Salve (=w=) chiedo venia per il ritardo, ma sapete com’è no? Professori che, con la scusa “almeno a maggio vi facciamo rilassare” (cosa non vera tra l’altro), ti mettono una verifica un giorno e l’altro pure. Sono distrutta, ma direi che è l’ora di mettere fine alla storia.
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Trama
Di solito non lascio grande premesse ai capitoli, ma questa volta è d’obbligo! Dovete sapere che la storia è nata per fare da ambientazione ad un’altra (LOL). Tecnicamente la fanfiction doveva incentrarsi su Ino e Temari, ma alla fine non le ho inserite; perché? Semplicemente perché una notte ho cambiato la trama, e fidatevi, fila molto di più che quella originaria; l’altra “trama” diciamo che avrebbe visto Ino come prostituta dei bassifondi e Temari come boss mafioso con intrallazzi con la famiglia Uchiha. °w° era un casino, però continua a piacermi, magari un giorno la svilupperò (anzi sicuramente =w=).
- Titolo
Il titolo My Executioner (tradotto in “Il mio carnefice”) è ovviamente stato attribuito per Naruto principalmente. Sasuke, in fondo, è visto da Naruto come un’entità pericolosa, ma affascinante da troppi punti di vista. Carnefice quindi non è dispregiativo in questo caso, mi sembrava giusto dirlo =w= è soltanto per evidenziare (con forse una nota di drammaticità) la situazione di Naruto che è mutata da un giorno all’altro per l’egoismo del padre di Hinata.
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Ringraziamenti
Grazie
mille per tutte le
recensioni, i seguiti ed i preferiti mi fanno sempre molto piacere
=) ringrazio soprattutto
vivvinasme,
ryanforever
e Betta_92.
Alla
prossima!
My Executioner
Il mio carnefice.
Naruto
non era per nulla convinto di ciò che stava per fare,
ma non aveva il diritto, si diceva, di tirarsi indietro.
Doveva assolutamente raggiungere villa Hyuuga,
voleva assolutamente vedere Hinata. Non sapeva cosa dirle,
cosa
prometterle, cosa raccontarle, ma doveva vederla, almeno per
rassicurarla. Se l’era
immaginata, fin da quei giorni da segregato, Hinata rannicchiata a
piangere per
tutta quella assurda situazione. Ancora, ad essere davvero sincero, non
si
riusciva a spiegare come una padre potesse ardire un piano
così meschino per
soli scopi economici.
Hanabi Hyuuga lo ucciderà.
Sasuke gli aveva detto questo prima di andarsene,
inconsapevole che a quell’ora
Hiashi Hyuuga non era che un gruppetto di ceneri sparse
sull’asfalto.
Aveva passato giorni nella solitudine del suo appartamento, a pensare a
quella
che sarebbe stata la sua vita. Aveva
ucciso una persona. Ed alla fine, più per paura
che per altro, aveva deciso
di andarsene, abbandonare tutto quello che era stato Naruto Uzumaki
fino a quel
momento, distruggersi forse. Per
farlo, avrebbe dovuto abbandonare tutti, anche Hinata.
Il passo veloce e insicuro di Naruto si bloccò di scatto,
notando con orrore
dove si trovava.
Villa Hyuuga. Il giorno della Shonanoka.
Rimase lì, in silenzio, ad osservare il giardino brulicante
di persone.
Hinata
osservava la gente con disprezzante distacco; tutto fuorché
addolorati, le
persone la salutavano facendole condoglianze per quelle due morti
così
improvvise del cugino e del padre.
Se solo sapessero, pensava Hinata
ad
ogni sorriso falso, forse avrei potuto
evitare questi pessimi convenevoli.
E’ tipico, nella tradizione orientale, svolgere una
cerimonia dopo sette
giorni dalla morte per onorare i defunti; che quei sette dì
fossero stati
contati dalla morte di Neji piuttosto che da quella di suo padre non
era che
una piccola giustizia che Hinata aveva riservato al cugino.
Che tu possa bruciare all’inferno
papà.
Era ciò che pensava anche mentre sua zia Azuki,
non ricordava nemmeno di
averla una zia Azuki, le rivolgeva i più
sentiti abbracci per confortarla.
«Perdonami Hinata chan,
potresti fargliele tu le condoglianze a Hanabi chan? Non sembra molto
desiderosa di far conversazione».
Hinata osservò con la coda dell’occhio sua
sorella; se ne stava da sola, in
disparte, avvolta nel suo Kimono bianco come le nuvole ad osservare il
cielo,
come se cercasse qualcosa. Forse, quella che desiderava, era soltanto
la
liberazione da quella dannazione.
«Sicuramente».
Non aspettò nemmeno la replica della zia che Hinata
scappò in giardino, tra la
marmaglia di gente che,
ormai stufa, si
accingeva ad andarsene. L’individuazione di un posto a sedere
in solitudine, in
quel momento, fu una benedizione; si abbandonò ad una
deliziosa panchina di
marmo, che suo padre aveva fatto costruire da poco per abbellire il
giardino, e
chiuse gli occhi.
Come avrebbe desiderato sparire.
«Hinata san? Tutto ok?». La voce di Kiba la fece
sobbalzare.
«Sì» rispose, concedendosi un sorriso
dolce. Kiba era forse stata
l’unica persona che era accorsa lì per lei, per
consolarla; di quello gli era
infinitamente grata.
«Sicura?».
«Assolutamente sì».
Ed era così in quel momento, se solo Naruto non fosse
comparso nel suo campo
visivo in un attimo.
Se ne stava lì, nascosto dietro un albero che non riusciva a
censurare quella
sua massa informe di capelli biondi. Hinata balzò in piedi
automaticamente, ma
il grido che avrebbe voluto liberare le morì in gola. Fu
necessario
uno scambio di sguardi, nulla più.
Naruto le voltò le spalle; la ragazza sentiva quasi sulla
pelle il sorriso che
quello le stava rivolgendo per l’ultima volta. Le stava
dicendo addio.
Si risedette lentamente, rilassandosi. Kiba ne cercò lo
sguardo per assicurarsi
che tutto fosse davvero apposto. Annuì lentamente, posando
una mano su quella
del ragazzo.
Lei era Hinata Hyuuga no? Ce l’avrebbe fatta.
Gli
fu necessario guardarli senza che nessuno dei due se ne accorgesse per
capirlo.
Avrebbero sicuramente formato una bellissima coppia. Kiba
l’avrebbe protetta, l’avrebbe
amata più di quanto potesse fare lui ormai. Si
riscoprì quasi sollevato,
rassicurato. Ora avrebbe potuto ricominciare, lontano forse, senza
rimpianti,
senza paure. Per prima cosa avrebbe dovuto vendere la casa,
poi…
«Che ci fai tutto solo
dobe? Cerchi la tua dolce metà?».
Naruto si voltò di scatto,
interrompendo il filo del suo piano mentale.
Sasuke, seduto comodamente sulla sua Toyota, lo osservava con sarcasmo.
«Chi ti
dice che non l’abbia già trovata?».
«Ceeerto».
«Pff».
«Sali?».
La porta della Toyota si spalancò di fronte a lui. Naruto
sorrise; chi lo
avrebbe mai detto che a sbarazzarsi di lui sarebbe stato uno dei
maggiori Boss
della mafia di Tokyo?
«Giusto se mi preghi in ginocchio».
Non poteva sperare in carnefice migliore.
Oswari.