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Autore: MedusaNoir    16/02/2011    3 recensioni
Narcissa, Andromeda, Bellatrix: le tre sorelle Black. Il loro Natale non è gioiso come quello degli altri maghi, intorno a loro vedono solo nero. Ci sarà una possibilità di rinascita anche per loro? Oppure ormai è tutto finito?
Prima classificata al contest "Tutti i colori del mio Natale~150 prompt" di Mafra e HarryPotterianaDOC.
NB: Il giudizio verrà messo nell'ultimo capitolo.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Andromeda Black, Bellatrix Lestrange, Narcissa Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Nick forum ed EFP: MedusaNoir
Personaggi: Narcissa Malfoy, Andromeda Tonks, Bellatrix Lestrange
Paring: Narcissa/Lucius, Andromeda/Ted, Bellatrix/Voldemort
Generi: Malinconico, Triste
Avvertimenti: Long-fic di tre capitoli
Rating: Giallo
Pacchetto utilizzato (Colore + contenuto): Nero
Prompt: Valori, Tutto, Proibito, Oscurità, Passione

Capitolo I - Narcissa

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Narcissa Malfoy non era malvagia, al contrario di quello che tutti credevano al primo impatto; il suo volto duro sapeva donare dolcezza alle persone che amava e ne aveva una in particolare per il marito e per il figlio. Non che avesse amato realmente qualcun altro oltre a loro: in passato aveva provato un grande affetto per le due sorelle maggiori, ma in un caso aveva dovuto rinunciarvi e nell’altro l’orrore rendeva il suo sentimento il più lontano possibile da quello fraterno.

Non era malvagia, no, ma era completamente diversa dalle sorelle. Andromeda era la donna coraggiosa, colei che aveva sacrificato anche la sua famiglia per i suoi valori, mentre Bellatrix… effettivamente, anche lei avrebbe sacrificato tutto per i valori, solo che non erano esattamente gli stessi di Andromeda, tutt’altro: se la “traditrice del suo sangue” lottava per i diritti dei Babbani e per l’amore di suo marito, Bellatrix lo faceva per distruggere tutto quello che la sorella aveva faticosamente creato. Narcissa anche aveva dei valori, e tra questi risultava la codardia, che non avrebbe mai, mai potuto tradire.

Il Natale del 1997 non prometteva quindi niente di buono per le tre sorelle Black. Ormai Malfoy Manor veniva utilizzato come luogo di ritrovo dei Mangiamorte, quindi l’ambiente di casa non era per niente accogliente per Narcissa, che sembrava diventata meno importante per gli ospiti di un elfo domestico; in poche parole doveva essere presente alle riunioni, servire i Mangiamorte, restarsene seduta a testa bassa al suo posto senza nemmeno sognarsi di aprire bocca e dire la sua opinione. Non che ne avesse una: a lei era sempre bastato seguire il vento, lasciarsi trasportare dalle idee del marito e della famiglia Black. Quello fu il secondo Natale in cui le balzò alla mente l’idea di poter prendere una decisione da sola.

Il primo fu un Natale di diciassette anni prima, quando il suo Draco era appena nato e lei aspettava con trepidazione il ritorno di suo marito da una delle incursioni dei Mangiamorte. In quel periodo Voldemort era al massimo del suo potere, niente e nessuno poteva ostacolarlo, ma c’era sempre la possibilità che succedesse qualcosa; se lo sentiva dentro. Gettò uno sguardo fuori dalla finestra, osservando il cielo cupo, oscuro come la missione che suo marito stava compiendo.

Per cosa stavano lottando?, si chiese. Per il sangue puro? Per un mondo migliore? Per vivere tranquilli senza più Babbani.

Un sorriso grottesco le deformò per un secondo il giovane viso pallido. Se per vivere tranquilla avrebbe dovuto spendere la propria esistenza in un’alternanza di tuffi al cuore, allora no, non ne valeva davvero la pena. L’oscurità della notte si estese in tutta la stanza e arrivò fino al suo cuore: era la Vigilia di Natale, ma in quella casa non c’era nessuna decorazione, nessun albero, nessun vischio, nessun regalo. Era il primo Natale di suo figlio e non avevano per lui nessun regalo. Si voltò a guardare la culla in cui dormiva placidamente Draco, la piccola bocca appena aperta e le piccole mani strette in pugnetti. Sperava che almeno un regalo potesse esserci per lui, lo stesso che sperava per se stessa, il migliore, il più importante di tutti. Lo sperò sentendo il pendolo del salone che batteva la mezzanotte, lo sperò rimboccando le coperte al suo bambino, lo sperò cercando di trattenere le lacrime che spingevano incessantemente per uscire.

Sperò che Lucius tornasse a casa quella notte.

 

Narcissa Malfoy stava ripensando a quel Natale quasi vent’anni dopo, seduta su una poltrona impolverata, fingendo di ricamare. Aveva detto a Bellatrix di non sentirsi molto bene quel pomeriggio e con quella scusa era riuscita a rimanere sola in una stanza ormai inusata della villa. Guardò distrattamente fuori: la neve, come sempre, non era caduta a Malfoy Manor; il giardino immenso era vuoto, gli alberi spogli. Nessuna magia avrebbe potuto cambiare il paesaggio, lo sapeva; finché fosse stato buio nel suo cuore, nemmeno una lacrima di purezza avrebbe bagnato quel posto.

Si strinse nelle spalle, tremante di freddo non dovuto al clima nella stanza, in cui brillava invece un fuoco nel camino, ma interno a lei. Quanto sarebbe andata avanti quella guerra? Anni e anni prima si era detta che era inutile, ma quando suo marito era tornato a casa raggiante, anche se stanco, aveva gettato ogni pensiero al vento, perché vedere un sorriso sul suo volto le aveva riempito il cuore di gioia.

Ora Lucius girava per la casa, di cui un tempo era il padrone assoluto, con aria tetra, affranta; non si sarebbe nemmeno svestito per andare a dormire se ogni volta Narcissa non glielo avesse ricordato. Voldemort aveva richiesto la sua bacchetta e ora Lucius era diventato come un semplice Babbano. Non poteva fare niente. Solo in quel momento Narcissa si era resa conto della ragione dell’espressione sul viso del marito, tanti anni addietro: anche ora c’era una guerra, anche ora c’era la possibilità di sterminare la razza Babbana e diventare padroni indiscussi del mondo, ma Lucius non era raggiante come quel Natale; sua moglie, scossa da un rapido e quasi mortale brivido, capì che suo marito non era entusiasta per come stavano andando le cose in battaglia, ma era semplicemente – e si pentì che il pensiero non le avesse mai sfiorato la mente – felice di essere tornato dalla sua famiglia.

Narcissa aveva sbagliato tutto: non doveva assecondarlo, assicurargli che avevano ragione a combattere, ma dire la sua, per una volta. Avrebbe portato alla felicità entrambi; una felicità che, come quella di Andromeda, sarebbe stata patita e difficile da raggiungere, ma non importava: prima o poi ci sarebbero arrivati.

Sospirò, pensando se fosse possibile, dopo tutto quel tempo, cambiare le cose. Come poteva mettersi contro Voldemort, spalleggiata da un mago senza più bacchetta e da un figlio costretto a diventare un Mangiamorte? Non sarebbero sopravvissuti; e questo non doveva accadere. Draco doveva vivere, così come Lucius, così come lei. Loro erano tutto per Narcissa, erano il suo mondo; non avrebbe mai sopportato di perderli.

E in un attimo vide il suo vero valore, quello per cui anche le sorelle avevano lottato: l’amore. Ma non l’amore per un ideale astratto, come quello di Bellatrix, bensì quello puro che si riserva solo alla famiglia, lo stesso di Andromeda.

L’oscurità doveva essere esiliata da quella casa, non doveva più restarne traccia nel futuro di Draco; non era quello che voleva per il figlio adorato.

Si alzò dalla poltrona per andare a chiudere le tende, per lasciare fuori il buio e la desolazione che regnavano anche all’esterno della villa; ma, appena si fu avvicinata alla finestra, notò qualcosa di bianco sul davanzale.

Neve?

Narcissa sorrise, speranzosa. Quel Natale sarebbe stato meno nero: se la neve si era decisa a cadere finalmente sul loro giardino, allora c’era qualche possibilità di cambiare anche per lei, per suo marito, per Draco; per tutti i Malfoy.

   
 
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