore
sia che tu stacchi per un po'. Giusto qualche giorno-
Sentii
il cuore sprofondare nella mia pancia ed appoggiarsi dolcemente sul mio intestino: il mio intuito infallibile mi
suggerì che Virginia era davvero incinta.
Non
c'erano altre possibilità, non c'erano altre vie d'uscita: se prima una
vaga illusione che questa non avesse il seme del mio sexy e affascinante capo,
di cui ero vagamente innamorata, nel suo ventre mi aveva mantenuta in vita, ora
non v'era più alcuna ragione perchè continuassi a perseverare in una
vita terrena inutile e poco appagante.
-
Allora posso morire in pace, Gesù mi vedrà, avrà
pietà di me e mi farà santa, martire di bionde e giustiziera dei
poveri avvocati in erba, innamorati del capo- sussurrai a bassa voce.
Deliravo,
o forse ragionavo lucidamente: non è che ci fosse troppa differenza.
Linda
mi cinse le spalle con un braccio, Andreea prese una sedia e si
posizionò dinanzi a me.
Entrambe
iniziarono a guardarmi con compassione, mentre io dicevo loro che Virginia era
in ritardo.
- Oh,
sì, lei è sempre in ritardo, deve cercare di infilarsi in
magliette troppo piccole per il suo... ehm.. busto...-
- No,
non hai capito, Virginia aspetta-
- No,
impossibile, James è sempre veloce, non ci mette niente a prepararsi. Ma
perchè, scusa, devono venire qui? Non mi hai
detto niente. Io non voglio quella siliconata nella mia abitazione-
- No,
non comprendi. Virginia... ha il seme... e crescerà... e lo
accudirà...-
- Non
ho mai visto Virginia come una dal pollice
verde.-
Mi
veniva quasi da piangere - Virginia è incinta!- dissi infine, tra un
singhiozzo e un mugugno.
Linda
si strozzò con la sua stessa saliva e Andreea, seduta calma e placida
sulla sedia, rise.
Rise?!
-
Andreea, la situazione è tragica, che cazzo ridi?- chiesi con trasporto,
lasciando andare tutto il mio odio represso, sguinzagliandolo a briglie sciolte
contro la mia amica coinquilina.
- E'
impossibile, un giorno, agli inizi della loro relazione, ho origliato una sua
conversazione al telefono: lei è sterile, o giù di lì. O
comunque, non vuole avere figli-
Rimasi
perplessa per un secondo, mentre il silenzio calva in
salotto.
-...
Ci siete arrivate?- chiese in un sussurro Linda.
-...
No?- risposi io - dovrei intuire qualcosa di assolutamente maligno, subdolo ed
intelligente? L'utero di Virginia si è risvegliato dal coma, James non
sapendolo ha dimenticato di utilizzare le precauzioni necessarie e... bum! Un
pargolo virginiano con tette e capelli platinati, maschio o femmina che sia, ci
capiterà tra capo e collo entro nove mesi. E tu, Linda, sarai sua zia- dissi tutto d'un fiato, analizzando ogni situazione
ed immaginandomi James e quella sciacquetta lì aggrovigliati come quelli
che avevo beccato all'ospedale con le mani nel sacco.
Che
dolore, che dolore.
- No,
scema! Virginia vuole accelerare il matrimonio, probabilmente per essere sicura
che qualcuno non si metta in mezzo, essendo questo qualcuno decisamente in
grado di rovinare una relazione che si trascina da anni, e si è
inventata di punto in bianco questa scemenza. Ecco tutto- disse lei,
socchiudendo gli occhi e assumendo l'aria da Conan super detective con gli
occhiali.
Io la
guardai stupita, ammirata e estremamente incazzata - E chi è 'sta
stronza che vuole provarci con James? Un'altra! Un'altra! Non ce la farò
mai a sopportarne una seconda-
Linda
e Andreea alzarono un sopracciglio - Emma, quando noi ti lanciamo occhiate
ammiccanti, non lo facciamo perchè abbiamo degli spasmi muscolari al
volto: ci riferiamo a te-
Ah,
ecco perchè erano cinque minuti che muovevano convulsamente la testa.
- Non
fatelo più, sembrate in preda a crisi epilettiche-
E la
discussione si concluse lì.
Passai
tre giorni rinchiusa in camera a drogarmi di marshmallow e soap opera lacrimose
in cui tutti amavano tutti e tutti se la facevano con tutti, a prescindere dal
sesso o dall'età della persona.
La
sera del terzo giorno stavo letteralmente affogando nelle mie stesse lacrime
guardando Beautiful, in presa a crisi di ghiandole lacrimali e gente che si
mollava a destra e a manca; non che facesse davvero piangere, o per lo meno,
non che fosse commovente, ma le mestruazioni scatenavano effetti collaterali
sulla mia dignità.
Linda
entrò nel momento esatto in cui la puntata 45768 finva,
sdraiandosi accanto a me nel letto.
-
Allora, hai attuato un piano?-
- No,
Ridge ha lasciato Jessica definitivamente, sono
troppo compromessa moralmente...-
- Non
essere stupida. Domani vai da lui e gli parli
apertamente, dicendo che Virginia non può essere incinta-
Io
annuii poco convinta - Lo farai, vero?- chiese lei.
- E'
come chiedere ad un mammut di scatenarsi in un valzer mozzafiato su un lago
ghiacciato, ma sì, lo farò-
-
Davvero?- chiese lei, entusiasta.
- No-
Linda
sbuffò - No, Emma, devi farlo, non capisci? E' l'unica
possibilità che hai per sbarazzarti di quell'essere geneticamente modificato.
Devi farlo-
Annuii,
e questa volta ero convinta.
O
quasi.
Per
metà, dai.
Okay,
no, non ero un cazzo convinta, ma nella vita bisognava
tirar fuori le palle. Per James sì, questo ed altro.
Almeno,
così dicevano nei film.
Il giorno
dopo, per i corridoi della Bob&Co non potevo muovere un passo senza essere
assalita dalle segretarie ultra protettive, pronte a chiedermi cosa mai fosse
successo al mio cagionevole organismo.
Cambiai
motivazione ogni volta che me la chiedevano: a una riuscii a dire di aver avuto
un cancro che, grazie a Dio, si era ritirato nel giro di cinque minuti.
La
tipa ci credette pure, povera tonta.
A
metà giornata adocchiai James dall'altra parte del reparto divorzista e
lo pedinai, finché lui, dopo circa venti minuti, non sentì
l'irrefrenabile bisogno di andare in bagno.
Prima
che riuscisse a chiudersi la porta alle spalle, sgusciai nel gabinetto dei
maschi e lo guardai dritto negli occhi.
Che
cazzo stavo per fare?
Mi
appuntai mentalmente di maledire Linda, una volta tornata a casa.
-
Oh... oh...- era imbarazzato, oh, se era imbarazzato-
Emma. Emma... come...stai?-
- Oh,
bene, dopo essere stata reclusa in camera mia per settantadue ore... Direi
bene-
- Oh,
sì... mi dispiace, sai, ma credo che un po' di
riposo...-
-...
Sia la cosa giusta. Sì, James, sì-
Il
silenzio cadde e iniziammo a guardarci, sospettosi.
O
meglio, lui era sospettoso, io me la stavo facendo in mano.
"Dai, sei nel luogo giusto" disse Gertrude.
"Taci, Gertrude, non è il momento adatto"
-
Vuoi... qualcosa?- chiese quindi James, notando che mi ostinavo a tener chiusa
la porta del gabinetto.
-
Sì, dobbiamo parlare-
- Va
bene-
- Va
bene-
Restammo
quindi in silenzio per un altro minuto, poi James alzò un sopracciglio-
Hai intenzione di dire qualcosa?-
- Oh.. Oh, sì, hai ragione. Volevo dire, sto preparando
il discorso. Eccomi. Eccomi. Virginia non
è incinta-
Lui
mi guardò sbigottito, poi boccheggiò un attimo - Che... come...
cosa?-
-
Virginia! Non ha in grembo il tuo amato pargolo, non è incinta, non può
esserlo: Andreea dice di averla sentita dire al telefono, qualche tempo fa, di
essere sterile-
James
continuò ad aprire la bocca e richiuderla, senza però emettere
alcun suono.
- Fai
un test, James, non so, prendi la sua urina, o non so... inventati qualcosa!
Puoi provarlo! Posso provarlo! Non è incinta-
James
continuò a guardarmi stupito, ma questa volta parlò -
Perchè ti interessa tanto che lei non sia incinta, Emma?-
-
Ovvio! Perchè se lei fosse incinta mi sentirei una sfascia famiglie nello
sperare che vi lascia...-
Oh
cazzo!
Oh
Cazzo!
Che
avevo fatto? Che avevo detto? Che cavolo avevo sparato?
Dovevo
stare zitta, dovevo tacere, non dovevo lasciarmi sfuggire tutte quelle cose
personali, segrete, deludenti e dolorose.
James
questa volta rimase impassibile, senza lasciar trasparire alcuna emozione,
neanche il disgusto, il che, da un certo punto di vista, era positivo.
- Tu
parli troppo, Emma- disse dopo circa cinque minuti,
avvicinandosi.
Oh,
sì, io parlavo davvero troppo.
-
Credo di sì. Comunque, ascoltami bene, Virginia non è incinta,
vuole solo sposarti e succhiare tutto il tuo patrimonio-
-
Virginia non è incinta- ripeté lui.
Prego?
-
Prego?-
-
Virginia non è incinta. Virginia non è mai stata incinta, non ho
mai avuto il dubbio che fosse incinta, sono solo stupidi pettegolezzi di
segretarie troppo annoiate per attenersi al reale svolgimento dei fatti-
Iniziai
a comprendere, probabilmente troppo tardi, di essermi fatta una grande,
madornale, figura di merda col mio capo.
Una
bella grossa.
- Oh-
- Oh-
-
Be', credo proprio che il mio lavoro qui sia finito. Sì, credo di
sì. Ehm... arrivederci- dissi, aprendo la porta e cercando di
squagliarmela.
Dovevo
scappare, forse rifugiarmi in Uzbekistan o Kazakistan o giù di
lì, dovevo fuggire il più lontano possibile, mettere su un
allevamento di polli ed allearmi con quel tipo italiano, Amadori.
James,
però, la pensò diversamente: mi trattenne per il polso e mi
trascinò nuovamente nel bagno.
-
Devi dirmi qualcosa, Emma?-
-
Co... Cosa?-
- Non
so, qualcosa riguardante lo sperare che io mi lasci con la mia futura moglie...-
Deglutii,
poi presi fiato - Ho una reputazione da difendere, capo. Sono abbastanza
umiliata di mio, non credo di voler incrementare la mia disperazione. Non credo
proprio-
Lui,
naturalmente, fece totalmente il contrario: prese il mio viso tra
le mani e lo avvicinò al suo.
- Che
stai facendo?-
-
Osservo i tuoi occhi alla ricerca di qualche grave malattia oculare, Emma-
- Oh,
e vedi qualcosa?-
- Se
io ti baciassi, lo saprebbe qualcuno?- chiese lui, totalmente indifferente.
Il
mio pensiero volò a Linda ed Andreea.
-
Sorelle e coinquiline escluse, ovviamente-
- Non
credo-sussurrai. Perchè nei momenti più decisivi non riuscivo a
spiaccicare parole, ma nei momenti meno adeguati snocciolavo i fatti miei senza
trattenermi? Soffrivo di una grave patologia.
Lui,
senza darmi troppa retta, bruciò gli ultimi centimetri che dividevano le
nostre labbra, baciandomi.
Okay,
specificando che le mie labbra andarono a fuoco insieme agli ultimi centimetri,
vorrei aggiungere qualcosina:
Uno:
baciava da Dio.
Due:
le fantasie, a confronto, erano una gran schifezza.
Tre,
ma non meno importante: baciava da Dio.
...
Già detto? pazienza, per riconfermare il
concetto la ripetizione ci sta tutta.
Okay,
gente, ecco qua questo capitolo *_*
Da
quanto lo aspettavamo?
Sono
di frettissima, risponderò alle recensioni
appena posso!
Un
bacio!
Ellens