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Autore: MissChatterbox    17/03/2011    3 recensioni
Andromeda ricorda il suo rapporto con Ted: l'inizio traballante, l'inaspettato sviluppo, le sue conseguenze. Intanto, Dora porta notizie.
Questa storia ha partecipato al concorso "Le Petit Prince" indetto da Only_Me sul forum di EFP classificandosi quinta.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Andromeda Tonks, Nimphadora Tonks, Ted Tonks | Coppie: Ted/Andromeda
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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memories of me and you


Nick Autore: Morgain28 (MissChatterbox su EFP)

Titolo: Memories of Me and You

Personaggi: Andromeda Tonks; Ted Tonks; Ninfadora Tonks.

Pairing: TedAndromeda

Genere: Malinconico

Rating: Giallo

Avvertimenti: Spolier; Missing Moment.

Citazione scelta: 22. «La mia vita è monotona. Io do la caccia alle galline, e gli uomini danno la caccia a me. Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano. E io mi annoio perciò. Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sarà come illuminata. Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi fanno nascondere sotto terra. Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi, laggiù in fondo, dei campi di grano? Io non mangio il pane e il grano, per me è inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tu hai dei capelli color dell'oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano...». (XXI, 93)

Introduzione: Andromeda ricorda il suo rapporto con Ted: l'inizio traballante, l'inaspettato sviluppo, le sue conseguenze. Intanto, Dora porta notizie.

NdA: Questa fic ha partecipato al concorso "Le Petit Prince" indetto da Only_Me sul forum di EFP, classificandosi quinta. Su QUINDICI. Un dato che ancora non riesco ad accettare, tanto sono sotto shock. XD Sono immensamente felice del risultato ottenuto, e ringrazio la giudice per il giudizio (che riporto alla fine) e per aver indetto il bellissimo contest. Non mi resta che augurare una buona lettura. Fatemi sapere cosa ne pensate! 

M.



Memories of Me and You



Andromeda Tonks si sedette stancamente sul letto matrimoniale, una scatola di legno intagliato stretta in grembo. Con un dito, seguì la trama dell'intarsio, liscia al tatto, e fredda.
Fredda come la spessa coltre di neve sul davanzale della finestra; fredda come si sentiva lei in quel momento.
Come si sentiva da giorni.

Fredda, ma non vuota.

Sollevò il coperchio della scatola con più cautela di quanto la solidità del legno di ciliegio avrebbe richiesto, rivelando il suo contenuto.

Forse era nella natura dei Black, fare delle collezioni.
Ricordava che a scuola Bellatrix aveva una vasta collezione di punizioni quanto Narcissa di spasimanti e voti alti.
Andromeda, invece, raccoglieva memorie.
La sua prima piuma d'oca, la sua prima Figurina dei Maghi Famosi... piccoli oggetti senza importanza per nessuno tranne lei.

Era quello, il contenuto della scatola: memorie.

Raccolse gli oggetti uno per uno, sistemandoli in ordine cronologico.
Obbiettivamente, le apparvero davvero ordinari: la pagina di un libro, una foto spiegazzata, una pergamena consunta; un nastro di seta e una Regina Bianca degli scacchi.

Si soffermò sulla pagina del libro.

Aveva dimenticato il titolo, ma ricordava che era di Pozioni.
Andromeda odiava Pozioni.
A volte pensava che solo il suo cognome altisonante le avesse evitato la bocciatura.
Studiava come una forsennata fino a tardi solo per un Accettabile.
Era stato durante una di quelle sessioni disperate in Biblioteca che aveva incontrato l'uomo della sua vita.

E, per quanto suonasse poco romantico, non aveva provato che fastidio.

Un attimo prima nella stanza regnava un silenzio tombale; quello dopo, un ragazzone alto e completamente zuppo si faceva strada tra i tavoli scricchiolando rumorosamente.
Andromeda non aveva alzato nemmeno la testa; si era limitata ad uno sguardo veloce, soppesando la testa di capelli biondi e le lentiggini sulla pelle rosata.
Il ragazzo era crollato su una sedia poco lontano da lei, con un profondo sospiro soddisfatto; poi le aveva lanciato un'occhiata curiosa.

Un'occhiata estremamente lunga e snervante.

Andromeda era generalmente una ragazza paziente -doveva esserlo, con due sorelle bellicose come le sue-, ma ogni briciolo di sopportazione svaniva quando era sotto influenza delle Pozioni.
Potresti smetterla di guardarmi, per piacere?” aveva esordito in tono alquanto seccato.
Il ragazzo aveva ghignato. “Ti disturba?”
Andromeda aveva dovuto trattenersi dal dare una risposta sgarbata. “Abbastanza, sì.”

Ti dispiace se resto?” “Basta che eviti di guardarmi.”
Lui non l'aveva fatto. Invece, aveva continuato a presentarsi, sera dopo sera, ogni volta con un sorriso più largo sulle labbra.

Il terzo giorno, Andromeda aveva perso le staffe.

Lo fai apposta?”
Lui le aveva riservato la più innocente delle espressioni.

Cosa?” “Venire qui, a quest'ora.”
Sì.”
Andromeda aveva inarcato un sopracciglio.

Robbins mi ha sfidato rimanere fuori oltre il coprifuoco senza farmi beccare per una settimana, e qui mi è sembrato il posto più sicuro.” aveva elaborato lui.

Andromeda era ancora sospettosa, comunque.

Perché proprio a questo tavolo?”
Perché è il più vicino all'entrata.”
Aveva senso.

Ma perché mi stai a guardare? Fa parte della scommessa?”
Le parve fosse arrossito, ma forse era la luce del fuoco.

Perché non dovrei? Sei molto bella.” aveva risposto.

Così era cominciata.

Quello che, aveva poi saputo indagando con discrezione, si chiamava Ted Tonks, Tassorosso Nato Babbano, era sempre lì alle nove precise.
Le loro serate passavano in un silenzio via via meno nervoso, ma mai una parola veniva scambiata tra loro.
L'ottava sera, non vedendolo arrivare, Andromeda si era trovata a combattere con un sentimento sconosciuto: una sorta di strano vuoto alla bocca dello stomaco, che aveva identificato come “delusione”.

Forse era perché si era abituata a lui, si era detta. Di certo era per quello.

Ma neanche lei aveva potuto negare che, sentendo passi pesanti che riconobbe come i suoi con un'ora di ritardo rispetto al solito, si era sentita sollevata.
Ciao,” l'aveva salutata lui, cordiale.
E quella volta, prendendo il coraggio a due mani, Andromeda aveva ricambiato il saluto.
Seppur con qualche resistenza, era iniziato un tentativo di conversazione.

Hai più vinto la scommessa?”
Certo, vinco sempre io.”
Mi fa piacere per te.”
Anche a me fa piacere per me.”

Silenzio imbarazzato.

Ti ho vista, oggi.” era tornato alla carica lui. “A Erbologia, “ aveva specificato.
Andromeda non aveva risposto.
La verità era che anche lei lo aveva notato.
Pensava di essere riuscita a nascondersi dietro la Tentacula che stava potando; evidentemente non ci era riuscita bene come aveva creduto.

Anche tu mi hai visto.” aveva aggiunto lui. Un'affermazione.
Sì.”
Ma non mi hai salutato.”
Andromeda era scattata sulla difensiva all'istante.

Noi non siamo amici.” aveva precisato.

Io non ho amici.

No.” aveva annuito Ted. “Ma lo saremo.”
Non è possibile,” aveva ribattuto lei, secca. “Non posso essere tua amica.”
Non puoi?”
No.”
Ma vorresti?”
No! Smettila di confondermi!”
A lui era scappata una risatina.

E' consolante vedere che provi emozioni sotto quella scorza d'acciaio. Ti ho osservata, sai? Sei così tranquilla, fai paura, a volte.”

Emozioni. Non era certa di volerne provare.
Di certo non voleva che quell'imbarazzante rossore tornasse a tingerle le guance.
Narcissa non arrossiva.
Bella faceva arrossire.
Anche lei doveva fare lo stesso.

Ma era arrossita, e molte volte lo avrebbe fatto, suo malgrado.
Perché quella, in fin dei conti, non era stata che la “prima sera” della loro strana “amicizia”.
Andromeda non gli rivolgeva mai la parola in pubblico, né lo salutava; non faceva menzione di conoscerlo con nessuno, né gli permetteva di fare diversamente. Non c'era stato bisogno di spiegargli il perché: le abitudini della sua famiglia erano piuttosto conosciute.

Eppure, si vedevano. In Biblioteca, ogni sera lontani da tutti.

Giocavano a scacchi, facevano i compiti -molto raramente-, divoravano Cioccorane e confrontavano le collezioni. Alla fine del primo mese, Andromeda conosceva i nomi di tutti i suoi amici.
Inventava scuse elaborate e credibili per non mancare mai ai loro appuntamenti - e nessuno aveva ragione di non crederle: tutti sapevano quanto era solitaria.
Lo riconosceva per i corridoi: come ignorare quella magnifica testa di capelli biondi?
Lei, che non era mai stata una fan del Quidditch, aveva preso ad andare alle partire, solo per poter fare il tifo per lui.
Aveva persino rubato un'istantanea sfocata -la stessa su cui ora passava le dita- durante una partita contro i Tassorosso – ed aveva gioito silenziosamente quando l'aveva visto vincere contro tutti i pronostici.

Erano passati i mesi, e lei aveva cominciato a preoccuparsi.

Aspettava la sera con un entusiasmo eccessivo: per quanto amasse la sua buona dose di sonno, non era abbastanza brava da mentire a se stessa e convincersi che lui non fosse a causa delle sue visite alla Biblioteca.
A volte, le era sembrato di vivere esclusivamente attraverso di lui: di sera, accanto al fuoco, abbandonava la sua veste di ragazza studiosa, figlia obbediente e sorella devota e si gettava in avventure assurde nelle Cucine, cavalcava Ippogrifi, nuotava nel Lago.
Non sapeva se fossero vere o inventate, quelle storie, ma erano vivide e brillanti, ed era così che la facevano sentire: viva.
Avevano cominciato a comunicare anche fuori dalla Biblioteca.

Andromeda aveva incantato due vecchie pergamene in modo che, scrivendo su una di esse, l'altra avrebbe ricevuto il messaggio.
Era diventata uno dei suoi più cari tesori, che portava sempre con sé, per la folle paura che potessero scoprirla -a Serpeverde, anche i muri hanno le orecchie, era solita pensare.

Ma la sua piccola bolla di felicità era destinata a scoppiare.

Era accaduto durante le vacanze di Natale.
Durante la festa di fidanzamento di Bella, per essere precisi.
Ricordava ancora gli addobbi di vischio e cristalli di neve, i sorrisi ipocriti degli invitati ed il sapore falso della torta. Il nastro di seta che le tirava tra i capelli.

E sua sorella, splendida ed altrettanto finta nel suo abito rosso, che si faceva circondare con le braccia da un istupidito Rodolphus a beneficio dei presenti.
Ma poi, quando l'aveva raggiunta sul balcone, ogni maschera era caduta nel freddo dell'inverno:

Ho conosciuto un uomo, 'Dromeda.” aveva annunciato trionfante come un gatto che acchiappa il topo. Inconsapevolmente, Andromeda si era ritrovata a paragonare il tono di voce in cui aveva pronunciato il detestato soprannome che le avevano affibbiato – le aveva affibbiato- da bambina, a quello con cui la chiamava Ted.

La differenza l'aveva fatta rabbrividire.

Un uomo?” Bella aveva sorriso, stranamente adorante. “Il suo nome è... Lord Voldemort.” disse, scandendo ogni lettera amorevolmente. “Bella!” aveva sussurrato Andromeda con concitazione.
Stai per sposarti!”
Bella non pareva aver gradito che le venisse ricordato.
C'era stata una nuova durezza nella suo voce, quando le aveva risposto. “Lo sposo solo perché è stupido, e potrò modellarlo come creta; non certo per
amore.” Le aveva voltato le spalle. “I Black non amano, 'Dromeda. I Black obbediscono e dominano.”
Nei giorni seguenti, Andromeda aveva riascoltato quelle parole continuamente nella testa. Le aveva rigirate e riesaminate, e aveva visto quanto di vero ci fosse in esse. E quel pensiero, insieme ad una conversazione avuta con Ted poco tempo dopo, l'aveva impaurita da morire.

Era il suo compleanno, e Ted le aveva fatto un regalo. Andromeda era furiosa -furiosa perché glielo aveva espressamente vietato- ma in fondo, piacevolmente colpita.

Era una spazzola d'argento.

Piccola, graziosa, era quantomai lontana dalle creazioni dei Goblin che aveva ricevuto dai suoi parenti, ma nessuna di quelle meraviglie poteva sperare di competere.
Sciocco, ti avevo detto che non ne valeva la pena.”
Quando mai ti ascolto, 'Dromeda?”

'Dromeda...

Sai...” aveva esordito con apparente casualità. “Mia sorella si sposa in giugno.” “Oh.”
Per allora la scuola sarà finita.” “Avremo gli esami...” “Dovremo impegnarci – o tentare, nel tuo caso”, aveva cercato di scherzare Andromeda. Ma Ted era serio.
E poi?” aveva chiesto. “Poi...?” “Che faremo?”

Non questa domanda. Non voleva pensare alla risposta.

Ebbene, tu andrai a lavorare al Ministero ed i miei mi troveranno un fidanzato congruo, come Bella.” aveva risposto in tono più neutro possibile.
Silenzio.
Era come se qualcuno avesse scagliato un Incantesimo Scudo in mezzo al tavolo.
Alla fine, non ce l'aveva fatta più, Andromeda.

Scusami,” aveva detto, preparandosi ad andare via. Ted l'aveva afferrata prima che potesse farlo. Andromeda aveva sentito un brivido per la spina dorsale a contatto con le sue dita.

Devi proprio fidanzarti, Andromeda?”

Per un attimo, lei avrebbe solo voluto urlare che, no, non era inevitabile.
Invece, piuttosto che dirgli una bugia, era fuggita.
Solo nel suo dormitorio, protetta dalle cortine del letto, aveva realizzato.

Aveva capito perché all'improvviso aveva sempre voglia di toccarlo, di parlargli, di sentire la sua voce; perché, ogniqualvolta vedeva o sentiva qualcosa di divertente, il suo primo pensiero andasse a lui; perché vedeva i suoi dannatissimi occhi nelle chiome degli alberi, ed i suoi capelli in quegli strani gerani studiati ad Erbologia.
Perché era l'unico a cui avesse mai confidato i suoi segreti, l'unico che volesse vedere quando era triste.

Si era spaventata a morte.

Si era spaventata a morte, e aveva preso ad evitarlo. Non era andata in Biblioteca; non aveva risposto ai suoi messaggi. E ogni giorno, ogni giorno si era sentita peggio.
Non aveva realizzato quanto le fosse necessario vederlo che dopo averlo perduto.

O aver deciso di perderlo.

Si era incamminata su una strada pericolosa, che conduceva ad una sofferenza immane, e lo aveva capito troppo tardi.
I suoi voti ne soffrirono, ricordava, tanto che sua madre quasi le aveva mandato una Strillettera; non osava pensare a cosa avrebbe fatto, se avesse saputo che sua figlia si era innamorata di un Babbano di nascita.
Aveva nascosto la spazzola; ripiegato la pergamena.
Non aveva niente di quel periodo, nessuna memoria se non quella di una profonda, radicata tristezza.
Ripensandoci, perché raccogliere memorie di un periodo così orribile?
Non avrebbe mai, mai voluto riviverlo. E vedere Ted perdere via via ogni speranza di parlare con lei... le era parso di morire dentro.

Poi, inaspettatamente, il primo bacio.

Non c'era nulla, in quella scatola che potesse rammentarglielo; d'altra parte, non aveva bisogno di souvenir per ricordare il freddo nelle ossa che aveva sentito quel giorno: il giorno in cui si era finalmente decisa a troncare ogni rapporto con Ted.
Pioveva molto, per questo aveva freddo, si era detta, cosciente di mentire - da quando conosceva Ted era diventata una maestra nel mentire a tutti, inclusa se stessa.

Tremava di freddo, e quando Ted l'aveva raggiunta in uno dei corridoi deserti del terzo piano, l'aveva trovata che tentava di scaldarsi un po' circondandosi il busto con le braccia.
Forse, ricordava di aver ragionato, quel gesto l'avrebbe tenuta insieme una volta che gli avesse rivelato il vero motivo per cui l'aveva chiamato in quel corridoio buio nel cuore della notte.
Lui doveva averlo capito, in qualche modo, perché nei suoi occhi solitamente miti aveva letto una certa agitazione.
O rabbia, più precisamente.

Ciao,” aveva detto, profondamente a disagio. Lui aveva solo annuito freddamente. E ad ogni suo tentativo di fare conversazione aveva concesso solo risposte monosillabiche.

Lui, la logorrea incarnata.

A pensarci adesso, sarebbe stata una scena comica vista dall'esterno, ma ridere era stato l'ultimo dei suoi pensieri.
Era come sapere di doversi cavare un dente senza Incantesimo Anestetizzante e continuare a rimandare l'inevitabile.

Alla fine, era stato Ted a tagliare corto.
Dimmi perché mi hai chiamato, Andromeda.”

Andromeda. Ted non la chiamava mai Andromeda.

Era arrivato il momento.

Tu lo sai, il perché.” Ted aveva scosso la testa, l'immagine vivente della frustrazione. “Potrò anche saperlo, ma non riesco a capirlo.” “Non c'è niente da capire, Ted. E' come deve essere. E' quello che ti ho detto sarebbe successo. La prima sera, ti ricordi?”
Andromeda aveva sorriso tristemente.
Il destino di un Black era già scritto al momento della nascita. Niente variazioni, niente sorprese. Tutto era come
doveva essere. Ted si era passato una mano tra i capelli. Lo ricordava perché aveva focalizzato tutta la sua attenzione su una ciocca scomposta che gli era ricaduta sulla fronte.

Non voleva vedere -pensare a nient'altro.

Me lo ricordo.” le aveva detto. ”Però pensavo che le cose fossero cambiate.”
Se erano cambiate, erano cambiate in peggio, aveva pensato lei.

Te l'ho detto, che sarebbe andata così. Che se fossimo diventati amici sarebbe stato solo più difficile.”
Bene! Io non sono tuo amico. Non voglio essere tuo amico, Andromeda!” era scattato lui, afferrandola per le braccia.

Le era parso che fosse arrossito.
Andromeda era rimasta immobile, mentre sentiva montare dentro una rabbia pari alla sua. “Lo so, quello che vuoi da me!” aveva sibilato, “E non te lo posso dare. Non posso!”

Vuoi dire che non ne valgo la pena?” Andromeda aveva riso amara.

Ted, ma ti senti, quando parli? Ti rendi conto di quello che dici?” La sua rabbia aveva continuato a crescerle dentro, tanto che si era sentita sul punto di scoppiare. “Sai com'era la mia vita, prima di te? Una noia mortale! Talmente noiosa che le giornate mi sembravano tutti uguali, mi sembrava di non vivere affatto! E poi,... poi sei arrivato tu.”

Era stato in quel momento che, con sommo disgusto, aveva cominciato a piangere. “Con i tuoi scherzi, le tue avventure, ogni giorno era diverso, e bello, e ho cominciato a vederti ovunque, e volevo parlare con te e nessun altro...” Era come un fiume in piena: non era più riuscita a fermare la sua stupida lingua.
E ti vedevo ovunque, il tuo sorriso e i tuoi stupidi capelli, e guardavo la Foresta e pensavo ai tuoi occhi, e mi sentivo così disgustosamente stupida, perché non c'è futuro per me e te!”
L'aveva ridotto al silenzio.
Era diventato rosso come un peperone, l'aveva visto anche al buio.

E allora?” aveva balbettato, dandole un minuto per riprendere fiato.
“E allora, sono io a non valerne la pena!” aveva gridato lei con voce strozzata, liberandosi dalle sue mani. “Quello che mi stai chiedendo di darti è una vita di segreti, e bugie, e sotterfugi. Non potremmo mai farci vedere in pubblico mano nella mano! O parlarci, se è per questo! Saremmo infelici, finiremmo per odiarci!”
Ted si era avvicinato di nuovo a lei, poggiandole le mani sulle spalle.
Si era sentita così impotente, e triste, e disperata.

C'era un motivo ancora che non gli aveva rivelato: il più egoista, quello che più la faceva sentire codarda.

Gli doveva la verità, e gliel'aveva detta, ma non era riuscita a guardarlo negli occhi.

Io ho paura, Ted. Paura di... di non essere abbastanza forte per affrontare le conseguenze di qualcosa che ha le potenzialità di portarci tutti e due al disastro. Lo sai quello che succede a chi si oppone alla mia famiglia. Cancellati.” aveva detto con voce spenta, “Come non fossimo mai esistiti.”
Per tutta risposta, la stretta di Ted si era rafforzata. “Ascolta,” le aveva detto costringendola a guardarlo negli occhi. “Non ti sto chiedendo di... scappare con me, o che so io. Dico solo che... non mi va di stare senza di te. E se tanto dobbiamo essere infelici, meglio esserlo insieme. Ci terremo compagnia.”

Aveva fatto scivolare le braccia lungo i fianchi. “E se tu vuoi, troveremo il modo, 'Dromeda. Vedrai.”

A quel punto, le era scappata una risata tremula. Chissà, forse era l'ironia tragica della cosa: sarebbe stata lei, la figlia obbediente e pacifica, e non la ribelle o la viziata, a diventare la pietra dello scandalo peggiore che la sua famiglia avesse affrontato da decenni.
Perché Andromeda sapeva bene anche allora che un Black non accetta compromessi: una volta fatta la sua scelta, non ci sarebbe stato nessun modo da trovare. Questo le aveva fatto paura, sì, ma la verità era che c'era niente che temesse di più che tornare alla vita prima di Ted – una vita monotona, piatta, grigia... una non-vita.

A lui non l'aveva detto.

Era stato meglio lasciarlo vivere nell'illusione di non averla costretta a scegliere tra lui e la sua famiglia ancora per un po'.
Invece, si era alzata sulle punte ed aveva esaudito quello che era diventato il suo più grande desiderio da mesi a quella parte: l'aveva baciato.
Non era stato uno di quei baci mozzafiato di cui si parlava tanto nei libri; era stato umido, bagnato e goffo. Ma non per questo meno speciale.

Aveva avuto ragione, a conti fatti.

Il giorno del suo primo bacio aveva segnato il suo destino. Ad un anno da quella data, Andromeda Black aveva cessato si esistere.
Al suo posto, c'era 'Dromeda Tonks, moglie di Ted Tonks, ed infinitamente più felice di quanto la secondogenita Black sarebbe mai stata.

Erano stati anni pieni e gioiosi, eccezion fatta per i penosi, orribili mesi della Prima Guerra Magica.
Andromeda pensava di averlo pagato allora, il prezzo della sua felicità, ma solo adesso capiva di sbagliarsi.

Almeno, erano stati insieme, allora.

Ma lei non era potuta andare con lui questa volta, non con Dora a cui badare, ed il loro nipotino che stava per venire al mondo.
Così, Ted era solo chissà dove, alla mercé di chissà chi, e lei poteva solo pregare che stesse bene, mentre l'angoscia le divorava lo stomaco e le consumava la mente. Raccolse di nuovo gli oggetti, rimettendoli nella scatola, poi ne chiuse con lentezza il coperchio.

Sarebbe tornato, si disse. Doveva smettere di piangersi addosso: aveva una figlia ed un nipote di cui prendersi cura.

Dei forti colpi alla porta della camera interruppero il flusso dei suoi pensieri. Doveva essere Ninfadora di ritorno dalla riunione dell'Ordine.
La loro casa era sotto l'incanto Proteus, ed il Custode era Dora stessa.
Scosse la testa: la sua bambina insisteva per andare alle riunioni pur sapendo di non avere alcuna possibilità di trovarsi sul campo di battaglia nell'immediato futuro.

Sono pur sempre un'Auror,” affermava lei con un che di orgoglioso e piccato nella voce quando glielo faceva presente.
Andromeda sorrise appena, riponendo la scatola nel suo nascondiglio: non aveva Ted accanto, forse, ma certamente la persona che gli somigliava di più.

Con l'apprensione che la invadeva ormai ogni volta che era del tutto sola, Andromeda fece la domanda di rito, bacchetta alla mano e corpo teso: “Chi è là?”
Sono Dora, mamma”, le rispose la voce di sua figlia, stranamente roca.
Qual è il tipo di naso che ti riesce meglio?”, chiese ancora Andromeda, come da routine.
Quello a forma di grugno di maiale, “ ripose la voce nello stesso tono attutito.
Sollevata, Andromeda aprì la porta, frugando attentamente l'oscurità dietro la sagoma di sua figlia. “Presto, tesoro, entra: non è prudente restare al buio, potremmo essere sorvegliate...”

Mamma.”

Andromeda spostò finalmente l'attenzione sulla figlia.
Sul suo volto pallido, rigato di lacrime.

Si arrischia di piangere un poco, quando ci si è lasciati addomesticare...”

Giudizio Complessivo

Grammatica e forma: 14.175/15
• Caratterizzazione dei personaggi: 10/10
• Originalità della trama: 5/5
• Attinenza al tema assegnato: 10/10
• Gradimento personale: 5/5
Totale: 44.175/45.


Commento: è una storia bellissima, fortuna che ho avuto la brillante idea di postare quell’elenco.
Andando con ordine, la penalizzazione nella grammatica è dovuta a diversi spazi in più sparsi nella storie e ad un “e” che sarebbe dovuto essere un “sei” (verbo). Per il resto, la storia è scorrevole e bella, il registro adottato è medio e adatto per parlare di Andromeda e Ted.
I personaggi sono splendidi: Andromeda, per prima, mi è piaciuta da morire. Il suo cambiamento, ricordo dopo ricordo, è palese ed estremamente credibile. Ted e Ninfadora sono sempre dipinti come molto simili – anche in questa storia, dopotutto – ma questa volta mi ha fatto piacere leggerli come due personaggi differenti. Ted, come Andromeda, evolve nel corso della storia, mentre Ninfadora, comparendo solo nell’ultima parte della storia, è l’icona del dolore. È stato straziante leggere questa storia, davvero. Anche Bellatrix è ben caratterizzata, nonostante appaia solo in una parte della fic.
L’originalità è palese, non credo ci sia altro d’aggiungere. I personaggi, l’ambientazione, i ricordi, l’evoluzione e la fine di tutto sono ben amalgamati ed estremamente verosimili.
L’attinenza con la citazione era evidente sin dal primo ricordo; Ted è il principe che osservava la volpe da lontano, prima senza parlarle e via via addomesticandola. Andando avanti si trovano sempre più riferimenti – i capelli color grano, ad esempio – che non possono far altro che confermare il punteggio massimo.
Infine, il gradimento personale. Non so cosa dire di questa storia, solo che alla fine mi sono commossa e mentre leggevo sentivo il cuore stringersi sempre più forte. È emozionante, un climax di sensazioni e ricordi che arrivano al culmine con l’arrivo di Ninfadora a casa. Davvero, davvero, complimenti. Questa storia è meravigliosa!




   
 
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