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Autore: Gillywater    21/03/2011    6 recensioni
«Come pensi che possa riuscire a sopportare tutto questo, Ron? Come?» (...)
«Io ho sopportato il fatto che tu possa avere avuto un figlio da un altro uomo. Penso che tu possa fare questo piccolo sforzo per me, no?»
[Seconda parte di "What hurts the most"]
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Hugo Weasley, Ron Weasley
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Ebbene, ho deciso che la mia “What hurts the most” non poteva concludersi così, anche se una parte di me lo desiderava profondamente, perché è vero, determinate condizioni rimangono in fase di stallo per tutta una vita.
E quindi ecco la seconda parte e ho deciso che, molto probabilmente, ce ne sarà anche una terza, per concludere il filo logico.
Ma adesso bando alle ciance, buona lettura.
 
 
Crime
 
Leave me out with the waste
This is not what I do
It's the wrong kind of place
To be thinking of you
It's the wrong time
For somebody new
It's a small crime
And I've got no excuse
    Damien Rice – 9 Crimes

«Che cosa mi stai dicendo, Ron?»
Sospirai e la guardai dritto negli occhi: avevo passato tanto tempo a riflettere su quel momento, il momento in cui le avrei detto tutta la verità.
Pensavo che mi sarei sentito in colpa, che i suoi occhi tristi e delusi mi avrebbero ucciso. E invece, per qualche strana ragione, il senso di colpa era l’ultima delle mie sensazioni.
«Ti sto dicendo che ti ho tradita, Hermione»
«Ma come …» spalancò gli occhi e una lacrima silenziosa le rotolò giù, sulla guancia «Perché me lo dici così, perché adesso, perché oggi?» urlò.
Quel giorno ci sarebbe stato il funerale di suo padre: solo Dio sapeva quanto aveva pianto, nel silenzio della notte, per quell’uomo a cui era attaccata in maniera inscindibile.
«Perchè non ce la facevo più, dovevo dirtelo» risposi con un’alzata di spalle, come se la questione mi riguardasse solo marginalmente.
Eravamo in camera nostra. Lei indossava un paio di pantaloni neri e una camicia che le fasciava la vita sottile in maniera terribilmente provocante.  Sopra aveva una giacca nera.
Nero, il colore che si indossa tipicamente ai funerali, in segno di lutto e rispetto.
Comunque, pure in quel momento l’unica cosa che volevo fare era spogliarla di quella camicia e fare l’amore insieme a lei.
Hermione aveva sempre avuto questo potere su di me, quello di farsi sempre desiderare in una maniera quasi dolorosa. La vedevo e la volevo. Era una conseguenza quasi logica.
Il pensiero che potesse essere stata di qualcun altro mi dilaniava l’anima...
Mi diede le spalle e guardò fuori dalla finestra.
Il mio sguardo invece cadde sulla fotografia che c’era sul nostro cassettone: io, lei, Rose e Hugo al mare. Mi ricordai di quella giornata come una delle più belle della mia vita, di quelle dove il mondo si ferma e ti senti in pace con te stesso.
«Io ti amo, Hermione» sussurrai.
Io l’amavo più di ogni altra cosa al mondo. E sapevo che anche lei mi amava.
Ma l’avevo tradita. Proprio come aveva fatto lei.
Solo che... Beh, io gliel’avevo detto.
Tremò e si voltò verso di me, stringendo i pugni «Non mi interessa, Ron! Tu sei andato con un’altra, hai desiderato un’altra. Il fatto che tu sia innamorato di me, a questo punto, altro non è che un dettaglio. Non mi basta più, perché tutte le volte che ti guarderò in faccia non potrò non pensare a quello che hai fatto»
Inspirò bruscamente e abbassò i pugni.
L’Hermione nella foto parve spaventata da tutte quelle urla e corse ad abbracciare i suoi bambini per proteggerli, come se avesse paura che l’Hermione vera, quella che respirava e viveva, potesse fare loro del male.
Tornò a guardare me.
«Come pensi che possa riuscire a sopportare tutto questo, Ron? Come?»
Mi presi un momento per pensare, ma poi mi uscì così, di getto, senza che io lo volessi veramente, senza darmi il tempo di riflettere su quello che stavo facendo.
«Io ho sopportato il fatto che tu possa avere avuto un figlio da un altro uomo. Penso che tu possa fare questo piccolo sforzo per me, no?»
Quando spalancò gli occhi, dietro quelle iridi castane vidi la paura folle che vi dilagava dentro, la paura mista alla consapevolezza di una persona che aveva capito il significato delle mie parole.
Si portò le mani alla bocca e cominciò a piangere furiosamente, a singhiozzare come una bambina.
In meno di un minuto fu costretta a sedersi sul letto per non cadere, l’emozione era troppo forte per farla stare in piedi.
Continuava a scuotere la testa e a piangere, con le mani sempre premute contro la bocca, come chi è costretto ad assistere allo spettacolo più orripilante della sua vita.
Le sue menzogne – o mancate verità, che dir si voglia – che le rotolavano davanti agli occhi come balle di fieno.
E io che ero felice che lei si sentisse in quel modo, in quel momento.
Mi schiarii la voce e parlai «Cos’è? Non avrai creduto che né io né Ginny ce ne fossimo accorti vero?»
I suoi occhi si spalancarono ancora di più, finalmente abbassò le mani e la sua testa di girò bruscamente verso di me. E quando parlò, le sue parole furono un balbettio.
«G-Ginny?»
Sbuffai esasperato – proprio come facevo quando frequentavamo entrambi Hogwarts e lei mi assillava con le sue manie riguardo ai ripassi annuali, le interrogazioni e i compiti. Sì, sembrava tutto come allora.
«Sì, Hermione. Ginny. Andiamo, non siamo ciechi, non credi?»
Solo quando singhiozzò più forte, forse rendendosi conto della verità delle mie parole, mi venne istintivo proteggerla e coccolarla.
Mi sedetti accanto a lei e le presi una mano «Coraggio Hermione, adesso basta piangere. Va tutto bene, io e Ginny siamo stati in grado di accettarlo, abbiamo fatto un compromesso. Voglio bene ad Hugo come se fosse mio figlio vero, come se fosse Rose. Non c’è nulla di cui preoccuparsi, adesso basta piangere»
Spalancò gli occhi di nuovo e mi fissò confusa «Va tutto bene. Va tutto bene?» ripeté le mie parole, sconvolta «Ron, ma come fai a pensare che tutto vada bene? Io ti ho tradito, io ho un figlio da un altro uomo, il tuo migliore amico, il marito di tua sorella, il padre dei tuoi nipoti e, a questo punto, del bambino che gira in casa tua e che ti chiama papà. Come fai a dire che va tutto bene, Ron, dannazione?!»
Si alzò in piedi e si porto le mani tra i capelli, scuotendo la testa e fissando il vuoto «Non posso crederci, io non credevo... Non pensavo... Non ne abbiamo mai parlato io e Harry» da quando avevamo cominciato a discutere, il suo nome non era ancora stato pronunciato da nessuno dei due «Non vi abbiamo mai dato modo di pensare che...»
Alzai il capo, pronto a sostenere il suo sguardo «Hugo è la sua fotocopia, Hermione. L’hai mai notato?»
L’espressione del suo viso rispose al posto suo.
No. Non l’aveva mai notato. Per dieci anni era stata così impegnata a nascondere la verità, a concentrarsi per non ripensare a quello che aveva fatto, a far credere a suo figlio che suo padre ero io e non quell’altro, quello verso cui Hugo sentiva una naturale attrazione, che... Si era dimenticata di guardare in faccia suo figlio e di osservare a chi assomigliava.
«Io ti amo, Hermione. Io voglio stare con te, voglio invecchiare insieme a te, voglio starti vicino e crescere con te i nostri figli» pronunciando quell’ultima frase la mia voce tremò.
«Non mi interessa se sei stata con un altro, anni fa, perché so che anche tu mi ami. Ma non posso pensare alla mia vita senza di te»
Quanta strada aveva fatto quel ragazzino dai capelli rossi, che si arrabbiava e strepitava pensando che il suo topo fosse stato mangiato dal gatto della sua migliore amica.
Mi venne quasi da ridere pensando che quel ragazzino, adesso, era disposto ad accettare una cosa più grande di lui, pur di tenersi la sua donna.
Sospirai «Rimani insieme a me, amore mio. E perdonami di averti tradita»
Dopo un lungo istante di silenzio, durante il quale respirai l’aria stantia della stanza e gustai il retrogusto dolciastro del suo profumo, che esisteva ovunque, Hermione mi guardò in faccia, con quegli suoi occhi scuri e dolcissimi che sapevano d’amore, che sapevano di dispiacere e perdono.
«Come faremo a stare insieme, Ron? Come faremo con Hugo?»
Mi avvicinai a lei e l’abbracciai forte, appoggiando le mie labbra sui suoi capelli per darle un lungo, dolce bacio tranquillizzante.
«Insieme, riusciremo a fare tutto. Va tutto bene, Hermione»
 
Is that alright?
Give my gun away when it's loaded
Is that alright?
If u don't shoot it how am I supposed to hold it
Is that alright?
Give my gun away when it's loaded
Is that alright
With you?
    Damien Rice – 9 Crimes
 
*
 
Leave me out with the waste
This is not what I do
It's the wrong kind of place
To be cheating on you
It's the wrong time
She's pulling me through
It's a small crime
And I've got no excuse
       Damien Rice – 9 Crimes

«Andiamo, Harry, ma cosa ti costa? Lily ha la febbre, lo sai che sta tranquilla solo se ci sei tu. Non puoi rimanere a casa?»
Ginny si stava agitando così tanto per quella faccenda, proprio non riusciva a capire.
Sistemai la bacchetta nella tasca interna del mantello: chiamatela deformazione professionale, ma uno doveva sempre essere pronto ad ogni evenienza.
Lanciai una veloce occhiata alla finestra della casa accanto alla nostra: Hermione e Ron, nella loro camera da letto, stavano parlando.
Lei piangeva.
Forse potevo non comprendere il dolore che si provava perdendo una persona che ci ha cresciuti, ma conoscevo benissimo quella sensazione di vuoto nel petto, quella che ti dilania l’anima e che non ti fa dormire la notte, a volte.
Chissà quanto stava soffrendo Hermione per aver perso suo padre.
Sospirai «Ginny, Hermione è la mia migliore amica e ha appena perso suo padre. Non posso non starle vicino, in questo momento»
«E Lily è tua figlia e rischia il coma dalla febbre che ha»
«Ginny per favore» la supplicai, sperando di chiudere lì la questione.
E per un momento credei di esserci  riuscito, dato che Ginny non proferì parola per un bel po’ di tempo.
Mi agganciai gli alamari del mantello leggero, quello che serviva in quei primi giorni di ottobre.
Lanciai un’ultima occhiata fuori dalla finestra: in camera loro, Hermione e Ron si stavano abbracciando dolcemente;  Rose (appena arrivata da Hogwarts per il funerale) arrancava lungo il vialetto.
La porta di casa si aprì e un secondo dopo Hugo si lanciò tra le braccia della sorella.
Una morsa mi strinse lo stomaco e mi sforzai di ignorarla.
Ginny rise amaramente.
«Perché non scendi, perché non vai da lui e non gli stai vicino?»
Rimasi stordito, sulla porta della mia camera, con un piede già oltre alla soglia, pronto a scendere le scale.
Con il cuore in gola, mi azzardai a porre una domanda che qualcuno avrebbe definito retorica.
Perché conoscevo già la risposta?
«Lui?
Osservai Ginny avvicinarsi alla finestra e guardare fuori, con occhi vuoti e tristi.
«Parlo di Hugo, Harry. Lo sai che ha bisogno di te in questo momento. Lo sai. Non è solo per Hermione che vuoi andare al funerale oggi. Devi solo riconoscerlo a te stesso, Harry»
Sebbene fuori io fossi rimasto impassibile, dentro cominciai a tremare.
Perché avevo la sensazione che Ginny volesse dirmi quelle cose da tanto, tantissimo tempo? Perché?
«Gin, ma cosa...»
«Andiamo Harry» sbottò alzando la voce, e voltandosi finalmente a guardarmi « ma come hai fatto tutti questi anni a far finta di nulla? Quello è tuo figlio, come fai a stargli lontano senza il bisogno di abbracciarlo, di coccolarlo quando lo vedi triste? Come fai?»
Non sapevo cosa fare: istintivamente sentivo che sarebbe stato meglio continuare a mentire, ma dall’altra mi chiedevo a che pro, dato che a quanto sembrava Ginny sapeva tutto.
Aveva sempre saputo tutto, maledizione.
«Ginny, io non...»
«E adesso non dirmi che non sai di cosa sto parlando. Ti prego Harry » proseguì, inclinando la testa verso una spalla e facendomi un sorriso. Un sorriso veramente sincero e dispiaciuto, quasi come se fosse stata lei a doversi scusare « non trattarmi come una stupida, non lo sono»
Non avevo mai pensato che fosse stupida, tutt’altro.
Mi sganciai il mantello, lo appoggiai sul letto e poi cominciai a contorcermi nervosamente le mani, come facevo sempre quand’ero nervoso.
«Quindi tu...»
«Sapevo tutto? Sì, e anche Ron lo sapeva»
Le mie sopracciglia scattarono verso l’altro e cominciai a sentirmi malissimo.
Ron era stato un fratello per me, da sempre, dal mio primo giorno sul treno che mi portava ad Hogwarts.  Mi aveva regalato una casa, una famiglia, quando io non ne avevo una, mi aveva aiutato nel momento più difficile della mia vita, durante la ricerca degli Horcruxes insieme ad Hermione, aveva fatto più di quello che era tenuto, sopportando le mie crisi di arroganza e prepotenza.
E l’unico modo che io avevo trovato per ripagarlo di tutto quanto, era stato tradirlo.
Tradirlo con Hermione, la sua anima gemella, che probabilmente amava più della sua stessa vita.
Ma, la cosa peggiore di tutte, era che in quelle rarissime occasioni in cui mi ero ritrovato a ripensare a quella sera a Grimmauld Place, quando avevo fatto l’amore insieme a lei, avevo convenuto con la mia coscienza che, se avessi potuto tornare indietro, l’avrei rifatto.
E rifatto, e rifatto ancora fino a non poterne più.
Avevo tradito il mio migliore amico, mia moglie, la stessa Hermione e quel bambino stupendo che  avevamo messo al mondo. E se avessi potuto, l’avrei rifatto altre mille volte.
«Ron» dissi solamente, con un lungo sospiro, lasciandomi cadere sul letto.
«Sì » annuì Ginny « Ron»
Non so per quanto tempo rimasi in quella posizione, con le mani tra i capelli e i gomiti appoggiati sulle ginocchia, fermo a fissare le piastrelle del pavimento.
«Io » dissi infine, racimolando un po’ di quel famigerato coraggio di cui tanto si era parlato anni addietro e che ora, misteriosamente, sembrava scomparso per lasciare posto alla tipica incertezza e paura che affligge gli adulti « non so nemmeno come chiederti scusa, Ginny»
Si inginocchiò davanti a me: piangeva. E questo sì che era strano, perché Ginny non piangeva mai. Mai, mai, mai. Quando Fred era morto, era stata lei a dare coraggio a tutta la famiglia, a far loro capire che si poteva solo continuare ad andare avanti, ma tornar e indietro no.
«Sono io che devo scusarmi, Harry. Io, maledizione»
La guardai allucinato, non sapendo cosa rispondere.
«Il fatto che tu potessi aver commesso un errore... Che tu ed Hermione poteste aver commesso un errore, era quasi accettabile. Ma a farne le spese non siamo stati io e Ron, e nemmeno tu e lei. Io e mio fratello ci siamo tenuti quello che avevamo sempre voluto, le nostre belle famiglie e abbiamo sempre fatto finta di niente. Mentre tu ed Hermione... Beh, lasciamelo dire, ma a volte era doloroso persino per me, vedere il modo in cui vi sforzavate di far finta che non fosse mai successo nulla. Oh sì » annuì al mio sguardo interrogativo « ti posso assicurare che faceva male»
Abbassò lo sguardo per fissarsi le mani e poi lo rialzò, decisa, per puntare gli occhi blu nei miei. Tremai.
«Ma quel povero bambino, Harry... Lui non meritava di pagare per le insicurezze mie e di Ron, e nemmeno per la codardia tua e di Hermione»
Si sedette al mio fianco e mi prese la mano. Giocò per un secondo con la fede infilata all’anulare e sembrò indecisa se sfilarmela o meno.
Io la lasciai fare. Anche perché, oggettivamente, se avesse deciso di lasciarmi, di cacciarmi di casa o di uccidermi, avrei potuto oppormi?
E poi fece la cosa che meno mi aspettavo.
Mi sorrise. Un sorriso radioso, da Ginny, che sembrava catturare tutto il sole di quella bellissima giornata di inizio ottobre.
Rimasi accecato.
«Vai, Harry. È che devi stare, ora» mi accarezzò una guancia «Quando stasera tornerai a casa, io e i bambini saremo ancora qui»
Sembrò volermi rassicurare.
Sembrò volermi incoraggiare a fare quello che avrei dovuto fare molti anni prima.
L’abbracciai forte a me, sperando che capisse tutta la mia gratitudine, per avermi aiutato a liberarmi di quel peso dalla coscienza. Le accarezzai i capelli ed inspirai il profumo di pulito che si portava sempre addosso.
«Grazie»
Mi uscì in un soffio, ma fui certo che lei avesse sentito quando avvertii le sue braccia rafforzare l’abbraccio.
«Va tutto bene, amore mio»
 

Is that alright?
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Is that alright?
I give my gun away when it's loaded
Is that alright
Is that alright with you?
    Damien Rice – 9 Crimes
 
 
*
 
Personalmente penso non ci sia nulla di più irridente del sole che, dopo un funerale, si permette di occhieggiare ancora aldilà dell’orizzonte.
Me ne stavo seduta sui gradini della chiesa dove si era appena svolta la cerimonia, le braccia appoggiate sulle ginocchia e una sigaretta – che non stavo nemmeno fumando – stretta in una mano.
Mi domandai se, vista dall’esterno, sembrassi disperata o, più semplicemente, patetica.
Molto probabilmente la seconda.
Dopo aver abbracciato un sacco di familiari ed essermi sorbita le loro condoglianze, avevo lasciato che fosse mia madre, scortata da Ron, a proseguire verso il cimitero, dove quello che restava di mio padre avrebbe riposato per sempre, in pace.
Mi decisi finalmente a spegnere la sigaretta su un gradino di pietra.
«Hermione Granger che fuma, è qualcosa di straordinario»
Qualcuno venne a sedersi accanto a me e, proprio in quel momento, una folata di vento decise di portarmi alle narici il suo profumo.
Chiusi gli occhi.
Se anche non lo avessi riconosciuto dalla voce, non avrei mai potuto sbagliarmi.
Quell’odore ce l’avevo ormai ben piantato nel cervello da quella notte; dopo essersi accasciato su di me, nudo, sudato, stremato, gli avevo baciato una spalla.
Tutto, dai suoi capelli, alla sua pelle, alla sua bocca sapeva di lui.
Harry.
Pensare a lui in quel modo mi fece correre un brivido lungo la schiena.
Mi passò un braccio intorno alle spalle e mi lasciai coccolare da lui.
In quel momento era solo il mio migliore amico.
«Stai bene?» mi domandò soltanto, appoggiando la sua testa sulla mia.
«No, ma penso passerà, giusto?»
«Su questo ci puoi giurare» mi garantì, con un accenno di risata nella voce.
«Questo è stato un periodo molto pesante. È stata una giornata molto pesante» precisai e ammisi, guardando la vecchia villa mezza distrutta davanti a me.
Da piccola sognavo di ristrutturarla e di andarci a vivere quando fossi stata grande.
Quanti sogni che avevo da piccola non si erano avverati o avevano trovato degli incidenti di percorso.
«A chi lo dici» mi rispose candidamente lui.
«Rose un mese fa ha cominciato ad andare ad Hogwarts, mio padre è morto e oggi ho scoperto che...»
Sospirai, indecisa sul dirgli cosa avessi effettivamente scoperto quel giorno.
«Ron mi ha tradita»
Lo sentii afferrarmi per le spalle e voltarmi bruscamente verso di lui. Quando lo guardai negli occhi, aveva l’espressione di chi non crede alle proprie orecchie.
«Cosa?» boccheggiò.
Alzai le sopracciglia «Di cosa ti sorprendi, scusa? Nel mio matrimonio, lui non è stato l’unico ad aver tradito, o sbaglio?»
Fu un trauma. Un trauma destabilizzante.
Come un terremoto di magnitudo intensissima, tutto tremò, tutto crollò, tutto scomparve.
Non ne avevamo parlato mai. Mai per nove anni, lo sapete bene, l’ho ripetuto più volte.
Scovai la paura nel profondo dei suoi occhi verde smeraldo.
«Hermione...» cominciò a dire.
«No, Harry, lasciami parlare, c’è una cosa che ti devo dire...»
«Loro lo sanno»
Pronunciammo quella frase all’unisono ed entrambi ci accorgemmo del fatto che l’altro non era sorpreso di quelle parole. Leggemmo la consapevolezza negli occhi l’uno dell’altra.
«Quando?» gli domandai.
«Oggi, durante una discussione con Ginny. E tu?»
Sospirai «Oggi, durante una discussione con Ron»
La sua presa intorno alle mie spalle si fece più salda «Se ti dico che riesco a non essere dispiaciuto, sono una persona orribile?» mi domandò.
«E io lo sono se ti dico che mi sono sentita sollevata, quando ho saputo che Ron e Ginny sapevano tutto? Niente spiegazioni, niente urla, niente lacrime. Beh no » riflettei per un secondo « se la mettiamo così sono piuttosto una stronza codarda, giusto?»
«Penso di sì»
Rimanemmo in silenzio per un istante lunghissimo.
Scrutai un soffice strato di nuvole all’orizzonte e tentai un attimo di immaginare a cosa assomigliassero. Era così stupido concentrarsi su certi dettagli, in quel momento. Ero arrivata al capolinea della mia vita e io giocavo con le nuvole.
«Non ho mai pensato che fosse stato un errore, ogni volta che ci ripensavo» mi disse Harry.
Quando la sua mano gelida corse a cercare la mia, gliela strinsi.
Dio, se solo poteste capire quant’era bello poter parlare insieme a lui di quello che avevamo fatto. Adesso che Ginny e Ron sapevano – o meglio, adesso che noi sapevamo che loro sapevano già da un pezzo – era tutto molto più facile, non dovevamo nemmeno sforzarci di fingere che non fosse mai successo.
«Quello » esordii con un filo di voce « nemmeno io. Se non lo avessimo mai fatto, non sarebbe mai nato Hugo e io mio figlio lo amo sopra ogni cosa, Harry»
«Nostro»
«Come?»
«Nostro figlio, Hermione»
Mi salirono le lacrime agli occhi.
«Penso che l’errore più grande sia stato quello di non aver fatto il padre, con lui»
Annuii contro il suo collo: nel frattempo mi aveva abbracciato.
Era tutto così intimo, mi sentivo bene come non accadeva da tanto.
«Pensi che io possa, sì insomma, rimediare adesso?»
Ci riflettei su per un momento.
«Ron è stato un padre fantastico con lui, anche se non era tenuto a farlo. Avrebbe potuto mandarci via tutti e due» valutai. Lo ammisi a me stessa.
«Ma Hugo... Io penso che ne sarà felice, Harry. Perché, vedi, lui lo sa
Lui spalancò la bocca «Come?»
«Oh no, io non gli ho mai detto niente. Ma sono sicura che Hugo, nel profondo, lo sappia davvero»
Era ormai l’imbrunire. Un lampione poco distante si accese e dopo di lui tutti gli altri del viale, come una lunga serie di pedine del domino che cadono, al tocco di quella vicino.
Sarei voluta rimanere in quella posizione per sempre.
«Che cosa » cominciò a dire Harry « che cosa pensi di fare con Ron?»
Chiusi gli occhi e cercai di chiudere anche la mia mente, quando la risposta a quella domanda – che avevo accuratamente evitato per tutto il giorno – si affacciò, prepotente.
«Lui » risposi « dice che mi ama, che va tutto bene, che sistemeremo ogni cosa» sospirai «Ma penso che non possiamo continuare a raccontarci menzogne. Non possiamo continuare a nasconderci dalla verità soltanto perché stare insieme è la cosa giusta da fare, capisci?»
Lo sentii annuire contro di me «Sì, certo»
«E » azzardai « tu con Ginny? Pensi che possa tornare tutto come prima? Che tutto vada bene
Mi appoggiò un dito sotto il mento per alzarmi il viso, per potermi permettere di guardarlo negli occhi. E poi mi accarezzò una guancia.
«No»

Is that alright?
Is that alright with you?
No...
    Damien Rice – 9 Crimes
 
 
***
E quindi eccoci qui. Come avrete capito questa seconda parte è ambientata ben nove anni dopo la prima, esattamente un mese dopo l’ultimo capitolo scritto da Mamy Row, nel settimo libro.
Quindi, a quanto pare, Ron e Ginny hanno sempre saputo tutto.
Ma sono sempre stati zitti per paura di perdere quello che avevano costruito. Diciamo che, quindi, tutti qui hanno sbagliato. Spero di averlo fatto capire. Ma l’unico, alla fine, ad averne fatto le spese è proprio Hugo, costretto ad accettare la situazione per quella che era, senza poter fare niente, senza poter dire la sua.
Se questa parte ha visto protagonisti indiscussi Ron, Harry ed Hermione, nella prossima vorrei lasciare posto proprio a Hugo e, perché no, a Ginny.
Ma attenderò che mi venga l’ispirazione per quella prima di postarla, ho prima bisogno di una canzone ispirante.
A proposito di questo, spero che la lettura della fiction sia stata accompagnata dalla sua colonna sonora, “9 Crimes” appunto, che da poi il titolo alla fiction stessa (senza 9 però, perché qui il crimine era solo uno, ma valeva per cento :D) e che mi ha illuminato la via per la scrittura.
Ma ora ho parlato veramente tanto, santo cielo!
Spero vogliate lasciarmi un commento per dirmi cosa ne pensate, grazie comunque a chi deciderà di leggerla soltanto.
 
Un bacione a tutti
Gillywater
  
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