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Autore: Sashy    06/03/2011    4 recensioni
“Mi hai frantumato la testa. Mi hai diviso in due. Guardami. Sono in camera mia, per terra, di sabato sera, a guardarti in tv, e a desiderare di essere lì a fare il tifo per te e per chi sta cantando con te, chiunque essi siano. Quando io vorei…vo-vo…non so manco io cosa vorrei. Non lo so! Spero che invece tu sappia cosa vuoi, ora che sei in quella specie di accademia gay.”
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ed ecco il finale che tutti volevano. Forse metterò anche quello drammatico, che comunque non fa mai male. Sono molto più brava a scrivere tragedie e bastardate che lieti fine.
Auguro a tutti una piacevole lettura (nonostante la fic non sia stata betata e avrò ripetuto "Dave" diecimila volte) e un "rinsanamento" da tutta la tristezza che vi ho provocato xD Grazie per avermi seguito fin qui.
P.s.: Il titolo NON fa alcun riferimento alla canzone di Celine Dion. Infatti io NON la stavo ascoltando mentre stavo scrivendo la fic e di sicuro NON mi sono ispirata al finale con il titolo di suddetta canzone.

-

A New Day Has Come

Si trovava in una dimensione senza né spazio né tempo. Era solo un insieme di sfumature arance, gialle e rosse, e brillavano stelle attorno a lui. Era forse il paradiso?
Si dovette ricredere subito, quando vide il corpo di Kurt –nudo, ma era solo un dettaglio– avanzare a passi felini verso di lui, per poi fermarsi e fissarlo. A Dave non passò neanche per l’anticamera del cervello che Kurt sarebbe potuto essere un angelo. Ora si ricordava e sapeva. Quel sogno lo faceva spesso. Come da manuale, Kurt avrebbe aperto le labbra e sussurrato…

“Dave? Dave, figliolo, svegliati!”

…No, non era proprio questa la frase.

Né tantomeno Kurt avrebbe preso in prestito la voce di suo padre.

*

Fatica è il sostantivo perfetto per descrivere come Dave aprì gli occhi. La luce del sole, insieme al bianco di quella camera, trafiggeva i suoi occhi. La testa gli girava e sentiva dolore al braccio sinistro.
Dopo aver ripreso un po’ i sensi, capì di trovarsi in un ospedale, e che quello seduto vicino a lui era suo padre; questi tirò un sospiro di sollievo nel vedere Dave svegliarsi.

«Papà.» Riuscì a sibilare Dave.
«Buongiorno, Dave» Paul aveva uno sguardo serio e preoccupato. «Come ti senti?»
«Da schifo.» Ridacchiò.
«I dottori hanno detto che non potrai giocare a football per settimane, ma ti riprenderai.»
«Ok.»
Paul stette un po’ in silenzio, poi sistemò la sedia per avvicinarsi di più al figlio.
«Perché l’hai fatto?»
«Come mi sono salvato?»
«I Crownbell stanno allargando il loro balcone e sei caduto lì. Dave, perché l’hai fatto?»
Dave non rispose. Si limitò a guardare il soffitto, scocciato. Non voleva che suo padre sapesse il perché. Non ne aveva bisogno e se ne vergognava.
«Figliolo…» il padre si sentì fortemente ferito da quel silenzio. Aveva ringraziato tutti gli angeli presenti nel cielo che Dave non fosse morto, ma essere ignorato, nonché indesiderato dal proprio figlio, non recava meno dolore.
Che differenza fa se o non esiste lui o non esisto io?
Suo figlio non disse una parola. Paul si arrese, e se ne andò in silenzio.
Dave si riaddormentò.

*

Dave non era morto dopo essersi buttato dal balcone, ma, quando riaprì gli occhi, capì che sarebbe potuto morire tranquillamente in quell’istante: per poco non gli venne un infarto, quando, focalizzando la vista, si accorse che era un Kurt Hummel con i lacrimoni quello che lo stava guardando da chissà quanto tempo.

Hummel spalancò gli occhi notando che Dave si era svegliato: «Ciao, Karofsky.» Non sapeva esattamente cosa dire.
Dave si alzò pigramente, senza guardarlo negli occhi, sistemandosi solo il cuscino. Per un breve ma ansiosissimo periodo, il silenzio regnava nella camera. Poi finalmente Dave disse «Da quanto tempo sei qui?»
«Un quarto d’ora massimo.»
«Good.»
Seguì di nuovo un altro silenzio angosciante. Dave non aveva il coraggio né di guardarlo né di parlarci. Se era lì, di sicuro aveva sentito il messaggio. O forse si era semplicemente preoccupato sapendo che il suo bullo si era buttat–

«Canti davvero bene.»

Ok, aveva sentito il messaggio.

«Lo dice anche Shuester.» si limitò a rispondere.

Poco dopo pensò che c’era qualcosa in Mr.Shue che all’altro forse dava particolarmente fastidio: Hummel iniziò a singhiozzare e a respirare incostantemente. Lui non disse niente, anche se voleva guardarlo.

«Mi dispiace che tu abbia fatto questo per me.»

Erano le parole più mortificanti che Dave potesse mai sentire. Effettivamente, con quel messaggio, si era esposto completamente, e quindi da Hummel non poteva aspettarsi altro che misera compassione. Dio, che cazzata che è stata.

Continuò a non parlare, guardando le sue mani che giocavano con la coperta. Era troppo imbarazzato per dire qualsiasi cosa.

Hummel, capendo probabilmente ciò, ricominciò ad attaccare bottone: «Non voglio rimproverarti o altro, però credo che questo sia successo perché tu non sei mai stato sincero con te stesso e, soprattutto, con gli altri. Nascondere la propria sessualità è orribile.»
«Avrò sentito questo discorso almeno una trentina di volte, Hummel.»
«Allora perché hai continuato a vivere così?»
«Al McKinley non sono molto comprensivi.»
«Che t’importa?»
«M’importa eccome. Verrei esiliato, umiliato da tutti. Non sarebbe felice seguire quella via.»
«Perchè questa invece ti ha fatto saltare di gioia, vero? Ti sei ritrovato solo.»

Colpito e affondato, pensò Dave. Sospirò, poggiò la testa sul cuscino, guardando di nuovo il soffitto, come fece col padre.

Kurt, che fino ad allora si era accurato di rimanere a distanza di sicurezza, si avvicinò verso il letto di Dave, prendendogli la mano. Il gesto improvviso fece balzare Dave, e il balzo di Dave fece a sua volta balzare Hummel. Poteva sentire le sue mani tremare. Anche se Hummel si trovava lì per consolarlo ed aiutarlo, tuttavia aveva un’immensa paura del bullo. Quindi, Dave decise di calmarsi, e stringergli solo leggermente la mano, girando la testa dall’altro lato, perché era sicuro di essere diventato rossissimo.

«Lo so che il liceo è difficile» sibilò Kurt «Ma ti assicuro che non saresti mai solo. Il Glee Club ti starebbe sempre vicino e ti difenderebbe sempre, soprattutto perché saprebbero come sei veramente.»
Dave Karofsky si commosse a quelle parole, e pianse. Gli era sempre sembrato che la sua anima vivesse in un deserto, un arido, secco deserto; ma poi erano arrivate le parole di Kurt, ed aveva iniziato a piovere. Le gocce rinfrescavano finalmente il suo corpo, e non dovette più avere paura di morire per il caldo e la siccità.
Kurt rimase fermo ad accarezzargli la mano per un po', aspettando che l'altro smettesse di far uscire lacrime. Dave smise dopo alcuni minuti, tirò su col naso. Poi lo guardò.

«Entrerò nel Glee Club, allora.» affermò, sempre però nascondendo la sua gioia nel dirlo, sempre cercando di sembrare più forte possibile. Ormai non serviva neanche a qualcosa, visto che Hummel sapeva benissimo cosa provava; inoltre dopo quel pianto non era più credibile.

Kurt sorrise. Lasciò andare lentamente la mano, prese il telecomando e accese la televisione.

«Magari non ti riaddormenterai per l’ennesima volta se sentirai delle voci.»
«Non ho più sonno.»

Hummel sorrise soddisfatto. La luce proveniente dalla finestra gli fece diventare gli occhi di quell'adorabile azzurro che a Dave piaceva tanto.

«Beh» Kurt si alzò e prese la sua borsa. «Ci vediamo quando ti dimetteranno, allora.»
Dave, per la prima volta, lo guardò determinato, preso dalla sorpresa. «Perché?»
«Tornerò al McKinley.»

Dave sorrise, senza esitazione. Quello era un nuovo inizio di una nuova vita, che già si prevedeva felice perché libera. Kurt camminò verso la porta, sorridendo leggermente quando sentì Karofsky ringraziarlo amorevolmente, si potrebbe dire.

«Credo i tuoi occhi azzurri siano l'unica cosa che mi terranno mai in vita.»


The End.
  
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