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Autore: Haruakira    12/03/2011    4 recensioni
Possono i sogni essere gli stracci di un ricodo lontano?
Possono essere una storia in cui leggere tra le righe per vedere il futuro o per comprendere la distruzione di un passato troppo amaro, con troppe luci, troppe ombre? Per alcune persone di certo sono questo e altro e i guerrieri di Atena saranno costretti a confrontarsi con le proprie emozioni, a rivedere le loro convinzioni, il loro essere guerrieri,il loro esistere. Quattro ragazze mostreranno loro una nuova verità, un modo diverso di combattere per la giustizia, per il bene...per chi si ama.
Genere: Azione, Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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cap
 Tre ore, diciotto minuti e dodici secondi, pensò Saga fissando il grande orologio che faceva bella mostra di  sè sulla parete posta di fronte a lui.
"Non ho paura degli dei", le aveva detto, "se sarà necessario ne affronterò due, cento, mille". Dicendo così  aveva promesso che l' avrebbe protetta sempre, che avrebbe protetto il loro amore e lottato per stare insieme a lei. E invece non era avvenuto nulla di tutto ciò.
  Aveva fallito, semplicemente.
 Per due volte. Per quanto ne sapeva ora, poteva anche essere morta.
Morta. Aveva ripetuto quella parola così tante  volte da aver perso il conto. Tutti dicevano di no, che non lo era, che la sentivano ancora. Lo diceva Sophia, lo diceva Talia e anche Febe...e lo diceva Camus.
Camus.
Lo odiava, probabilmente. Lo odiava perchè lui, Saga, non riusciva più a sentirla Antares, lo odiava perchè lui invece poteva e non diceva nulla e non faceva nulla. Lo odiava perchè la teneva legata e sè in una maniera incomprensibile persino per lui che aveva un gemello che amava profondamente.
Se la ricordava, secoli, forse millenni prima, ancora convalescente nel suo palazzo a fissare un punto lontano tra le colonne di marmo quando ancora non l' aveva sposata, quando sospirava da sola con la testa appoggiata sulle bianche braccia.
-A cosa pensi? -le aveva chiesto scherzando- forse a un amore lontano?
Antares non gli aveva risposto, lo aveva guardato timida ed era arrossita per poi tornare a fissare quel punto lontano.
Solo in seguito aveva compreso quanta verità si nascondesse in quella sua domanda fatta un po' per gioco un po' per curiosità senza però capire ancora quante sfaccettature potesse avere l' amore, quanto ambiguo, dolce e devoto potesse essere.
Era morta per quel dannato amore in passato.
Era prigioniera di un dio sanguinario per quel dannato amore nel presente.
Odiava il cavaliere che spadroneggiava sul cuore di Antares, odiava Antares perchè non gli aveva concesso tutto il suo cuore, odiava entrambi perchè lei era morta. Non si era curata di avere uno sposo, nè di aspettare un figlio, aveva solo preferito morire tra quelle braccia fredde come il ghiaccio. E voleva rifarlo di nuovo e se il destino beffardo amava ripetersi, l' avrebbe di certo fatto mille, mille, mille volte ancora.
E quell' immagine con orrore era passata veloce davanti ai suoi occhi, quelli di Camus di certo, forse di Antares stessa, forse di Apollo.
La freccia del dio Sole aveva il suo bersaglio in ginocchio, indifeso, stremato.
 L' arco era teso, la freccia mortale scoccata.
Partiva veloce contro un unico bersaglio, il più detestato, questo avevano in comune il dio e il cavaliere in fondo.
Ma la vendetta divina  fu tarda ad arrivare e aveva sbagliato bersaglio.
Antares riversa a terra a qualche metro dal fratello, troppo ferita, troppo debole, troppo fragile ma anche troppo forte insieme, aveva visto l' arco teso, la freccia partire, aveva spalancato gli occhi, uno dei quali ormai cieco, terrorizzata ed era corsa a salvare il suo dio, il fratello, il signore.
Aveva urlato con quanto fiato in corpo aveva, quel giorno, Saga di Gemini.
Si era accasciato a terra per il dolore di aver perso qualcuno di caro al cuore, Apollo dio del Sole.
Piangeva mentre il sangue dell' amata sorella gli scorreva addosso, Camus dell' Aquario.
 Antares gli sorrideva donandogli quel poco di calore che le restava nel cuore, mentre tendeva la mano, dal suo petto, proprio accanto alla freccia che le portava la morte, verso il viso di Aquarius.
E oggi, come ieri lo avrebbe rifatto, si disse Saga. Solo che questa volta Apollo l' aveva fermata.
Camus aveva urlato, aveva scalciato, strepitato, quando Antares era scomparsa col dio sole. Come un bambino...o come un folle. Lo avevano dovuto portare via di peso, non prima però che il cavaliere dei Gemelli avesse modo di sputargli in faccia tutto il suo disprezzo. "E' colpa tua. E' sempre colpa tua. E' morta per te. Si è data a un dio per te, dannato!", aveva sentenziato velenoso.
Eppure prima di allora non odiava Camus. Gli era indifferente, semplicemente indifferente. Eccetto la scalata alle dodici case durante la guerra contro Ade non avevano mai avuto grandi occasioni di contatto e lui non era certo un suo fedelissimo quando era stato grande sacerdote,ma  non gli era neppure avverso a dir la verità. Neutrale? Disinteressato? All' oscuro di quanto avvenisse? Questo non avrebbe saputo dirlo con precisione. Ma non gli era mai importato.
Antares se ne era andata. Avrebbe voluto cercarla, trovarla e liberarla.
Aveva offeso Camus e si era gettato addosso a Sophia intimandole di consegnarle il suo computer o almeno di dirgli la posizione di quei due ma lei si era rifiutata categoricamente adducendo come scusa che il computer aveva subito dei guasti, che doveva lavorarci su.
Ovviamente Saga non le credette e tuttavia una sorta di fiducia sotterranea lo indusse a far finta che fosse davvero così, -Ti dò quattro ore- le aveva detto
-E poi? E poi che farai Saga?- domandò inaspettatamente lei
-Non risponderò più di me. Potrei uccidere le custodi,  distruggere tutto o forse semplicemente cercarla da me- aveva risposto dandole le spalle.
Era strano che quella ragazzina tanto legata ad Antares, non avesse versato una sola lacrima per la sua amica. Non capiva. Era triste e angosciata, questo aveva potuto intuirlo persino lui che la conosceva poco, eppure cercava di restare lucida. In fondo si assomigliavano quelle due.
Erano ritornati al tempio che Talia teneva lontani gli eserciti avversi con il suo potere. Sophia l' aveva aiutata e anche loro per quanto fossero provati. Nel giro di un' ora li avevano sconfitti. A quel punto iniziava a chiedersi a che gioco stessero giocando quei pazzi. Perchè non si mostravano? Non poteva essere questa la loro reale forza.
Il problema fu dirlo a Febe e Talia, la prima era piuttosto sensibile ed infatti scoppiò in lacrime, mentre l' altra delle volte ragionava davvero troppo poco ed infatti si era lanciata fuori dal tempio per cercare Antares seguita da Shaka...ovviamente. E Shaka seguito a ruota da Mu. Ovviamente anche qui.
Camus si era chiuso nel silenzio,e freddo, composto, apparentemente calmo, siedeva accanto a Milo. Avrebbe atteso anche lui Sophia? Ormai era chiaro che la signora dell' Acqua aveva solo preso tempo per elaborare un piano. Parlava fitto fitto con Sion, Dohko, Eros e Saori da quando erano arrivati praticamente.

Si era risvegliata in un letto troppo grande e per fortuna vuoto, in una stanza dorata e finemente decorata dotata di innumerevoli finestre che irradiavano la luce del sole in tutto il suo splendore. Si era messa seduta sul materasso che era ancora dolorante per tutte le botte prese, si era guardata intorno e aveva osservato attentamente se stessa. Non aveva il sailor fuku, notò con sgomento.
Come era possibile? Doveva avere il sailor fuku, e invece indossava una lunga tunica binca simile a quelle indossate dai greci. Due fermi in oro circolari sulle spalle permettevano che sia la schiena che le spalle fossero ben coperti, mentre le braccia rimanevano libere e un cordone infine le cingeva la vita.
Antares si alzò:- Potere di Giove!- invocò alzando il braccio e aprendo il palmo della mano sinistra in attesa che il suo piccolo scettro comparisse e desse inizio alla trasformazione. Ripetè la formula più volte, la urlò, la sussurrò, implorò ma non accadde nulla.
Si diresse stancamente verso le finestre. Poteva vedere una valle bellissima, le montagne in lontananza, vedeva qualche templio qua e là, addirittura poteva giurare di sentire lo scorrere lento di un fiume ma la cosa non le faceva alcun effetto. Si domandò se quei vetri fossero infrangibili e allora prese tra le mani la prima cosa che le capitò a tiro, una statutetta piuttosto pesante che lanciò contro la finestra, ma come supponeva non accadde nulla. La finestra rimase intatta e la statuetta cadde a terra. In preda alla rabbia iniziò a battere i pugni contro la grande porta, chiamò a gran voce il nome del dio, lo provocò, gli diede del bastardo, finchè stanca e arrabbiata prese un vaso e lo tirò contro i massicci battenti   ma l' unico risultato che ottenne fu ovviamente quello di mandare in pezzi il vaso.
-Come siamo rumorose mia piccola Antares- disse Apollo comparendo avvolto in un fascio di luce- ti sei ripresa in fretta- continuò accigliandosi e camminando verso di lei.
La ragazza indietreggiò di un passo, forse due. Come poteva combattere un dio se non aveva più i suoi poteri? Apollo rise nel vederla indietreggiare così incerta. Andò a sbattere contro un pesante mobile e Apollo si avvicinava sempre di più. Era stupido ciò che stava per fare ma lo fece ugualmente. Tastò la superficie dietro di lei e prese un piatto, poi un vaso e una statuetta uno dopo l' altro e li tirò addosso al dio che in risposta non solo li evitò sparendo e ricomparendo, ma rise sonoramente per poi comparire di fronte a lei a pochi centimetri dal suo viso.
-Come sei divertente!- le disse sincero avvicinandola ancora di più a sè mentre le circondava la vita, poi con un paio di dita sotto il mento le sollevò il viso e le diede un bacio e ancora  Antares fece qualcosa di stupido mordendo questa volta le labbra del dio che si fece indietro allontanadosi e tastandole con le dita sulle quali potè notare del sangue. Si leccò le labbra. Il sangue di un dio era davvero dolce, o almeno il suo  lo era di certo.
-Cosa vuoi farmi?- ringhiò Antares
-Io? Nulla...sollo farti innamorare di me- sorrise gentile Apollo
Antares non lo vide se non quando se lo ritrovò nuovamente davanti. Questa volta la prese saldamente per la vita in una sorta di caschè beffardo e non troppo piacevole mentre nella mano libera faceva comparire una boccetta con del liquido di un  tenue rosa.
-Apri la bocca- le sussurrò mellifluo
Ma Antares serrava le labbra e si dimenava cercando di liberarsi dalla presa del dio che le accostava il liquido alla bocca. Con una mano la ragazza si aggrappava alla spalla del giovane cercando di rimettersi in piedi mentre con l' altra cacciava la boccetta lontana da sè. Stanco di quel gioco Apollo la lasciò cadere a terra e poi afferrandola per il braccio la spingeva sul letto. Delle catene dorate comparse dal nulla le bloccarono i polsi e le caviglie e persino il collo. Apollo sedendosi accanto a lei all' altezza della testa con la forza le faceva aprire la bocca versandone il contenuto della boccetta all' interno, contenuto che Antares sputò una, due, tre, volte, forse di più finchè il dio adirato non chiamò due dei suoi cavalieri.
-Pensateci voi, ma non siate troppo rudi. Io non riesco a farle del male....o almeno non così direttamente- dicendo ciò uscì dalla stanza mentre uno dei due apriva la bocca di Antares e l' alto vi versava il liquido costringendola a mandarlo giù tirandole poi con forza i capelli rossi e inclinandole la testa all' indietro.
-Mio signore i vostri ordini sono stati eseguiti. Una sposa devota e innamorata vi attende impaziente nei vostri appartamenti- dissero in coro i giovani una volta al cospetto del loro padrone.

Kanon stava fissando immobile la spada. Si chiedeva come fosse possibile che la spada sacra dell' aria fosse caduta ai suoi piedi. "Un caso" si disse. Soprattutto, cosa di certo più importante, non sapeva come trovare l' armatura. Ogni tanto si chiedeva se il dio degli Inferi fosse contro di loro e se per caso dovesse combattere, amara prospettiva quella, contro Rhadamantys...Rhadamantys. "Stupido giudice!" pensò squotendo la chioma bionda. Si crogiolava in questi pensieri ormai da un po' quando una risata cristallina e femminile sembrò invadere la sua mente. Il ragazzo si guardò intorno ma non riuscì ad individuare il luogo da cui potesse venire, specie perchè i presenti avevano delle facce funeree. Era impossibile ridere in un momento come quello.
Di nuovo sentì la risata rimbombare nella testa e di nuovo si guardò intorno irritato e guardino insieme.
-Quietati Kanon- gli disse una voce dolce e melodiosa invadendogli l' animo di una quietà serenità
Il cavaliere fissò la spada. Possibile che parlasse? Si chiese stupito...e la voce ancora rise.
-Oh insomma! Chi sei? Che vuoi?- chiese stizzito il cavaliere in un dialogo che solo loro potevano sentire
-Cavaliere di Gemini- lo chiamò- so che devi ritrovare la tua armatura. Ebbene fallo, non perderti in inutili domande. E' semplice trovarla. L' armatura si trova là dove è il tuo cuore. Chiamala e lei verrà da te-
-Mi prendi in giro?- chiese con veemenza il ragazzo- Mostrati! Mostrati ho detto!- Ma la voce sembrava essere sparita portando via con se quella sua presenza calma.
"Dove si trova il mio cuore...è ovvio che il mio cuore si trova in Grecia!", pensò il cavaliere, ritornando però segretamente con la mente in un luogo ben diverso dalle terre calde di Atene.
E in quel luogo lord Rhadamantys, giudice infernale era ritornato nella sua magione per qualche ora dai luoghi profondi dell' Inferno. Era arrampicato ad una scala nella sua grande biblioteca alla ricerca di un libro poichè non si prospettavano compiti gravosi per lui, almeno per il momento, quando volse lo sguardo verso le grandi finestre. Là il cielo notturno poteva ancora vantare il luccicchio delle stelle, ed una di esse, notò, brillava più delle altre. Sembrava di averla vicina per quanto era splendente. Vedendola però sentì il vento sollevarsi all' improvviso,  e il cielo brillare di mille fulmini.
"Ma come?", pensò "e non piove?"
Quella situazione durava ormai da qualche minuto e il giudice iniziò seriamente a domandarsi cosa stesse accadendo, finchè tutto, come era iniziato si quietò senza lasciare traccia. Dopo qualche minuto in cui Rhadamantys era ancora intento a cercare quello sciocco libro, che ormai non aveva più neppure voglia di leggere pensandoci bene, fece il suo timido ingresso nella stanza il suo maggiordomo
-My Lord- esordì questi- perdonate l' intrusione irruente, ma c' è qualcosa che temo dobbiate assolutamente vedere.
Giunto svelto al vasto ingrsso della magione, il giudice, vide campeggiare al centro della sala qualcosa che mai davvero nelle sue innumerevoli vite si sarebbe potuto aspettare di trovare proprio lì, a casa sua, la casa di uno dei tre grandi dell' Inferno. Era come mettere sale nel tè, dire che in Inghilterra ci sono quaranta gradi, come se un inglese si mettesse a mangiare escargot o non fosse devoto alla regina..insomma, per farla breve, era assurdo.
-E' entrata da sola non appena ho aperto la porta per accertarmi di quanto stesse accadendo fuori- spiegò il maggiordomo
-E' entrata....da sola?- chiese il signore di quel maniero arcuando le sopracciglia, il sopracciglio. "Tipico. Ovvio che sia entrata da sola. Non poteva essere altrimenti considerando chi ne è il padrone", pensò crucciato.

Il cellulare di Kanon squillò all' impazzata, e quando rispose, potè giurare che il suo interlocutore fosse piuttosto irritato. Giunto al maniero alla velocità della luce, Kanon trovò il giudice ad attenderlo all' ingresso seduto su una sedia piuttosto bizzarra.
-Ehi! Alza il tuo sedere infernale dallo scrigno della mia armatura!- sbottò Kanon non appena si rese conto della vera natura della sedia.
-Mpf...è così che si entra in casa della gente?- domandò il giudice rialzandosi compostamente
-Mh...scusa- nicchiò Kanon abbassando lo sguardo di lato
-Ora vorrei che tu mi dessi una spiegazione, specie perchè come vedi, questa cosa- disse indicando l' armatura- è entrata in casa mia senza che nessuno l' abbia invitata riempiendomi inoltre l' ingresso di foglie-
-Rhada...ma sei scemo o cosa? Cioè...pretendi che un' armatura entri con l' invito?
"La mia lo farebbe", pensò il giudice dicendo:- Di certo non mi aspetto che l' armatura di un cavaliere d' oro si trovi nella magione di un signore infernale. E' paradossale.-
-Lo penso anche io. Quindi me la prendo e ce ne andiamo anche perchè non saprei proprio dirti come sia  finita qui- rispose Kanon caricandosi lo scrigno sulle spalle.- Parteciperete alla guerra?- chiese poi serio
-Solo se attaccati- rispose incolore Rhadamantys pur sapendo che non avrebbe dovuto rispondere a una domanda del genere.- Avete iniziato a combattere?- chiese poi a sua volta
-Scaramucce- disse Kanon facendo spallucce
"Stai attento" avrebbe voluto dirgli il giudice mentre lo accompagnava alla porta e lo vedeva sparire nella notte percependolo poco dopo al sicuro al santuario. Avrebbe voluto dire, avrebbe voluto fare, fermarlo magari. Ma non lo fece.

-Febe- la chiamò Kiki, accoccolato tra le sue braccia- ho un poco di paura- le sussurrò
-Io sarò qui a proteggerti- disse la ragazza sorridendo e sfiorandogli la chioma ribelle
-Allora proteggi Mu... perchè ho paura per lui-
-Te lo prometto Kiki, andrà tutto bene- rispose la giovane sentendo gli occhi bruciare per le lacrime a stento trattenute.
La ragazza pensò con tristezza a tutto ciò che stava accadendo, a quanto si sentisse fragile e impotente a difendere le persone che amava. Aveva lasciato andare via Talia senza riuscire a fare nulla, non era riuscita a impedire a Mu di seguire Shaka. Si era affezionata ai saints, si era innamorata di uno di loro, adorava i custodi della prima casa che per lei erano stati una famiglia in quello strano periodo, avrebbe voluto ancora cucinare insieme ad Aldebaran. Sarebbe più tornato tutto questo? Risoluta come poche volte nella sua vita si alzò e accomodò Kiki, ora addormentato, sul divano accanto a Shura che intuendo qualcosa di diverso si alzò con lei. Andarono da Sophia, Sion, Dohko, Eros e Saori e interrompendoli disse:-Scusate l' intrusione. Sophia, proteggi Kiki per favore...io...io devo andare. Cercherò Talia, Mu e Shaka.
-Febe anche tu....- chiese deleusa la ragazza
-Ho fattto una promessa- spiegò 
-Non posso permetterti di andare. Non capite? Vogliono dividerci...e hanno raggiunto il loro scopo. Noi...noi stiamo preparando un piano, le difese- dissse con foga.
-Tempo scaduto- disse Saga facendosi avanti
-No!- gridò la ragazza- No,no,no...non può essere
Un boato all' improvviso rimbombò per tutta l' aria. Le trombe di guerra diffondevano solenni il segnale per l' avvio della battaglia. Cosmi ostili e ben più potenti dei precedenti si preparavano all' assalto.
-Dannazione!-imprecò Shura
-Ci attaccano!- urlò Febe dirigendosi verso la porta seguita dal compagno:- Febe è troppo pericoloso! Non hai neppure la tua spada!
-Shura  come lo percepisci di certo tu io stessa sento che Mu e gli altri sono ancora tra le mura del santuario. Non ce la faranno da soli e noi non possiamo permettere che i nostri nemici arrivino qui!- lo pregò
-Hai...ragione- sorrise stancamente il ragazzo- sono alla prima casa. Andiamo...ma insieme.
-No! Fermi vi prego, vi prego- li implorava inavno Sophia- Non doveva andare così- sussurrò cadendo in ginocchio
-Pustola calmati, devi cercare di restare lucida o potresti fare qualcosa di davvero stupido. Forza alzati- disse Death Mask porgendole la mano
-Death
-Non metterti a piangere perchà non ti abbraccio! Quello te lo scordi!- la avvisò burbero
-Sì...
-Le linee di difesa sono troppo arretrate. Non possiamo permettere che giungano qui. Alla prima casa possiamo contare su Mu, Shaka e Talia a cui spero che si aggiungano presto Febe e Shura, dobbiamo spingerci più giù e creare un ' ultriore difesa.- spiegò Sion
-Andiamo io e Milo- si offrì Camus incolore d' accordo con il compagno
-E noi no?- si fecero avanti Aiolos e Aiolia
-Bene. Allora qui resteremo io, Dohko, Aldebaran, Death, Aphro, Saga, Kanon, Sophia e ovviameta Atena ed Eros- annuì Sion
-Io vado con Milo!- si fece avanti Sophia
-Sophia non puoi, se entrambe le difese venissero abbattute la tua spada sarà indispensabile- la fece riflettere Dohko
-Non contate sul mio aiuto- disse Saga mentre Aiolos e gli altri andavano fuori diretti all' ottava casa- dimmi dov' è Antares e facciamola finita
-Non puoi andare da solo Saga- lo pregò Atena
-E' importante salvare Antares, i suoi poteri ci saranno d' aiuto e del resto non possiamo rischiare di privare il santuario di troppe forze.
-Verrò io con te- si fece avanti Kanon risoluto
Saga stava per dire di no ma gli altri furono più veloci ritrovandosi d' accordo
-Bene...allora io raggiungo i cavalieri alla casa dello scorpione- disse Eros stupendo i presenti e sparendo in un vortice di cuori scoppiettanti.

E mentre al Santuario infuriava la guerra un ben diverso tipo di scontro attendeva Antares.
Apollo seduto sul letto accanto a lei la riempiva di baci, la osservava, la venerava deliziato. "Ti amo, ti amo, ti amo", le sussurrava estasiato.
"Anche io, mio signore", rispondeva a volte la ragazza con le labbra gonfie di baci.
-Antares, mia dolce, piccola Antares- pregò il dio senza smettere di baciarla- faresti l' amore con me?
-Ogni cosa il mio signore desidera- rispose la ragazza.
Apollo continuò a baciarla, poi fermandosi all' improvviso la fece alzare e la liberò dei piccoli femi sulle spalle che tenevano legati tra loro i lembi di stoffa, quindi il cordone in vita, facendo ricadere l' abito ai suoi piedi. Era bellissima, nuda, bianca, davanti a lui. Apollo la contemplò per qualche istante, compiacendosi di quella visione e della purezza e insieme della fragilità che essa emanava. Con le mani tremanti Antares liberò a sua  volta  il dio della tunica e del mantello.
"Così innocente", pensò il ragazzo . Quando lei sollevò una mano avvicinandola al  suo volto, gliela catturò e si portò il polso alle labbra, iniziando da lì a tracciare una scia di baci sulla parte interna del braccio, assaporando ogni brivido che riusciva a strapparle.
La sollevò tra le braccia e la adagiò dolcemente sul letto coprendola con il proprio corpo e avvicinando il viso a quel collo così candido e odoroso. Quando lei cercò con la bocca le sue labbra in maniera così spontanea, Apollo costatò come ciò distruggesse quel che restava del suo controllo.
Si chinò e la baciò sulla bocca, poi le morse il collo, la gola, i capezzoli. Antares si dimenò sotto di lui man mano che che scendeva sempre più in basso fino alle zone più intime. Quando la ragazza inarcò la schiena, sprofondò infine dentro di lei.
La adorava. La amava. Ma sapeva di possedere solo un corpo, una bambola senz' anima, una falsa illusione.
Antares chiuse istintivamente gli occhi quando il dio la adagiò sul letto. Amava Apollo o almeno così ricordava eppure sentiva che c' era qualcosa che non andava, qualcosa di davvero sbagliato in tutto ciò. Tenne gli occhi chiusi godendo di ogni movimento, mentre la sua mente si perdeva in un vortice confuso di ricordi. Urlò quando il dio la penetrò. Urlò fino a calmarsi e poi chiedere di più.
"Ti amo, ti amo, ti amo", ripeteva senza sosta con le lacrime che le bagnavano le guance.
"Ti amo", sospirò ancora vedendolo bello e selvaggio, dolce e innamorato, tremante su di lei.
-Saga!- gridò con tutte le sue forza quando raggiunse il piacere e aprendo gli occhi delusi e inorriditi mentre Apollo si sollevava, il cuore trafitto da mille spade, e le voltava le spalle.






ANGOLO AUTRICE:
*Arrossisce* Ho deciso follemente di avventurarmi in maniera più esplicita nel mondo dell' Eros @///@.....terrificante. Soprattutto perchè ora mi vorrete uccidere...perchè Antares ha consumato con Apollo...e non con Saga.
*Si prepara a schivare pomodori*
La colpa non è mia...è di Apollo. Vi spiego, ieri ho rivisto il film con Abel...non lo vedevo da secoli...e mi sono ricordata di adorare Abel o forse lo adorato ieri sera, non so. Ora, a me l' Apollo dell' ultima serie non è che sia piaciuto tantissimo e Abel sostanzialmente è più vicino o comunque maggiormente assimilabile al mio modo di pensare al dio sole, perchè come ho detto a   Koi-chan se ben ricordo, ho cercato di costruire sia Eros che Apollo in base all' immagine che io traggo di loro dal mito...e a me, anche se è un po' bastardo, l' Apollo del mito piace (a differenza di quel capellone con i capelli che gli avnno a fuoco e alto tre metri -.-). Detto questo, preciso che: A) questo capitolo è stao scritto nella pausa pranzo e dopo cena in notturno visto che in teoria di giorno studio e riletto velocemente poco fa.
B) siccome ho due esami non aggiornerò per una decina di giorni o due settimane...dipende...
C) Se volete lasciare un commento (ma anche le critiche, eh) è ben gradito, perchè...dai...ci deve essere qualcosa...una cosa... carina...o terribilmente orrenda. Dopo  questo ultimo, disperato appello, convinta che ognuno sia libero e giustamente anche di fare ciò che meglio crede e odiando maledettamente essere insistente e ripetitiva, vi saluto e mi dileguo per un pochino. *Fa gli occhioni da cucciolo indifeso*
Saluti e buona giornata^^
   
 
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