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Autore: Feel Good Inc    22/03/2011    3 recensioni
La macchina giunse a destinazione ed Aerith portò il piede sul freno così bruscamente che, non fosse stato per la cintura di sicurezza, sarebbe finita sul parabrezza a fare compagnia ai tergicristalli. Tirò il freno a mano e si fiondò fuori senza neppure spegnere il motore, subito imitata da Cloud, con la pistola pronta in pugno già da un pezzo.
Percorsero in fretta lo slargo costeggiato di siepi, e raggiunsero il cortile su cui si affacciava il portone principale dello stabile. Cloud imprecò ad alta voce.
«Merda...»
La sagoma massiccia dell’agente Lexaeus giaceva immobile davanti a loro, e il chiarore della luna inargentava il rosso del suo sangue mescolato all’erba verdissima del giardino da anni abbandonato a se stesso.

* * *
«Entra e fammi vedere.»
«Ma allora avevo ragione.» Axel sogghignò di nuovo, puntando il gomito destro sul davanzale e guardandolo con malizia. «Vuoi
davvero giocare al dottore.»
Roxas si sentì arrossire. «Sei proprio un idiota.»
«Grazie, bimbo, anche tu non sei male.»
Si tirò su ed entrò dalla finestra. Una volta posati i piedi a terra, si guardò intorno ostentando indifferenza – ma Roxas notò che il suo viso era decisamente pallido. Lasciò scivolare il cappotto sul pavimento.
Un tonfo metallico.
Roxas guardò interrogativamente prima il viso impassibile di Axel, poi il punto in cui l’indumento aveva toccato terra. Da una tasca sbucavano pochi centimetri di qualcosa di lucido e scuro.
La canna di una pistola.

* * *
Quando un adolescente in fuga dalla legge si nasconde in un condominio in cui vive un ragazzino che si ostina a fuggire dal suo passato, e quando le loro storie s'intrecciano a quella di una ragazza che torna da un posto che è lontano in tutti i sensi, ci si accorge che qualche volta bene e male non esistono. Esiste solo il destino.
{ AkuRoku; accenni SoKai, MaruDem, RokuNami, CloudAerith, Sorpresa }
Genere: Drammatico, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Axel, Roxas, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Nessun gioco
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23

Attesa

 

 

 

‘Coma’. L’unica parola che fosse riuscito a distinguere in quell’intrico di informazioni confuse, strappate agli infermieri che avevano portato via Roxas dal parco.

Qualcuno aveva detto che era in coma.

Axel non sapeva che aspettarsi da quella parola, ma sperava che, qualsiasi cosa Roxas stesse affrontando in quella sala operatoria, finisse presto.

Che finisse bene.

La sala d’aspetto era affollatissima, eppure il silenzio gravava su di loro come un macigno.

Hayner, Pence e Olette, ancora con le loro attrezzature da skateboard. Sora e Kairi, con le divise scolastiche in disordine. E poi lui, che in quel dolore comune a tutti si sentiva un estraneo.

Aveva affondato la testa tra le mani, chinandosi su se stesso, stanco di vedere le lacrime angosciate delle due ragazze, il pallore stravolto di Sora e Pence, i passi nervosi di Hayner che percorrevano su e giù la stanza in cerca di quiete e di risposte che sembravano destinate a non arrivare mai.

Aveva chiuso gli occhi, cercando dentro di sé la forza per affrontare quella situazione, ma non riusciva a pensare in modo razionale. Non ricordava neppure come avevano fatto ad arrivare in ospedale.

Tutto ciò cui era facile fare riferimento era il senso di colpa, il sangue di Roxas, le sue labbra morbide e fredde che ancora scottavano sulle sue...

Avrebbe voluto essere ancora in grado di credere, per poter pregare per la salvezza del suo amico.

Perché, se per lui era tardi, Roxas meritava di salvarsi.

 

 

Fu il tocco esitante e gentile di una mano a riportarlo alla realtà.

«Axel...»

La voce di Sora.

Alzò lentamente la testa. Ancora una volta incontrò quella rassomiglianza con i lineamenti di Roxas. Sora cercò di sorridergli, sotto la paura e la preoccupazione.

«Grazie. Immagino che sia stato tu a chiamarci da scuola...» Prese fiato, e Axel vide distintamente un brivido percorrere il suo corpicino minuto. «E grazie anche per essere stato accanto a Roxas quando... Beh... Lo sai. E grazie per esserci ancora adesso.»

Quelle parole, pronunciate con le migliori intenzioni del mondo, gli penetrarono nel corpo e nell’anima come coltelli. Nessun Marluxia al mondo avrebbe mai potuto fargli altrettanto male, dentro e fuori.

Chiuse gli occhi e chinò di nuovo la testa, tornando ad affondare le mani tra i capelli.

«Non ringraziarmi» mormorò. «Non merito né ringraziamenti né parole di altro genere.»

Intuì la perplessità di Sora senza doverlo guardare.

«Perché dici così?»

Così innocente, così ignaro. Proprio come suo fratello. Che lui aveva messo in pericolo, e che per questo adesso era in quella sala operatoria. Per colpa sua, soltanto sua.

E Sora lo ringraziava.

Strinse gli occhi e scosse il capo. Avrebbe tanto voluto che il ragazzo togliesse quella mano dalla sua spalla.

«Tu non capisci... È colpa mia...»

«Hai mai voluto fare del male a Roxas

Axel alzò di scatto il viso e lo fissò con occhi annebbiati. «Certo che no!»

Inaspettatamente, Sora gli sorrise di nuovo. «Allora, qualsiasi cosa tu voglia dire, non può essere colpa tua.»

Il giovane ammutolì e continuò a guardare quel ragazzino sorridente. Era lo stesso sorriso che aveva visto sul volto di suo fratello, solo poco prima – quanto tempo con esattezza? – e che temeva di non vedere più.

«... In fondo lui è sempre stato più forte di me...»

Forse fu solo in quel momento che capì cosa fosse davvero la forza di Sora, come si manifestasse attraverso il suo sguardo pulito.

Axel tornò a guardare il pavimento, sentendosi sempre più inerme. La lieve pressione sulla sua spalla sparì e il fratello di Roxas si allontanò, lasciandolo ai suoi dubbi e alla voglia inutile di essere qualcun altro.

 

 

Forse erano passate delle ore o forse erano passati degli anni.

Alla fine, le porte si aprirono e un giovane medico dai capelli scuri s’incamminò senza fretta verso di loro.

I cinque ragazzi scattarono in piedi, mentre Axel fissava intensamente quell’uomo come se potesse cogliere dal suo sguardo ciò che stava per dire loro.

Il medico si fermò nella sala d’aspetto e li guardò uno ad uno. «Siete suoi parenti?»

«Io sono suo fratello» saltò su Sora, sempre pallido, ma in tono fermo. «Come sta?»

Axel si accorse di trattenere il fiato.

L’uomo studiò ancora per un attimo il resto dei presenti, evidentemente chiedendosi se per una volta poteva fare un’eccezione e parlare anche davanti a gente che non aveva legami di sangue con il paziente di turno. Alla fine sembrò decidere che non gliene importava nulla. Tornò a guardare Sora e gli rivolse il sorriso caloroso di chi fa il medico perché ama farlo.

«Ce la farà.»

Sollievo...

Caldo sollievo...

Axel tornò a respirare, e quasi non si accorse del flusso di emozioni manifestate dagli altri.

Hayner e Pence esultarono. Olette ricominciò a piangere di gioia. Sora e Kairi si abbracciarono in un curioso insieme di lacrime e risate.

Axel si limitò ad abbandonare la nuca contro il muro e a sollevare lo sguardo al soffitto. Questa volta avrebbe voluto saper ancora credere soltanto per poter ringraziare chi era riuscito a recepire la sua inconsistente preghiera.

Il flusso si calmò a poco a poco, e Sora sciolse l’abbraccio con Kairi per rivolgersi di nuovo al medico.

«Grazie. Grazie davvero.» Gli strinse la mano. «Quando pensa che potremo vederlo?»

L’altro ricambiò il sorriso e la stretta, ma poi scosse la testa. «Temo che dobbiamo ancora aspettare per questo. È uscito dal coma, ma ci vorrà qualche ora, forse qualche giorno, prima che si riprenda del tutto. Nel frattempo, vi consiglio e vi prego di lasciarlo tranquillo il più possibile.»

Axel si fissò le scarpe e rivolse loro un sorriso storto.

Lasciarlo tranquillo.

Se lui l’avesse fatto fin dall’inizio, a quest’ora Roxas non sarebbe stato nella stanza accanto.

Una seconda porta si aprì, ma stavolta non ne uscirono dottori né infermieri. Axel voltò lo sguardo quel tanto che bastava per assistere all’ingresso in sala d’attesa di una giovane donna dai lunghi capelli neri, atletica ed efficiente, che in cuor suo identificò ed etichettò subito.

Agente in borghese.

A conferma del suo pensiero, la donna estrasse un distintivo da una tasca interna della giacca in pelle.

«Salve. Sono il tenente Tifa Lockhart

Il medico si allontanò da Sora per avvicinarsi a lei. «Buongiorno, tenente. Come possiamo aiutarla?»

Prima di rispondere, Tifa Lockhart si guardò intorno, esaminando le facce dei ragazzi. Quando il suo sguardo si posò su di lui, Axel vide qualcosa di simile al trionfo illuminare i suoi occhi.

Subito dopo, la donna si diresse decisa verso la sedia dov’era ancora seduto e gli si fermò di fronte.

«Vorrei scambiare quattro chiacchiere con te» disse, quasi in risposta alla domanda del chirurgo. «Pensi di potermi concedere un po’ di tempo?»

Axel ricambiò l’occhiata, inespressivo.

«Sei ancora dell’idea... di andare a parlare con la polizia?»

«Credo sia l’unica cosa di cui sono davvero sicuro.»

Annuì.

«Va bene.»

 

 

 

 

 

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Sono in ritardo ;_; Perdonatemi! Tra casa e accademia è davvero un periodaccio, e certi miei accessi di pessimismo cosmico dinanzi ai più recenti avvenimenti nel mondo non fanno che peggiorare la situazione. Ma in fin dei conti di pessimismo ce n’è già troppo in giro.

Scusate anche la brevità del capitolo, ma meglio così piuttosto che accumulare il sollievo di Axel con tutto ciò che succederà dopo… Ok, lo faccio apposta. xD

Ringraziamenti vivissimi a _Nick_ e infiammabile per le loro recensioni, e di nuovo a infiammabile e a BlackRuri per aver inserito la storia tra le preferite *o* Sono onoratissima, dico davvero. Mi fate felice <3

Alla prossima con – lo giuro! – un capitolo più lungo ed esauriente.

Aya ~

   
 
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