Un luogo in
cui fermarsi...
La ragazzina passeggiava nella foresta con
tranquillità, in una mano un bastone e nell'altra un cesto, dentro al quale si trovavano bacche e radici di vario genere. I
lisci capelli neri le ondeggiavano sulle spalle, che sfioravano appena,
solleticando la pelle lasciata scoperta dall'ampio scollo della tunica color
verde bosco. I suoi occhi azzurri scrutavano ogni punto, dai bordi del sentiero
ai tronchi degli alberi ai cespugli che si ergevano qua e là, in cerca di
qualunque cosa potesse risultare un ingrediente utile
per gli infusi che preparava sua sorella. Non dimostrava più
di undici anni, anche se qualcosa, nel suo sguardo, lasciava intendere una
maturità raggiunta anzitempo. Era abbastanza alta per la sua
età, magra e longilinea, il fisico ancora acerbo era asciutto e
scattante. Il viso mostrava lineamenti affilati, solo appena ammorbiditi dalle
rotondità dell'infanzia.
D'un tratto udì un rumore, mentre era china ad
esaminare una pianta, e si voltò per vedere quale ne fosse
l'origine. Un rametto spezzato da un piede, calzato da una
semplice scarpa di pelle. Bryhn alzò lo sguardo
e riconobbe la massiccia figura di Ruhl, uno degli
abitanti del villaggio, il quale stringeva spasmodicamente un forcone con
entrambe le mani. I suoi occhi, che normalmente avevano un che di vacuo e
placido – o di stupido, secondo Bryhn – in quel
momento avevano un'espressione strana, quasi allucinata.
La ragazzina si risollevò in piedi, senza
distogliere lo sguardo sospettoso dall'uomo nemmeno per un attimo. «Cosa ci fai qui?» domandò, assumendo un atteggiamento
guardingo.
Ma quello non rispose.
Digrignò i denti e si lanciò contro di lei, brandendo in aria il forcone e
agitandolo come un pazzo. Percorse rapidamente i pochi metri
che lo separavano da Bryhn e calò la sua rudimentale
arma su di lei. Mantenendo un incredibile sangue freddo, Bryhn non si scompose. Lasciando cadere il cesto a terra,
afferrò il robusto bastone con entrambe le mani e lo sollevò a proteggersi, con
una rapidità e un'abilità impensabili in una bambina. Tuttavia
la forza dell'uomo la fece finire per terra. «Si può sapere che cavolo
ti prende?!» domandò, scivolando via e risollevandosi in piedi, arretrando per
mettersi fuori tiro. «Cosa vuoi da me?»
«Devi morire, creatura del male! Sei solo una
maledetta strega!» sbraitò Ruhl, portando il forcone
in orizzontale e correndo nuovamente verso di lei, col chiaro intento di
infilzarla. Aveva gli occhi sbarrati e iniettati di sangue.
«Ancora con quella storia?!» esclamò la bambina,
con evidente esasperazione nella voce. «Io non sono una strega! Non ho nemmeno
uno sputo di magia in corpo! Quando ve lo metterete in
testa?!» Così ribattendo, attese l'assalto con fredda calma, spostandosi
all'ultimo istante. Evitate le punte del forcone,
mosse rapidamente il pesante bordone, roteandolo e mandando un'estremità
a collidere con il ventre dell'aggressore e poi, imprimendo una seconda
rotazione, con il retro delle ginocchia. Dopodiché si allontanò ancora,
indietreggiando, mentre quello masticava diverse imprecazioni, barcollando in
avanti e boccheggiando. Tuttavia Ruhl non si diede
per vinto e una volta recuperati fiato ed equilibrio si preparò
a tornare alla carica, ma in quel momento un pugnale si conficcò a terra
esattamente davanti a lui.
«Non mi sembra corretto che un uomo grande e grosso
se la prenda con una ragazzina» disse una voce
profonda, che suonava rassicurante e minacciosa allo stesso tempo. Dall'ombra degli alberi emerse la sagoma di un uomo alto e
snello, ma al contempo robusto. Indossava un'armatura completa di metallo scuro
e lucente, dai riflessi bluastri. Con un movimento del braccio scostò il lungo
e ampio mantello grigio-nero, rivelando al fianco una grande spada. Infine la
luce rivelò anche il suo volto, incorniciato da corti capelli di un castano
assai scuro. Aveva lineamenti fieri e marcati, virili, ma ancora con un vago
accenno di fanciullezza. Non poteva avere più di veticinque o ventisei anni. Il naso era
leggermente aquilino, sottile, e appariva dritto ad un'occhiata
superficiale. La carnagione era abbronzata, ma non era comunque
troppo chiara nemmeno al naturale. Occhi neri e profondi, dallo sguardo intenso
e indagatore, osservarono la ragazzina e il suo antagonista, mentre sulle
labbra si disegnava un leggero sorriso beffardo.
«Non intrometterti, straniero!» berciò Ruhl, con voce stridula. «Questa faccenda non ti riguarda!»
Quello si strinse nelle spalle. «In effetti...»
ammise. Ma mentre l'altro muoveva ancora una volta
contro Brynn, il nuovo arrivato continuò: «Tuttavia è
contrario ai miei principi lasciare nei guai una fanciulla
indifesa... o quasi!» esclamò, lanciando un'occhiata divertita a Bryhn. Dopodiché scattò con una velocità strabiliante,
sguainando la lunga spada e avventandosi contro Ruhl.
L'istante successivo la sua lama aveva troncato il
forcone dell'altro in due metà esatte, e si trovava ora puntata contro la gola
indifesa di Ruhl. «Ebbene,
mio imprudente amico, concorderete con me sul fatto che non siete più in
condizioni di lottare. Nevvero?» disse affabilmente, ma la sua voce suonava
ironica.
Ruhl deglutì rumorosamente e
fece un lieve cenno d'assenso, tremando e sudando freddo per il terrore.
La bocca del misterioso guerriero si piegò in un
sorriso sardonico, mentre scostava leggermente la spada. «Dunque,
a questo punto...» iniziò, ma Ruhl
non ebbe occasione di sapere cosa egli intendesse dirgli, poiché d'improvviso
si udì un rumore sordo e Ruhl cadde al suolo come un
sacco di patate, privo di sensi.
Il guerriero inarcò un sopracciglio, osservando con
fare interrogativo la ragazzina che ora si trovava di fronte a lui, il bastone
ancora impugnato con entrambe le mani dopo che ella lo
aveva energicamente calato sulla testa di Ruhl. Bryhn alzò verso di lui il visetto appuntito e scrollò le
spalle, con indifferenza. «Non si meritava altro» spiegò, semplicemente, seria
in viso. Buttò il bastone e sbatté le mani. «Ah, grazie per avermi aiutato,
signore.»
L'altro ridacchiò. «Nessun ringraziamento, non ce
n'è bisogno. Anche perché ritengo che sia stato
superfluo. Sono convinto che te la saresti cavata
egregiamente da sola!» Smise di ridere e si fece serio. «Davvero... dal poco
che ho potuto vedere, dimostri una notevole predisposizione al combattimento.
Sono sicuro che con un po' di addestramento diverresti
una perfetta guerriera. Dimmi, dove hai imparato a lottare? Ti ha insegnato
qualcuno?»
Bryhn scrollò un'altra volta le
spalle, scuotendo la testa. «No, nessuno... né io mi sono
mai allenata a questo.»
L'uomo rimase in silenzio, con uno sguardo
ammirato. «Stupefacente... davvero incredibile...» mormorò. È come se
l'avesse nel sangue. Potrebbe davvero... Interruppe i suoi pensieri,
vedendo che la bambina lo osservava perplessa,
continuando a mantenere la sua espressione accigliata. «Potresti spiegarmi per
quale motivo costui ti ha aggredita?»
Bryhn sbuffò con chiara
insofferenza, ma non per la domanda. «Quest'idiota!» sbottò, tirando un calcio
al corpo esanime. «Lui e quelle stupide teste quadre del villaggio sono
convinti che io e mia sorella abbiamo chissà quali
oscuri poteri, e per questo ci hanno sempre emarginate e tormentate in ogni
modo. Mia sorella ha effettivamente qualche potere, però non
è assolutamente nulla di malvagio. Ma quegli sciocchi hanno un cervello
e una mentalità più ristretti di una noce, disprezzano e temono anche la più piccola e innocua forma di magia!» Emise un verso sprezzante. «Io non ne ho nemmeno una briciola, ma in certi momento
la vorrei, per spazzarli via! Loro e il loro stupido villaggio! In ogni caso,
non erano mai arrivati a tanto... Ah!» Si irrigidì di
colpo. «Sorella!»
Temendo che non fosse stato
il solo Ruhl ad avere l'infelice idea di liberarsi
delle due sorelle streghe, Bryhn iniziò a
correre velocissima lungo il sentiero, per tornare al villaggio. Senza esitare, il guerriero misterioso la seguì, dopo aver
recuperato in fretta la sacca che aveva posato prima di uscire allo scoperto.
Dopo circa un quarto d'ora di corsa sfrenata raggiunsero
il villaggio, totalmente privo di cinte o recinzioni di alcun genere. Bryhn saettò lungo le stradine, in mezzo a case e casupole,
scontrando le persone e ignorando chiunque le si rivolgesse
protestando – in termini più o meno scortesi – fino a raggiungere l'altra parte
del paesino. Addossata ad una parete rocciosa si ergeva una costruzione fatta
con tronchi di legno, dall'aria massiccia e resistente, costituita dal solo
piano terra. Di fronte e sui lati c'erano giardini e orticelli, in quel periodo
in piena fioritura, e ad alcuni metri di distanza, sulla destra, si trovava un
piccolo e grazioso boschetto di salici, i cui lunghi rami frondosi sfioravano
l'erba della vallata in cui sorgeva il villaggio.
«Rhiluee!» chiamò
affannosamente la ragazzina. «Rhiluee!»
«Sono qui. Che cosa c'è?»
rispose una voce melodiosa, proveniente dall'interno della casetta. «Che accade, Bryhn? Perché sei tanto
agitata?» Così domandando, Rhiluee uscì all'aperto,
rivelandosi come una fanciulla snella e flessuosa,
slanciata, dalle forme armoniose, di sette od otto anni più vecchia di Bryn. Era totalmente dissimile da lei. Lunghissimi
capelli biondo-argenteo le scendevano sulla schiena come una cascata di
fili di seta, incorniciando un viso ovale e delicato, dai lineamenti pressoché
perfetti. La sua pelle aveva il candore di una perla, messa ancor più in
risalto dalla tunica rosso cupo che indossava. Gli occhi grandi e dolci, di un
limpido color acquamarina tendente al verde, si posarono sulla sorella, e
subito dopo sull'uomo sconosciuto che l'aveva seguita fin lì. Le sottili
sopracciglia si aggrottarono appena, in un accenno di perplessità.
Bryhn rilasciò un profondo sospiro di sollievo. «Quel demente di Rhul
mi ha assalita nella foresta, voleva uccidermi» spiegò
con calma, stringendosi nelle spalle, un gesto che le era abituale. «Lui è
intervenuto a difendermi» aggiunse, facendo un cenno del capo verso il
guerriero. «Ho temuto che qualcuno potesse essere venuto ad aggredire anche te,
e sono corsa qui. Ma vedo che è tutto a posto.»
Rhiluee fu colpita da quel fatto e
si mordicchiò un labbro, impensierita. Certo, i loro
compaesani – a parte alcuni – le avevano quasi sempre trattate con
sgarbo e disprezzo, e con una notevole diffidenza, anche. Ma
non erano mai arrivate ad aggredirle. «Sì, è tutto a posto» ripeté in un
sussurro, il bel viso rivolto a terra con aria meditabonda. Lo rialzò,
fissandolo prima su Bryhn e poi sul guerriero, il
quale, dal canto suo, non aveva smesso un istante di osservarla con la più
evidente ammirazione. «L'importante è che tu stia bene. Forestiero, i miei più
sinceri ringraziamenti per aver difeso mia sorella» esclamò con calore.
L'altro scosse la testa. «Non ce n'è bisogno, ho
fatto solo ciò che ritenevo giusto» si schermì.
La bionda fanciulla
sorrise. «Siete un uomo generoso, non ve ne sono molti, qui, che avrebbero agito come voi. Vi sono davvero infinitamente
grata per quanto avete fatto. Permetteteci di sdebitarci.»
«Aver agito secondo coscienza è
per me ricompensa sufficiente, mia signora... insieme al piacere di
vedere i vostri luminosi sorrisi» affermò l'uomo con cortese galanteria.
La carnagione lattea di Rhiluee
s'imporporò e la fanciulla chinò il capo, mentre Bryhn levava gli occhi al cielo, con espressione vagamente
infastidita. Adulti! pensò, con aria di
tolleranza. Li guardò entrambi e sbuffò appena. Quant'erano assurdi e complicati, gli adulti. La sorella non
accennava a proferir parola, ancora imbarazzata – seppur piacevolmente – per quel
complimento, mentre l'uomo era tornato ad osservarla con ammirazione, ma
nemmeno lui sembrava trovare nulla da dire. La ragazzina si schiarì la voce,
attirando l'attenzione. «Forestiero, ti va di fermarti a pranzo? Per ricambiare
il tuo aiuto.»
Quello parve sorpreso, poi disse:
«Volentieri, ma non vorrei disturbare...»
«Oh, nessun disturbo!» tagliò corto Bryhn. «Vero, Rhiluee?»
«Eh? Ah! N-no... no, nessuno!» La giovane si
riscosse di colpo, sollevando il viso.
Il guerriero sorrise. «Ebbene,
allora accetto di buon grado, piccola Bryhn» proferì,
con un leggero inchino.
La bambina lo guardò con aria seria, ponendo i
pugni sui fianchi. «Senti, se vogliamo essere amici, non chiamarmi più a quel
modo. Io mi chiamo Bryhn, e basta. D'accordo?» Con il
consueto atteggiamento diretto, e un po' brusco, era passata ad un più
familiare tu.
Lo straniero la fissò, divertito, e annuì. «D'accordo.»
A quel punto, anche Bryhn
si esibì in un ampio sorriso. «Allora è deciso! Stasera abbiamo un ospite!»
Rhiluee sorrise. «Già. E ditemi, signore, qual è il vostro nome? Dovremo pur
chiamarvi in qualche modo, no?»
«Avete ragione. Perdonate la mia scortesia, se non
mi sono presentato subito. Io sono Khalar Darkblade, guerriero senza fissa dimora. Viaggio di città
in città, di terra in terra, per mettermi alla prova e migliorare le mie
tecniche combattive.» Alla ricerca di qualcuno a
cui trasmetterle... e forse l'ho trovato... pensò,
lanciando un fugace sguardo alla battagliera ragazzina dai capelli neri.
«Rhiluee e Bryhn Irithyl» presentò a sua
volta la maggiore delle due sorelle, con la sua voce vellutata e melodiosa. Si
voltò un poco, mantenendo però gli occhi chiari su Khalar.
«Seguitemi. Potrete riposarvi intanto che preparo il pranzo. Sarete sicuramente
stanco dopo aver corso con quella corazza indosso.»
«Vi ringrazio, lady Rhiluee.
Ma potete chiamarmi semplicemente Khalar... e lasciar
da parte le formalità.»
La fanciulla, ormai sulla
soglia, si fermò, voltandosi. «Oh... va bene. Allora, entra pure... Khalar.» Arrossì nuovamente. «Ma anche tu... chiamami semplicemente Rhiluee.
Sono solo una semplice ragazza di umili origini.»
«Eppure la tua gentilezza supera quella di
qualunque gran dama io abbia visto finora, così come
la tua bellezza. Non devi affatto sminuirti, Rhiluee.»
Khalar pronunciò il nome della giovane con riverenza.
Rhiluee si portò
le mani alla bocca, imporporandosi per l'ennesima volta, poi entrò nella
casetta, sorridendo fa sé. Khalar e Bryhn la seguirono. La ragazzina, riflettendo su quanto
accaduto negli ultimi minuti e sugli atteggiamenti dei due adulti, si ritrovò a
sorridere.
Chissà che quel guerriero
errante non avesse finalmente trovato un luogo in cui fermarsi...