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Autore: _morph_    11/03/2011    6 recensioni
sono passati cinque anni da quando Pierre e Chocola stanno insieme, ma qualcosa non va per il verso giusto. qualcosa si insinua nel loro rapporto, in particolar modo, nella vita di Chocola.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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perdonare

Mi svegliai con il mal di testa, non avevo dormito quasi per niente. Arrivai in salotto, dove vidi i gemelli agitati; Vanilla doveva avergli raccontato cosa aveva fatto Pierre

-è venuto a cercarti- mi sussurrò la mia amica mentre piegava i vestiti sul tavolo; un giorno di questi mi sarei dovuta decidere ad aiutarla. Vidi Houx e Saul fare una smorfia infastidita

-lo hai mandato via?- chiesi nervosamente prendendo una tazza di cioccolata calda

-mentre andava in camera tua, gli ho detto che stavi dormendo, si è subito fermato e mi ha detto che tornerà più tardi- capii che le dispiaceva. Teneva a Pierre, non le piaceva quella situazione, sapeva che entrambi stavamo soffrendo, e la colpa non era solo sua. Mi avvicinai a lei, tutta quella tensione la faceva stare male

-non mi sento ancora pronta per parlargli... Non ce la faccio- cercai di tranquillizzarla, ma entrambe sapevamo che non era quello: io non volevo parlargli, non ne avevo le capacità, l'ultima volta che l'avevo visto, non facevo altro che ricordare il viso di Yurika, che mi intimava ad essere triste, che aveva pietà di me, davvero non riuscivo ad accettarlo, mi immaginavo loro due insieme nel suo letto, dove ero stata io per prima, dove non ci sarebbe dovuta essere stata nessun altra. Ma noi ci eravamo lasciati, chiunque poteva baciarmi, chiunque poteva toccarmi come faceva lui, che non avrei commesso nulla di male: non lo avrei permesso comunque. Mi sedei sul divano, poggiando la testa sulla spalla di Saul, portando le gambe al petto -ti ha detto quando sarebbe venuto?-

-no...-

-non si darà pace finché non andrò completamente fuori di testa- borbottai. Un'idea mi balenò in testa. Mi alzai di scatto -faccio prima di lui!- corsi in camera, il desiderio di vendetta e il dolore di non averlo accanto, mi stavano uccidendo

-che vuoi fare?- mi chiesero i gemelli alla porta

-gli riporto tutto ciò che c'è di suo nella mia camera- aprii l'armadio prendendo una miriade di sue camice, che avevo tenuto io e che ogni tanto mettevo ancora

-perché hai tu le sue camice?- vidi Houx che mi guardava sconvolto. Era palese per tutti che dormivamo quasi sempre insieme, con o senza sesso, solo per lui ancora non era chiaro. Non risposi, vidi Saul sghignazzare. Misi tutto in uno scatolone, insieme a qualche suo libro, che aveva lasciato da me, le sere in cui non dormivo. Non misi anche tutti i regali che mi aveva fatto, perché erano troppi, e perché era ciò che mi era rimasto di lui. Tenni anche un'altra sua camicia, non se ne sarebbe accorto. Nel preparare tutto, non mi resi conto che una lacrima indiscreta si era posata sul mio viso, lo avevano visto tutti. La scacciai via in fretta, passando il dorso della mano sulla guancia. Dovevo farmi coraggio, anche se sapevo che l'unico motivo per cui gli portavo quelle cose, era vederlo, magari litigare, ma avere in qualche modo un contatto con lui.

 

Mi fermai davanti alla porta, ricordai del regalo che avevo lasciato cadere sull'entrata. Mi venne in mente la carta da regalo che avevo usato per il libro, era gelida senza significato. La busta della lettera e dei biglietti l'avevo decorata con disegnini stupidi, che sapevano a Pierre non piacevano, amava la sobrietà, ma sapevo anche che lo divertiva immaginarmi a scarabocchiare sulla carta bianca. Non indugiai oltre. Bussai trovando di nuovo la grinta, rimase stupito nel vedermi -ciao- provò ad avvicinarsi, ma arretrai di un passo con assoluta convinzione

-ti ho portato delle cose...- sussurrai senza guardarlo negli occhi. Notò lo scatolone e vidi la sua espressione spegnersi

-che cos'è?!-

-sono cose tue, che avevi lasciato nella mia stanza, libri e camicie...- lo prese per poi buttarlo al lato, si avvicinò a me prendendomi per la vita con forza -smettila, mi fai male!-

-è a questo che siamo arrivati? sbaglio io e finisce tutto in questo modo?!- cercai di spingerlo via senza successo

-sai perfettamente che ciò che hai fatto è andato oltre tutti gli sbagli!-

-vogliamo parlare di ciò che è andato oltre?! credi che avere l'atteggiamento che hai avuto tu nelle ultime settimane sia comparabile a tutti gli sbagli?!-

-non voglio perdonarti come tu non perdoneresti me e adesso lasciami!- sembrava che facessi le cose solo di riflesso a lui

-dipenderebbe dalla situazione, sai che ti perdonerei!-

-no, non lo faresti, perché io non ti tradirei mai, perché il solo pensiero di andare a letto con un altro mi fa schifo, ma se non è lo stesso per te, io non posso accettarlo!- ed era la verità, non lo avrei mai fatto, per rispetto, perché non ce l'avrei fatta

-hai ragione, non ti merito in questo senso, ma cerca di capirmi, sono state settimane difficili, soprattutto per i nostri litigi, non lo avrei mai fatto!- ma quel ragionamento non faceva una piega, non era corretto

-se vuoi passare la vita con me, non sarà sempre tutto rose e fiori, ci saranno sempre dei problemi, e allora che farai, ogni sera andrai con una ragazza diversa?!- mi spinse via con rabbia

-smettila, hai capito?! non ce la faccio più, ti sei mai posta una sola volta la domanda se a me stessero bene tutti i tuoi comportamenti?!- piansi di nuovo, consapevole di ciò che stavo per dire

-è per questo che tra di noi è finita, tu potrai stare con tutte le ragazze che vuoi, senza dovermi sopportare-

-ma io non voglio altre ragazze, voglio solo te, sempre, senza eccezioni- il dolore che avevo sentito il giorno mi colpì nuovamente al petto, emisi nuovamente un leggero gemito di dolore, portandomi la mano sul punto dolorante. Mi guardò preoccupato

-se avessi voluto solo me, non mi avresti fatto una cosa simile- farfugliai respirando affannosamente

-stai male...- fece per avvicinare la mano per farmi rialzare, ma la schiaffai via di riflesso. Mi allontanai guardando in basso; sarei rimasta di più, ma sapevo che se mi avesse vista male, mi avrebbe portata in casa, e forse avrei ceduto. Barcollai, le gambe mi sembravano incredibilmente pesanti. Sentii due forti braccia sorreggermi, sapevo a chi appartenevano. Mi aggrappai a lui, sentendomi cedere. Mi prese in braccio, la mia vista era offuscata, avevo un incredibile nausea. Quando entrammo sentii la sua voce, distante, ordinare a qualcuno di portare dell'acqua fredda, ci mancava. Mi appoggiò su un letto, in una delle tante stanze presenti nella villa. Per fortuna, non avrei sopportato di stare nella sua stanza dopo ciò che era capitato. Si sedé accanto a me, accarezzandomi il viso con una mano. Cominciai a vederci nuovamente. Osservai qualcuno entrare, Pierre lo fece subito uscire, prendendo poi, un quadretto di stoffa bagnato, appoggiandomelo sulla fronte, feci una smorfia sentendolo freddo. Sorrise -stai meglio?- annuii, non era il momento di litigare, non ne avevo minimamente voglia -che hai avuto?- mi alzai leggermente, giusto il necessario per mettermi sotto le coperte, girandomi su di un fianco

-non lo so…-

-hai dormito questa notte?-

-non molto…- mi guardò aggrottando le sopracciglia poco convinto -per niente- mi corressi sviando il suo sguardo magnetico

-ti faccio portare altre coperte, cerca di stare meglio- fece come detto, mi ritrovai sotterrata in una serie di morbidi plaid. Cercai di restare sveglia, in modo da non dover stare peggio. Volevo uscire da quella casa, era doloroso e anche maledettamente triste. L'idea sola di spostarmi da quel caldo letto mi faceva tornare alla mia classica pigrizia. Strofinai con un sorriso la guancia al cuscino. Sentii la porta aprirsi, d'istinto sbarrai gli occhi constatando chi fosse. Lo vidi entrare, alzai di più le coperte, di nuovo il desiderio di andarmene. Avevo una spontanea espressione infastidita -hai dormito?-

-non ne avevo bisogno, non ero stanca, ho solo avuto un cedimento-

-eri pallida, ti faceva male il petto, l'ho notato, non può essere stato un semplice cedimento- diventai rossa per la rabbia

-e a te che cosa te ne importa?! io faccio quello che voglio con me stessa, se mi sono sentita male sono affari miei, non te ne deve importare- adesso era infastidito anche lui, lo avevo trattato peggio di quanto pensassi

-sai che ti dico?! fai come ti pare, io vado giù, se vuoi vattene, tanto nessuno riuscirebbe a fermarti, tantomeno io. Mi sono stancato di prendermi cura di te senza ricevere niente in cambio- mi alzai, la stanchezza mi rendeva debole, ma non abbastanza

-e che cosa vorresti? che ti dicessi che sei l'unico che amo e che ho costantemente bisogno di te?!- mi pentii di ciò che avevo detto, stavamo di nuovo urlando, e la cosa non piaceva a nessuno dei due

-se hai fame chiamami- riprese serio, ma evidentemente deluso. Quando fu sulla soglia mi ritrovai a non essere soddisfatta avrei preferito continuare a litigare piuttosto che non parlargli

-perché non mi hai portata nella tua camera?- si girò appena

-so che ti avrebbe fatta soffrire- mi rimisi giù, accucciandomi nelle lenzuola ricoperte da morbdi e caldi tessuti. Le persiane erano chiuse, in modo che io potessi dormire meglio. Lo sentii sfiornarmi dolcemente i capelli, per poi passare alla guancia, arrossii sgranando gli occhi, ma non vide questa mia reazione, poiché ero girata di spalle. la percepì solamente. Mi alzai di scatto. Andando avanti così, avrei ceduto senza troppe cerimonie.

-io è meglio che me ne vada- gli comunicai succinta, sollevandomi dal letto. Misi le scarpe velocemente, infilandomi poi anche il cappotto

-non è il caso tu esca in questo stato- tirai fuori dal cappuccio i capelli, facendoli per un istante fluttuare. Presi anche la borsa

-grazie di avermi aiutata- sussurrai aprendo velocemente la porta. E chi vi trovai?! lei, ovviamente. Cosa ci faceva lì? sembrava mi stesse perseguitando. Di nuovo il dolore al petto. Il mio viso fu colpito da una contrazione, ma solo per un istante, mi ricomposi immediatamente

-scusate, non pensavo tu fossi qui...- tanto che sarebbe cambiato? La scansai, sentii Pierre cercare di venire ancora verso di me, ma appenà tentò di prendermi per il braccio, lo spinsi via, nuovamente arrabbiata

-divertitevi insieme. Io me ne vado!- corsi via, senza neanche guardare Yurika in faccia, mi avrebbe fatto solo male.

Tornata in casa, mi chiusi nella mia camera. Avevo udito Houx provare a dirmi qualcosa, ma non avevo minimamente voglia di ascoltarlo. Chiusi gli scuri, in modo che se avesse provato ad entrare, non ci sarebbe riuscito. Scaraventai a terra tutto ciò che mi aveva regalato, non ne volevo più sapere. Buttai tutto dentro un vecchio e logoro scatolone, seppellito nel mio armadio. Lo portai alla mia amica, chiedendole di restituirglielo. Quando fece per allontanarsi e poggiarlo in un angolo della stanza, la fermai, riprendendomi l'unica camicia che mi ero tenuta, ci tenevo molto, almeno quello me lo doveva. La indossai, addormentandomi con il suo profumo addosso. La scenografia del mio sogno era nuovamente cambiata: non precipitavo più, nonostante continuassi a soffocare, ero semplicemente contratta in due dal dolore, sentivo la testa starmi per scoppiare, continuavo a urlare. Tutte le persone a cui tenevo erano di fronte a me, ma non si muovevano. Continuavano a guardarmi attoniti, come se stessi completamente impazzendo, e la colpa fosse solo mia.

 

 

 

 

Commenti dell'autore:

ok, ok, non ho ancora trovato un modo per far tornare tutto a posto, ma vedrete che ci riesco, tranquilli... come sempre spero vi sia piaciuto, non so se avete notato che gli incubi cominciano ad assomigliare alla realtà.

Baci Marmelade!

   
 
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