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Autore: The Edge Of Darkness    08/02/2011    4 recensioni
AU/What if. Anakin scopre il piano di Sidious e farà di tutto per mettergli i bastoni tra le ruote. Questo però vuol dire sacrificare sè stesso per salvare la moglie e il figlio non ancora nato. Con l'aiuto di Obi-Wan, riuscirà a cambiare i piani del Signore dei Sith, a costo della sua libertà e rischiando di perdere la vita, nonchè la sanità mentale. Sette anni dopo la sua incarcerazione, inizierà il viaggio per ritrovare la sua famiglia. Un viaggio più lungo e più difficile di quanto potesse pensare. Un viaggio che lo segnerà profondamente, durante il quale crescerà e maturerà. La sua piccola Odissea personale. (Rating Arancione per sicurezza, alcune scene sono un po' forti)
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anakin Skywalker/Darth Vader
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Per Gary, che ha scritto una canzone e l'ha pubblicata nel 1987, e ha creato uno dei motivi folk più conosciuti della storia dell'hard rock. Ci mancherai.

Le tue parole e la tua musica mi hanno ispirato innumerevoli volte. Eri uno dei migliori chitarristi, compositori e bluesman del mondo. L'hard rock e l'heavy metal ti devono tantissimo.

Che tu possa trovare la tua Wild Frontier, Over The Hills And Far Away...

Riposa in pace, Gary Moore


Capitolo 4 – Away

Mi ci vollero due mesi quasi per studiare il piano di fuga. Due mesi che passai in profonda meditazione quasi continua, cercando di creare una mappa mentale della struttura seguendo, ogni giorno, un clone diverso attraverso la Forza, seguendo il suo eco come un tracciante. Non fu un lavoro facile, perchè continuavo a deconcentrarmi e dovevo ricominciare daccapo, però alla fine avevo una bella mappa del carcere, incisa sulla parete con una pietra che ero riuscito a recuperare dal terreno giusto fuori la finestra, e sapevo esattamente che strada fare e come evitare le telecamere di sicurezza.

Mi serviva solo un po' di fortuna.

Sempre che la Forza possa essere definita tale.

Però avevo una strana sensazione, sentivo la pressione salire mano a mano che il giorno designato per la fuga si avvicinava. Non ero tranquillo. Per questo, l'ultima settimana, prima del giorno decisivo, per completare il mio schema, studiai attentamente le tempistiche dell'attività attorno a me. Quando c'era l'ora d'aria per gli altri prigionieri, quando venivano portati i pasti, quando veniva ordinato il silenzio per la notte. Tutte cose che non avevo mai notato prima, considerando che la mia mente era sempre altrove e mai lì dentro, nel disperato tentativo di mantenere un certo grado di sanità mentale.

Bloccato lì come un animale, avevo sempre relativamente poco appetito, ma mi costrinsi a mangiare il più possibile, in modo da avere energia sufficiente per un combattimento, nel caso servisse. Certo, il cibo della prigione non era il massimo, ma era pur sempre energia. Facevo fatica, lo ammetto, e lo dice uno che non ha mai fatto storie quando si trattava di cibo, però...

Il problema era che ero veramente molto agitato. Faticavo a dormire, o quando dormivo ero tormentato da incubi tremendi. Mi svegliavo urlando...non riposavo molto. Mi ritrovavo ad appigliarmi a qualunque cosa per calmarmi, dai vecchi esercizi di meditazione di quando ero bambino fino ai ricordi che avevo di mia madre, di Padmè (e non è che quei ricordi mi calmassero, anzi, avevano tutt'altro effetto di cui è il caso di parlare), del mio Maestro e di tutte le battaglie che avevamo combattuto assieme, del figlio che non avevo mai conosciuto...insomma, dopo un po' ce la facevo a riaddormentarmi, però era dura. Veramente molto dura.

Dovevo riappropriarmi della mia libertà. Ne avevo il bisogno fisico. L'ultimo incontro con Vader mi aveva sconvolto, dovevo assolutamente uscire di lì o sarei impazzito, questa volta per davvero. Niente Lato Oscuro o cosa, no, solo pura follia da claustrofobia. No, non potevo permetterglielo. Avrebbero vinto. Non potevo finire così. Non io. Non Anakin Skywalker.

Finalmente, nel tardo pomeriggio del giorno deciso, misi in atto il mio piano. L'ultima sessione di pestaggio risaliva a oltre una settimana prima, ero quasi in splendida forma. Potevo farcela.

Avevo pianificato tutto nei minimi dettagli. L'azione, il momento, tutto quanto.

Obi-Wan sarebbe stato fiero di me.

E a lui debbo praticamente tutto, dall'idea base, ai mezzi per metterla in atto. Un giorno me ne stavo seduto nell'angolo più buio della cella e mi stavo arrovellando per trovare l'idea per fare in modo che quella porta rimanesse aperta quanto bastava perchè potessi uscire di lì senza essere notato, quando mi ritrovai a pensare ai vecchi tempi quando Obi-Wan mi stava insegnando i rudimenti del combattimento con la spada laser. Ricordai il suo stile di combattimento, che più che la forza fisica e la velocità sfruttava la potenza dell'avversario per deviare i colpi e trovare un buco nella sua difesa. Era uno stile passivo, e da lì mi venne l'idea geniale.

Beh, non proprio geniale. È un trucco vecchio come una galassia. Dovevo solo stare buono per un po'. Sarebbero stati proprio loro a liberarmi. Gli sarei scivolato tra le dita come la sabbia di Tatooine. Ero riuscito a scappare dal Lato Oscuro una volta, ce l'avrei fatta una seconda. Solo che quella volta dovevo uscire da un luogo fisico più che da uno stato mentale.

L'ora si avvicinava. Il piano era pronto. O meglio, appeso.

Perchè quello era il trucco. Fingere un suicidio per impiccagione. Stoffa per fare la corda ne avevo, le tubature che portavano l'acqua al lavandino mi avevano retto per sette anni mentre facevo un po' di esercizio...avrebbero retto anche quella volta...beh, non è che dovessi impiccarmi sul serio, mi tenevo su con la Forza in modo da non soffocare, quel tanto che bastava per dare l'idea.

Quando il soldato incaricato di portarmi la cena entrò nella stanza e mi vide lì appeso, gli scappò un sussulto. Devo dire che non pensavo di essere così bravo come attore. Me la cavavo bene a fare il morto, tant'è che prima di chiamare aiuto, il soldato si avvicinò per controllare che fossi realmente morto. Troppo vicino.

Era terrorizzato, lo sentivo. Aveva paura tanta quanta ne avevo io. Se scopriva che ero vivo, ero finito. Il piano sarebbe andato bellamente fuori dalla finestra e avrei dovuto ricominciare da capo. Oppure potevo morire nell'arco di mezzo secondo. Lui era armato. Io no.

Quel momento era critico. Era quell'attimo che segnava il confine tra la libertà e la prigionia. L'attimo che segnava la differenza tra la vita e la morte. La mia vita e la mia morte.

Però la mia volontà di andarmene da lì era più forte di qualsiasi cosa. Quando fu abbastanza vicino da poterlo colpire, entrai in azione. Rannicchiai le gambe al petto e con forza e velocità che certamente non aveva mai visto e che non si sarebbe mai aspettato lo colpii con entrambi i piedi direttamente al torace, causandogli uno shock tale da mozzargli il respiro per una decina di secondi buoni.

Prima che potesse chiamare aiuto in qualsiasi modo o anche solo pensare di caricare il fucile, gli fui addosso. Una gomitata ben assestata alla gola e non era più in grado di parlare. Tanto per andare sul sicuro, gli spezzai entrambe le braccia con una torsione prima di afferrargli la testa, una mano al mento e l'altra dietro la nuca e spezzargli il collo come un ramoscello secco.

Rimasi qualche secondo a guardarlo mentre la vita lo abbandonava. Era una recluta, un ragazzino probabilmente agli occhi degli altri soldati più esperti. Mi dispiaceva, sotto sotto. Avevo condiviso molte battaglie e tanta gloria con i suoi fratelli, soprattutto quelli della 501° legione che mi sembrava di uccidere un amico. Negli occhi gli leggevo il terrore puro di chi guarda negli occhi il proprio assassino, sentii la vita che sfuggiva dal suo corpo come acqua tra le dita. Avvertii il freddo respiro della morte, quando il suo corpo si irrigidì per un attimo, poi cadde a terra come un sacco vuoto. Era la stessa sensazione che provavo io ogni giorno, quella sensazione di pericolo imminente, ogni volta che sentivo la porta aprirsi. Mi vennero i brividi.

Scacciai quel pensiero e partii con la seconda fase del piano. Spogliarlo e prendere il suo posto.

La corazza da stormtrooper mi andava un po' stretta, ma almeno funzionò. Aveva lasciato il casco fuori dalla porta. Lo afferrai e ritornai dentro. Gli misi la divisa da prigioniero e con un po' di sforzo gli spaccai la faccia a pugni. Dovevo renderlo il meno riconoscibile possibile, in modo che il piano funzionasse almeno abbastanza da permettermi di andare il più lontano possibile da lì prima che venisse dato l'allarme.

Quasi senza sforzo, gli infilai il cappio al collo e lo appesi dove pochi minuti prima c'ero io. Questa volta però il cadavere c'era. Fatto questo, infilai il casco ed uscii dalla cella, richiudendo la porta dietro di me.

Metà era fatta. Ora dovevo recuperare le mie cose, scoprire dove diavolo ero e andarmene da lì.

Percorsi il corridoio e voltai a destra. La prima porta era la guardiola del settore, subito dopo invece c'era il computer con tutte le informazioni che mi servivano. Dove avevano sistemato i miei oggetti personali, nello sgabuzzino lì a fianco, dove mi trovavo, che giorno era e soprattutto dov'era la città più vicina.

Il sistema computerizzato non era cambiato molto da quando era subentrato l'Impero, avevano solo cambiato i simboli e qualche nome. Controllai il numero di matricola sul retro dell'elmetto e digitai il codice. Il pannello di controllo si aprì sullo schermo. Inserii il mio numero di matricola e trovai tutte le informazioni su di me.

Nome: Anakin

Cognome: Skywalker

Numero Indetificativo: 100389

Pianeta di Nascita: Tatooine; Luogo: Sconosciuto

Data di Nascita: Sconosciuta

Età: 29

Data di Morte: ---

Stato Civile Corrente: Celibe

Occupazione: Maestro Jedi

Crimini: Tentato omicidio.

Pena Prevista: Ergastolo.

C'era tutto, mancava solo la data di morte. Controllai l'orologio del computer ed inserii la data odierna.

Se non avevo preso una cantonata pazzesca, era il giorno del compleanno di mio figlio. Bel tempismo eh?

Una volta confermata la morte, si aprì una finestra con l'ordine di disfarsi degli effetti personali e dove trovare la scatola. Diedi il comando di aprire la porta dello sgabuzzino e chiusi le finestre di navigazione del computer. La mia scatola era in basso, su uno scaffale di metallo piuttosto malandato. Controllai i numeri scritti sopra. Coincidevano col mio identificativo. Aprii la scatola di metallo e controllai che ci fosse tutto. Abiti, cintura, spada, stivali, mantello...c'era tutto ciò con cui ero arrivato, meno la fede nuziale che portavo appesa al collo.

Tornai un secondo al terminale e cercai qualche indizio su dove diavolo mi trovassi. Cercai una mappa stellare o qualcosa del genere, ma trovai solo la mappa del settore. Ero su Blenjeel! Il carcere repubblicano di massima sicurezza per criminali di guerra, ecco dove mi avevano mandato! In pratica, ero nel bel mezzo del nulla, su un pianeta poco abitato, la città più vicina era a quindici chilometri dal carcere verso nord e con molta probabiltà era uno spazio porto di dubbia reputazione, se non ricordavo male.

Scusate la volgarità, ma quel giorno l'unico pensiero che mi venne in mente in quel preciso momento fu un sono fanculo a tutto! Le cose si mettevano male. Quindici chilometri nel deserto? O trovavo uno speeder, o ero carne da macello.

In ogni modo, mi sarei arrangiato una volta fuori di lì.

Potevo andare. Anzi, dovevo andare. Quel cadavere nella mia cella non avrebbe retto per sempre, non ci avrebbero messo molto a scoprire il trucco e a dare l'allarme. E che allarme!

Infilai l'elmetto e procedetti verso l'uscita. Per fortuna non incontrai nessuno, fino alla porta d'ingresso. Lì mi chiesero di specificare il contenuto della scatola e perchè la stavo portando fuori.

Cercai di mascherare un po' la voce. “Un prigiorniero è deceduto poco fa. Ne è stata accertata la morte e i suoi effetti personali devono essere distrutti. Normale amministrazione.”

Il soldato dietro il vetro, controllò sul computer. “Ah sì. 389. Ho ricevuto la notifica adesso. Perfetto. Vai pure. Hai finito il turno?”

Annuii, sperando che la fortuna mi assistesse. “Sì. Pensavo di fare un salto in città stasera, a bere qualcosa. Posso prendere uno speeder?” domandai.

Certo. Le chiavi sono in deposito. Mezzo plotone è in licenza stasera e ci sarà la serata piena. Stai attento alle risse e divertiti!”

Lo farò. Grazie per l'avvertimento. A domani!”

La porta si aprì. Il sole stava tramondando. Ero appena in tempo per uscire prima che diventasse buio. E freddo.

A domani!”

A domani 'sto cazzo! Pensai uscendo da lì.

Ero libero. Mancava solo una cosa. Cambiarmi d'abito. Ma ero libero. Ero fuori! Ero fuori!

Mentre correvo verso il deposito automezzi, che sapevo essere a destra dell'uscita perchè ricordavo benissimo la strada che avevo fatto per entrare, nonostante fossi bendato, quello era l'unico pensiero che mi correva per la testa. Ero fuori! Ero libero! Il piano aveva funzionato!

Presi uno speeder e uscii a tutta velocità.

La prima cosa che feci fu liberarmi dell'elmetto. Quando fui abbastanza distante, fermai il mezzo e mi liberai della corazza, riprendendo i miei abiti. Si stava da favola. Finalmente qualcosa in più di una rigida e alquanto scomoda divisa e soprattutto era qualcosa in cui mi sentivo incredibilmente a mio agio. Fatto questo, ripresi il mio viaggio verso lo spazio porto.

Ora dovevo trovare un trasporto per Coruscant.


Cortino, lo so, però ho voluto tradurlo per fare un micro tributo a Gary Moore, che purtroppo è morto domenica notte per cause ancora da chiarire. La dedica in alto è la traduzione di quella che ho messo nel capitolo 35 dell'originale. Anche qua ho fatto qualche cambiamento, un paio di sforbiciate e due o tre aggiustamenti, giusto per far rientrare tutto o quasi con quello che poi ho scritto negli ultimi mesi.

Se notate errori di ortografia, fatemeli notare, per piacere, appena ho un attimo di tempo cercherò di correggerli. Sono veramente negata per l'ortografia, da quando sono bambina. Meno male che hanno inventato le penne cancellabili e il correttore, se no pensate ai miei esami all'università! (quello di russo poi credo di non averlo passato per colpa della calligrafia, che è pessima!)

In ogni modo, divertitevi...pian piano mi sto avviando alla parte interessante. Cioè, ci vuole un po', ma se credete a Colonnello che sa dove voglio andare a parare, poi verrà fuori qualcosa di carino.

   
 
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