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Autore: ornylumi    20/02/2011    3 recensioni
Un immaginario capitolo extra di Harry Potter e i Doni della Morte, posto subito dopo la fine della battaglia di Hogwarts. Un viaggio nei ricordi di Bellatrix, visti attraverso gli occhi di Harry, alla ricerca della vera ragione per cui è diventata quello che era: la più spietata e fedele Mangiamorte.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Harry Potter, Narcissa Malfoy, Rodolphus Lestrange, Voldemort | Coppie: Bellatrix/Voldemort, Rodolphus/Bellatrix
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Catapultato nel ricordo successivo, Harry si ritrovò in un luogo di Hogwarts ancora diverso. Era una stanza lunga e bassa, dalle mura di pietra, illuminata tutt’intorno da una strana luce verde… la sala comune dei Serpeverde.

Gli ci volle un po’ a riconoscere Bellatrix tra gli altri ragazzi che erano lì, seduti a studiare o a chiacchierare. Dovevano essere passati alcuni anni dallo Smistamento: i suoi tratti erano molto più adulti, e quel poco di innocenza che lasciavano trasparire sembrava scomparsa del tutto. Al suo posto restava un’incredibile determinazione, mentre si concentrava sulla pergamena che aveva davanti a sè. Doveva avere, pensò Harry, almeno quindici o sedici anni. Era veramente carina, e con terrore considerò che, conoscendola a quell’età, avrebbe potuto persino piacergli.

Sembrava non ascoltare né vedere nessuno attorno a lei, mentre scriveva senza sosta, con un gatto nero che le stava acciambellato sulle gambe. Ad un tratto, però, un ragazzino magro dall’aria timida si avvicinò al suo tavolo. La chiamò solo dopo qualche istante, come se avesse paura di osare tanto.

“Bella..?”

“Sto studiando, Rab! Ho il tema di Trasfigurazione per domani! Che cosa c’è?” Il tono con cui lo aggredì instillò in Harry tutta la comprensione possibile per quel poverino.

“Lo so, infatti non ti avrei disturbato, è solo che…”

“Appunto, e quindi perché lo fai?” lo interruppe. Non aveva ancora alzato gli occhi dalla pergamena, ma lo fece in quel momento. “E poi, che ci fai qui? Non dovresti essere dove ti ho detto di essere?”

“E’ da lì che vengo! È arrivato, Bella”.

Alzò di nuovo lo sguardo su di lui, questa volta più a lungo. “Cosa?” gli chiese in un sussurro.

“È nello studio del Preside, come avevi detto tu”.

A quelle parole, Bellatrix balzò in piedi con uno scatto improvviso, lasciando cadere a terra la povera bestiola che emise un miagolio seccato.

“Stai dicendo sul serio? Non prendermi in giro, Rab!”

“Non lo farei mai”. Quell’aspetto spaventato non lasciava dubbi sulla sua sincerità. Anche Bellatrix sembrò convincersene, perché in un attimo la furia che aveva negli occhi lasciò il posto a un’espressione dolce, a un sorriso felice.

Sparì in un lampo, abbandonando gatto e compiti senza esitazione, e Harry dovette correre parecchio per non perderla di vista. Passò con lei attraverso l’apertura nel muro, percorse corridoi e salì un piano dopo l’altro, finché non si trovò di fronte alle scale a chiocciola dello studio di Silente. Entrambi si appoggiarono alla parete, senza più fiato.

Trascorsero alcuni minuti, forse mezz’ora, prima che qualcosa accadesse, e che Harry capisse cosa stavano aspettando. Dei passi stavano scendendo le scale, rivelando a poco a poco la lunga figura di un uomo. Alto, avvolto in un mantello nero, un bagliore di rabbia negli occhi e quella luce rossa, che Harry non avrebbe mai dimenticato… Voldemort.

Passò accanto a Bellatrix senza degnarla di uno sguardo, ma lei lo chiamò, con la voce rotta dall’emozione: ”Signore…”

Voldemort si voltò infastidito, con ben poca intenzione, evidentemente, di aprire una conversazione.

“Signore, permettetemi una parola…”

“Chi sei?” le chiese, scrutandola.

“Mi chiamo Bellatrix Black, Signore”. Harry notò che aveva posto particolare enfasi sul cognome. “Sono una Serpeverde. Vi ammiro da sempre, dalla prima volta che ho sentito parlare di voi… e finalmente, ho l’occasione di conoscervi. Permettetemelo, vi prego”.

Voldemort continuava a scrutarla, come per valutare se quell’adolescente meritasse un po’ della sua attenzione. “Allora piacere di conoscerti, Bellatrix” le disse, infine. Specificando il suo cognome e la sua Casa di appartenenza, doveva aver colpito nel segno. Un grande sorriso le si allargò sul volto.

“Io… vorrei chiedervi una cosa, Signore. Sono anni che ci penso, da quando ho iniziato a studiare in questa scuola. Ho imparato tanto, oserei dire di essere la migliore in quasi tutte le materie, ma proprio per questo Hogwarts non mi basta più. Sono affascinata dalle Arti Oscure…” fece un passo verso di lui mentre lo diceva, appassionata. “Ma so già come difendermi. Ora voglio imparare ad usarle, a farle mie, e questa scuola non me lo permette. Allora, ho pensato, chi meglio di voi potrebbe insegnarmele? Siete il più esperto, il maestro migliore che si possa desiderare…”

Un’ombra di sorriso passò sul volto di Voldemort, ma Harry non sapeva dire se fosse a suo modo sincero o se piuttosto volesse deriderla. “Mi conosci bene, ragazzina” commentò. “Allora dovresti anche sapere che non sono un insegnante. Che non ho tempo per occuparmi di lezioni private”.

Bellatrix si morse il labbro, ma la sua risposta arrivò subito dopo, come se sapesse di avere un asso nella manica. “In realtà, no. Credevo che insegnare fosse un vostro desiderio. Perché chiedere un posto al Preside, altrimenti?”

Voldemort si accigliò; l’ombra di sorriso era già sparita.

“Hai origliato?”

“No, sono solo informata. So che l’avete chiesto anni fa, e immagino che siate tornato per la stessa ragione”.

Solo in quel momento, Harry ricordò di aver già assistito a una scena simile. Era stato nel ricordo di Silente, l’ultima volta che lui e Voldemort si erano incontrati, e che in effetti Riddle gli aveva chiesto l’incarico di insegnante. Il suo aspetto, poco umano ma non ancora così simile a un serpente, era lo stesso di allora. Stava assistendo alla seconda parte della storia, a quello che era accaduto dopo che Silente l’aveva congedato.

“Visto che sei così bene informata” continuò “Saprai anche che il tuo caro Preside mi ha negato quel posto. Non potrò insegnare a te, né a nessun altro”.

Bellatrix fece spallucce. “Non mi è mai piaciuto Silente. Non cerca il meglio per i suoi studenti, non per tutti, almeno. La purezza del sangue e le vere capacità non hanno importanza, per lui. Molto sciocco”.

“Non potresti trovarmi più d’accordo, Bellatrix”. Era vero; sembrava che lei lo facesse apposta, che stesse cercando ogni espediente possibile per avere la sua approvazione. “Ma le cose purtroppo stanno così. Come ti ho già detto, non dò lezioni private. E ora devo andare”.

Certo, pensò Harry. Doveva andare al settimo piano, nella Stanza delle Necessità, a nascondere l’Horcrux che credeva introvabile. Quando iniziò ad allontanarsi, Harry si convinse che la conversazione era finita, ma si sbagliava. Bellatrix fece un gesto strano, imprevedibile; tirò fuori dalla veste la sua bacchetta e la puntò proprio verso Voldemort. Non fece neanche in tempo a pronunciare un incantesimo, però, che lui le fu di nuovo vicino, afferrandole il polso destro con tanta forza da farle cadere di mano la bacchetta.

“Che fai? Che cosa credevi di fare?” la aggredì.

“Allora è vero… leggete anche nella mente”. Continuava a guardarlo e a sorridergli in modo strano, quasi malizioso, mentre lui la stringeva. Non mostrava alcuna paura per quello che avrebbe potuto farle. Gioiva quasi di quella stretta, come se avesse fatto tutto solo per arrivare a quel momento, per avere la mano di Voldemort sul suo polso. Quando finalmente la lasciò, Harry poteva giurare di averla vista rabbuiarsi, per un istante.

“Non avrei mai provato a farvi del male, non a voi, Signore… permettetemi di mostrarvi quello che so fare, quello che posso diventare. Insegnatemi le Arti Oscure”.

Restarono a guardarsi in silenzio, per alcuni lunghi secondi in cui Harry si aspettava di veder sfoderare di nuovo bacchette. Ma non accadde; fu Voldemort a parlare di nuovo.

“Sai arrivare a Hogsmeade? Saresti in grado di uscire dal castello di notte?”

“Sì, senza problemi, Signore! Conosco tutti i passaggi nascosti per l’esterno”.

“Bene. Allora, quando i tuoi compagni vanno a dormire, esci e vieni alla Testa di Porco. È lì che ci incontriamo, io e i miei amici. Vedremo quello che sai fare”.

Bellatrix non credeva alle sue orecchie; sembrava il ritratto della felicità. “Non vi deluderò, Signore”.

Restò a guardarlo mentre si allontanava, massaggiando il braccio dolorante con leggerezza, quasi accarezzandolo. Aveva raggiunto il suo scopo.

   
 
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