Ohi! Rieccomi!
Questo è l'ultimo capitolo e non avete idea di quanti pianti mi sono fatta mentre finivo di scriverlo ç.ç mi mancherà un mondo Charis, perché, ripeto, è parte di me e fino ad ora è il personaggio che più mi rappresenta tra quelli che ho creato.
Ringrazio, per l'ultima volta, tutti quelli che hanno commentato, recensito, preferito, inserito tra le seguite e le ricordate e che mi hanno aiutata a continuare a scrivere. Non mi stancherò mai di ripetervelo: senza di voi, noi scrittori non saremmo niente, neanche polvere *.*
Perciò, GRAZIE
Solo per informazione, ritornerò giovedì con una nuova Ff, sempre su Robert Pattinson, che si chiamerà Symbiosis e che consta di dieci capitoli; mi farebbe piacere se vorrete seguirmi anche lì *.*
Buona lettura! <3
P.S. Quest'ultimo capitolo è la chiave per comprendere anche il titolo dell'intera Ff ^^
< Sei uno splendore, Charis! > In effetti, quando Tom glielo disse, lo sguardo sincero e sorridente, non faticò a credergli. Si era affidata alle mani esperte di Liz, la sorella di Robert, e non aveva dubbi che il risultato fosse stratosferico. Non perché, come diceva Liz, c'era della buona materia prima su cui lavorare, ma perché lei era semplicemente una dea nel trucco e parrucco.
Il vestito di Robert, poi, le stava alla perfezione e anche se le lasciava una spalla e parte della schiena scoperti, si sentiva a proprio agio.
< Grazie, anche tu stai benissimo. > Rispose, arrossendo appena e dovette ringraziare il fard se non si notò molto.
< Oh, ma io non devo andare ad una premier in veste ufficiale, tu sì. > Si appoggiò allo stipite della porta con una spalla, continuando ad osservarla mentre lei si guardava incredula allo specchio.
< Non farmici pensare... > Borbottò, sospirando. Aveva trascorso tutta la mattina a pensare che sicuramente avrebbe fatto una brutta figura, sarebbe inciampata, non avrebbe saputo cosa rispondere ai giornalisti, avrebbe perso di vista Robert e si sarebbe messa a piangere dallo sconforto. Non era riuscita a distrarsi con niente: aveva provato a leggere, ma dopo un'ora, si era accorta di star leggendo la stessa, identica riga da chissà quanto e aveva lasciato perdere; la televisione non le era stata d'aiuto, visto che avevano deciso di trasmettere la premier di un nuovo film di Brad Pitt avvenuta a Los Angeles il giorno prima, cosa che le aveva nuovamente ricordato che quella sera sarebbe toccato a lei sfilare sul tappeto rosso accanto a Robert. Avrebbe voluto essere Angelina Jolie, o, perlomeno, una star affermata, di successo, che non avrebbe avuto paura sapendo di una sua esibizione pubblica, ma, sfortunatamente non lo era. Era solo una sciocca ragazzina di New York fuggita a Londra con la sua chitarra e senza un centesimo in tasca. Non avrebbe mai potuto competere con loro, i VIP.
< Sei ancora in tempo per rifiutare. > Le fece presente lui, dando un'occhiata all'orologio che segnava le sei.
< E costringere Robert ad andarci da solo? No, ho promesso, non posso tirarmi indietro all'ultimo minuto. > Scosse la testa.
< Puoi, se non te la senti. Robert non se la prenderà e poi, è solo una premier, riuscirebbe a cavarsela da solo, come sempre. > Cercò di tranquillizzarla.
< Posso far finta di stare poco bene e svenire in macchina. > Ironizzò, sorridendo.
< Quello sì che sarebbe squallido! > Rise Tom, portandosi alle sue spalle e scompigliandole i capelli, attento a non rovinare la messa in piega perfetta.
< Robert si offrirebbe di accompagnarti a casa per vedere come stai, arriverebbe in ritardo, le fan lo assalirebbero per gli autografi, si beccherà i rimproveri del suo agente e si addormenterebbe sulla poltrona durante il film per lo stress. > Continuò, cercando di risollevarle il morale.
< Lo dici come se ci fossi passato anche tu. > Lo osservò guardinga.
< Chi, io?!? No, assolutamente no! Io non mi addormento durante le premier! > Sbottò, offeso.
< Perché dovrebbe farlo Rob, allora? > Chiese, sospettosa.
< E' quello che succede quando sei stanco, no? > Rispose ovvio, facendo spallucce.
Charis decise di lasciar perdere, imitando il suo gesto e voltandosi di nuovo verso lo specchio.
< Credi che le fan di Robert mi odieranno? > Domandò, lo sguardo abbattuto.
< Charis, è impossibile che ti odino! Sei una di loro e prima o poi capiranno che Rob ti ha scelta perché sei diversa da tutte le altre e non ti atteggi a super diva anche se sei la fidanzata ufficiale di un attore famoso e sei semplicemente te stessa, sempre e comunque. Vedrai, andrà bene. > Charis lo guardò stralunata.
Certo, non si atteggiava a super diva, non era diversa dalle fan di Robert, era cresciuta a New York e aveva dovuto lottare per conquistarsi almeno una piccola fetta di felicità e non aveva mai preteso niente da nessuno.
Avrebbe voluto che ci fosse Michael a rassicurarla, ma, anche se aveva superato la sua morte affidandosi alle pagine di un diario, avrebbe preferito il suo abbraccio e il caldo rassicurante del suo corpo; invece era stretta a Tom. Era grata a lui e a Robert per tutto quello che avevano fatto per lei e per tutte le volte che le avevano teso la mano per farla rialzare ed era sicura che niente avrebbe potuto ricambiare la loro gentilezza.
< Tom, devi trovarti una ragazza. > Proruppe, separandosi dal suo abbraccio.
< Come? Perché? > Le domandò stranito, strabuzzando gli occhi.
< Perché meriti anche tu di essere felice. > Rispose semplice.
< Ma io sono felice! > Protestò, quasi offeso.
< Sei felice, ma secondo me una ragazza la meriti comunque. > Soppesò.
< Hai qualcuna da propormi? > Incrociò le braccia al petto e ammiccò.
< Beh... sono sicura che mia sorella stravederebbe per te. > Scherzò.
< Ah sì? E quanti anni avrebbe? > Chiese lui, ignaro.
< Dodici. > Era davvero convinta che a Marianne, Tom sarebbe piaciuto. Era il classico ragazzo che sapeva divertirsi (a volte anche troppo, avrebbe aggiunto), che se ama una ragazza, vi rimane fedele (e questo Robert glielo aveva assicurato) e che si faceva naturalmente voler bene.
< Non ho intenzione di finire in galera per causa tua, sappilo! > La ammonì proprio mentre il campanello di casa trillò forte e Charis trattenne un respiro, agitata.
< Calmati, è solo Robert, non uno stuolo di giornalisti! > Le pizzicò un braccio e le baciò una guancia, avviandosi verso le scale.
Aveva ragione, era soltanto Robert, doveva decisamente calmarsi.
Tom si ritrovò davanti un Robert spettinato, ma impeccabile nel suo completo grigio, camicia azzurra e sorridente come non mai.
Prima che potesse anche solo cercare rassicurazione su Charis, Tom lo precedette.
< E' splendida, sarà la ragazza più bella sul tappeto rosso, vedrai. > Gli mormorò come se fosse un segreto.
Robert sospirò di sollievo ed entrò.
< Tu non vieni? > Domandò, rivolto a Tom.
< Sono allergico ai tuoi film, Rob, lo sai. Al massimo faccio un salto all'after-party. > Rise, sventolando una mano, come se fosse qualcosa di irrilevante.
< Guarda che potrei anche stufarmi di dire ai buttafuori di farti entrare! > Chiarì, divertito.
Era felice che Charis non avesse avuto ripensamenti durante quel lasso di tempo trascorso in appartamenti diversi.
Sua sorella aveva ironizzato, dicendo che sembrava più come se avessero dovuto sposarsi e lo sposo non poteva dormire nella stessa stanza con la sposa, per tradizione e lui era arrossito come un bambino, sotto lo sguardo comprensivo di sua madre.
Chissà se Charis avrebbe accettato di sposarlo, un giorno.
Chissà se sarebbero ancora stati insieme.
Infilò le mani in tasca e attese che Charis scendesse, osservando Tom cambiare canale in televisione per fermarsi su un documentario.
Neanche la sentì arrivare, ma quando sentì la sua presa sulla sua mano, si voltò e le sorrise.
< Sei... incantevole! > La guardò. Il vestito che le aveva regalato metteva in risalto le sue forme in maniera perfetta e lei sembrava un'altra, più solare ed energica.
< Anche tu stai benissimo. > Abbassò lo sguardo e si torturò le labbra con i denti, in difficoltà.
Il cuore le batteva all'impazzata, tanto che la scusa che aveva detto di voler trovare pur di non partecipare alla premier, non la credeva più tanto impossibile.
< Allora, andiamo? Sei pronta? > Le domandò lui, premuroso.
< Suppongo di sì. > Salutò Tom con un abbraccio breve e si lasciò trascinare fino alla limousine nera parcheggiata di fronte al vialetto di accesso della casa.
< Chi l'avrebbe mai detto che sarei entrata in una limousine! > Scherzò, tentando di stemperare la tensione crescente.
< C'è sempre una prima volta per tutto e poi, non è così diversa da una macchina normale. Fosse stato per me, ci sarei arrivato in bicicletta. > Le sistemò un ciuffo di capelli dietro le orecchie, mentre l'autista metteva in moto e si inseriva, svelto, nel traffico cittadino scorrevole.
Si sentiva le gambe molli e aveva mal di pancia. Si strinse a Robert, cercando conforto e lui le accarezzò i capelli, stringendole una mano.
< Sei preoccupata? > Le chiese sottovoce.
Charis annuì, alzando gli occhi sul suo viso.
< Non ti lascerò da sola, promesso e non dovrai dire niente se non vorrai. > La calmò.
Aveva parlato a Nick del piccolo problema che avrebbe riscontrato Charis nel parlare con i giornalisti e lui gli aveva semplicemente risposto che se non voleva, non era obbligata a fare nulla, poteva non rispondere.
< E posso anche evitare di fare autografi, vero? > Si informò, ansiosa.
< Devi fare solo quello che senti, Charis, nient'altro. > Le sorrise, passandole un braccio intorno alla vita e facendole poggiare il capo sulla sua spalla.
< Dio! Dici che i miei genitori mi vedranno? > Potevano aver visto tutte le altre foto che i paparazzi avevano scattato a lei e a Robert durante tutti quei mesi; potevano averla riconosciuta.
Robert fece spallucce, sorpreso da quella domanda.
< Non saprei, forse sì. Il film è ambientato a New York e fra qualche giorno voleremo lì per un'altra premier, quindi, probabilmente, Internet sarà invasa di nostre foto già tra qualche ora. > Soppesò, perplesso.
Charis non gli aveva più parlato della sua famiglia, non aveva menzionato i suoi genitori neanche una volta e si era mantenuta sul vago quando i suoi le avevano chiesto cos'era successo a New York da spingerla ad andare a Londra.
Michael rimaneva il suo unico parente, il suo unico legame con la persona che era stata un tempo.
L'autista si fermò, comunicando che erano arrivati e Charis distinse con chiarezza le urla delle fan al di là della vettura.
Lanciò un'occhiata a Robert di terrore puro e lui, per tutta risposta, le strinse ancora di più la mano, decidendo di aspettare per aprire la portiera ed uscire.
< Puoi tornare a casa, se non te la senti, Charis, lo sai. > Le accarezzò una guancia con un dito e osservò il suo volto rilassarsi.
Scosse la testa e deglutì.
< No, ce la faccio, è che... > Abbassò lo sguardo, incapace di continuare.
< Cosa? > La spronò lui, le urla che si facevano sempre più alte e impazienti.
< Che devo ancora abituarmi a tutto questo, a te. > Sussurrò.
< Devi essere fiera di quello che sei, Charis. Sono sicuro che Michael lo è, ovunque sia, esista qualcosa oltre la morte o meno. > Se la strinse al petto e lei cercò di non piangere, cercò di non pensare al fatto che se non fosse stato per Michael, lei, Robert, neanche l'avrebbe conosciuto e che se avesse deciso di togliere Londra dalle sue tappe, non sarebbe mai stata lì presente. Robert avrebbe potuto decidere di andarci da solo, o con qualche altra ragazza e lei sarebbe stata chissà dove a chiedere l'elemosina e a suonare la sua chitarra e a scrivere su quel diario consumato.
Forse Michael l'aveva guidata, forse le anime dei nostri cari scomparsi ci accompagnano davvero nel viaggio che è la vita, quello più faticoso e che ci indicano la strada giusta e le scelte da fare, anche quando sembra impossibile prendere una direzione, anche quando ci sembra che vada tutto a rotoli.
Diverso tempo dopo...
Michael,
chissà se sei accanto a me adesso e stai leggendo queste parole.
Ti voglio bene, lo sai e se, un giorno, vorrai sapere se ti ho perdonato, quel giorno, ti risponderò di sì, l'ho fatto, ti ho perdonato.
In fondo, la tua non è stata una scelta facile. Non hai scelto la strada più breve, più comoda. Hai scelto la strada più difficile, tortuosa e dolorosa.
So quanto ti costa non essere più qui con noi, so quanto costa a me non sentire più la tua voce, non ascoltarti mentre mi leggi i tuoi libri preferiti e mi tieni per mano quando devo dormire.
Tu quel prezzo lo hai pagato e noi ne stiamo ricevendo il resto qui, sulla terra, ma va bene.
Sai cosa ho trovato nel cassetto della tua scrivania, oggi? Una chiave.
Sì, lo so, è strano, anche perché non sono riuscita a capire a cosa serva: un cassetto, un diario, un lucchetto?
Robert pensa che quella chiave tu l'abbia lasciata a me, che sia un regalo per cui non hai avuto il tempo di scrivere una dedica. Dice che forse è la chiave della tua anima, del tuo cuore e di tutte quelle cose che hai condiviso con me e che non volevi venissero perse, è una chiave simbolica.
Magari è così, chissà.
Mamma e papà hanno venduto la casa e sono andati via; non c'erano quando mi sono convinta a venirli a trovare e l'agente immobiliare non mi ha saputo dire dove siano andati. Probabilmente in una di quelle case sul mare, in Florida, di quelle che piacevano a Marianne e alla mamma. Non mi sono sentita triste per la loro partenza. In fondo, non ho mai preteso che mi aspettassero. Tu dicevi sempre che io camminavo davanti a tutti di almeno dieci metri e mi rendo conto che avevi ragione, è così e lo dice anche Robert, che è l'unico che riesce a seguirmi, a non perdermi.
Hanno portato via le tue cose e nella tua stanza sono rimasti solo i vecchi poster dei Ramones e i tuoi libri; l'agente immobiliare mi ha detto che posso prenderli, se voglio, perché mamma e papà non hanno espresso desideri a riguardo. Dei libri non gli è mai importato e neanche di me.
Anche la mia stanza non esiste più, sai? I vestiti sono stati ammucchiati dentro delle enormi buste di plastica destinate alla parrocchia più vicina. Sono riuscita a salvare qualcosa, ma il resto ho preferito andasse a chi ne ha più bisogno di me.
La casa così vuota è strana ed io non ci sono più abituata, ormai.
Tra poco arriveranno dei possibili e acquirenti e noi dovremo andar via. Possiamo restare, ma sono io a volermi lasciare tutto alle spalle.
Non rimpiango di essere venuta, avevo davvero voglia di vedere Marianne e di sapere come stava, se aveva un fidanzato e se la scuola le piaceva, ma loro sono scivolati via ed io ho la sola colpa di averci messo troppo tempo.
Robert dice che è giusto così, è giusto che si siano allontanati, perché la loro vista mi avrebbe fatto soffrire e, sai, lui odia vedermi piangere, come te. Dice che se lo faccio, gli spunteranno i capelli bianchi per il dolore e, anche se io non ci credo, non ho nessun motivo per piangere e non voglio farlo neanche ora.
E' come una lettera d'addio, vero? Ho scritto così tanto da sentirmi una di quelle ragazze che ha intenzione di suicidarsi e lascia un biglietto di scuse alla famiglia.
La tua chiave, comunque, la porterò con me, chissà che non sia un altro dei tanti segnali che mi hai lasciato fino ad ora.