Ebbene,
ho deciso che la mia “What hurts the most”
non poteva concludersi così, anche se una parte di me lo desiderava
profondamente, perché è vero, determinate condizioni rimangono in fase
di
stallo per tutta una vita.
E
quindi ecco la seconda parte e ho deciso che, molto
probabilmente, ce ne
sarà anche una terza, per concludere il filo logico.
Ma
adesso bando alle ciance, buona lettura.
Crime
Leave me out with the waste
This is not what I do
It's the wrong kind of place
To be thinking of you
It's the wrong time
For somebody new
It's a small crime
And I've got no excuse
This is not what I do
It's the wrong kind of place
To be thinking of you
It's the wrong time
For somebody new
It's a small crime
And I've got no excuse
Damien
Rice – 9 Crimes
«Che cosa mi stai dicendo, Ron?»
«Che cosa mi stai dicendo, Ron?»
Sospirai
e la
guardai dritto negli occhi: avevo passato tanto tempo a riflettere su
quel
momento, il momento in cui le avrei detto tutta la verità.
Pensavo
che mi
sarei sentito in colpa, che i suoi occhi tristi e delusi mi avrebbero
ucciso. E
invece, per qualche strana ragione, il senso di colpa era l’ultima
delle mie
sensazioni.
«Ti
sto dicendo
che ti ho tradita, Hermione»
«Ma
come …»
spalancò gli occhi e una lacrima silenziosa le rotolò giù, sulla
guancia
«Perché me lo dici così, perché adesso, perché oggi?»
urlò.
Quel
giorno ci
sarebbe stato il funerale di suo padre: solo Dio sapeva quanto aveva
pianto,
nel silenzio della notte, per quell’uomo a cui era attaccata in maniera
inscindibile.
«Perchè
non ce la
facevo più, dovevo dirtelo» risposi con un’alzata di spalle, come se la
questione mi riguardasse solo marginalmente.
Eravamo
in camera
nostra. Lei indossava un paio di pantaloni neri e una camicia che le
fasciava
la vita sottile in maniera terribilmente provocante.
Sopra aveva una giacca nera.
Nero,
il colore
che si indossa tipicamente ai funerali, in segno di lutto e rispetto.
Comunque,
pure in
quel momento l’unica cosa che volevo fare era spogliarla di quella
camicia e
fare l’amore insieme a lei.
Hermione
aveva
sempre avuto questo potere su di me, quello di farsi sempre desiderare
in una
maniera quasi dolorosa. La vedevo e la volevo. Era una conseguenza
quasi
logica.
Il
pensiero che potesse essere stata
di qualcun altro mi dilaniava l’anima...
Mi
diede le
spalle e guardò fuori dalla finestra.
Il
mio sguardo
invece cadde sulla fotografia che c’era sul nostro cassettone: io, lei,
Rose e
Hugo al mare. Mi ricordai di quella giornata come una delle più belle
della mia
vita, di quelle dove il mondo si ferma e ti senti in pace con te stesso.
«Io
ti amo,
Hermione» sussurrai.
Io
l’amavo più di
ogni altra cosa al mondo. E sapevo che anche lei mi amava.
Ma
l’avevo
tradita. Proprio come aveva fatto lei.
Solo
che... Beh, io gliel’avevo detto.
Tremò
e si voltò
verso di me, stringendo i pugni «Non mi interessa, Ron! Tu sei andato
con
un’altra, hai desiderato un’altra. Il fatto che tu sia innamorato di
me, a
questo punto, altro non è che un dettaglio. Non mi basta più, perché tutte le volte che ti guarderò in faccia non
potrò non pensare a quello che hai fatto»
Inspirò
bruscamente e abbassò i pugni.
L’Hermione
nella
foto parve spaventata da tutte quelle urla e corse ad abbracciare i
suoi
bambini per proteggerli, come se avesse paura che l’Hermione vera, quella che respirava e viveva,
potesse fare loro del male.
Tornò
a guardare
me.
«Come
pensi che
possa riuscire a sopportare tutto questo, Ron? Come?»
Mi
presi un
momento per pensare, ma poi mi uscì così, di getto, senza che io lo
volessi
veramente, senza darmi il tempo di riflettere su quello che stavo
facendo.
«Io
ho sopportato
il fatto che tu possa avere avuto un
figlio da un altro uomo. Penso che tu possa fare questo piccolo
sforzo per
me, no?»
Quando
spalancò
gli occhi, dietro quelle iridi castane vidi la paura folle che vi
dilagava
dentro, la paura mista alla consapevolezza di una persona che aveva
capito il
significato delle mie parole.
Si
portò le mani
alla bocca e cominciò a piangere furiosamente, a singhiozzare come una
bambina.
In
meno di un
minuto fu costretta a sedersi sul letto per non cadere, l’emozione era
troppo
forte per farla stare in piedi.
Continuava
a
scuotere la testa e a piangere, con le mani sempre premute contro la
bocca,
come chi è costretto ad assistere allo spettacolo più orripilante della
sua
vita.
Le sue
menzogne – o mancate verità,
che dir si voglia – che le rotolavano davanti agli occhi come balle di
fieno.
E
io che ero
felice che lei si sentisse in quel modo, in quel momento.
Mi
schiarii la
voce e parlai «Cos’è? Non avrai creduto che né io né Ginny ce ne
fossimo
accorti vero?»
I
suoi occhi si
spalancarono ancora di più, finalmente abbassò le mani e la sua testa
di girò
bruscamente verso di me. E quando parlò, le sue parole furono un
balbettio.
«G-Ginny?»
Sbuffai
esasperato – proprio come facevo quando frequentavamo entrambi Hogwarts
e lei
mi assillava con le sue manie riguardo ai ripassi annuali, le
interrogazioni e
i compiti. Sì, sembrava tutto come
allora.
«Sì,
Hermione. Ginny. Andiamo, non siamo ciechi, non
credi?»
Solo
quando
singhiozzò più forte, forse rendendosi conto della verità delle mie
parole, mi
venne istintivo proteggerla e coccolarla.
Mi
sedetti
accanto a lei e le presi una mano «Coraggio Hermione, adesso basta
piangere. Va tutto bene, io e Ginny siamo stati in
grado di accettarlo, abbiamo fatto un compromesso. Voglio bene ad Hugo come se fosse mio figlio vero, come se
fosse Rose. Non c’è nulla di cui
preoccuparsi, adesso basta piangere»
Spalancò
gli
occhi di nuovo e mi fissò confusa «Va
tutto bene. Va tutto bene?» ripeté le mie parole, sconvolta «Ron,
ma come
fai a pensare che tutto vada bene? Io ti ho tradito, io ho un figlio da
un
altro uomo, il tuo migliore amico, il marito di tua sorella, il padre
dei tuoi
nipoti e, a questo punto, del bambino che gira in casa tua e che ti
chiama papà. Come fai a dire che va tutto bene,
Ron, dannazione?!»
Si
alzò in piedi
e si porto le mani tra i capelli, scuotendo la testa e fissando il
vuoto «Non
posso crederci, io non credevo... Non pensavo... Non ne abbiamo mai
parlato io
e Harry» da quando avevamo cominciato a discutere, il suo nome non era
ancora
stato pronunciato da nessuno dei due «Non vi abbiamo mai dato modo di
pensare
che...»
Alzai
il capo,
pronto a sostenere il suo sguardo «Hugo è la sua fotocopia, Hermione.
L’hai mai
notato?»
L’espressione
del
suo viso rispose al posto suo.
No.
Non l’aveva
mai notato. Per dieci anni era stata così impegnata a nascondere la
verità, a
concentrarsi per non ripensare a quello che aveva fatto, a far credere
a suo
figlio che suo padre ero io e non quell’altro, quello verso cui Hugo
sentiva
una naturale attrazione, che... Si era dimenticata di guardare in
faccia suo
figlio e di osservare a chi assomigliava.
«Io
ti amo,
Hermione. Io voglio stare con te, voglio invecchiare insieme a te,
voglio
starti vicino e crescere con te i nostri
figli» pronunciando quell’ultima frase la mia voce tremò.
«Non
mi interessa
se sei stata con un altro, anni fa, perché so che anche tu mi ami. Ma
non posso
pensare alla mia vita senza di te»
Quanta
strada
aveva fatto quel ragazzino dai capelli rossi, che si arrabbiava e
strepitava
pensando che il suo topo fosse stato mangiato dal gatto della sua
migliore
amica.
Mi
venne quasi da
ridere pensando che quel ragazzino, adesso, era disposto ad accettare
una cosa
più grande di lui, pur di tenersi la sua donna.
Sospirai
«Rimani
insieme a me, amore mio. E perdonami
di averti tradita»
Dopo
un lungo
istante di silenzio, durante il quale respirai l’aria stantia della
stanza e
gustai il retrogusto dolciastro del suo profumo, che
esisteva ovunque, Hermione mi guardò in faccia, con quegli suoi
occhi scuri e dolcissimi che sapevano d’amore, che sapevano di
dispiacere e
perdono.
«Come
faremo a
stare insieme, Ron? Come faremo con Hugo?»
Mi
avvicinai a
lei e l’abbracciai forte, appoggiando le mie labbra sui suoi capelli
per darle
un lungo, dolce bacio tranquillizzante.
«Insieme,
riusciremo
a fare tutto. Va tutto bene, Hermione»
Is that alright?
Give my gun away when it's loaded
Is that alright?
If u don't shoot it how am I supposed to hold it
Is that alright?
Give my gun away when it's loaded
Is that alright
With you?
Give my gun away when it's loaded
Is that alright?
If u don't shoot it how am I supposed to hold it
Is that alright?
Give my gun away when it's loaded
Is that alright
With you?
Damien Rice – 9 Crimes
*
Leave me out with the waste
This is not what I do
It's the wrong kind of place
To be cheating on you
It's the wrong time
She's pulling me through
It's a small crime
And I've got no excuse
This is not what I do
It's the wrong kind of place
To be cheating on you
It's the wrong time
She's pulling me through
It's a small crime
And I've got no excuse
Damien Rice – 9 Crimes
«Andiamo,
Harry,
ma cosa ti costa? Lily ha la febbre, lo sai che sta tranquilla solo se
ci sei
tu. Non puoi rimanere a casa?»
Ginny
si stava
agitando così tanto per quella faccenda, proprio non riusciva a capire.
Sistemai
la
bacchetta nella tasca interna del mantello: chiamatela deformazione
professionale, ma uno doveva sempre essere pronto ad ogni evenienza.
Lanciai
una
veloce occhiata alla finestra della casa accanto alla nostra: Hermione
e Ron,
nella loro camera da letto, stavano parlando.
Lei
piangeva.
Forse
potevo non
comprendere il dolore che si provava perdendo una persona che ci ha cresciuti, ma conoscevo benissimo quella
sensazione di vuoto nel petto, quella che ti dilania l’anima e che non
ti fa
dormire la notte, a volte.
Chissà
quanto
stava soffrendo Hermione per aver perso suo padre.
Sospirai
«Ginny,
Hermione è la mia migliore amica e ha appena perso suo padre. Non posso
non
starle vicino, in questo momento»
«E
Lily è tua
figlia e rischia il coma dalla febbre che ha»
«Ginny
per
favore» la supplicai, sperando di chiudere lì la questione.
E
per un momento credei
di esserci riuscito, dato che Ginny non
proferì parola per un bel po’ di tempo.
Mi
agganciai gli
alamari del mantello leggero, quello che serviva in quei primi giorni
di
ottobre.
Lanciai
un’ultima
occhiata fuori dalla finestra: in camera loro, Hermione e Ron si
stavano
abbracciando dolcemente; Rose (appena
arrivata da Hogwarts per il funerale) arrancava lungo il vialetto.
La
porta di casa
si aprì e un secondo dopo Hugo si lanciò tra le braccia della sorella.
Una
morsa mi strinse
lo stomaco e mi sforzai di ignorarla.
Ginny
rise
amaramente.
«Perché
non
scendi, perché non vai da lui e non
gli stai vicino?»
Rimasi
stordito,
sulla porta della mia camera, con un piede già oltre alla soglia,
pronto a
scendere le scale.
Con
il cuore in
gola, mi azzardai a porre una domanda che qualcuno avrebbe definito
retorica.
Perché
conoscevo già la risposta?
«Lui?
Osservai
Ginny
avvicinarsi alla finestra e guardare fuori, con occhi vuoti e tristi.
«Parlo
di Hugo, Harry. Lo sai che ha bisogno di te
in questo momento. Lo sai. Non è solo per Hermione che vuoi andare al
funerale
oggi. Devi solo riconoscerlo a te stesso, Harry»
Sebbene
fuori io
fossi rimasto impassibile, dentro cominciai a tremare.
Perché
avevo la
sensazione che Ginny volesse dirmi quelle cose da tanto, tantissimo
tempo? Perché?
«Gin,
ma cosa...»
«Andiamo
Harry»
sbottò alzando la voce, e voltandosi finalmente a guardarmi « ma come
hai fatto
tutti questi anni a far finta di nulla? Quello
è tuo figlio, come fai a stargli lontano senza il bisogno di
abbracciarlo,
di coccolarlo quando lo vedi triste? Come fai?»
Non
sapevo cosa
fare: istintivamente sentivo che sarebbe stato meglio continuare a
mentire, ma
dall’altra mi chiedevo a che pro, dato che a quanto sembrava Ginny
sapeva
tutto.
Aveva
sempre saputo tutto,
maledizione.
«Ginny,
io
non...»
«E
adesso non
dirmi che non sai di cosa sto parlando. Ti prego Harry » proseguì,
inclinando
la testa verso una spalla e facendomi un sorriso. Un sorriso veramente
sincero
e dispiaciuto, quasi come se fosse stata lei
a doversi scusare « non trattarmi come una stupida, non lo sono»
Non
avevo mai
pensato che fosse stupida, tutt’altro.
Mi
sganciai il
mantello, lo appoggiai sul letto e poi cominciai a contorcermi
nervosamente le
mani, come facevo sempre quand’ero nervoso.
«Quindi
tu...»
«Sapevo
tutto?
Sì, e anche Ron lo sapeva»
Le
mie
sopracciglia scattarono verso l’altro e cominciai a sentirmi malissimo.
Ron
era stato un
fratello per me, da sempre, dal mio primo giorno sul treno che mi
portava ad
Hogwarts. Mi aveva regalato una casa,
una famiglia, quando io non ne avevo una, mi aveva aiutato nel momento
più
difficile della mia vita, durante la ricerca degli Horcruxes insieme ad
Hermione, aveva fatto più di quello che era tenuto, sopportando le mie
crisi di
arroganza e prepotenza.
E
l’unico modo
che io avevo trovato per ripagarlo di tutto quanto, era stato tradirlo.
Tradirlo
con
Hermione, la sua anima gemella, che probabilmente amava più della sua
stessa
vita.
Ma,
la cosa
peggiore di tutte, era che in quelle rarissime occasioni in cui mi ero
ritrovato a ripensare a quella sera a Grimmauld Place, quando avevo
fatto
l’amore insieme a lei, avevo
convenuto con la mia coscienza che, se avessi potuto tornare indietro,
l’avrei
rifatto.
E
rifatto, e
rifatto ancora fino a non poterne più.
Avevo
tradito il
mio migliore amico, mia moglie, la stessa Hermione e quel bambino
stupendo
che avevamo
messo al mondo. E se avessi potuto, l’avrei rifatto altre mille volte.
«Ron»
dissi
solamente, con un lungo sospiro, lasciandomi cadere sul letto.
«Sì
» annuì Ginny
« Ron»
Non
so per quanto
tempo rimasi in quella posizione, con le mani tra i capelli e i gomiti
appoggiati sulle ginocchia, fermo a fissare le piastrelle del pavimento.
«Io
» dissi
infine, racimolando un po’ di quel famigerato coraggio di cui tanto si
era
parlato anni addietro e che ora, misteriosamente, sembrava scomparso
per
lasciare posto alla tipica incertezza e paura che affligge gli adulti «
non so
nemmeno come chiederti scusa, Ginny»
Si
inginocchiò
davanti a me: piangeva. E questo sì che era strano, perché Ginny non
piangeva
mai. Mai, mai, mai. Quando Fred era
morto, era stata lei a dare coraggio a tutta la famiglia, a far loro
capire che
si poteva solo continuare ad andare avanti, ma tornar e indietro no.
«Sono
io che devo
scusarmi, Harry. Io, maledizione»
La
guardai
allucinato, non sapendo cosa rispondere.
«Il
fatto che tu
potessi aver commesso un errore... Che tu ed
Hermione poteste aver commesso un errore, era quasi
accettabile. Ma a farne le spese non siamo stati io e Ron, e
nemmeno tu e lei. Io e mio fratello ci siamo tenuti quello che avevamo
sempre
voluto, le nostre belle famiglie e abbiamo sempre fatto finta di
niente. Mentre
tu ed Hermione... Beh, lasciamelo dire, ma a volte era doloroso persino
per me, vedere il modo in cui vi
sforzavate di far finta che non fosse mai successo nulla. Oh sì » annuì
al mio
sguardo interrogativo « ti posso assicurare che faceva male»
Abbassò
lo
sguardo per fissarsi le mani e poi lo rialzò, decisa, per puntare gli
occhi blu
nei miei. Tremai.
«Ma
quel povero
bambino, Harry... Lui non meritava di pagare per le insicurezze mie e
di Ron, e
nemmeno per la codardia tua e di Hermione»
Si
sedette al mio
fianco e mi prese la mano. Giocò per un secondo con la fede infilata
all’anulare e sembrò indecisa se sfilarmela o meno.
Io
la lasciai
fare. Anche perché, oggettivamente, se avesse deciso di lasciarmi, di
cacciarmi
di casa o di uccidermi, avrei potuto oppormi?
E
poi fece la
cosa che meno mi aspettavo.
Mi
sorrise. Un
sorriso radioso, da Ginny, che sembrava catturare tutto il sole di
quella
bellissima giornata di inizio ottobre.
Rimasi
accecato.
«Vai,
Harry. È lì che devi stare, ora» mi accarezzò una
guancia «Quando stasera tornerai a casa, io e i bambini saremo ancora
qui»
Sembrò
volermi
rassicurare.
Sembrò
volermi
incoraggiare a fare quello che avrei dovuto fare molti anni prima.
L’abbracciai
forte a me, sperando che capisse tutta la mia gratitudine, per avermi
aiutato a
liberarmi di quel peso dalla coscienza. Le accarezzai i capelli ed
inspirai il
profumo di pulito che si portava sempre addosso.
«Grazie»
Mi
uscì in un
soffio, ma fui certo che lei avesse sentito quando avvertii le sue
braccia
rafforzare l’abbraccio.
«Va tutto bene, amore mio»
Is that alright?
I give my gun away when it's loaded
is that alright?
If you dont shoot it, how am I supposed to hold it
Is that alright?
I give my gun away when it's loaded
Is that alright
Is that alright with you?
Damien Rice – 9 Crimes
*
Personalmente
penso non ci sia nulla di più irridente del sole che, dopo un funerale,
si
permette di occhieggiare ancora aldilà dell’orizzonte.
Me
ne stavo seduta sui gradini della chiesa dove si era appena svolta la
cerimonia, le braccia appoggiate sulle ginocchia e una sigaretta – che
non
stavo nemmeno fumando – stretta in una mano.
Mi
domandai se, vista dall’esterno, sembrassi disperata o, più
semplicemente,
patetica.
Molto
probabilmente la seconda.
Dopo
aver abbracciato un sacco di familiari ed essermi sorbita le loro
condoglianze,
avevo lasciato che fosse mia madre, scortata da Ron, a proseguire verso
il
cimitero, dove quello che restava di mio padre avrebbe riposato per
sempre, in
pace.
Mi
decisi finalmente a spegnere la sigaretta su un gradino di pietra.
«Hermione
Granger
che fuma, è qualcosa di straordinario»
Qualcuno
venne a
sedersi accanto a me e, proprio in quel momento, una folata di vento
decise di
portarmi alle narici il suo profumo.
Chiusi
gli occhi.
Se
anche non lo
avessi riconosciuto dalla voce, non avrei mai potuto sbagliarmi.
Quell’odore
ce l’avevo
ormai ben piantato nel cervello da quella
notte; dopo essersi accasciato su di me, nudo, sudato, stremato,
gli avevo
baciato una spalla.
Tutto,
dai suoi
capelli, alla sua pelle, alla sua bocca sapeva di lui.
Harry.
Pensare
a lui in quel modo mi fece correre un brivido
lungo la schiena.
Mi
passò un
braccio intorno alle spalle e mi lasciai coccolare da lui.
In
quel momento
era solo il mio migliore amico.
«Stai
bene?» mi
domandò soltanto, appoggiando la sua testa sulla mia.
«No,
ma penso
passerà, giusto?»
«Su
questo ci
puoi giurare» mi garantì, con un accenno di risata nella voce.
«Questo
è stato
un periodo molto pesante. È stata una
giornata molto pesante» precisai e ammisi, guardando la vecchia
villa mezza
distrutta davanti a me.
Da
piccola
sognavo di ristrutturarla e di andarci a vivere quando fossi stata
grande.
Quanti
sogni che
avevo da piccola non si erano avverati o avevano trovato degli incidenti di percorso.
«A
chi lo dici»
mi rispose candidamente lui.
«Rose
un mese fa
ha cominciato ad andare ad Hogwarts, mio padre è morto e oggi ho
scoperto
che...»
Sospirai,
indecisa sul dirgli cosa avessi effettivamente scoperto quel giorno.
«Ron
mi ha
tradita»
Lo
sentii
afferrarmi per le spalle e voltarmi bruscamente verso di lui. Quando lo
guardai
negli occhi, aveva l’espressione di chi non crede alle proprie orecchie.
«Cosa?»
boccheggiò.
Alzai
le
sopracciglia «Di cosa ti sorprendi, scusa? Nel mio matrimonio, lui non
è stato
l’unico ad aver tradito, o sbaglio?»
Fu
un trauma. Un
trauma destabilizzante.
Come
un terremoto
di magnitudo intensissima, tutto tremò, tutto crollò, tutto scomparve.
Non
ne avevamo
parlato mai. Mai per nove anni, lo
sapete bene, l’ho ripetuto più volte.
Scovai
la paura
nel profondo dei suoi occhi verde smeraldo.
«Hermione...»
cominciò a dire.
«No,
Harry,
lasciami parlare, c’è una cosa che ti devo dire...»
«Loro lo
sanno»
Pronunciammo
quella frase all’unisono ed entrambi ci accorgemmo del fatto che
l’altro non
era sorpreso di quelle parole. Leggemmo la consapevolezza negli occhi
l’uno
dell’altra.
«Quando?»
gli
domandai.
«Oggi,
durante
una discussione con Ginny. E tu?»
Sospirai
«Oggi,
durante una discussione con Ron»
La
sua presa
intorno alle mie spalle si fece più salda «Se ti dico che riesco a non
essere
dispiaciuto, sono una persona orribile?» mi domandò.
«E
io lo sono se
ti dico che mi sono sentita sollevata, quando ho saputo che Ron e Ginny
sapevano tutto? Niente spiegazioni, niente urla, niente lacrime. Beh no
»
riflettei per un secondo « se la mettiamo così sono piuttosto una stronza codarda, giusto?»
«Penso
di sì»
Rimanemmo
in
silenzio per un istante lunghissimo.
Scrutai
un
soffice strato di nuvole all’orizzonte e tentai un attimo di immaginare
a cosa
assomigliassero. Era così stupido concentrarsi su certi dettagli, in
quel
momento. Ero arrivata al capolinea
della mia vita e io giocavo con le nuvole.
«Non
ho mai
pensato che fosse stato un errore, ogni volta che ci ripensavo» mi
disse Harry.
Quando
la sua
mano gelida corse a cercare la mia, gliela strinsi.
Dio,
se solo
poteste capire quant’era bello poter parlare insieme a lui di quello
che
avevamo fatto. Adesso che Ginny e Ron sapevano – o meglio, adesso che
noi
sapevamo che loro sapevano già da un
pezzo – era tutto molto più facile, non dovevamo nemmeno sforzarci
di
fingere che non fosse mai successo.
«Quello
» esordii
con un filo di voce « nemmeno io. Se non lo avessimo mai fatto, non
sarebbe mai
nato Hugo e io mio figlio lo amo sopra ogni cosa, Harry»
«Nostro»
«Come?»
«Nostro figlio, Hermione»
Mi
salirono le
lacrime agli occhi.
«Penso
che
l’errore più grande sia stato quello di non aver fatto il padre, con
lui»
Annuii
contro il
suo collo: nel frattempo mi aveva abbracciato.
Era
tutto così intimo,
mi sentivo bene come non accadeva da tanto.
«Pensi
che io
possa, sì insomma, rimediare adesso?»
Ci
riflettei su
per un momento.
«Ron
è stato un
padre fantastico con lui, anche se non era tenuto a farlo. Avrebbe
potuto
mandarci via tutti e due» valutai. Lo ammisi a me stessa.
«Ma
Hugo... Io
penso che ne sarà felice, Harry. Perché, vedi, lui lo sa.»
Lui
spalancò la
bocca «Come?»
«Oh
no, io non
gli ho mai detto niente. Ma sono sicura che Hugo, nel profondo, lo
sappia
davvero»
Era
ormai
l’imbrunire. Un lampione poco distante si accese e dopo di lui tutti
gli altri
del viale, come una lunga serie di pedine del domino che cadono, al
tocco di
quella vicino.
Sarei
voluta
rimanere in quella posizione per sempre.
«Che
cosa »
cominciò a dire Harry « che cosa pensi di fare con Ron?»
Chiusi
gli occhi
e cercai di chiudere anche la mia mente, quando la risposta a quella
domanda –
che avevo accuratamente evitato per tutto il giorno – si affacciò,
prepotente.
«Lui
» risposi «
dice che mi ama, che va tutto bene,
che sistemeremo ogni cosa» sospirai «Ma penso che non possiamo
continuare a
raccontarci menzogne. Non possiamo continuare a nasconderci dalla
verità
soltanto perché stare insieme è la cosa giusta
da fare, capisci?»
Lo
sentii annuire
contro di me «Sì, certo»
«E
» azzardai «
tu con Ginny? Pensi che possa tornare tutto come prima? Che tutto
vada bene?»
Mi
appoggiò un
dito sotto il mento per alzarmi il viso, per potermi permettere di
guardarlo
negli occhi. E poi mi accarezzò una guancia.
«No»
Is that alright?
Is that alright with you?
No...
Damien Rice – 9 Crimes
***
E
quindi eccoci qui. Come avrete capito questa seconda parte è ambientata
ben nove
anni dopo la prima, esattamente un mese dopo l’ultimo capitolo scritto
da Mamy
Row, nel settimo libro.
Quindi,
a quanto pare, Ron e Ginny hanno sempre saputo tutto.
Ma
sono sempre stati zitti per paura di perdere quello che avevano
costruito.
Diciamo che, quindi, tutti qui hanno sbagliato. Spero di averlo fatto
capire.
Ma l’unico, alla fine, ad averne fatto le spese è proprio Hugo,
costretto ad
accettare la situazione per quella che era, senza poter fare niente,
senza
poter dire la sua.
Se
questa parte ha visto protagonisti indiscussi Ron, Harry ed Hermione,
nella
prossima vorrei lasciare posto proprio a Hugo e, perché no, a Ginny.
Ma
attenderò che mi venga l’ispirazione per quella prima di postarla, ho
prima
bisogno di una canzone ispirante.
A
proposito di questo, spero che la lettura della fiction sia stata
accompagnata
dalla sua colonna sonora, “9 Crimes” appunto, che da poi il titolo alla
fiction
stessa (senza 9 però, perché qui il crimine era solo uno, ma valeva per
cento
:D) e che mi ha illuminato la via per la scrittura.
Ma
ora ho parlato veramente tanto, santo cielo!
Spero
vogliate lasciarmi un commento per dirmi cosa ne pensate, grazie
comunque a chi
deciderà di leggerla soltanto.
Un
bacione a tutti
Gillywater