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Autore: VaniaMajor    02/02/2011    4 recensioni
Dopo le avventure in La Fonte dei Desideri, Ranma, Ryoga e Mousse si trovano nella difficile situazione di dover combattere contro i tre fratelli Mario, possessori di un colpo micidiale, per evitare che questi sconosciuti si fidanzino con le sorelle Tendo a causa di una vecchia bugia di Genma Saotome! Ranma riuscirà a salvare Akane e a battere il colpo invincibile della Mano degli Dei?
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Author's note: Ryoga è in brodo di giuggiole, Mousse è stato raccolto con il cucchiaino e Ranma si è cacciato in un bel guaio. E la sfida si avvicina...

«Molto bene.- ansimò Obaba, battendo la parte bombata del bastone a terra per sottolineare la sua soddisfazione- Molto, molto bene.»
Ranma sorrise, tergendosi con un gesto secco il sudore che gli imperlava la fronte. Era passata un’altra settimana e gli allenamenti stavano dando frutti. Quella notte Obaba lo stava sottoponendo a un allenamento massacrante, ma i suoi sforzi stavano finalmente dandogli qualche soddisfazione.
«Di nuovo, consorte! Non ti perdere in pensieri.- disse Obaba, facendolo mettere subito in posizione di difesa- Para questo!» La vecchia cinese sparò l’ennesimo colpo energetico contro Ranma, che incrociò le braccia di fronte al viso. Uno scudo di energia rilucente di luce azzurra si materializzò davanti al ragazzo e spazzò via il colpo di Obaba, quindi Ranma spiccò un balzo e tentò di colpire la vecchia con un calcio volante. Inutile dire che Obaba saltò via e che Ranma si trovò sotto i piedi solo il duro terreno.
«Perfetto, consorte. Questo è il decimo che pari.» disse Obaba, sedendosi e facendo cenno a Shan Pu di darle un po’ d’acqua.
«Non sarai troppo stanca, nonna?» chiese la ragazza, preoccupata. Obaba afferrò la borraccia, facendo un gesto distratto con la mano.
«Sono in grado di usarlo anche mentre combatto, finalmente.» disse Ranma, sorridendo con soddisfazione. Si voltò verso Ryoga e Mousse, che si stavano allenando l’uno con l’altro. In quel momento, Mousse stava bersagliando Ryoga di innumerevoli Rippuku no Ken, il nuovo colpo di cui andava tanto orgoglioso. Ogni volta, davanti a Ryoga si materializzava uno scudo di luce gialla, ma non sempre il colpo veniva del tutto disperso. La stessa cosa succedeva a Mousse, il cui scudo era rosso, ma anche più debole di quello di Ryoga.
«Quei due, invece, mi preoccupano.» borbottò Ranma.
«Non hanno resistenza.- disse Obaba, dopo aver finito di bere- Potrebbero migliorare ancora, ma credo sia inutile insistere più di così.»
«Cosa vuoi dire, vecchia?» chiese Ranma, sospettoso. Obaba fece un sorrisetto.
«In fondo, non credo che quei tre ragazzini possano utilizzare il Kami no Te no Ken più di un paio di volte di seguito.- disse- Le conoscenze che avete acquisito dovrebbero essere sufficienti. In un normale corpo a corpo, siete sicuramente superiori.»
«Ma questo significa che…» disse Ranma, sorpreso.
«Sì, consorte. Potete lanciare la vostra sfida.» disse Obaba.
«Evviva!!» esclamò Ranma, facendo distrarre Mousse, che prese in pieno uno Shishi-Hoko-Dan.
«Insomma, Saotome!- sbottò il ragazzo, cercando di alzarsi da terra- Esulta da un’altra parte!»
«Se avessi sentito ciò che ha detto la vecchia, esulteresti anche tu!» disse Ranma, rifiutando di farsi passare il buon umore.
«Varrebbe a dire?» chiese Ryoga, stanco.
«Secondo la vecchia, possiamo lanciare la nostra sfida.» disse Ranma, con una luce pericolosa negli occhi.
«Co…- balbettò Ryoga, voltando di scatto la testa verso la vecchia- E’ vero, vecchia Obaba?»
«Ma sei sicura?» chiese Mousse, perplesso.
«Io non parlo a vanvera, sciocco ragazzo.- disse la vecchia, acida- Non siete ancora al meglio, ma penso che sia sufficiente.»
«Evviva!» esclamò Mousse, iniziando a saltellare per la gioia al pensiero di far ingoiare i denti a quel dannato Tsukasa. Ryoga sorrise, ma nei suoi occhi passò un lampo di tristezza.
«Prima, però, venite a sedervi qui.- disse Obaba, battendo il bastone a terra- Ho bisogno di un’ultima prova per poter dire che il vostro addestramento è terminato.»
«Un’ultima prova?» chiese Ryoga, perplesso.
«Cos’hai in mente, vecchiaccia?» chiese Ranma, sedendosi a gambe incrociate con un movimento fluido. Obaba non rispose, attendendo che anche gli altri due giovani si sedessero, quindi ordinò loro: «Chiudete gli occhi.» I tre, benché perplessi, obbedirono. Akane e Shan Pu, che si tenevano discoste dal gruppo, videro Obaba circondarsi di un’aura combattiva terribile. I suoi occhi divennero luminosi.
«Cosa sta facendo tua nonna?» mormorò Akane, impressionata.
«Non lo so.- ammise Shan Pu- Non l’ho mai vista usare questa tecnica.»
Di colpo, la luce negli occhi di Obaba sfrecciò contro i tre ragazzi, colpendo le loro fronti e strappando gridolini di sorpresa alle due ragazze. Quando la luce scomparve, Obaba tornò normale e i tre ragazzi erano ancora seduti dov’erano, con gli occhi chiusi.
«Prova superata, ragazzi.- disse Obaba, soddisfatta, battendo una volta le mani- Potete aprire gli occhi, ora.»
«Santo cielo, vecchiaccia…- disse Ryoga, aprendo gli occhi e strofinandosi la fronte con aria sconcertata- Che cosa ci hai fatto?»
«Voi cos’avete sentito?» chiese la vecchia, socchiudendo gli occhi.
«Hai portato all’eccesso la tua aura combattiva.- disse Ranma, corrugando la fronte- Poi…è stato come se tu l’avessi sparata dritta nelle nostre menti.»
«E’ esattamente ciò che ho fatto.» ammise Obaba.
«Ma…allora sai usare il Kami…» iniziò a dire Mousse, ma la vecchia cinese lo bloccò con un gesto secco della mano.
«No, questo non è un colpo che controlla la mente altrui. Serve solo a far perdere conoscenza all’avversario.- disse Obaba- Anch’esso è un colpo proibito, quindi non ve lo insegnerò.» aggiunse, vedendo un lampo d’interesse negli occhi dei tre.
«A cosa è servito, quindi?» chiese Ryoga, sbuffando.
«L’avete parato, no?- sogghignò Obaba- Siete ancora coscienti, o sbaglio?»
«E’…è vero.- disse Ranma, sorpreso- Abbiamo usato lo scudo senza nemmeno accorgercene.»
«Avete creato uno scudo mentale, che funziona esattamente come quello fisico.- annuì Obaba- Avete creato la maschera che nasconderà la vostra mente al Kami no Te no Ken dei fratelli Mario.»
«Allora…possiamo finalmente dire di aver imparato il Kamen no Ken?» disse Ryoga, stringendo i pugni.
«Sapete usarlo, ma non padroneggiarlo. Ho paura che solo il consorte sia in grado di fare un’affermazione del genere- sospirò Obaba, mentre Ryoga e Mousse lanciavano al povero Ranma un’occhiata astiosa- Se vi colpissi di nuovo, tu e Mousse cadreste immediatamente nel mondo dei sogni. Ma, come ho detto, non credo che quei Mario siano in grado di usare il loro colpo più di una volta. Prosciuga velocemente le energie.»
«Beh, pararlo una volta sarà sufficiente.- asserì Mousse- Li ho visti allenarsi e non sono forti quanto noi.»
«Ora non resta che scrivere la lettera di sfida.» disse Ranma, con occhi fiammeggianti.
Obaba ridacchiò e si allontanò verso la sua tenda.
«L’allenamento è finito, ragazzi.- disse, scomparendo all’interno- Andatevene a dormire.»
Ranma, Ryoga e Mousse si alzarono da terra, stiracchiandosi con aria soddisfatta. Finalmente quella vita stressante dai ritmi invertiti stava per finire. Presto si sarebbero vendicati dei Mario. Ryoga e Mousse si allontanarono verso il torrente per bagnarsi, cambiando forma prima di tornare alla magione dei Mario. Mousse si accorse che Ryoga era piuttosto pensieroso.
«Ehi, che hai?- chiese, dopo aver immerso la testa nell’acqua, strizzandosi i capelli neri- Hai una faccia…non sembri molto felice di aver terminato l’allenamento. Non volevi spedire Eikichi all’altro mondo?»
«Sono felice di aver imparato il Kamen no Ken. Solo…» rispose Ryoga, passandosi una mano sul viso per asciugarselo. Scosse il capo, con una smorfia. «Bah, sarebbe inutile parlarne con te.- sentenziò, alzandosi in piedi e allontanandosi- Hai ancora meno sensibilità di quel troglodita di Ranma.»
«Uff…allora arrangiati.» borbottò Mousse. Sospirò. Aveva già abbastanza pensieri per conto suo, senza dover anche stare a badare ai malumori di quel ‘depresso forever’ di Ryoga. Sospirò ancora, assumendo un’aria sognante nel rammentare il bacio fortuito di una settimana prima. Per scontare tanta fortuna, aveva dovuto farsi mezza foresta a piedi dopo essere stato lanciato via da Shan Pu, senza contare l’onta incancellabile del pomeriggio, ma Mousse pensava che ne valesse la pena. Il ricordo non lo voleva lasciare e il giovane pensava che potesse fare a gara con quello del momento in cui Shan Pu, nel palazzo del demone Sesshomaru, gli aveva promesso che gli avrebbe permesso di sfidarla per assurgere al ruolo di futuro marito.
«Oh, Shan Pu…» mormorò, alzando gli occhi al cielo. D’un tratto, corrugò la fronte.
Shan Pu era stata piuttosto sostenuta con lui, in quei giorni, segno che gli portava ancora rancore per una cosa di cui, oggettivamente, non aveva alcuna colpa. Mousse era sempre più convinto che Ranma si fosse inventato di sana pianta la presunta smania di Shan Pu di vederlo vincere per lei. Fece una smorfia sarcastica. Sarebbe stato tipico di Ranma Saotome spingerlo ad allenarsi con maggior lena ricorrendo a uno stratagemma.
«Però, Shan Pu, tu mi hai promesso una possibilità.- mormorò, chiudendo gli occhi e sorridendo- E io ti credo.»
Fece per alzarsi in piedi, quando gli arrivò una spinta da dietro.
«Attento a non cadere, Mousse!» disse Shan Pu, proprio mentre gli faceva perdere l’equilibrio. Mousse cadde a faccia in giù nel torrente gelido.
«Ma…ma…Shan Pu!- boccheggiò, con una vocetta stridula per il gran freddo- Che ti salta in mente?»
Shan Pu lanciò alla ragazza dai capelli scuri un’occhiata indifferente, quindi si abbassò per riempire una borraccia.
«Vedi?- disse, mentre Mousse arrancava fuori dall’acqua- Parole e fatti non sempre corrispondono.»
«Co…» esclamò Mousse, voltandosi di scatto verso Shan Pu. Allora aveva sentito cosa aveva detto?! I suoi occhi si riempirono di lacrime. Nel vedere la sua espressione addolorata, Shan Pu mise il broncio.
«Oh, insomma! Non fare quella faccia!- sbottò, alzandosi in piedi e chiudendo la borraccia con un gesto secco- Pensa a tornare uomo, prima di fare discorsi del genere!»
Fece dietro front e si allontanò, ancheggiando, sotto gli occhi di un attonito e fradicio Mousse.
«Shan Pu…» mormorò, con un sorriso stentato. Forse, le parole di Ranma non erano state del tutto menzognere. Quando tornò al campo, strizzandosi di dosso l’acqua gelida, trovò solo Ryoga ad aspettarlo. Ranma non si vedeva da nessuna parte.
«E Saotome?» chiese, vedendo che Ryoga si stava già incamminando verso casa Mario.
«Ci raggiungerà dopo.- disse la ragazza con la bandana- Aveva una faccenda da sistemare. E sarà meglio che lo faccia alla svelta.»

***

«Allora, Ranma? Che c’è?» chiese Akane, con aria sostenuta.
Ranma deglutì con un certo nervosismo, tormentandosi le mani. Da quando aveva commesso l’errore madornale di baciare la sua ragazza mentre era ancora in forma femminile, non aveva più toccato l’argomento con Akane, che era evidentemente seccata e mostrava senza troppe remore di avercela ancora con lui. Non poteva biasimarla. Come al solito, aveva agito senza pensare ed aveva rovinato il loro primo bacio.
«Senti…Akane, ti chiedo scusa.» mormorò.
«Per il bacio?» chiese Akane, sollevando un sopracciglio. Ranma arrossì e annuì. «Mi hai già chiesto scusa una ventina di volte, Ranma. Adesso basta.» disse Akane, incrociando le braccia sul petto e guardando altrove, indifferente.
«Ti avrò anche chiesto scusa una ventina di volte, ma tu non mi hai ancora perdonato.» disse Ranma, corrugando le sopracciglia e sentendo una certa rabbia montare dentro di lui.
«Così impari ad agire prima di pensare.» sentenziò Akane.
«Ma che diavolo, Akane!- sbottò Ranma, arrabbiandosi- Io ti chiedo scusa e tu mi rinfacci ancora tutto!»
«Perché sei un dannato stupido!» gridò Akane, abbandonando la facciata indifferente.
«E tu allora?!» recriminò Ranma.
«Io?!» chiese Akane, stupefatta da quel rapido giro di frittata.
«Sì, tu!- disse Ranma, puntando un dito contro la fidanzata- Se non avessi fatto tutte quelle allusioni, non mi sarebbe passato nemmeno per l’anticamera del cervello di…»
«Di baciarmi?!- strillò Akane, pronta a passare alle maniere forti- E’ questo che stavi per dire?!»
«Sì! No! Non fraintendermi!- esclamò Ranma, sempre più arrabbiato- Cavoli, Akane, cerca di andare oltre le parole, ogni tanto!»
«E tu cerca di pensare a quello che fai, ogni tanto!» gridò Akane.
«Ma perché stiamo gridando?!» urlò Ranma.
«Non lo so!» strillò Akane.
«Smettiamola! Stiamo solo peggiorando la situazione!» sbottò Ranma.
«Ok!» gridò Akane.
«Bene!»
«Perfetto!»
I due smisero di gridare, guardandosi in cagnesco e ansimando, poi si voltarono le spalle a vicenda. Passarono alcuni minuti di silenzio senza che nessuno dei due accennasse né una parola, né un movimento. Ad Akane veniva da piangere. Come sempre, da una cosa relativamente di poco conto erano riusciti a creare una litigata colossale. E la colpa era di entrambi.
“Però Ranma stava cercando di chiederti scusa.” si disse. Akane strinse le labbra, sentendosi in colpa più che mai. Forse stavolta doveva essere lei a sbrogliare la situazione, a dimostrargli un po’ dell’amore che non era ancora stata in grado di dirgli a voce.
«Ehm…Ranma?» mormorò, voltandosi appena.
«Che c’è?» rispose Ranma, rigido.
«Ehm…potresti…- mormorò la ragazza, sentendo la propria voce cedere- potresti baciarmi…adesso? Per far pace…»
Andò letteralmente a fuoco dopo aver pronunciato queste parole, ma non le ritrattò, rimanendo in silenzio, con le palpebre serrate. Attese per istanti che le sembrarono eterni la risposta di Ranma, sperando che l’orgoglio del ragazzo non lo portasse a dirle di no. Non l’avrebbe sopportato. Invece, un paio di braccia calde la circondarono. Alzando lo sguardo, Akane vide il viso imbarazzato di Ranma.
«Sei sicura, Akane?» mormorò lui. Akane sorrise e annuì, protendendosi verso di lui. Il secondo bacio fu per entrambi un’esperienza migliore.

***

«Era tutto buonissimo.» disse Ranma, posando forchetta e coltello sul piatto, da cui era scomparsa ogni traccia del cibo italiano. Shinji sorrise, perso in pensieri tutti suoi, mentre anche gli altri finivano di mangiare. Ranma scambiò un’occhiata con Ryoga e Mousse, seduti alla sua destra e alla sua sinistra, e annuì. Akari era andata a dar da mangiare a Katsunishiki ed era tutto tranquillo. Era giunto il momento di fare ciò che andava fatto.
«Ho una notizia da darvi.» esordì. Tsukasa ed Eikichi distolsero la loro attenzione dal cibo per spostarla sul volto serio di Ranko, che si guadagnò anche un’occhiata perplessa da parte di Shinji. «Più che altro, ho qualcosa da consegnarvi.» precisò Ranma, alzandosi da tavola e porgendo a Tsukasa una lettera.
«Cos’è, Ranko?» chiese il maggiore dei fratelli Mario, sorpreso. Di fronte al silenzio di Ranma, aprì la lettera, perplesso. Si mise a leggere e immediatamente la sua espressione si oscurò.
«Vostro fratello non si arrende nemmeno di fronte all’evidenza, vedo.» commentò, acido, consegnando la lettera ad Eikichi perché la leggesse.
«Vi avevo detto che Ranma, Ryoga e Mousse sarebbero tornati a sfidarvi.» disse Ranma, con un lampo pericoloso negli occhi.
«Tzè! E cosa credono di dimostrare?- disse Eikichi, sbattendo la lettera sul tavolo- Le loro non sono altro che fanfaronate!»
«Fanfaronate?! Con chi credi di parlare?- sbottò Ryoga, dimentico del proprio ruolo- Vedrai, non ci sarà nemmeno lotta!»
«Ryoko, mi spezzi il cuore! Tifi forse per loro?- disse Eikichi, drammatico- Bene, vorrà dire che ti mostrerò il mio valore battendoli un’altra volta, così ti deciderai finalmente a sposarmi.»
«Tu, brutto…» ringhiò Ryoga, facendo per gettarsi addosso ad Eikichi. Venne fermato con prontezza sia da Ranma che da Mousse.
«Ricordate. Avete promesso di lasciarci andare a casa, se perderete.» disse Ranma.
«Avete tutta questa fretta di lasciare questa casa?- disse Tsukasa, arrabbiandosi a sua volta e alzandosi in piedi- Ebbene, noi e voi siamo legati da una promessa d’onore! Non ve ne libererete tanto facilmente.»
«Domattina questa storia finirà, che lo vogliate o no.- disse Mousse- Sarete battuti e noi ce ne andremo. Questo è quanto.»
«Così, forse, vi metterete in testa una buona volta che si può stare accanto solo alla persona che si ama.» sentenziò Ranma.
«Beh, io amo la mia Ryoko, che lei mi ricambi o meno!- disse Eikichi- Il vostro destino è sposarvi con noi. Vedete di abituarvi all’idea.»
«Ma io non mi sposerò con Ranko.» disse Shinji, provocando immediato silenzio alla tavola. Ranma sogghignò alla vista delle espressioni sbalordite di Eikichi e Tsukasa.
«Cosa…cos’hai detto, Shinji?» chiese Eikichi, stupito.
«Ho detto che non mi sposerò con Ranko.- ribadì Shinji, sospirando e alzandosi in piedi a sua volta- Io amo Hikaru. Sarà lei la donna che, un giorno, sposerò.»
«La figlia del fattorino?!» sbottò Eikichi.
«Shinji, ti sei bevuto il cervello?!- esplose Tsukasa- Sai bene che nostro padre desiderava…»
«So cosa desiderava nostro padre!- esclamò Shinji, alzando la voce ben oltre i suoi standard e stupendo tutti per la sua veemenza- Ma, come dice Ranko, al cuore non si comanda. Io amo Hikaru e non mi legherò mai a nessun’altra donna! Me ne frego se la tecnica della nostra famiglia andrà persa!»
«Shinji! Sei impazzito?!» disse Eikichi, afferrando Shinji per il colletto.
«Qui sono l’unico sano di mente! Non possiamo vivere in funzione di ciò che voleva nostro padre.- disse Shinji, liberandosi dalla stretta- Anche il vostro amore, non è altro che una fissazione! Non vi chiedete nemmeno cosa pensino di voi Minako-san e Ryoko-san!»
Tsukasa ed Eikichi vennero zittiti dall’ardore del fratello minore, che aveva mostrato una forza di carattere oltre le previsioni. Shinji si oscurò in volto.
«Voi potete andare avanti con questa farsa, ma io non lo farò.- disse- Combatterò contro Ranma da uomo, dando il meglio di me, ma in caso di sconfitta non vi permetterò di trattenere oltre le ragazze. E’ ora che qualcuno, qui, agisca con un po’ di buon senso.»
Detto ciò uscì dalla stanza. Ranma, nel vedere le espressioni sconvolte dei due fratelli Mario, sentì il proprio sorriso allargarsi a dismisura. Avrebbe voluto applaudire Shinji per il suo discorso. Approfittando dello stato catatonico di Eikichi e Tsukasa, Ranma e i suoi amici uscirono dalla sala da pranzo, trovando Shinji che li aspettava nell’atrio.
«Ho esagerato?» chiese, sorridendo.
«Non direi proprio.» disse Ranma, sogghignando.
«Domani gli faremo…ehm, gli faranno vedere i sorci verdi.» disse Mousse, fremendo di aspettativa.
«Sarà una sfida interessante, credo.- disse Shinji, pensieroso- Mi chiedo cos’abbiano escogitato vostro fratello e i suoi amici.»
«Mah, chissà…» disse Ranma, stringendosi nelle spalle. Shinji rise, sapendo che Ranko conosceva più dettagli di quanti non dicesse di sapere. Ranma si voltò per scambiare un’occhiata d’intesa con Ryoga, ma si accorse che il ragazzo era cupo e pensieroso.
«Ehi, che c’è?» chiese, sottovoce.
«Scusatemi un attimo.- disse Ryoga, distratto, lasciando il gruppetto- Ho una faccenda da sistemare.»
«Cos’ha Ryoko-san?» chiese Shinji, osservando la ragazza dai capelli corti allontanarsi.
«Non ne sono sicura.» mormorò Ranma. “Ma ho paura di saperlo.” aggiunse fra sé.

***

«Ecco qua, Katsunishiki.- disse Akari, sorridente, pulendosi le mani in un grembiule e osservando soddisfatta l’immane mole di cibo che aveva preparato- Il tuo pranzo è pronto! Mi raccomando, mangia tutto, mentre io torno in sala da pranzo.»
Il grosso maiale non se lo fece ripetere due volte. Sempre sorridendo, Akari si tolse il grembiule e si voltò per andarsene, quando vide che sulla porta stava Ryoko, che la osservava con una strana espressione sul volto.
«Ryoko-san!- esclamò- Mi dispiace, vi ho fatti aspettare tutti, vero? Oh, come sono maleducata!»
«Ma no, Akari, che dici?- replicò Ryoko, con un debole sorriso, senza fare cenno di entrare- Avevamo tutti già finito di pranzare.»
Il sorriso di Akari divenne molto dolce. Provava una sincera adorazione per Ryoko-san. Non sapeva spiegarsi il perché, ma la trovava affascinante e particolare. Era così divertente, così sincera! E poi era forte, era una ragazza che sapeva difendersi sia con le parole che con i fatti e Akari, che si era sempre reputata debole, trovava in questo un motivo valido per ammirarla. Si era rivelata un’ottima amica, una confidente discreta. E poi…somigliava tanto a Ryoga-san. Era stato questo, prima di ogni altra cosa, a spingerla a fare amicizia con quella ragazza. Trovava logico essersi affezionata a lei, visto che amava tanto Ryoga-san. Si accorse in quel momento che Ryoko aveva negli occhi una luce triste. Il suo sorriso sparì subito, sostituito da una luce preoccupata.
«Ryoko-san, c’è qualcosa che non va?» chiese. Ryoko sobbalzò a quelle parole e Akari si avvicinò, ansiosa. «Sta ancora male, Ryoko-san? Si sente svenire? Posso fare qualcosa per lei?» chiese subito, desiderosa di tornare utile all’amica.
«No, no! Sto benissimo, Akari!» si affrettò a rispondere Ryoko.
«Allora è stato Eikichi? Anche se è mio cugino, non lo perdonerò!» sbottò Akari.
«Ma no, Akari, calmati!- disse Ryoko, poggiandole le mani sulle spalle per frenare il suo impeto- Per una volta, quel pervertito di Eikichi non c’entra niente.»
Akari si calmò e subito Ryoko la lasciò andare, come se si fosse scottata. Akari ci rimase male, come ogni volta. Sembrava che Ryoko-san detestasse il contatto fisico, perché se le capitava di sfiorarla o di essere sfiorata si ritraeva immediatamente. Akari si chiedeva se fosse eccessiva timidezza oppure se in qualche modo le arrecasse fastidio.
«Allora cos’è successo, Ryoko-san?- chiese, mite- I suoi occhi sono tristi.»
Ryoko la guardò con una certa ansia, quindi abbassò gli occhi, incupendosi in volto e sospirando.
«E’…è successa una cosa, Akari-chan, e ho paura che non ti farà piacere.» borbottò.
«Cos’è successo?» ripeté Akari.
«E’…è appena arrivata una lettera di sfida ai tuoi cugini.» disse Ryoko, cupa.
«Una lettera di sfida?!» esclamò Akari, portandosi una mano alla bocca. Ryoko annuì. «E da parte di chi?- chiese la ragazza- Nessuno riuscirebbe mai a battere la favolosa tecnica dei miei cugini! Nemmeno Ryoga-san potrebbe farcela!»
Ryoko non commentò, ma una smorfia le solcò il volto. Akari impallidì.
«Ryoga…san?» chiese, con voce tremante. Ryoko annuì, ma questo sembrò costarle uno sforzo non indifferente.
«Domani ci sarà una sfida tra uomini, Akari.- disse Ryoko, amara- Cerca di capire: Ryoga non sapeva nemmeno che Eikichi e gli altri fossero tuoi cugini!» D’impeto, prese tra le sue le mani di Akari. «Ti prego, Akari, non avercela con Ryoga!- esclamò- Tu lo conosci, sai che non farebbe mai nulla per farti soffrire! Però devi capire che questa è una sfida fra uomini e lui non può tirarsi indietro! Ti prego, Akari, non odiarlo!»
Akari sorrise, dissipando in un istante tutta la foga di Ryoko.
«Come è gentile, Ryoko-san.- disse, quasi commossa- Si preoccupa così tanto per me e per Ryoga-san?» Si liberò dalla stretta di Ryoko solo per prendere a sua volta le mani della ragazza tra le sue. «Non si deve preoccupare, Ryoko-san. Capisco molto bene quanto sia importante per un uomo vincere uno scontro.- disse- Per questo, anche se Ryoga-san sfidasse e sconfiggesse i miei cugini, io non potrei mai avercela con lui.»
Ryoko parve commossa da queste parole.
«Allora…allora non gli porterai rancore?» chiese. Akari scosse la testa, ridendo.
«Io lo amo.» disse, semplicemente.
«Oh, Akari…- disse Ryoko, sul punto di piangere, per poi fare un luminoso sorriso e passarsi una mano sopra gli occhi per asciugarli- Ryoga sarebbe molto felice di sentirti dire questo. Ora vado. Ci vediamo dopo!»
Corse via dalla stanza e Akari la seguì con lo sguardo, sorridendo. Ryoko si dimostrava sempre di più un’ottima amica. D’improvviso, il pensiero che l’indomani avrebbe rivisto Ryoga la colpì e le sue guance divennero calde e rosse. Sperava solo che l’uomo che amava sapesse a quale difficile impresa andava incontro.

***

Akari scese le scale con passo leggero, tenendo alta la candela e stringendosi addosso la coperta pesante. Era quasi mezzanotte e lei ancora non riusciva a prendere sonno, probabilmente a causa dell’agitazione al pensiero che presto avrebbe rivisto Ryoga-san, così aveva deciso di scendere in cucina e farsi un latte caldo. Non voleva disturbare nessuno, per cui non aveva acceso luci.
“La mia agitazione è quasi imbarazzante.- si disse, posando una mano sul suo cuore in tumulto- Non voglio che Ryoga-san si accorga di questo mio stato d’animo così eccessivo. Speriamo solo che il latte faccia effetto…non vorrei avere le occhiaie, domattina.”
Attraversò il grande atrio e aprì la porta della cucina, scivolandovi dentro. Appoggiò la candela sopra il tavolo e iniziò a cercare un pentolino, quando udì delle voci che sussurravano provenire dall’atrio.
“Qualcuno che, come me, fa fatica ad addormentarsi?” si chiese, sorridendo. Aprì la porta di uno spiraglio, mettendo fuori la testa. Tre figure, che Akari identificò subito con le tre sorelle, attraversarono l’atrio e aprirono il portone d’entrata, scivolando fuori, nella notte. Akari rabbrividì al refolo d’aria gelida che le giunse dalla porta che si chiudeva, poi aprì del tutto la porta della cucina, perplessa. Dove stavano andando Ryoko-san e le sue sorelle? Cosa poteva averle spinte ad uscire a quell’ora di notte? I monti in cui vivevano i suoi cugini non erano propriamente il posto più sicuro del mondo.
“E…e se andassero a prendere Ryoga-san?” si chiese. Il suo cuore perse un battito. Poteva essere possibile! Prima ancora di essere conscia delle proprie azioni, Akari uscì dalla casa, stringendosi addosso la coperta e correndo. Ryoko-san e le sue sorelle non erano più in vista, ma qualche impronta segnava la poca neve che era caduta in quei giorni, così Akari si inoltrò nella foresta. Presto, però, procedette pressoché alla cieca, in quanto la notte era molto buia e lei aveva lasciato la candela sul tavolo della cucina.
“Forse farei meglio a tornare indietro.” si disse, delusa, quando le giunse una risata maschile poco distante. Con rinnovato entusiasmo, Akari si rimise a correre, sentendo un sorriso di pura gioia iniziare a distenderle il viso. Non vedeva l’ora di vederlo. Le era mancato da morire, in quei mesi, eppure non aveva mai trovato il coraggio di confidarglielo nelle lettere che ogni tanto gli scriveva. Non voleva che lui la considerasse pesante, o esigente…ma le era mancato così tanto! Si avvicinò a una radura illuminata.
La prima cosa che vide, fra le fronde, fu un campo con tre tende, e riconobbe subito alla luce del fuoco Akane-san, in compagnia di una ragazza cinese e di una vecchia di cui Ryoga-san le aveva parlato. Con loro c’era un giovane cinese dai capelli lunghi e neri che le pareva stranamente familiare, il quale stava parlando con Ranko-san. Ryoko-san era china su un bollitore e sembrava stesse testando la temperatura dell’acqua.
«Oh, Ranma! Come sempre la tua modestia non passa inosservata.» disse Akane, sarcastica. Akari sentì il suo sorriso distendersi ulteriormente. Se Ranma-san era lì, allora anche Ryoga-san…Fece per saltar fuori dagli alberi, col nome dell’amato sulle labbra, quando Ranko afferrò il bollitore e si versò addosso il contenuto. Akari si fermò di scatto. Davanti ai suoi occhi, il corpo formoso di Ranko divenne quello del giovane fidanzato di Akane, Ranma Saotome.
«Poche critiche, Akane.» disse quest’ultimo, lanciando via il bollitore e facendo una linguaccia alla fidanzata.
«Sei sempre il solito, Saotome.- disse il ragazzo cinese, con una smorfia sarcastica- Grazie ai kami, domani questa nostra ‘vita familiare’ finirà.»
«Dovevate vedere la faccia dei Mario quando Shinji si è ribellato!» esclamò Ranma, iniziando a ridere. Akari iniziò a riprendersi dalla stupefazione. La trasformazione di Ranma-san l’aveva sorpresa non poco, ma d’altronde Ryoga-san si trasformava in un porcellino…forse le due cose erano correlate. Già, ma non le sembrava che Ranma-san avesse sorelle!
“Ma allora chi è Ryoko-san?” si chiese.
«Akane-san?» chiamò, con voce più debole del previsto. La ragazza, però, la udì, anche se fu l’unica.
«Akari-chan?!- chiese, sorpresa- Cosa ci fai…» Gli occhi di Akane si spalancarono di colpo, riempiendosi di terribile comprensione, e si voltò verso Ryoko, che teneva il bollitore alto sulla testa. «Fermati, Ryoga!» gridò, sorprendendo Akari, che si voltò di scatto per vedere dove fosse Ryoga-san, e attirando l’attenzione degli altri.
«Cosa c’è, Akane?» chiese Ryoko, versandosi il contenuto del bollitore sulla testa. Akari impallidì almeno quanto la ragazza con la bandana, quando questa si accorse di quale errore avesse appena commesso. Sotto gli occhi attoniti di Akari, e vista la piega che avevano preso gli avvenimenti anche sotto quelli di tutto il gruppo, il corpo di Ryoko-san prese a crescere e a farsi più muscoloso…mascolino…finché al posto della nuova amica di Akari non comparve l’eterno disperso che aveva conquistato il suo cuore.
«Ryoga…san?!» ansimò Akari.
«A…ka…ri…» balbettò Ryoga, sentendo che il suo cuore andava in frantumi di fronte all’espressione scioccata della ragazza. Gli altri rimasero in silenzio, increduli che una tale frittata fosse stata fatta proprio l’ultimo giorno di quella farsa.
«Lei…e Ryoko-san…la stessa persona…- balbettò la ragazza, prossima al pianto- Ecco perché io…Oh, kami-sama!»
«Akari…ti prego…- mormorò Ryoga, avanzando di un passo verso la ragazza e protendendo una mano verso di lei- Ti posso spiegare…non è come credi…io…» Ryoga non poté finire la frase. Sconvolta, Akari si voltò e corse via, scomparendo tra gli alberi. «Akari! Non volevo ingannarti!» disse Ryoga, disperato, cadendo in ginocchio. Akane gli si avvicinò, ma non osò nemmeno sfiorare l’amico. Guardò Ranma, in cerca d’aiuto.
«Kami-sama…- mormorò Ranma, preoccupato, scuotendo la testa- Questa non ci voleva. Akari si era affezionata molto a Ryoko. E’ probabile che ora si senta ingannata…e non ha nemmeno tutti i torti.»
«Perdonami…perdonami…- singhiozzò Ryoga- Akari…Akari!!»
Il suo grido disperato si perse nella notte e rimase senza risposta.

   
 
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