Titolo: Carried
away
Autore: Phoenix
Angel Suyari
Rating: PG
Riassunto:
non è mai troppo tardi per essere parte di qualcosa…
Traduzione:
Chu
Link alla storia originale: http://www.livejournal.com/community/domus_felicus/9357.html#cutid1
*
“RAGAZZO! Va’ ad aprire!”
Harry corse velocemente lungo il
tappeto molto pulito di zia Petunia e fuori nell’ingresso. Non era ancora
grande abbastanza per raggiungere la serratura, ma zia
Petunia e zio Vernon la lasciavano aperta durante il giorno, quindi tutto
quello che doveva fare era girare la maniglia. Anche
questo era difficile da fare, ma non impossibile, come la serratura, per la
quale aveva bisogno di una sedia.
Stando in punta di piedi, allungò
la mano in alto sopra la sua testa e curvò la fine di dita molto piccole
intorno alla maniglia d’argento. Ci vollero due tentativi – le sue dita
continuavano a scivolare e poi lui cadde – ma alla fine ci riuscì, avvertendo
un piccolo flusso di orgoglio per averlo fatto.
Barcollando indietro, tirò, e si spostò di lato, per spingere la pesante porta
dal davanti.
Quando la porta fu aperta abbastanza,
guardò su, e dovette allungare il suo collo molto indietro. Sugli scalini della
porta c’erano tre uomini. Uno era molto vecchio e gli sorrideva gentilmente.
Alla sua sinistra c’era un uomo molto alto con i capelli neri, proprio come i
suoi. E accanto a lui, un uomo più basso, che sembrò ad
Harry come se fosse perfettamente apposto se l’avesse accolto con un abbraccio.
Il che, Harry pensò sarebbe stato carino forse, ma era un estraneo.
“Ciao,”
disse il vecchio uomo, ed Harry tornò a guardarlo. “Stiamo cercando Vernon
Dursley.”
Harry sbatte le palpebre, e poi tossì debolmente, facendo aggrottare la fronte all’uomo con
i capelli scuri.
“Ragazzo! Chi è?”
Harry si tirò indietro e si
appoggiò alla porta. “E’ per te, zio Vernon!”
Appena il paffuto uomo entrò
nell’ingresso, Harry si sentì molto ben disposto ad andare ad abbracciare
l’estraneo. Al contrario, si fece molto piccolo contro la porta, sapendo che se
fosse rimasto in silenzio e senza muoversi, zio Vernon si sarebbe dimenticato
di lui alla fine.
“Sì?” Disse zio Vernon. “Cosa volete?”
“Vernon Dursley, presumo?”
“Sì,”
rispose zio Vernon, annuendo.
“Sono Albus Dumbledore. Non ci
siamo mai incontrati ufficialmente.” Harry guardò la
faccia di zio Vernon corrugarsi, diventando leggermente rossa. “E questi sono
Sirius Black, e Remus Lupin.”
Il primo uomo, Sirius, lanciò
un’occhiata severa verso zio Vernon. Zio Vernon ricambiò lo sguardo, con la
faccia che perdeva lievemente colore. Harry non aveva mai visto nessuno far impallidire zio Vernon in
quel modo. Solitamente chiunque lo faceva arrabbiare di più. E
poi se la sarebbe presa con Harry. L’altro uomo fece un sorriso appena venne presentato, e poi avvolse le sue braccia intorno ad un
braccio dell’uomo dai capelli scuri, dicendogli qualcosa a bassa voce. Harry
pensò che stava per muoversi – sembrava come se
volesse colpire zio Vernon – ma non lo fece.
“Bene, ci spostiamo in salotto?”
chiese Dumbledore.
Harry lo guardò avanzare a grandi
passi e con sicurezza, seguito dagli altri due uomini. Direttamente
oltre zio Vernon, che iniziò a farfugliare rabbiosamente. E naturalmente, quando zio Vernon era arrabbiato…
“Chiudi quella dannata porta,
ragazzo!” gridò, tirando un colpo e mancando Harry che si piegò velocemente.
Non appena Harry aprì gli occhi per vedere se era stato già colpito o no, trovò
zio Vernon che fissava oltraggiato l’uomo con i capelli neri, che teneva il suo
polso in una morsa ferrea.
“Dammi una ragione,” ringhiò sulla faccia rossa di zio Vernon.
“Sirius,”
disse l’altro uomo.
“E questa deve essere la sua
affascinante moglie, Petunia,” disse Dumbledore,
spostandosi verso zia Petunia, che era giunta lì nella confusione. Lei lo
fissò, mentre lui le prese la mano e vi diede una buona stretta. “E’ un piacere
incontrarla. Sono Albus Dumbledore.” Zia Petunia impallidì. “E questi sono i
miei colleghi, Remus Lupin, e Sirius Black.”
Sirius lasciò andare zio Vernon con
una piccola, non troppo gentile spinta. Zio Vernon
inciampò scontrandosi con la porta. Zia Petunia lanciò un piccolo urletto. Remus sospirò.
“Vi elogerei per esservi presi cura
di Harry per i tre anni passati,” continuò Dumbledore.
“Ma tutti noi sappiamo che non è necessario.”
Harry si schiacciò contro il muro.
Ogni volta che gli adulti parlavano di lui, lui finiva in un sacco di guai.
Avanzò lentamente e con attenzione verso le scale, sperando che con un po’ di
fortuna, potesse salirle di corsa e nascondersi
nell’armadio al piano di sopra fino a quando tutto fosse finito. Certo, c’era
la possibilità che si imbattesse in Dudley, ma avrebbe
corso volentieri il rischio in quel momento.
“Perché
non ci spostiamo in una stanza più comoda per discutere di questo?”
Harry si buttò a terra e cadde alla
base delle scale, con un fracasso. Sapeva che avrebbe attirato l’attenzione che
ricevette, e quindi chiuse gli occhi molto stretti e corse su per le scale il
più veloce che poteva, inciampando solo una volta. Dudley aveva lasciato i suoi
pattini sulle scale.
“Chi c’è di sotto?” Chiese Dudley,
nel momento in cui Harry concluse la sua arrampicata. Immediatamente, Harry
afferrò la ringhiera. Era stato spinto giù per le scale abbastanza volte per
sapere che era impossibile ruzzolare lontano quando uno aveva una buona presa.
“Non lo so.”
“Davvero?” Chiese Dudley. Afferrò
il braccio di Harry e cercò di forzarlo a mollare la presa. Harry strinse più
forte, sapendo che se Dudley l’avesse afferrato, l’avrebbe rotto di nuovo. Le
braccia rotte fanno male, ed Harry già si sentiva poco
bene. “Ho detto dimmelo!” Gridò, tirando.
“Non lo so!” Gridò di rimando
Harry, premendo un ginocchio nello scalino per equilibrio.
Dudley tirò con tutto il suo peso,
ed Harry chiuse gli occhi non appena la sua guancia sbatté contro la
balaustrata. I suoi occhi si riempirono di lacrime e la sua testa diede un
colpo. “La prossima volta ti conviene dirmelo!” disse
Dudley, dandogli un calcio sul fianco prima di andarsene via.
Harry tirò su con il naso, non
volendo lasciare la presa fino a quando non avrebbe udito la porta della stanza
dei giochi di Dudley sbattere. Quando fu certo di essere solo, si tirò su, e si sedette sul primo scalino,
strofinandosi la guancia dolente. Le dita di strinsero a pugno sotto il metto, alzandogli la testa. Harry sussultò in sorpresa – non
avendo sentito nessuno arrivare – e guardò in su con
occhi spalancati.
Remus gli sorrise
gentilmente. Era accovacciato sulle scale guardando in alto verso Harry. “Stai
bene?” Chiese. Harry fece un profondo respiro, e si strofinò la guancia, la
mano che si allontanava macchiata. “Qui, lascia che lo faccia io,” disse Remus, mentre Harry tirava l’orlo della sua maglia
troppo grande per pulire la mano.
Harry sbatté gli occhi, osservando
mentre lui tirava fuori un fazzoletto e tamponando gentilmente sulla guancia di
Harry. Nessuno aveva mai pulito i suoi tagli, ed Harry non sapeva cosa si
doveva fare quando qualcuno lo faceva. Si morse il labbro. Remus riusciva a
mandare via le bue. Solo le mamme ed i papà riuscivano a fare questo.
“Grazie,”
disse Harry sottovoce, piegando le ginocchia più vicino.
“Prego, Harry,”
rispose Remus, spostandosi per sedersi accanto a lui, imitando la sua
posizione.
Harry lanciò un’occhiata verso di
lui, e ricevette un sorriso. Guardò di nuovo giù velocemente. “Perché non sei giù?” chiese dopo qualche momento. Remus non
sembrava il tipo di persona che si arrabbia. Quindi, Harry si sentì un po’ ardito.
“Bèh, non hanno davvero bisogno di
me,” rispose.
Harry guardò di nuovo in su. Ma lui sembrava essere così
importante. Remus sorrise.
“Come te la sei fatta quella?”
chiese, indicando la guancia ferita di Harry.
“Sono caduto.”
“Capisco.”
Harry si abbracciò le ginocchia.
“Remus,”
chiamò Dumbledore.
Remus si alzò e si spolverò i jeans. Harry fu colto di sorpresa quando gli tese la mano.
“Ti andrebbe di venire con me?” chiese. Harry guardò dietro verso
la porta della stanza dei giochi di Dudley. Era solo questione di
qualche momento prima che Dudley si stancasse e
uscisse fuori per ‘giocare’ con lui. Ma poi, zio Vernon era di sotto…
Esitò, ma nel momento in cui iniziò
ad alzare la mano, Remus la prese, aiutandolo a mettersi in piedi. Harry sentì
come se si stesse aggrappando a lui, per nessuna ragione che riusciva a
comprendere. Si sentiva come se stesse affogando. Ma
non voleva fare nulla che avrebbe fatto sì che a Remus non piacesse. Nessun
adulto era stato così gentile con lui prima.
Remus scese le scale molto
lentamente, aiutando Harry a scendere, e sorridendogli incoraggiante per tutto
il tempo. Quando arrivano giù, Harry si sentì molto
meglio. La sensazione non durò molto a lungo. Appena arrivano
in salotto, Harry poté sentire l’occhiata trivellatrice di zio Vernon su di
lui. Si chinò verso Remus, nascondendosi leggermente dietro una
delle sue gambe. Remus diede alla sua mano una stretta rassicurante e poggiò
l’altra mano sulla schiena di Harry, guidandolo verso il divano, dove era
seduto Sirius.
Aiutò Harry a sedersi, prima di
sedersi lui stesso. Sirius smise di lanciare occhiate a zio Vernon per guardare
in basso verso Harry. Harry si era aspettato un’occhiataccia anche per lui, ma fu sorpreso di non trovarne. Invece, Sirius gli diede un
sorriso affettuoso e gli scompigliò i capelli. Harry era molto confuso.
“Ciao, Harry,”
salutò Dumbledore, dalla poltrona. Harry si voltò per guardarlo. Il vecchio
uomo gli stava sorridendo, e Harry sentì la sua bocca contrarsi in un sorriso
in rimando.
“Ciao,”
rispose a bassa voce.
“Se non ti dispiace, ci sarebbe
qualcosa di cui ci piacerebbe parlare con te.”
“Non l’ho fatto apposta!” implorò
automaticamente Harry.
Accanto a lui, Sirius si irrigidì. Remus gli strofinò la schiena in segno di
sostegno. Dumbledore fece una breve risata.
“Non aver paura, Harry. Non stai
per essere punito.”
Harry era chiaramente piuttosto
scettico a riguardo, ma non disse nulla. Le calde, ferme carezze sulla sua
schiena lo stavano cullando in una quiete che non aveva mai sperimentato prima.
“No, Harry. Ci piacerebbe parlarti
della tua sistemazione.”
Harry sbatté gli occhi.
“Sei a conoscenza del fatto che sei
orfano?”
Harry annuì lentamente. “I miei
genitori sono morti in un incidente stradale.”
Sopra la sua testa, i due in mezzo
a cui era seduto, si guardarono l’un l’altro.
Dumbledore sorrise semplicemente. “Questa non è proprio
la verità. Comunque, questo non è quello di cui
dobbiamo discutere.” Congiunse le mani insieme. “Harry, i tuoi genitori
indicarono un tutore per te alla tua nascita. Sfortunatamente, a causa
di…complicazioni, sei stato posto sotto la tutela dei tuoi unici parenti in
vita.”
Harry annuì. Zia Petunia era la
sorella di sua madre. Questo lo sapeva.
“Recentemente, queste complicazioni
si sono chiarite, ed al tuo tutore è stata riaffidata
la tua custodia.”
Harry si agitò. Voleva
rannicchiarsi come una palla, ma zia Petunia l’avrebbe
sgridato per aver sporcato i suoi cuscini e l’avrebbe chiuso nel
sottoscala fino alla colazione del giorno dopo.
“Siamo venuti qui
a riprenderti.”
“Huh?”
chiese lui, guardando il gruppo che gli stava intorno.
“Ti riportiamo a casa,” spiegò gentilmente Remus.
Harry lo guardò.
“Sirius è il tuo padrino,” continuò, gesticolando verso l’uomo che gli sedeva
accanto. Harry guardò, e Sirius gli diede un sorriso di saluto. “E vuole portarti a casa con sé. Dove
appartieni.”
Harry si sentì molto, molto
confuso. E si raggomitolò sul divano comunque. Zia
Petunia avrebbe potuto arrabbiarsi; non gli importava
più se veniva punito. Questo era molto più importante. E
spaventoso.
Sia Sirius che Remus si voltarono verso di lui, e nonostante fosse spaventato
com’era in quel momento, Harry non si era nemmeno mai sentito così protetto.
Era come se niente avesse potuto passare oltre loro
due ora. Non Dudley, non zia Petunia, nemmeno zio Vernon. Harry sentì il suo
stomaco rilassarsi, ed il suo cuore aprirsi.
“Vedi, Harry,”
disse Sirius, parlando per la prima volta. Harry scoprì che il suo della sua
voce gli piaceva molto. “Il tuo papà era il mio migliore amico. E appena sei
nato, mi chiese di prendermi cura di te, se gli fosse
successo qualcosa.”
Harry si spostò un po’ in avanti.
“Gli somigli molto, sai,” continuò Sirius, e la sua voce suonò diversa. Non
spiacevolmente diversa. Come se fosse ferito e lo stesse nascondendo.
Harry guardò Remus per conferma.
Remus gli scostò alcune ciocche di capelli e batté leggermente il suo naso. “Eccetto per il fatto che hai gli occhi di tua madre,”
aggiunse.
Harry guardò tra i due, essendosi
dimenticato che non erano soli nella stanza. “Quindi…quindi
verrò con voi?”
“Sì, verrai a casa con noi.”
“Per quanto?”
“Verrai a vivere con noi,” spiegò Remus.
“Per un po’?”
“No Harry,”
corresse Sirius. “Da ora e per sempre.”
“Perché io
vi appartengo?”
Sirius fece un sorriso dolce,
chinandosi un po’ in avanti per essere allo stesso livello degli occhi di
Harry. “Perché fai parte di noi,” rispose. “Sei parte
della nostra famiglia.”
Harry ragionò su questo. Girandosi
verso Remus, chiese, “E tu cosa sei?”
“Come?”
“Lui è il mio padrino,” ragionò Harry, indicando Sirius. “Ma lui ha detto che
siamo una famiglia,” Indicò fra di loro. “Quindi, sei anche tu mio padrino?”
Sirius rise e Remus sembrò un po’
confuso. Diede una pacca sulla spalla di Harry e scosse la
testa divertito.
“Bèh…” disse Remus, spostandosi un
po’. “Io sono…”
“Sì, lui è il tuo padrino
non-ufficiale,” rispose Sirius.
“Okay,”
replicò Harry, contento che questo si fosse sistemato.
Remus guardò via per un momento,
poi di nuovo ad Harry, per un breve sorriso. Sirius
stava ancora ridacchiando dietro Harry. Remus mandò uno sguardo supplichevole a
Sirius, che con qualche sospirò, si ricompose.
Harry decise che
gli piacevano.
“Okay,” disse di nuovo.
“Che c’è,
Harry?” chiese Sirius, tirando indietro i capelli di Harry. Non avrebbe dovuto essere così piacevole, ragionò Harry. Avrebbero potuto essere una famiglia, ma Harry ancora non sapeva
nulla su di loro. Eppure…sentiva più di essere parte
di loro due, quei due estranei, che rispetto a tutto il tempo che aveva passato
con i Dursley.
“Okay,”
ripeté.
“Okay?” gli fece eco Remus.
“Sì. Verrò con voi.”
I due sorrisero. Harry non aveva realizzato che non gli avevano mai chiesto se voleva andare
o no. Ma adesso lo stavano abbracciando, ed Harry
sentì come se finalmente avrebbe scoperto dove apparteneva. Dopo essersi
sentito escluso per così a lungo, avrebbe finalmente, alla
fine scoperto dove apparteneva.
*
Note della traduttrice: ok, il
primo capitolo è fatto. Scusate se non ho reso alla perfezione, ma ho cercato
di non fare una schifezza con le frasi (scommetto che ho miseramente fallito).
Ad ogni modo… vi avverto: per ora l’autrice ha pubblicato solo quattro
capitoli, ma mi ha fatto sapere che presto ne pubblicherà di nuovi. E’ molto
impegnata quindi non so quanto tempo di metterà a scriverli.
Fatemi sapere cosa ne pensate, tradurrò volentieri i vostri commenti a lei ;) mi
raccomando!