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Autore: Miss Piggy    18/02/2011    4 recensioni
Un oceano di certezze, spazzato da un uragano improvviso, che non vuole placarsi. Un turbinio di emozioni, che stravolgeranno la vita di una donna che pensava di aver già raggiunto l'apice della felicità, senza fare i conti con gli uomini.
Genere: Erotico, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Kagura, Naraku, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Il campanello suonò quando Inuyasha stava uscendo dalla sua vasca da bagno. Aveva i muscoli indolenziti e tesi, nonostante il suo fisico giovane e prestante. La vita sedentaria lo stava facendo diventare un rammolito, pensò. Un tempo tutta quell’attività fisica era per lui pane quotidiano, ora l’aveva distrutto.
Stizzito da questi pensieri, si avvolse un asciugamano in vita e si diresse verso il videocitofono. Sullo schermo apparve una giovane donna dai capelli corvini. Lui sospirò e aprì il cancello.
Sapeva che stava sbagliando, non avrebbe dovuto chiamarla, ma il richiamo del sesso era stato più forte. Avevano avuto una lunga storia, tormentata e passionale, e lui alla fine, esasperato da continui litigi e dai pianti ininterrotti di lei, aveva preferito il suo lavoro all’amore della donna. Peccato che il sottile filo della frenesia sessuale li teneva ancora legati. Lei, ancora innamorata, non sapeva rinunciare a quegli attimi strappati, passati in sua compagnia, e lui sentiva il bisogno della carne, come un lupo affamato.
Lui la aspettò con la porta aperta, appoggiandovisi con noncuranza, atteggiando le labbra nel sorriso più affabile che gli riuscì. Doveva trattenersi, almeno per i primi minuti e lasciare che lei venisse sedotta per l’ennesima volta dal suo fascino. Bello e dannato, così lo definivano le donne con cui era stato.
Quando lei lo scorse, le si mozzò il fiato. Era una vera e propria visione, quell’uomo. Aveva i muscoli del ventre ben scolpiti e pettorali definiti, coperto solo da quell’asciugamano, che lasciava tutto all’immaginazione. C’era poco da immaginarsi, si disse Kikyou, sapeva benissimo cosa si celava sotto quel sottile strato di stoffa, ma rimase comunque senza respiro. Aveva ancora i capelli grondanti che gli ricadevano morbidi e spettinati sulle spalle, così che goccioline di acqua cadevano inesorabili sul suo corpo, disegnano piccoli rigagnoli e cadendo proprio dentro l’asciugamano, attirando ancora più l’attenzione su quella scultura che si stagliava di fronte a lei.
“Ciao Inuyasha.” Articolò lei con fatica.
“Ciao Kikyou. Vieni, entra, prima che mi prenda una polmonite. L’aria della sera è ancora così fredda, nonostante la primavera sia arrivata da un pezzo.” Disse lui.
“Già.” Pigolò lei. Non sapeva cosa rispondere, parlare del tempo è così imbarazzante. Si capiva che lo faceva perché non aveva altri argomenti di cui discutere con lei. Cercò di farsi forza.
Entrarono in quella che era una vera e propria reggia, non una casa comune. Duro lavoro e truffe avevano portato bene.
Inuyasha si diresse verso la sua stanza.
“Sarà meglio che vada a mettermi qualcosa addosso. Se ti va, puoi salire mentre decido cosa mi è più comodo, altrimenti puoi aspettarmi qui.” Disse lui, con evidenti intenzioni. Era una provocazione, lei lo sapeva, e non poteva che coglierla al volo.
“Non mi va di stare qui sola ad aspettarti. Potresti persino addormentarti seduto davanti all’armadio, ti conosco.” Lo ammonì lei.
“Come vuoi!” disse lui sorridendo. Lo conosceva bene, lo sapeva, stava facendo leva sui ricordi del passato per intenerirlo.
Si diressero verso una grande scala che portava al piano superiore. Quella casa era un misto fra antico e moderno, un capolavoro di architettura. Avevano speso milioni di dollari per una villa che usavano raramente, presi com’erano dal lavoro. Il giardiniere e la colf erano gli unici che si aggiravano per quella casa durante la settimana.
Arrivati alla camera di lui, Inuyasha lasciò che Kikyou entrò, tenendo la porta aperta, e lasciò che il profumo della donna gli riempisse le narici. Era sempre stato un potente afrodisiaco per lui, così come in quel momento. Infatti, lei fece per incamminarsi verso una comoda poltrona nell’angolo della camera, quando lui la prese per un braccio, la fece voltare e la strinse a sé. Le sciolse la coda e fece sì che i capelli le ricadessero sulla schiena. Lui piantò i suoi occhi ambrati in quelli scuri di lei, intanto che le accarezzava i capelli. Lentamente, lasciò che la sua mano scivolò sotto il sottile maglione che lei indossava, percorrendole la schiena con mani esperta, spostandosi sul suo collo. Mentre le accarezzava l’incavo fra la spalla e il collo, con la bocca iniziò ad assaporare la sua pelle, sentendo il respiro di lei aumentare di intensità. Soddisfatto del suo lavoro, la spinse verso il grande letto matrimoniale, senza sciogliere la presa, così che gli finì sopra, a cavalcioni. Si fissarono per pochi secondi, poi lui le sfiorò le labbra con le sue, avvicinando il suo bacino al corpo della donna. Lei sussultò di piacere, sentendo l’erezione di lui contro le sue cosce.
A quel movimento, Inuyasha perse il controllo. Affondò la lingua nella bocca di Kikyou mentre le sfilava i pantaloni, intanto che lei trafficava con l’apertura dell’asciugamano. Con un gesto secco, lei lanciò via l’indumento, mentre Inuyasha infilava le sue dita sotto il suo reggiseno, giocando e stuzzicandola.
Accecato dalla passione, la spogliò completamente e senza esitare la fece sua. Ormai non si preoccupava più se poteva farle del male, aveva solo bisogno di possederla.
Iniziò a muovere il bacino lentamente, mentre lei si posizionava meglio, per non essere scomoda. Avevano imparato a non parlare più, le parole non servivano dopo così tanti anni di conoscenza così intima.
Aumentarono il ritmo, sentendo sempre più il bisogno di raggiungere l’apice della passione. Ad un tratto però, lui si fermò, si spostò di lato e si sdraiò accanto a lei. Lei, intuendo, gli si mise sopra, così che potesse essere lei a dirigere il gioco. Inuyasha preferiva assaporarsi il momento, per questo aveva bruscamente interrotto il suo movimento. Ora, con lei al timone, si sarebbe divertito di più.

Sesshoumaru notò la piccola 500 ormai familiare parcheggiata davanti a casa. Quindi quel cane arrapato sta sfogando i suoi istinti primordiali su quella povera donna, pensò lui schifato. Non sapeva darsi un contegno, quell’ingrato.
Entrò in casa e chiuse la porta con un tonfo, così che gli altri inquilini avrebbero capito che era tornato e che non dovevano fare troppo rumore.
Si diresse verso il bagno, pregustando il momento di immergersi nella proprio vasca idromassaggio. Passò davanti alla camera del fratellastro, cercando di concentrarsi sui propri pensieri, ma i tonfi che provenivano dall’interno della stanza erano inequivocabili. Quell’idiota si sta proprio divertendo, pensò Sesshoumaru con una punta di invidia. Sapeva come sottomettere le persone giuste e ora si stava divertendo con il suo giocattolo, sfruttando i sentimenti di quella donna a suo favore.
Lui, invece, non ne era mai stato capace. Sapeva incutere timore ai suoi subalterni ed aveva imparato a pretendere il rispetto dai suoi concorrenti, ma di giocare con i sentimenti degli altri non ne aveva intenzione. Non voleva essere la causa di tanto male, sapeva cosa si provava. O meglio, aveva visto come ci si poteva ridurre.
Sua madre, dopo che suo padre scappò con la sua nuova fiamma, nonché madre del fratellastro, cadde in una profonda depressione. Erano mesi che sua madre sospettava, passando notti insonni e iniziando ad abusare di alcol. Lentamente, si stava sgretolando. Lui era appena un adolescente, ma dovette prendersi cura di lei, rimandando lo studio alla notte. Era brillante e rinunciare a un futuro promettente non era quello che voleva. Così si fece in quattro, per aiutare la madre e per se stesso. Fino a che lei non decise di mettere fine a quell’atroce sopravvivenza. Si tolse la vita, abusando degli psicofarmaci che il suo psichiatra le aveva prescritto. Fu Sesshoumaru a trovarla, al ritorno da scuola, riversa in cucina. Aveva diciannove anni.
Quell’episodio lo segnò per sempre e decise che suo padre avrebbe dovuto pentirsi per tutta la vita per quello che aveva fatto. Dopotutto, se sua madre aveva deciso di togliersi la vita non era che colpa sua. Così si presentò sotto casa del padre e inveì contro di lui non appena lo fece entrare. Si scagliò contro di lui con tutta la forza possibile, cercando di ferirlo più che poteva, urlando e sbraitando che non poteva che ringraziare lui se ora sua madre non c’era più. Suo padre, vista la situazione e la forza del figlio, non potè che scappare. Salì sulla sua macchina e se ne andò. Poco dopo, un tonfo terribile, sirene e una gran confusione riempirono l’aria. Si era schiantato a folle velocità contro un camion, nella foga di scappare.
Da quel giorno, dovette prendersi cura del piccolo Inuyasha, che allora aveva soltanto otto anni, orfano di madre, scappata dopo averlo dato alla luce, e di padre, come lo stesso Sesshoumaru. Legati da un destino infame, che si era preso gioco delle loro vite.
Così crebbero insieme, Sesshoumaru ormai adulto, che si ritrovò a crescere un fratello che nemmeno sapeva di avere, animato soltanto da un senso di colpa per aver causato tutto quel gran casino.
Mentre ricordava il passato, si era spogliato e aveva riempito la vasca con acqua bollente e una quantità enorme di bagnoschiuma. Aveva bisogno di scrollarsi di dosso il peso della giornata. Si immerse e si lasciò scivolare fino al collo, così che i capelli soffici si impregnassero della schiuma che si era formata. Frugò poi nella tasca dei suoi pantaloni che aveva lasciato in terra, accanto alla vasca, e ne estrasse un pacchetto di Lucky Strike. Ne infilò una fra le labbra e la accese con l’accendino che aveva riposto nello stesso pacchetto. Aspirò una lunga boccata, chiuse gli occhi e sputò il fumo fuori lentamente. Assaporò fino infondo il sapore del tabacco, fece un altro tiro e si abbandonò contro il bordo. Era esausto. Il giorno dopo lo aspettavano quelle due donne e una montagna di lavoro. Finchè posso, meglio concedermi un lungo e meritato riposo, pensò mentre fumo e vapore stavano lentamente riempiendo la stanza.

Kagome non dormì molto bene quella notte. Continuava a rigirarsi nel letto, in preda all’ansia per l’incontro del giorno dopo. Sapeva che l’indomani doveva più che mai tenere a freno la lingua e soprattutto mantenere il sangue freddo, il tutto fingendo di essere qualcun altro. Quell’insieme di stati d’ansia le distrussero il sonno, tanto che la mattina quando si alzò e fece per dirigersi in cucina, passando davanti ad un grande specchio nel corridoio, ebbe l’impressione di aver scorto uno zombie, non il suo riflesso.
Kagura stava già sorseggiando quello che le pareva caffè da una grande tazza.
“Com’è che sembri uno spaventapasseri stamattina?” la schernì Kagura, di buon umore.
“Allora ho proprio un aspetto pessimo. Mi ci vorrà una buona dose di trucco stamattina per non spaventare i nostri amici!” sospirò Kagome, frugando nella dispensa e trovando qualche biscotto e scorgendo una brioches fresca.
“Non mi dire che sei scesa al bar di sotto per prendere questa!” disse Kagome stupita. Come poteva essere così attiva Kagura la mattina?
“Mi sono alzata quasi un’ora fa, mi sono fatta una doccia e ho pensato che qualcosa di fresco ti sarebbe piaciuto.” Disse la donna sorridendo.
“Oddio, sei un angelo! Io comincerò ad ingranare fra due ore, nel frattempo avrò il cervello completamente ingrippato. Tu sì che sei una donna perfetta!” rispose Kagome, sbadigliando profondamente e grattandosi la testa in maniera molto scimmiesca.
Kagura scoppiò a ridere. Quella ragazza era così spontanea! Eppure il complimento le aveva fatto immensamente piacere.
Finirono la loro colazione e mentra Kagura sistemava la cucina, Kagome si diresse in camera sua e si armò di tutta la pazienza di cui disponeva per truccarsi in modo dignitoso, per non trovarsi strane macchie poi durante il giorno. Le capitava spesso, quando era di fretta e l’effetto era tutt’altro che divertente, come pensava Jakotsu.
Il pensiero del suo amico così lontano la fece restare un po’ con il pennellino dell’eyeliner a mezz’aria. Le mancava. Si sforzò per imprimere nella sua testa l’impegno a chiamarlo quella sera stessa. Avrebbe anche mandato una mail a Sango, anche solo per dirle che era tutta intera. Con quel pensiero felice, concluse l’opera di “restauro”, come la chiamava lei, e si vestì.
Kagura l’aspettava seduta sul divano. Aveva addosso un vestito di seta leggera con fantasie floreali, con un paio di sandali neri dal tacco vertiginoso. Sopra aveva optato per uno scialle nero, avvolto sulle spalle, con i capelli raccolti in uno stretto chignon, da cui alcune ciocche sfuggivano e le incorniciavano il volto.
Kagome strabuzzo gli occhi.
“Oh, ma.. cioè, io non.. voglio dire.. sei veramente fantastica! Hai intenzione di far prendere un colpo ai nostri uomini?! Sei iper sexy!” esclamò Kagome, senza riuscire a trattenersi.
Kagura si sentì quasi in imbarazzo.
“Suvvia, non è niente, è un semplice vestito..”
“No, ma tu scherzi! Sei un’opera d’arte, nessuno sarebbe in grado di vestirsi così senza essere volgare! Lo mettessi io un vestito simile mi chiederebbe subito quanto voglio per una botta!” sospirò Kagome, sinceramente.
“Smettila di dire fesserie, o mi verrà mal di pancia a forza di ridere!” le disse Kagura, ridendo a crepapelle.
Anche Kagome era stupenda, in quel suo abito verde smeraldo, con un’ampia scollatura, che aveva abbinato con un maglione lungo, una giacchetta di pelle e una grande sciarpa leopardata.
“Andiamo, che oggi anche tu sei fantastica. Fai molto anni ’70, tette a parte.” Le disse Kagura.
“Oh, andiamo, non puoi parlare tu, così scosciata!” rise Kagome. In effetti quel vestito era un po’ troppo per lei, però le piaceva il colore.
Salirono sulle loro auto e sfrecciarono nel traffico.
Arrivate alla Taisho Corporation, parcheggiarono una di fianco all’altra e entrarono. Si diressero senza esitazioni all’ultimo piano, attirando gli sguardi di molti dei presenti. La segretaria disse loro che i fratelli non erano ancora arrivati e che avrebbero dovuto aspettare qualche minuto.
Kagome si sedette ed estrasse il cellulare. Aprì una pagina vuota di un messaggio e scrisse:
“Tesoro! Tokyo ti piacerebbe, piena di vita e di gente tutta strana! Ho una macchina super lusso con cui ho rischiato di schiantarmi dopo due minuti e stiamo in una villa da veri vip! Se non fosse perché sto fingendo, ora va tutto a meraviglia! E avevi ragione, i fratellini sono proprio carini! Ti manderò una foto appena possibile! : ) Buona giornata!”
Cliccò invio e ripose il cellulare. Un messaggio era più economico, la chiamata avrebbe prosciugato il suo credito.
Sbadigliò proprio nel momento che Inuyasha e Sesshoumaru facevano il loro ingresso. Si ricompose alla svelta, sperando che non l’avessero notata mentre mostrava la sua ugola al mondo intero. Doveva cercare di comportarsi più femminilmente.
Si alzarono e si avvicinarono ai due uomini.
“Buongiorno, signori. Spero abbiate riposato bene. Siete pronti per un’intensa giornata di lavoro?” iniziò Kagura. Inuyasha sbarrò gli occhi non appena la vide alzarsi dalla sedia.
“Certamente, signorina. Il lavoro è il mio pane quotidiano. Prego, dopo di voi.” Rispose Sesshoumaru pacato, indicando il loro ufficio. Doveva ammettere che quella donna sapeva come attirare l’attenzione su di lei. Tra abbigliamento, voce suadente e profumo inebriante, dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per non prenderla di peso e sdraiarla sulla sua scrivania.
Kagome non parlò, sorrise pacatamente e seguì Kagura. Sapeva che in confronto a lei rimaneva in ombra e in quel momento non le dispiaceva. Meno interveniva, meglio era, visti i precedenti risultati.
I due uomini si sistemarono sulle rispettive poltrone mentre Kagura aspettava ad accomodarsi.
“Non fatevi problemi, prego, sedetevi pure!” le invitò Sesshoumaru.
Cautamente, si sedettero di fronte alla scrivania. Kagura accavallò le gambe con eleganza. Sesshoumaru non si lasciò sfuggire il movimento, notando quanto sensuale fosse quella donna. Non doveva lasciarsi distrarre, dovevano lavorare insieme.
Kagome nel frattempo si stava sistemando il suo vestito, rassettandolo un po’, per non mostrare una porzione troppo evidente di gambe. Non le sembrava dignitoso essere troppo provocante, meglio rimanere piuttosto fredda. Dopo aver alzato lo sguardo, si dipinse in volto un espressione tra l’imbronciato e l’interessato, sporgendo le labbra e appoggiando le mani in grembo.
Inuyasha guardava fuori dalla finestra, mentre il fratello si occupava dei convenevoli, pensando alla nottata precedente. Kikyou se n’era andata la mattina presto, dopo aver dormito poche ore accanto a lui. L’aveva sentita chiudere la portiera della sua auto e correre via, nella nebbia dell’alba. Non voleva disturbarlo, sapeva che il loro rapporto correva sul filo del rasoio, quindi aveva preferito non essere troppo invadente e se n’era andata senza troppi convenevoli. Lui, per questo, l’ammirava. Pur essendo ancora follemente innamorata di lui, sapeva rispettare i suoi spazi e non pretendeva nulla di più di quello che le dava ora. Si sentiva un verme in ogni caso, perché l’aveva sfruttata per l’ennesima volta, ma sapeva che fintanto che c’era non sapeva farne a meno.
La voce del fratello lo riportò alla realtà.
“Se mio fratello ci degnerà finalmente della sua attenzione potremo cominciare. Prima iniziamo, prima finiremo.” Ringhiò Sesshoumaru.
Inuyasha si voltò annoiato. Posò i suoi occhi prima su quella donna così provocante poi sull’altra, che non aveva degnato ancora di uno sguardo. Il ricordo della loro precedente sfuriata ancora lo animava. Notò, forse per la prima volta, che aveva labbra carnose e lunghi capelli neri che cadevano disordinati sulle spalle dritte. Lasciò scorrere gli occhi sul suo collo affusolato, avvolto da una sciarpa di seta, fino a che non raggiunse la notevole scollatura, finendo per notare che aveva delle mani molto piccole ma ben curate e che le gambe erano di un candore quasi angelico. Tornò a scrutare il suo volto, intrecciando il suo sguardo con quello di quella ragazza. I suoi occhi erano scuri e profondi e non accennava ad abbassare il suo, quell’arrogante di una donna, pensò Inuyasha. Lui inarcò un sopracciglio, piegò le labbra in un sorriso malefico e sbuffò, sedendosi sulla sua sedia, guardando il fratello. Se doveva sopportare quella donna tutto il giorno, avrebbe dovuto fare appello a tutte le sue forze. Prima o poi sarebbe sbottato.
Kagome, dal canto suo, non aveva intenzione di perdere quella guerra ormai aperta. Lui l’aveva squadrata studiata e provocata, indugiando per troppo tempo sul decollettè e sui suoi occhi, infastidendola.
“Bene, se siamo pronti, possiamo aprire le danze. Avremmo intenzione di visionare i vostri bilanci degli ultimi 10 anni. Dovreste averli, la normativa prevede che li si conservino per quel lasso di tempo.” Iniziò Kagome, prima che le venisse voglia di sputare in faccia a quell’arrogante.
“Certamente. Manderò la mia segretaria in archivio e li faccio portare qui.” Rispose Inuyasha, più professionale di quello che si aspettasse Kagome.
“Non disturbi la sua segretaria, andremo noi di persona. Se dobbiamo stare qui per molto tempo per aiutarvi, dovremo pur prendere confidenza.” Proseguì Kagome, cercando di essere convicente.
“Ma si figuri! Sono centinaia di pagine, quindi moltiplicate per dieci fanno un carico estremamente pesante per voi.” Disse Inuyasha, controllandosi. Che sfacciata!
“Ho lavorato per anni in un supermercato prima di diventare revisore, sollevavo scatoloni di detersivi da mattina a sera e quando la mia vita si è trasformata, ho proseguito facendo giornalmente pesi in palestra. Sono più che in grado di sopportare un simile sforzo.” Disse Kagome, stupendosi anche lei della scioltezza con cui aveva raccontato quella bugia.
“Suvvia, Inuyasha, lasciale andare. Non si perderanno e nel caso avessero bisogno di aiutano, non dovranno fare altro che chiamare.” Esordì Sesshoumaru, capendo che il fratello non sarebbe stato capace di rispondere qualcosa di sensato in quel momento, accecato dalla rabbia come presumeva fosse.
“Va bene, signorina. Nel caso, abbiamo anche qualche mobile da spostare giù in archivio, se vuole provvedere, data la sua forza.” Ringhiò Inuyasha, mentre le due donne se ne stavano andando.
“Non sono certo venuta qui per farle la serva, Signor Taisho. Ho ancora una dignità e non sarà certo lei a calpestarla. Ora, se permette..” rispose Kagome, avviandosi alla porta dell’ufficio.
Kagura la guardò di sottecchi, con lo sguardo fiammeggiante, ma lei si limitò a sorridere e uscì con passo fiero.
“Ti avevo detto di chiudere quella boccaccia, maledizione!” sbraitò Sesshoumaru, quando la porta si chiuse dietro alle due donne.
“Ma chi si crede di essere, l’incredibile Hulk! Quella ficcanaso, prima o poi le darò una lezione! Non capisci che potrebbero trovare quei documenti? Hai intenzione di distruggerci?!” urlò di rimando Inuyasha.
“Sta’ tranquillo, sono nascosti, nemmeno il più astuto potrebbe trovarli. Figuriamoci due donne. Prenderanno quello di cui hanno bisogno e torneranno qui, sotto i nostri occhi, dove potremo controllare quello che fanno.”
“Sei troppo sicuro, Sesshoumaru, io non mi fido di quelle arpie!”
“Solo perché la ragazza sa tenerti testa, non significa che sia una serpe. Stai tranquillo e controllati. E soprattutto, attento che la prossima volta ti cadranno gli occhi fuori dalle orbite se non la smetti di guardarle le tette!” lo schern Sesshoumaru.
“Tsè! Le mette in mostra, che devo fare? E tu non farmi la morale! Che ho visto come guardavi le gambe di quella donna, sembravi un cane affamato con un osso!” rispose Inuyasha, stizzito.
“Smettiamola, stavo solo cercando di scoprire di colore erano le sue mutandine!” rispose divertito Sesshoumaru.

L’archivio era al piano interrato, l’aveva letto su uno dei cartelli all’ingresso.
“Se vogliamo trovare qualcosa per incastrarli, partiamo da lì. Non c’è posto migliore per nascondere qualcosa.” Disse Kagome.
“Ottima idea, però la prossima volta cerca di non scatenare un altro pandemonio. E poi l’aria era veramente tagliente, da quando vi siete guardati a quando ce ne siamo andate. Sprizzavi scintille dagli occhi, facevi paura!” rispose Kagura.
“Ho solo cercato di fargli capire che non mi sottometterà mai. Io non sono qui per farmi prendere in giro, ma per distruggerlo. Quindi, che abbassi la cresta con me!”
“Ben detto, mia cara! Così mi piaci! E ora, al lavoro! Abbiamo un mistero da svelare!” disse solenne Kagura, mentre le porte dell’ascensore si aprivano sulla porta che dava sull’archivio.
“Se troviamo anche solo un topo, ti avverto che potrei anche svenire!” pigolò Kagome.
L’altra donne rise di gusto. Sotto quella corazza, si nascondeva una donna fragile, pensò Kagura. Ancora non era riuscita a comprendere fino infondo l’essenza della ragazza, ma sapeva che non poteva che piacerle.




Ufffff, che fatica scrivere questo capitolo!
Ricominciare le lezione all’università mi ha steso, per questo ho impiegato più tempo del previsto!
Non so se vi si piaciuto questo capitolo, ho fatto un po’ fatica a metterlo insieme!
Fatemi sapere se è stato di vostro gradimento!
Bye bye, alla prossima! Smack! : )
   
 
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