La pioggia cadeva copiosa fuori
dalle finestre della Devil May Cry.
Dante se ne stava seduto con i piedi sul piano della scrivania e la guardava
annoiato mangiando una fetta di pizza fredda. ‘Pioveva anche quella volta…’si
disse con un sospiro. Che serataccia.
L’agenzia era sempre silenziosa e
tranquilla quando non c’erano in giro quella pazza di Lady e quella lamentosa
di Patty. Anche se non l’avrebbe mai ammesso, la compagnia delle due in fondo
non gli dava così fastidio perché lo aiutava a riempire le giornate in cui non
aveva lavoro da fare. E poi non poteva negare che soprattutto la prima lo aveva
aiutato più di quanto avesse mai potuto credere possibile dopo quello che era
successo anni prima. Il cacciatore di demoni scosse la testa, passandosi una
mano nei capelli candidi. Non voleva pensare a lui. Il suo sguardo cadde sul calendario. Quel giorno erano dieci
anni esatti, ora che ci faceva caso. Non che facesse qualche differenza. Era
solo passato un anno in più. La ferita non si sarebbe richiusa, nemmeno fosse
passato un secolo, lo sapeva benissimo. Un tradimento del genere non lo si
superava mai. Però, per qualche assurdo motivo, quel giorno la sua presenza era più forte. Lo sentiva
più vicino che mai. Come se fosse lì, nella sua stessa città. Ma doveva essere
solo la sua dannata immaginazione. Sospirò di nuovo, alzandosi. Non poteva
starsene lì seduto a fare nulla o i ricordi avrebbero preso il sopravvento. E
con loro i sensi di colpa. Se solo fosse riuscito ad afferrare quella maledetta
mano! Sarebbe stato tutto diverso e, anche se i suoi amici insistevano che non
lo si poteva davvero dire, forse anche migliore. Dante non vedeva come la sua
vita sarebbe potuta andare meglio con la persona a cui aveva tenuto di più di
tutto il resto al suo fianco. Ma lui
se n’era andato per sempre, inghiottito da una voragine in cui lui non poteva
scendere. Il suo gemello si era rinchiuso nell’unico luogo in cui lui non
poteva raggiungerlo: all’Inferno. I ricordi di quel giorno lo aggredirono
approfittando della sua guardia abbassata, potenti e dolorosi.
Fortunatamente, proprio in quel
momento la porta dell’agenzia si spalancò con violenza e Lady irruppe nella
stanza esclamando raggiante: “Buongiorno, Dante! Hai visto che schifo di clima?
Accidenti, ti fa deprimere tutta questa pioggia, non trovi?”.
“Ciao, Lady”le rispose lui con poco entusiasmo. “Cosa cazzo ci fai qui?”.
“Sempre fine ed educato, vedo”lo canzonò la donna. “Sono venuta a farti un po’
di compagnia così non ti senti solo. Morrison mi ha detto che oggi Patty non
sarebbe venuta e così ho pensato di sostituirla io!”. Gli strizzò l’occhio
complice e gli regalò un sorriso malizioso e seducente, ovviamente sempre per prenderlo
in giro.
Dante sbuffò scocciato. Quella ragazza aveva fin troppa energia e senso
dell’umorismo per i suoi gusti. “Stavo per andarmene a fare un giro”bofonchiò
contrariato.
“Con questo tempo da lupi? Ma dai!
Perché non ci facciamo una bella chiacchierata tra amici? Posso provare ad
insegnarti come si gioca a carte, già che ci sono”.
“Mi spiace ma devo rifiutare. Non
sono dell’umore giusto oggi”.
Il sorriso scomparve dal volto di
Lady e lei sospirò. “Lo so, Dante, lo so. Sono qui apposta. Capisco benissimo
che oggi è una brutta giornata per te e proprio per questo sono venuta a
tenerti compagnia. Non volevo lasciarti solo con i tuoi ricordi”disse
appoggiandogli una mano sul braccio.
“È un giorno come un altro invece. E non ho bisogno della balia, sono adulto e
vaccinato ormai, me la so cavare da solo!”protestò il cacciatore di demoni.
L’ultima cosa che voleva era avere tra i piedi quella donna e le sue patetiche
prediche su come si affrontavano i ricordi dolorosi.
“Non mi sembra. Guarda che ho visto
che razza di sguardo avevi quando sono entrata. Non ci vuole un genio per
capire che pensavi a lui. Dante, non far finta che sia tutto a posto! Sappiamo
bene tutti e due che non è così!”.
“E va bene! Sto di merda e ho ‘sti cazzo di ricordi che mi tormentano! Contenta
adesso? Bene! Lasciami in pace! E andate a farvi fottere tu e le tue lezioni di
psicologia!”esplose lui irato scostandola con veemenza.
Lei sospirò nuovamente. “Io posso anche andare a farmi fottere, se la cosa ti
può consolare. Ma questo non cambierà le cose e non serve a nessuno dei due.
Adesso siediti e datti una calmata, mentre io preparo un po’ di tè e scaldo la
pizza, ok? Poi ti insegno a giocara a poker”disse spingendolo sul divano e
andando nel cucino.
Dante sbuffò di nuovo, ma fece come
gli era stato detto. Sapeva che la donna aveva ragione e che arrabbiarsi ed
insultare il mondo non sarebbe servito a nulla. “Lady?”.
“Sì?”fece la voce di lei dalla cucina.
“Grazie. E hai ragione, non riesco a non pensare a lui. Mi manca troppo in
questi momenti”.
“Lo so, Dante, lo so”.
Il giovane rivolse nuovamente lo
sguardo oltre la finestra sporca su cui la pioggia batteva incessante. Chissà
dov’era il suo gemello e cosa stava facendo in quel momento. Chissà se ogni
tanto pensava a lui e se si perdeva anche lui nei ricordi dei tempi passati,
quando ancora potevano essere fratelli. ‘Perché te ne sei andato? Perché mi hai
lasciato solo, dopo che da piccoli ci eravamo promessi di stare insieme per
sempre, contro tutto quello che sarebbe potuto accadere? Sei uno stronzo!
Perché, Vergil, perchè?’.
Il cielo nero tempestava riversando
la sua furia sulla terra, mentre i fulmini squarciavano l’aria. Incurante della
tempesta, Magornak saltellava in cerchio nel cortile, godendosi l’aria fredda e
la poca luce. Era la sua prima volta fuori dall’Inferno e si sentiva libero
come non mai. Lì nessuno lo avrebbe insultato per la sua scarsa forza. Lì lui,
come demone, avrebbe messo i piedi in testa ai terrestri. Aveva assunto la
forma umana, una delle poche abilità che il suo infimo livello gli consentiva,
e, a chi non lo conosceva, ora appariva come un normalissimo ragazzino sugli
undici anni, minuto, pallido e con i capelli scuri. L’unica cosa aliena in lui
erano gli occhi, che conservavano il loro colore viola intenso.
Vergil, da sotto un portico, lo
osservava distrattamente. Si chiese perché mai il suo protetto avesse gli occhi
di quel colore tanto insolito. Tutti i demoni, lui compreso quando si
trasformava, avevano gli occhi rossi. Indipendentemente dalla razza e dal
livello. Forse era vero che Magornak aveva qualcosa di speciale. Sospirò,
conscio che tutte quelle riflessioni non lo interessavano quasi per nulla.
Stava solo cercando di tenersi occupato per non pensare che, dopo dieci anni
esatti, nello stesso giorno in cui l’Inferno l’aveva inghiottito, era tornato
sulla Terra. Nella stessa città dove abitava suo fratello per di più. Riusciva
a percepire la sua presenza anche da quella distanza. In fondo, il loro legame
era sempre stato più forte di ogni altra cosa e nemmeno il fatto di essere
stati acerrimi nemici e il suo esilio di anni negli Inferi erano stati capaci
di demolirlo o anche solo di indebolirlo. ‘Dante…’. Chissà se anche il suo
gemello percepiva la sua presenza. Ovviamente sì, ma conoscendolo avrebbe
imputato la cosa alla sua immaginazione e alla suggestione di quel giorno. I
ricordi lo assalirono all’istante, ma lui li lasciò scorrere, senza tentare di
respingerli. Combattere lo avrebbe solo fatto star male. Negli anni trascorsi
nella solitune dell’eterna notte infernale aveva imparato a convivere con le
conseguenze delle sue scelte e ad accettarle tutte con rassegnazione. Anche se
questo non significava che non lo toccassero più. Anzi.
“Ehi, Vergil! Cosa fai lì impalato?
Siamo fuori dall’Inferno, dovresti essere contento!”. La voce allegra di
Magornak lo riportò bruscamente al presente. “Ma scusa, quando abbiamo varcato
le Porte a momenti ti trasformavi per l’eccitazione e adesso sei lì mogio
mogio? Hai già smaltito tutta l’adrenalina? Sei proprio un personaggio, lo
sai?”.
“Stavo solo pensando…”rispose lui
scuotendo il capo e staccandosi dal muro a cui era appoggiato.
“A cosa?”.
“A quello che dobbiamo fare, ovviamente”.
Il demonietto smise di saltellare e
lo guardò poco convito. “Mah, non direi. Avevi di nuovo quella faccia strana,
quella che hai sempre quando stai da solo cacciato in qualche buco roccioso. La
faccia di chi sta pensando al passato, Vergil. Guarda che non sono scemo come
credete tutti, e poi ti conosco e conosco anche quell’espressione”.
“E va bene, mi hai beccato, mi stavo perdendo nei ricordi. Sono passati
esattamente dieci anni da quando sono finito all’Inferno e ora sono nuovamente
fuori”ammise Vergil, un po’ irritato per essere stato colto in pieno in un
momento di debolezza. Quell’esserino aveva il vizio di essere troppo perspicace
quando non doveva.
“Be’, dai, magari è un segno del
destino”.
“Già. O forse mi sto semplicemente facendo troppi complessi. In fondo tutto ciò
non conta nulla. Il passato è passato, non c’è niente che noi possiamo fare per
cambiarlo. Ora abbiamo una missione da compiere e questa è l’unica cosa che ci
deve interessare. Però mi domando perché, tra tutti i posti in cui potevano
mandarci, siamo finiti proprio nella città in cui abita mio fratello”.
“Non so, magari….Aspetta un
attimo!! Come sarebbe a dire tuo fratello?!
Hai un fratello, Vergil?!”. Magornak lo fissò scioccato. Nessuno glielo aveva
mai detto.
“Ma come, lo sa tutto l’Inferno e
non lo sa il più grande dei ficcanaso? Mi deludi, Magornak”lo prese in giro il
mezzo demone con un ghigno cattivo. “Dante, il cacciatore di demoni, il secondo
figlio di Sparda. Mio fratello gemello”.
“Gemello?! Tu hai un fratello,
gemello per di più, e non me l’hai mai detto?! Sei un brutto bastardo, lo sai?!
E fa il cacciatore di demoni? Avete preso due strade totalmente opposte voi
due!!”. Il demonietto era allibito. Come aveva potuto lui, il demonietto più
informato di tutto l’Inferno, quello che poteva scoprire tutto di tutti,
lascirsi sfuggire un dettaglio del genere?!
Il ghigno si allargò sul volto del giovane alla vista dello sconcerto del suo
protetto. “Non mi sembrava importante che tu lo sapessi. E poi, te l’ho detto,
lo sa tutto l’Inferno e quindi pensavo che ne fossi al corrente anche tu”. Il
suo sguardo si rabbuiò improvvisamente. “E soprattutto non mi piace parlare di
lui”.
“Ah”fu la risposta ancora sorpresa. Il diavoletto rimase zitto un attimo
elaborando la notizia, poi ripartì alla carica più entusiasta di prima. “E
com’è questo Dante? Ti assomiglia? Oh no, un altro Vergil, no, ti prego!”.
“Non ti preoccupare, Magornak, siamo diversi come il nero e il bianco, io e
lui”fece l’altro raggiungendolo sotto la pioggia battente. Gli abiti gli si
inzupparono nel giro di qualche attimo, ma lui non vi badò. “Siamo identici
solo nell’aspetto fisico”. Si tirò giù i capelli bagnati. “Ecco, mio fratello è
così, solo che è vestito di rosso e non ha la maglia sotto il cappotto”.
“Wow. Lo riconoscerò di sicuro se
dovessi incontrarlo in giro”.
Vergil si risitemò i capelli con un unico gesto, pettinandoli nuovamente all’indietro.
“Vedi non uscirtene con il fatto che mi conosci, nel caso dovessi incontrarlo.
Metteresti in serio pericolo la missione e io dovrei ammazzarti”lo avvisò
serio.
“Tranquillo, Verge, non farò nulla
di tutto ciò! Te l’ho promesso, e poi sono qui per aiutarti, non certo per
intralciarti!”si affrettò a rassicurarlo Magornak con un sorrisetto teso. Lo
odiava quando si metteva a sparare minacce con quell’aria calma. Lo metteva a
disagio.
“Meglio per te. Vuol dire che ci
tieni a vivere. E non chiamarmi “Verge” se non vuoi che ti faccia rimpiangere
di non essere rimasto all’Inferno. Hai capito, idiota?”.
“Non mi chiamo idiota. Perché non posso farlo?”.
“Perché quel cretino di mio fratello mi chiamava così. Su, ora muoviamoci,
dobbiamo trovare un quartier generale”. Il mezzo demone si incamminò sotto la
tempesta senza aspettare una risposta.
L’altro, da parte sua, si limitò ad
affiancarglisi, segnandosi mentalmente di non usare mai più diminutivi e di non
citare più il nome Dante o la parola “fratello” in presenza del suo protettore.
Erano decisamente tasti dolenti che nessun essere con un po’ di buon senso
avrebbe toccato di proposito senza correre il rischio di rimetterci la pelle.
“No…no, vi prego! Vi darò tutto
quello che volete! Non fatemi del male!”piagnucolava l’uomo completamente
terrorizzato, cercando di divincolarsi dalla presa di Magornak.
Vergil lo ignorò e continuò il suo
veloce sopralluogo del bar. “Penso che possa andare bene, Magornak”disse con
calma quando ebbe terminato, sempre ignorando le patetiche suppliche del
proprietario. “Sarà perfetto come quartier generale. Ci offre una buona copertura
e magari riusciamo anche a tirare su qualche soldo”.
“Volete il mio locale? Ve lo
lascio! Gratis! E anche tutti i soldi, prendeteli, non mi interessano! Ma vi
scongiuro, per l’amor di Dio, lasciatemi vivere!”insistette ancora l’uomo
sempre più disperato.
“Vede, signore, noi la lasceremmo
anche andare, ma ora lei sa di noi e questa cosa è molto scomoda, capisce cosa
intendo?”fece il demonietto con un tono falsamente dispiaciuto.
“Non dirò nulla, lo giuro! Sarò
muto come una tomba! Non fatemi del male!”.
“Mi spiace ma non è possibile”sentenziò
il mezzo demone scuotendo il capo. La lama di Yamato brillò nella semi oscurità
e una fontana di sangue vermiglio esplose dalla testa tagliata di netto dello
sciagurato. Un ghigno si allargò sul volto di Vergil. “E poi mai invocare Dio davanti
a dei demoni, non è una scelta saggia”. Si rivolse al suo protetto: “Forza,
dammi una mano a terminare il passaggio
di proprietà e mettiamo a posto questo caos. La biblioteca ci aspetta”.
L’altro sembrò non sentirlo e tenne
lo sguardo famelico fisso sulla pozza di sangue che si allargava lentamente sul
pavimento.
“Magornak?”lo chiamò il giovane
sollevando un sopracciglio.
“Eh?”. Finalmente il demonietto si riscosse. “Hai detto qualcosa, Vergil?”.
“Sì, ma…Stai bene?”.
“Sì, sì, è solo che…”. Il suo sguardo tornò a concentrarsi sul cadavere. “Non
mi ero reso conto di essere così affamato…”. La voce era insolitamente rauca e
piena di una bramosia demoniaca che decisamente non gli si addiceva.
‘Deve essere la prima volta che si
trova a fronteggiare la sete di sangue. C’era da aspettarselo da uno come lui…’pensò
Vergil scuotendo il capo. “Se hai fame mangia, ma che non diventi un vizio”.
“Davvero posso?! Ma non è una cosa…ehm,
insomma…io…”.
“Sei un demone, Magornak, è normale
che tu provi quello che stai provando in questo momento. Attento però che la
tua sete di sangue non prenda il sopravvento”.
“Va bene…Ci starò attento”. Magornak rimase in silenzio un attimo prima di
chiedere incerto: “Ehm, Vergil? Vuoi…dividere?”.
L’ibrido gli lanciò
un’occhiataccia, ma avvertì chiara e forte la sua parte demoniaca ruggire di
voglia. “No, grazie. Sono pur sempre umano per metà”.
“Ma…l’hai mai fatto?”.
“Sì…Dopo le prime volte in cui mi
sono trasformato. Ma, come ho detto, non è il caso”.
Il suo compagno indugiò ancora un
attimo, ma poi si gettò vorace sul corpo. Lui rimase a fissarlo indeciso se
unirsi al banchetto o meno, però alla fine si limitò a raccogliere un po’ di
sangue sulle dita e a leccarlo via mentre lasciava la stanza. Il sapore lo fece
fremere di piacere. Erano anni che non toccava sangue umano e aveva dimenticato
quanto delizioso fosse quel gusto metallico. I suoi occhi si tinsero di rosso e
nuovamente la sua metà infernale tentò di sopraffarlo, ma lui la respinse
infastidito e si sedette ad aspettare che Magornak finisse il suo pasto,
cercando nell’attesa di concentrarsi sul loro prossimo obiettivo.
Lady sbattè le carte sul tavolo.
“Ho vinto di nuovo!”annunciò soddisfatta. “Sei proprio scarso, Mr. Cacciatore
di demoni!”.
Dante sbuffò lasciando cadere a sua
volta le carte. “Sono stufo di questo gioco idiota”borbottò.
“Dici così solo perché è la settima
volta consecutiva che perdi! Se ti concentrassi un po’ magari otterresti
qualche risultato migliore!”lo rimbeccò lei, canzonatoria.
“La fai facile, tu! Già sono di
pessimo umore per via di quel bastardo di Vergil, se poi ci si mette pure il
demone che c’è in me a fare casino, mi spieghi come faccio a concentrarmi?!”si
lamentò lui.
“Cosa c’entra la tua parte
demoniaca adesso?”.
“Non lo so. Circa dieci minuti fa
ha cominciato ad agitarsi come se volesse venire fuori…Erano anni che non
succedeva”.
La donna lo guardò preoccupata.
“Non è che hai mangiato qualcuno per caso?”.
Il mezzo demone la guardò allibito. “CHE?! Ma cosa ti viene in mente?! Non
farei mai una cosa del genere! O meglio, l’ho fatto una volta e ti assicuro che
mi è bastato!”.
“Be’, mi sembrava una spiegazione
plausibile”fece lei in tono di scusa. “E poi non prendertela così tanto, era
solo una domanda!”.
“Una domanda del cazzo! Pensa prima
di dare aria alla bocca!”. Il cacciatore di demoni le scoccò un’occhiataccia che
lei ricambiò con fierezza. “Però…”.
“Però?”.
“In effetti mi sembra quasi di
sentire il sapore del sangue in bocca…E, prima che tu possa dire qualche altra
idiozia o fare qualche altra ipotesi assurda, ti assicuro che non l’ho ingerito
in nessun modo”.
Lady si portò un dito al mento
pensosa. “Ti è mai capitato questo genere di cose? Intendo, di provare o
sentire cose che non c’entrano nulla con te o con quello che hai fatto?”.
“Sì, se devo essere sincero. Ogni
tanto, quando vivevamo insieme, capitava che provassi quello che provava
Vergil, ma da quando lui è stato inghiottito dall’Inferno non è più
successo”spiegò Dante. “E per lui era la stessa cosa. Se uno di noi si faceva
male da qualche parte, l’altro provava dolore in quello stesso punto, se uno
era arrabbiato o triste o che altro anche l’altro condivideva il sentimento e
cose così. È una cosa abbastanza comune tra gemelli per quanto ne so. Ma, come
ho detto, sono anni che non succede”.
“Strano. Non vorrei che…”iniziò la
donna.
“NO!”urlò lui interrompendola con
violenza. “Non dirlo…non pensarlo
neanche. Mio fratello è rinchiuso all’Inferno, va bene? L’ho visto precipitare
in quella maledetta voragine. Ed è ancora lì. Discorso chiuso”.
“Però alcuni demoni escono ancora
dall’Inferno”obiettò lei con foga. “Dante, se Vergil è davvero tornato potresti
provare a…”.
“Ho detto no”tagliò corto il
giovane, scuro in volto. “Smettila. Quella faccenda si è chiusa dieci anni fa.
Mio fratello è morto per quanto mi riguarda. Morto, chiaro? Non ne voglio più
parlare. E ora va’ via, voglio stare un po’ da solo senza essere disturbato
dalle tue chiacchiere inutili”.
Lady lo guardò, ma sollevò le mani e si arrese alla sua espressione dura. Si
alzò, gli augurò una buona serata e lasciò l’agenzia.
Non appena la porta si chiuse
dietro di lei, Dante sospirò e si coprì il volto con le mani. Capiva che la
donna voleva solo aiutarlo, ma lui non ne voleva nemmeno sapere anche solo di
considerare la possibilità che suo fratello fosse tornato. Non dopo che la
ferita che aveva lasciato stava forse per incominciare a fare un po’ meno male.
Non dopo che lui aveva finalmente abbandonato ogni speranza di rivederlo. Non
poteva fargli questo! Ma in fondo sarebbe stato proprio nello stile di quel
bastardo. Faceva sempre le cose quando non doveva, all’improvviso e
imprevedibilmente, sconvolgendo di volta in volta tutto quello che lui aveva
costruito. No, questa volta non poteva essere vero: non si usciva dall’Inferno così
facilmente.
Non sapendo se sentirsi rassicurato o meno da quella conclusione, il giovane
prese dalla scrivania il libro che gli aveva lasciato Morrison, il suo agente,
e si lasciò cadere sul divano, aprendolo. Gli venne da ridere. Lui che leggeva
un libro? Quella non era proprio la sua giornata, si disse scuotendo la testa e
immergendosi tra le pagine scritte.
Vergil faceva scorrere un dito sui
dorsi dei libri leggendo con attenzione i titoli e tirandone fuori qualcuno di
tanto in tanto per sfogliarlo. Se trovava qualcosa che potesse interessarlo
prendeva il volume e lo metteva nel sacco appoggiato sul pavimento al centro
del corridoio. Poco distante da lui, Magornak compiva lo stesso lavoro su un altro
scaffale, sospirando sconsolato al pensiero che presto se li sarebbero dovuti
leggere tutti, quei libri.
Si erano intodotti nella biblioteca
più grande della città che era anche nota per il fatto di raccogliere nella sua
collezione molti codici antichi e questo aumentava le speranze di trovarci
qualcosa che si riferisse a Kasreyon. Avevano già scassinato il reparto che
conteneva i libri più antichi, preso i codici che avrebbero potuto interessarli
ed erano quindi passati alla sezione “miti e leggende”. Erano passate quasi tre
ore dal loro arrivo e non avevano ancora teminato: quel posto era sterminato e
i libri da controllare erano centinaia.
“Vergil, non ce la faccio più! Mi
fa male la testa!”si lamentò il demonietto a bassa voce. “Sto iniziando a
vedere parole stampate ovunque!!”.
“Smettila di piagnucolare, non ti aiuterà a finire prima”lo riprese gelido il
mezzo demone senza neanche alzare gli occhi dal volume che stava sfogliando. Lo
chiuse e lo gettò nel sacco, per poi girarsi a guardare quanti scaffali
mancavano. In effetti il suo protetto non aveva tutti i torti: era davvero un
lavoraccio. E di sicuro la penombra che regnava nella biblioteca non lo rendeva
più piacevole per gli occhi. Ma non era nulla in confronto alla ricompensa che
avrebbe ricevuto alla fine di quella storia. Il potere di suo padre, anzi uno
ancora maggiore. Un ghigno gli si aprì sul volto mentre tornava a concentrarsi
sui libri che aveva sotto gli occhi.
Magornak lo fulminò con lo sguardo,
scocciato, attento però a non farsi notare. ‘Quando Vergil si mette a
fantasticare su questo fantomatico potere di Sparda mi dà sui nervi! Che razza
di esaltato! Uff, suo padre era di sicuro tutta un’altra persona’pensò
sbuffando contrariato, ma si guardò bene dall’esprimere quelle sue
considerazioni ad alta voce.
Dovette trascorrere un’altra ora
prima che i due avessero terminato. Avevano riempito tre sacchi, per un totali
di circa sessanta libri. Il demonietto ripose allegro l’ultimo volume, contento
che tutta quella noia fosse finalmente finita e che loro potessero finalmente
tornare al bar.
Ma, proprio mentre si dirigevano
all’uscita, Vergil avvertì delle presenze oscure vicinissime e un attimo dopo
una finestra alla loro destra esplose in una cascata di vetri. Rapido, il
giovane estrasse la katana e si voltò a fronteggiare il nutrito gruppo di
demoni che avevano fatto irruzione. Magornak afferrò i sacchi con i libri e si
affrettò a nascondersi dietro una colonna, con quella sveltezza e quei riflessi
che gli erano spesso tornati tanto utili negli Inferi.
“Ma guarda guarda. Dei nuovi arrivati”ridacchiò uno dei diavoli mentre i suoi
occhi di brace mandavano bagliori pericolosi. “Questo è il nostro territorio e
voi lo avete invaso senza permesso. Ora pagherete e state sicuri che la prossima
volta non lo rifarete. Almeno, sempre se ci sarà una prossima volta”.
“Non ho né tempo né voglia di
giocare con voi in questo momento. Quindi, vedete di levarvi dai piedi”intimò
loro il mezzo demone, impassibile. ‘Sono talmente deboli che quasi non avevo
percepito la loro aura’pensò disgustato. ‘Che inutile seccatura’.
“Cosa fai, ci minacci adesso,
bastardo?”ringhiò un altro avventandosi su di lui. “Adesso ti insegno io a
portare rispetto!”.
Vergil lo schivò con facilità e lo
trapassò con Yamato, spingendo poi la spada verso l’alto e tagliandolo in due
senza neanche dargli il tempo di urlare. Poi, senza perdere tempo, si diede lo
slacio e si tuffò nel mezzo del gruppo di diavoli. Quelli gli si gettarono
addosso, ma i loro artigli e le loro zanne incontrarono solo il metallo freddo
della katana e il loro stesso sangue. La lotta si fece feroce, ma il giovane
non si trovò in difficoltà nemmeno per un momento. Fronteggiò con tranquillità
ed uccise tutti i suoi aggressori, lasciando poi i loro corpi a dissanguare sul
pavimento di pietra della biblioteca.
Quando anche l’ultimo dei demoni
cadde morto, lui ripose la sua arma e si voltò. “Andiamo, Magornak”ordinò,
incamminandosi sul lago rosso. “Questi bastardi mi hanno sporcato il cappotto
con il loro sangue schifoso. Adesso mi toccherà pulirlo”.
Magornak uscì dal suo nascondiglio
e gli porse due dei sacchi guardando con gli occhi sgranati i cadaveri e gli
scaffali semidistrutti. “ Che casino che hai combinato”commentò. “L’umano che domani
entrerà qua dentro per primo si prenderà un colpo, mi sa”.
“Non ho cominciato io. Peggio per
loro: li avevo avvisati”fu la risposta fredda.
I due uscirono con calma nella
frescura dell’aria notturna e si avviarono per le strade male illuminate da
vecchi lampioni polverosi.
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E anche il secondo “capitolo” è
andato! Ho un paio di precisazioni da fare. Per chi non lo sapesse, Patty e
Morrison sono due personaggi che appaiono nell’anime di Devil May Cry: la
prima è una bambina amica di Dante, mentre il secondo è il suo informatore/agente…Comunque vengono solo citati
nella storia e non hanno nessun ruolo rilevante (mi servivano delle comparse...), quindi anche se non li conoscete non fa
nulla.
Da questo capitolo si dovrebbe
iniziare a capire un poco com’è il rapporto tra Magornak e Vergil, ma comunque
lo svilupperò meglio con il procedere della storia! ^^ Inoltre abbiamo avuto l’ingresso
in scena degli altri due personaggi intorno a cui si sviluppa la vicenda, Dante e
Lady. Preparatevi perché la narrazione procede con un’alternanza di scene in
cui agiscono loro quattro!
Vorrei ringraziare doc11 e Xeira__ che hanno recensito la mia storia, Kuromi_ che l’ha messa tra i preferiti e Ranchan che la segue. *.* Non potete immaginare
quanto sia importante per me sapere che quello che scrivo piace a qualcuno!!
Comunque ribadisco che ogni commento o critica è il benvenuto!! Grazie mille
anche a chi leggerà, anche senza lasciare scritto nulla!! A presto! ^^
La vostra Mystic