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Autore: Ellens    25/01/2011    7 recensioni
Emma Owens è una giovane ragazza che, stanca della solita routine in paese, decide di trsferirsi a Londra
Trova un appartamento poco invitante in uno dei sobborghi della grande città, dividendolo con due strane coinquiline.
Ma la vita è lunga, il tempo della convivenza è tanto, e presto l'amicizia avrà i sopravvento.
Dal primo capitolo
- Ciao, sei la nuova inquilina?-
- Sì, e tu?- Speravo, sentivo, che mi avrebbe risposto: sono la donna delle pulizie.
- Sì-
I miei sogni andarono in frantumi come un bicchiere caduto dal 45° piano di un palazzo in di New York.
- Piacere... Emma. Emma Owens-
- Come quello delle olimpiadi?-
- Ehm, sì, come quello- annuii convinta.
Di che stava parlando? Quali olimpiadi? Io manco sapevo che fosse il calcio.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cosa spinge una comune donna di ventiquattro anni o giù di lì a tentare il suicidio

Cosa spinge una comune donna di ventiquattro anni o giù di lì a tentare il suicidio?

Sapere che la vipera di turno è incinta dell'uomo di cui è innamorata, forse.

E cosa spinge, quindi, una comune donna di ventiquattro anni ad innamorarsi del suo capo?

Le circostanze, probabilmente. Vedere i suoi occhi azzurri ogni santo giorno, il suo mezzo sorriso farsi strada sul suo viso, il suo fascino irresistibile; il fatto che, senza rendersene conto, ci si ritrova a pensare a un'improbabile vita futura con questo. Senza rendersene conto, davvero, da un giorno all'altro capita tra capo e collo lui, e da capo simpatico diventa nelle proprie fantasie Rocco Siffredi un po' più pacato. Senza accorgersene, ci si trova infatuati della persona sbagliata al momento sbagliato.

E cosa spinge, allora...

Gertrude, basta fare domande, hai rotto le palle.

 

 Aprii un occhio, poi un altro, infine li richiusi entrambi, sospirando.

Ero nella merda, oppure ero morta.

La seconda opzione mi levava dai casini: non avrei dovuto farmi in quattro per conquistare James, no avrei dovuto dare spiegazioni a mia madre per il tentato suicidio involontario e, soprattutto, non mi sarei dovuta preoccupare di un possibile assassinio nei confronti di Virginia.

Ma, naturalmente, Emma Owens non è mai stata fortunata: un uomo, davanti a me, in camice verde e la cuffietta in testa, diceva qualcosa riguardo ad una lavanda gastrica.

Porca paletta, ero viva.

Entrai in trans per qualche altro minuto e quando finalmente ripresi coscienza, la stanza era vuota.

Non c'era nessuno piangente al mio capezzale, non c'era nessun dottore che dichiarava l'ora del decesso né infermiere che mi ricoprivano con un velo bianco.

Ero davvero sopravvissuta.

Con la testa che ancora mi girava, decisi che un bel giretto nell'ospedale sarebbe stata la cosa giusta: per come mi sentivo, probabilmente, la lavanda gastrica era già bell'e fatta.

Feci qualche passo nel corridoio, mentre il mio stomaco lanciava SOS al mio sistema immunitario o, semplicemente, al mio cervello che naturalmente evitò accuratamente di coglierli e mi impose di continuare nella mia amabile passeggiata.

Mi passai in rassegna ogni corridoio di quel santissimo ospedale, scambiando qualche battuta con vecchiette in preda a crisi respiratorie, infine, stanca, decisi di tornare nella mia stanza.

Ciò che mi fregò, perchè ovviamente c'è sempre qualcosa che va storto nei miei piani infallibili, fu il fatto che non mi ero affatto preoccupata di controllare che numero fosse la mia camera.

Mi ritrovai, perciò, a girovagare per i corridoi cercando di andare a fortuna: aprii due volte i gabinetti, finché non capii che le porte rosa con un tipo accovacciato era uno che faceva la pipì e non uno che riabilitava i muscoli dei glutei.

Ma comunque.

Per tre volte m'imbattei in mocciose che stringevano convulsamente i loro Winnie  the Pooh sotto l'ascella, mettendo a tacere l'irrefrenabile desiderio di andare lì e spiattellar loro che il loro amato amichetto si chiamava Winnie la Cacca.

Ma sorvolando, giunsi infine nel settimo corridoio del quarto piano e aprii la prima porta che mi capitò a tiro: dentro, in una stretta mortale da cui fuoriuscivano solo gambe pelose e depilate e mani che si sventolavano in aria, due medici o specializzandi o quel che cavolo erano, consumavano la loro oretta d'amore puro e senza confini.

Mi richiusi immediatamente la porta alle spalle, immaginando di vedermi spuntare da un momento all'altro Derek e Meredith di Grey's Anatomy mentre si rivestivano dopo un incontro furtivo nel magazzino dei medicinali.

 Ripresi quindi a girarmi intorno, finché, ormai stanca, decisi di arrendermi: strisciai con la flebo in mano fino alla reception.

- La camera di Emma Owens- dissi con un filo di voce.

- Lei è?- chiese sospettosa la vecchietta, il telefono incastrato tra il mento e la spalla.

-... Emma Owens-

E sentii la mia dignità distruggersi in mille pezzi.

 

Il giorno dopo, i medici mi permisero di tornare a casa.

- Emma, sei una stupida- Linda, accanto a me, apriva la porta.

Lei e Andreea erano subito venute a riprendermi in ospedale appena James le aveva avvertite e, dai loro racconti, l'uomo ci aveva messo ben venticinque secondi per articolare una frase di senso compito.

- Mangiare salmone! Dio, Emma, come ti è saltato in mente?- rincarò la dose Andreea.

Che avrei dovuto rispondere?

Non me ne sono neanche accorta, ho iniziato ad ingerire oggetti non identificati per mettere a tacere il dolore immenso che si propagava, uccidendo il mio ego personale, già decisamente lacerato dalle tette abnormi di Virginia.

Quindi mugugnai qualcosa sul fatto che la disperazione mi aveva assalita e mi buttai a peso morto sul divano.

Nell'altra stanza, la centrifuga andava alla grande e il lampadario sopra la mia testa cominciò a ballare pericolosamente; osservandolo, mi resi conto che ballava bene quasi quanto me.

O meglio, io ballavo male come un lampadario traballante.

O meglio ancora, io facevo letteralmente schifo nel ballo.

Mi appuntai mentalmente di eliminare il momento "ballo col padre/marito/testimone" dalla mia lista di cose da fare durante il mio matrimonio, e ripresi a divagare con la mente, immaginandomi miriadi di piccoli James avvinghiati alla gamba di Virginia.

Dolore, quanto dolore.

Il telefono fisso squillò due volte e Linda si occupò di rispondere, abbandonandosi a qualche sì, hai ragione oppure no,no assolutamente, infine abbassò la cornetta.

- Emma, è meglio che tu stia a casa per due o tre giorni, giusto il tempo per rimetterti-

sospirò poi.

- Era James?-

- Sì. Ha detto che è davvero dispiaciuto, e che la cosa migliore sia che tu stacchi per un po'. Giusto qualche giorno-

Sentii il cuore sprofondare nella mia pancia ed appoggiarsi dolcemente sul mio intestino: il mio intuito infallibile mi suggerì che Virginia era davvero incinta.

Non c'erano altre possibilità, non c'erano altre vie d'uscita: se prima una vaga illusione che questa non avesse il seme del mio sexy e affascinante capo, di cui ero vagamente innamorata, nel suo ventre mi aveva mantenuta in vita, ora non v'era più alcuna ragione perchè continuassi a perseverare in una vita terrena inutile e poco appagante.

- Allora posso morire in pace, Gesù mi vedrà, avrà pietà di me e mi farà santa, martire di bionde e giustiziera dei poveri avvocati in erba, innamorati del capo- sussurrai a bassa voce.

Deliravo, o forse ragionavo lucidamente: non è che ci fosse troppa differenza.

Linda mi cinse le spalle con un braccio, Andreea prese una sedia e si posizionò dinanzi a me.

Entrambe iniziarono a guardarmi con compassione, mentre io dicevo loro che Virginia era in ritardo.

- Oh, sì, lei è sempre in ritardo, deve cercare di infilarsi in magliette troppo piccole per il suo... ehm.. busto...-

- No, non hai capito, Virginia aspetta-

- No, impossibile, James è sempre veloce, non ci mette niente a prepararsi. Ma perchè, scusa, devono venire qui? Non mi hai detto niente. Io non voglio quella siliconata nella mia abitazione-

- No, non comprendi. Virginia... ha il seme... e crescerà... e lo accudirà...-

- Non ho mai visto Virginia come una dal pollice verde.-

Mi veniva quasi da piangere - Virginia è incinta!- dissi infine, tra un singhiozzo e un mugugno.

Linda si strozzò con la sua stessa saliva e Andreea, seduta calma e placida sulla sedia, rise.

Rise?!

- Andreea, la situazione è tragica, che cazzo ridi?- chiesi con trasporto, lasciando andare tutto il mio odio represso, sguinzagliandolo a briglie sciolte contro la mia amica coinquilina.

- E' impossibile, un giorno, agli inizi della loro relazione, ho origliato una sua conversazione al telefono: lei è sterile, o giù di lì. O comunque, non vuole avere figli-

Rimasi perplessa per un secondo, mentre il silenzio calva in salotto.

-... Ci siete arrivate?- chiese in un sussurro Linda.

-... No?- risposi io - dovrei intuire qualcosa di assolutamente maligno, subdolo ed intelligente? L'utero di Virginia si è risvegliato dal coma, James non sapendolo ha dimenticato di utilizzare le precauzioni necessarie e... bum! Un pargolo virginiano con tette e capelli platinati, maschio o femmina che sia, ci capiterà tra capo e collo entro nove mesi. E tu, Linda, sarai sua zia- dissi tutto d'un fiato, analizzando ogni situazione ed immaginandomi James e quella sciacquetta lì aggrovigliati come quelli che avevo beccato all'ospedale con le mani nel sacco.

Che dolore, che dolore.

- No, scema! Virginia vuole accelerare il matrimonio, probabilmente per essere sicura che qualcuno non si metta in mezzo, essendo questo qualcuno decisamente in grado di rovinare una relazione che si trascina da anni, e si è inventata di punto in bianco questa scemenza. Ecco tutto- disse lei, socchiudendo gli occhi e assumendo l'aria da Conan super detective con gli occhiali.

Io la guardai stupita, ammirata e estremamente incazzata - E chi è 'sta stronza che vuole provarci con James? Un'altra! Un'altra! Non ce la farò mai a sopportarne una seconda-

Linda e Andreea alzarono un sopracciglio - Emma, quando noi ti lanciamo occhiate ammiccanti, non lo facciamo perchè abbiamo degli spasmi muscolari al volto: ci riferiamo a te-

Ah, ecco perchè erano cinque minuti che muovevano convulsamente la testa.

- Non fatelo più, sembrate in preda a crisi epilettiche-

E la discussione si concluse lì.

 

 

Passai tre giorni rinchiusa in camera a drogarmi di marshmallow e soap opera lacrimose in cui tutti amavano tutti e tutti se la facevano con tutti, a prescindere dal sesso o dall'età della persona.

La sera del terzo giorno stavo letteralmente affogando nelle mie stesse lacrime guardando Beautiful, in presa a crisi di ghiandole lacrimali e gente che si mollava a destra e a manca; non che facesse davvero piangere, o per lo meno, non che fosse commovente, ma le mestruazioni scatenavano effetti collaterali sulla mia dignità.

Linda entrò nel momento esatto in cui la puntata 45768 finva, sdraiandosi accanto a me nel letto.

- Allora, hai attuato un piano?-

- No, Ridge ha lasciato Jessica definitivamente, sono troppo compromessa moralmente...-

- Non essere stupida. Domani vai da lui e gli parli apertamente, dicendo che Virginia non può essere incinta-

Io annuii poco convinta - Lo farai, vero?- chiese lei.

- E' come chiedere ad un mammut di scatenarsi in un valzer mozzafiato su un lago ghiacciato, ma sì, lo farò-

- Davvero?- chiese lei, entusiasta.

- No-

Linda sbuffò - No, Emma, devi farlo, non capisci? E' l'unica possibilità che hai per sbarazzarti di quell'essere geneticamente modificato. Devi farlo-

Annuii, e questa volta ero convinta.

O quasi.

Per metà, dai.

Okay, no, non ero un cazzo convinta, ma nella vita bisognava tirar fuori le palle. Per James sì, questo ed altro.

Almeno, così dicevano nei film.

 

Il giorno dopo, per i corridoi della Bob&Co non potevo muovere un passo senza essere assalita dalle segretarie ultra protettive, pronte a chiedermi cosa mai fosse successo al mio cagionevole organismo.

Cambiai motivazione ogni volta che me la chiedevano: a una riuscii a dire di aver avuto un cancro che, grazie a Dio, si era ritirato nel giro di cinque minuti.

La tipa ci credette pure, povera tonta.

A metà giornata adocchiai James dall'altra parte del reparto divorzista e lo pedinai, finché lui, dopo circa venti minuti, non sentì l'irrefrenabile bisogno di andare in bagno.

Prima che riuscisse a chiudersi la porta alle spalle, sgusciai nel gabinetto dei maschi e lo guardai dritto negli occhi.

Che cazzo stavo per fare?

Mi appuntai mentalmente di maledire Linda, una volta tornata a casa.

- Oh... oh...- era imbarazzato, oh, se era imbarazzato- Emma. Emma... come...stai?-

- Oh, bene, dopo essere stata reclusa in camera mia per settantadue ore... Direi bene-

- Oh, sì... mi dispiace, sai, ma credo che un po' di riposo...-

-... Sia la cosa giusta. Sì, James, sì-

Il silenzio cadde e iniziammo a guardarci, sospettosi.

O meglio, lui era sospettoso, io me la stavo facendo in mano.

"Dai, sei nel luogo giusto" disse Gertrude.

"Taci, Gertrude, non è il momento adatto"

- Vuoi... qualcosa?- chiese quindi James, notando che mi ostinavo a tener chiusa la porta del gabinetto.

- Sì, dobbiamo parlare-

- Va bene-

- Va bene-

Restammo quindi in silenzio per un altro minuto, poi James alzò un sopracciglio- Hai intenzione di dire qualcosa?-

- Oh.. Oh, sì, hai ragione. Volevo dire, sto preparando il discorso. Eccomi. Eccomi. Virginia non è incinta-

Lui mi guardò sbigottito, poi boccheggiò un attimo - Che... come... cosa?-

- Virginia! Non ha in grembo il tuo amato pargolo, non è incinta, non può esserlo: Andreea dice di averla sentita dire al telefono, qualche tempo fa, di essere sterile-

James continuò ad aprire la bocca e richiuderla, senza però emettere alcun suono.

- Fai un test, James, non so, prendi la sua urina, o non so... inventati qualcosa! Puoi provarlo! Posso provarlo! Non è incinta-

James continuò a guardarmi stupito, ma questa volta parlò - Perchè ti interessa tanto che lei non sia incinta, Emma?-

- Ovvio! Perchè se lei fosse incinta mi sentirei una sfascia famiglie nello sperare che vi lascia...-

Oh cazzo!

Oh Cazzo!

Che avevo fatto? Che avevo detto? Che cavolo avevo sparato?

Dovevo stare zitta, dovevo tacere, non dovevo lasciarmi sfuggire tutte quelle cose personali, segrete, deludenti e dolorose.

James questa volta rimase impassibile, senza lasciar trasparire alcuna emozione, neanche il disgusto, il che, da un certo punto di vista, era positivo.

- Tu parli troppo, Emma- disse dopo circa cinque minuti, avvicinandosi.

Oh, sì, io parlavo davvero troppo.

- Credo di sì. Comunque, ascoltami bene, Virginia non è incinta, vuole solo sposarti e succhiare tutto il tuo patrimonio-

- Virginia non è incinta- ripeté lui.

Prego?

- Prego?-

- Virginia non è incinta. Virginia non è mai stata incinta, non ho mai avuto il dubbio che fosse incinta, sono solo stupidi pettegolezzi di segretarie troppo annoiate per attenersi al reale svolgimento dei fatti-

Iniziai a comprendere, probabilmente troppo tardi, di essermi fatta una grande, madornale, figura di merda col mio capo.

Una bella grossa.

- Oh-

- Oh-

- Be', credo proprio che il mio lavoro qui sia finito. Sì, credo di sì. Ehm... arrivederci- dissi, aprendo la porta e cercando di squagliarmela.

Dovevo scappare, forse rifugiarmi in Uzbekistan o Kazakistan o giù di lì, dovevo fuggire il più lontano possibile, mettere su un allevamento di polli ed allearmi con quel tipo italiano, Amadori.

James, però, la pensò diversamente: mi trattenne per il polso e mi trascinò nuovamente nel bagno.

- Devi dirmi qualcosa, Emma?-

- Co... Cosa?-

- Non so, qualcosa riguardante lo sperare che io mi lasci con la mia futura moglie...-

Deglutii, poi presi fiato - Ho una reputazione da difendere, capo. Sono abbastanza umiliata di mio, non credo di voler incrementare la mia disperazione. Non credo proprio-

Lui, naturalmente, fece totalmente il  contrario: prese il mio viso tra le mani e lo avvicinò al suo.

- Che stai facendo?-

- Osservo i tuoi occhi alla ricerca di qualche grave malattia oculare, Emma-

- Oh, e vedi qualcosa?-

- Se io ti baciassi, lo saprebbe qualcuno?- chiese lui, totalmente indifferente.

Il mio pensiero volò a Linda ed Andreea.

- Sorelle e coinquiline escluse, ovviamente-

- Non credo-sussurrai. Perchè nei momenti più decisivi non riuscivo a spiaccicare parole, ma nei momenti meno adeguati snocciolavo i fatti miei senza trattenermi? Soffrivo di una grave patologia.

Lui, senza darmi troppa retta, bruciò gli ultimi centimetri che dividevano le nostre labbra, baciandomi.

Okay, specificando che le mie labbra andarono a fuoco insieme agli ultimi centimetri, vorrei aggiungere qualcosina:

Uno: baciava da Dio.

Due: le fantasie, a confronto, erano una gran schifezza.

Tre, ma non meno importante: baciava da Dio.

... Già detto? pazienza, per riconfermare il concetto la ripetizione ci sta tutta.

 

 

 

Okay, gente, ecco qua questo capitolo *_*

Da quanto lo aspettavamo?

Sono di frettissima, risponderò alle recensioni appena posso!

Un bacio!

Ellens

 

 

 

 

   
 
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