Capitolo
Undici
u
Pov
Elena
A svegliarmi furono i raggi
del sole che prepotenti entrarono dalla finestra della camera e quando aprii
gli occhi notai subito come lì dentro il sole emanasse una luce diversa
rispetto a quella a cui ero abituata, ma mi bastò fare mente locale di quanto
successo la sera prima per capirne il motivo.
I raggi del sole non
stavano entrando dalla finestra della stanza di Stefan, ma dalla grande
porta-finestra della camera di Damon.
Non avrei più fatto un
solo risveglio in quella vecchia camera, ma speravo con tutto il cuore di farne
milioni in questa.
Con gli occhi aperti
potevo vedere il grande soffitto della camera dove mi trovavo, poi voltai lo
sguardo alla mia destra e vidi il Paradiso fatto persona. Ammettevo che era una
metafora un po’ strana in quel contesto visto che stavamo parlando di un
vampiro, ma per me lo era, lui era il mio angolo di Paradiso.
Damon era comodamente
sdraiato sul letto che dormiva. Il petto perfetto e nudo, un braccio a
penzoloni e l’altro avvolgeva il mio corpo visto che avevo dormito tutta la
notte appoggiata al suo fantastico petto scultoreo. La sua testa era rivolta
dall’altro lato, motivo per cui riuscivo a scorgere solo il suo profilo. Eppure
mi sembrava talmente rilassato, talmente in pace che avevo paura che un
qualunque movimento brusco potesse svegliarlo.
Molto lentamente mi
strinsi sempre di più al suo petto e alzai leggermente la testa per riuscire a
guardarlo meglio e quando ci riuscii mi incantai a osservare il suo volto. Non avevo
mai notato quanto i suoi lineamenti potessero sembrare morbidi e delicati e mi
chiedevo quanto e se gli venisse complicato trasformare quel volto che adesso
mi sembrava tanto angelico in un volto “demoniaco”.
Ripensai alla sera prima e
a quanto quella notte fosse stata magica anche se non era successo nulla. Si,
perché nulla era successo tra noi.
Eravamo rimasti fermi ad
abbracciarci per un tempo sconsiderevole, poi ci eravamo baciati una volta, poi
due, poi ancora e ancora, senza dire una parola perché al momento ci bastava
quello.
Poi quando la stanchezza
da parte mia si era iniziata a fare sentire ci eravamo sdraiati a letto. Mi
aveva offerto una sua camicia per togliermi la mia maglietta sporca di sangue e
io gli avevo chiesto di darmi quella che indossava. Non aveva fatto domande e
se l’era tolta dandola a me, ecco perché adesso era a petto nudo.
La verità era che volevo
la sua camicia per poter dormire con il suo odore addosso, un odore che avevo
iniziato ad amare esponenzialmente, un odore che, ormai, avrei riconosciuto
dappertutto.
Poi avevo appoggiato il
mio volto sul suo petto e lui mi aveva stretta a sé. Non una parola, non un
sussurro. Nulla. Solo due anime che avevano deciso di sfiorarsi senza dirsi
nulla. E in quella posizione mi ero addormentata cullata da un suo leggero
bacio sulla nuca.
E adesso che mi ero
svegliata potevo rendermi conto di quanto quella notte fosse stata la più
serena da tanto tempo e lo era perché adesso tutto mi era chiaro, dentro di me
non c’era più dubbi, paure, incertezze o sensi di colpa. Dentro di me c’era
solo amore e accanto a me la persona a cui avrei voluto donare quell’amore. Era
tutto perfetto e poco importava cosa sarebbe successo non appena i suoi occhi
si fossero riaperti e saremmo tornati di nuovo alla realtà.
Restai a guardarlo ancora
per un po’, completamente assorta. E non potei fare a meno di chiedermi come
fosse possibile essermi accorta solo adesso di quello che provavo, o meglio di
come solo ora fossi riuscita ad ammettere quell’amore.
“Per quanto ancora hai
intenzione di ammirare le mie straordinarie bellezze?”
La sua voce, perfetta
nonostante si fosse appena svegliato, risuonò nell’aria e mi sentii avvampare.
Quando mi sarei abituata
al fatto che fosse un vampiro e non un comune umano?
Aveva ancora gli occhi
chiusi e non si era mosso di un millimetro dalla posizione in cui si trovava.
“Sempre il solito modesto
ah” gli risposi dandogli uno scappellotto sul petto allontanandomi da lui per
alzarmi.
Era sempre capace di
rovinare tutto, ma in fondo non mi piaceva anche per questo? E sinceramente,
poi, in tutta la settimana passata mi erano mancati i nostri finti litigi.
“Sempre la solita
permalosa ah” ripeté lui aprendo finalmente gli occhi e voltandosi per
guardarmi.
Io mi ero già alzata dal
letto e gli davo le spalle, ma potevo sentire i suoi occhi fissare la mia
figura. Fu una frazione di secondo e mi voltai avvicinandomi di nuovo a letto e
salendo con un ginocchio mi avvicinai alla sua figura e gli stampai un bacio a
fior di labbra.
Sembrò impreparato a quel
contatto, ma poi si lasciò andare. Quando poi ci staccammo lo guardai negli
occhi.
“Dovresti farci
l’abitudine”.
Era ovvio che mi riferissi
a quei baci. Non poteva sempre stupirsi ogni volta che lo facevo.
Gli sorrisi e poi mi alzai
di nuovo dal letto avvicinandomi allo specchio per vedere in che situazione
disastrosa era il mio viso.
“A proposito di questo.
Credo che dovremmo parlare noi due”.
Non feci nemmeno in tempo
a voltarmi che dallo specchio vidi la sua figura esattamente dietro di me. Era
perfetto, Dio se lo era, ma non era il momento di pensare a questo.
“Lo credo anche io” dissi
e poi mi voltai a guardarlo.
Eravamo a pochi centimetri
l’uno dall’altro, ma stranamente negli occhi di entrambi non c’era nient’altro
se non la voglia di chiarire quella situazione e c’era solo un modo per farlo,
dovevamo capire se iniziare insieme un capitolo nuovo delle nostre vite o se
mettere un punto a quello che sarebbe potuto essere.
“Tutto quello che è
successo, durante il viaggio, ieri sera e poco fa, tutto questo è…” provò a
dire Damon, ma lo zittì.
“Non dire che è sbagliato,
non dire che è un errore perché non è così e lo so io come lo sai tu”.
“Non volevo dire questo,
voglio solo dire che se andiamo avanti così questa situazione diverrà
insostenibile. È meglio finirla qui”.
“Spesso ciò che è meglio
non è quello che fa star bene”.
Lo guardai negli occhi
intensamente, più intensamente di quanto avessi mai fatto.
“E sarei io? Sarei io
quello che ti fa stare bene?” mi domandò sorridendomi beffardo, come a prendermi
in giro.
Dio quanto lo odiavo.
“Ti fa ridere la cosa?”
“Su Elena, è ridicolo. Io
sono solo un’egoista, non ti merito”.
“Ancora con questa storia
del non meritarmi? Dio, non ti sopporto. Conosci il significato della parola
egoismo?” urlai spazientita di sentirmi ripetere quella frase.
Lui continuò con il suo
sorriso ironico e io ripresi a parlare.
“Pensare a se stessi non è
egoismo. Egoismo semmai è occuparsi solo di se stessi. Quando mai ti sei
occupato solo di te stesso? Quando? Se dal momento in cui sei arrivato qui non
hai fatto altro che occuparti di me, di proteggermi e di proteggere le persone
che amo?”
“Elena…”
“Elena un tubo. Come fai a
dire di essere egoista? È egoista una persona che è pronto a morire per salvare
la vita di un’altra persona? Perché questo è quello che hai fatto per me e
questo è quello che hai fatto ieri sera per Caroline. Eri pronto a morire per
salvare lei”.
Era sconvolto dalle mie
parole urlate con troppa enfasi e il sorrisino ironico che aveva messo su
scomparve dalle sue labbra.
“Lei è la tua migliore amica” si giustificò.
Si stava arrampicando agli
specchi lo sapevo bene, e sapevo anche perfettamente che non avrebbe mai
ammesso come stavano davvero le cose, non avrebbe mai ammesso cosa lo avesse
spinto a comportarsi in quel modo. Era fatto così e gettare la maschera del
cattivo gli veniva troppo difficile.
“E speri che io ci creda?”
“E per quale altre motivo
avrei dovuto farlo allora?” mi domandò prima di voltarsi dall’altra parte e
prendere la cintura dalla sedia infilandosela nei pantaloni.
Poi tornò a guardarmi e
mentre ancora se la sistemava attendeva la mia risposta mettendo su il suo
sorriso ironico
“Perché non sei il cattivo
che vuoi far apparire, non più almeno. Ci sono persone che non riescono a
costruirsi un'armatura e altre che, invece, c’è la fanno, ma non riescono più a
liberarsene. E tu l’armatura te la sei creata, ma te ne stai anche liberando,
solo che una parte di te non vuole che questo accada, non lo vuole perché in
fondo hai paura a iniziare una nuova fase della tua vita, una fase fatta di
fragilità, amore, emozioni, dolore e gioia. Hai salvato Caroline ieri non
perché è la mia migliore amica, ma perché è anche tua amica e le vuoi bene”.
Non rispose subito, sembrò
pesare attentamente le mie parole.
“Tutto questo è ridicolo”
sbottò alla fine guardandomi come se avessi appena detto la più grossa fesseria
della terra.
“Il fatto che tu non
l’ammetta è ridicolo”.
“Ok, stiamo decisamente
tergiversando il discorso. Stavamo parlando di noi, che c’entra Caroline?”
A sentirgli pronunciare
quelle parole sorrisi e lui mi guardò stranito.
“Cos’ho detto adesso?” si
lamentò con la sua solita espressione.
“Noi, hai detto noi. Fino
alla settimana scorsa hai detto che non esisteva un noi”.
“Giusta osservazione”
disse sorridendo sarcastico.
“La smetti?” urlai non
riuscendo più a sopportare quel suo modo di fare.
“Di fare cosa?”
“Di comportarti come se
non te ne importasse niente”.
“Cosa ti fa credere che,
invece, me ne importi?”
“Oddio come sei odioso.
Giuro che se non mi fossi innamorata di un’idiota come te ti manderei al
diavolo seduta stante” gli urlai rendendomi conto solo dopo di aver detto
davvero quelle parole.
Non avrei dovuto dirglielo
in quel modo, cavolo.
Lui si tolse dalla faccia quel
sorriso che in quel momento detestavo e mi guardò intensamente, con uno sguardo
che non mi sembrava di ricordare di averglielo mai visto. La sua espressione
rasentava l’impossibile.
“Cosa…cosa hai detto?”
Dolcezza, la sua voce era
impregnata di dolcezza. Ecco il Damon che amavo.
“Che ti manderei al
diavolo”.
“Prima, cosa hai detto
prima?”
“Che sei un’idiota”.
“Prima ancora”.
Non risposi subito.
Abbassai lo sguardo imbarazzata. Aprirmi in quel modo con lui mi faceva paura,
in fondo non avevo idea di cosa davvero lui provasse. Con molta probabilità
potevo essere per lui solo un divertimento, una sfida, non riusciva ad avermi e
quindi faceva di tutto per cambiare le cose.
Adesso che mi aveva non
era detto che mi volesse.
Rimasi in silenzio ancora
un po’ e quando alzai di nuovo lo sguardo Damon era ad una spanna dal mio viso,
tanto vicino che sentivo il suo respiro sul mio. Si avvicinò ancora di più e
poi mi accarezzò una guancia con una dolcezza senza eguali.
“Ti dispiacerebbe ripetere
quello che hai detto?” mi sussurrò appena.
Non mi sembrava nemmeno di
trovarmi di fronte Damon, era un’altra persona, una persona, però, che avevo
sempre saputo fosse insita in lui.
“Mi sono…mi sono
innamorata di te” mormorai fissandolo in quel cielo che erano i suoi occhi “Damon
io…io ti amo” conclusi.
Lui rimase immobile, come
pietrificato da quelle parole. La sua mano che era sulla mia guancia non si
mosse e i suoi occhi cercarono una conferma qualsiasi nel mio sguardo, una
conferma che ero certa avrebbero trovato.
“Damon, dì qualcosa, per
favore” gli sussurrai vedendo che sembrava una statua.
Lui sembrò ridestarsi e la
sua mano tornò ad accarezzarmi la guancia asciugando con il pollice la lacrima
solitaria che mi stava solcando la guancia.
“Tu…avevi detto di
odiarmi” furono le sue uniche parole.
Non riusciva a credere che
io potessi amarlo e non riuscivo a spiegarmi il perché.
Era così impossibile che
fosse successo?
“Mamma mi diceva che
l’odio è solo l’inizio di una storia d'amore ed aveva ragione. Sai che c’è? C’è che con
te ho imparato che il contrario dell’amore non è l’odio. L’odio è assenza di
amore, così come il buio è assenza di luce. L’opposto dell’amore è la paura e
io ho sempre avuto paura, paura di cosa avrebbe comportato amarti”.
“E cosa credi che
comporterà?”
Sembrava un bambino che
aveva bisogno di conferme.
“Non lo so, non ne ho idea
e non voglio nemmeno cercare e trovare delle risposte a questo interrogativo,
non più. Adesso voglio vivere quello che mi capita”.
Quando terminai di parlare
fu la mia mano a posarsi sul suo volto e ad accarezzarlo, accarezzarlo per la
prima volta come avrei voluto fare da tanto, troppo tempo.
“E Stefan?” mi domandò.
“Stefan sa tutto. Non è
lui che amo, non più e forse non l’ho mai amato con la stessa intensità con cui
amo te. Non lo so cosa mi spinge verso di te, ma è come se ci fosse un filo
invisibile che ci tiene uniti, un filo che non riesco a spezzare e che non sei
riuscito a spezzare nemmeno tu nonostante tutto quello che hai fatto”.
“Elena, Stefan è
perfetto”.
“Si, hai ragione. È perfetto,
ma non per me. Sei tu quello perfetto”.
“Io sono il cattivo. Io
sono un demone, tu sei un angelo, riesci a capirlo?”
“Ogni demone ha bisogno
del suo angelo”.
Lui
rimase in silenzio, senza dire nulla. E io cercai di interpretare quel silenzio
come meglio potevo, ma non ci riuscii e alla fine non potei che pensare
all’unica soluzione possibile: Damon non mi amava.
“Lo
capisco sai e non ti giudico. Non è amore il tuo, attrazione forse, ma non
amore e va bene così. Era giusto che tu sapessi quello che provavo. Se c’era
anche una sola possibilità per noi dovevo provare. Del resto la colpa è mia.
Dovevo capirlo prima, quando ancora eri lì pronto ad aspettarmi ed è ovvio che
non potevi aspettare in eterno”.
Ripensai
al giorno in cui Damon si era presentato a casa mia dopo aver saputo che aveva
baciato Katherine e non me e aveva poi ucciso Jeremy. Quella volta mi aveva
detto delle parole che adesso ricordavo alla perfezione: ”Tra noi due c’è qualcosa
e lo sai. E stai mentendo a me, stai mentendo a Stefan e soprattutto stai
mentendo a te stessa”.
Se
lo avessi capito allora di amarlo, forse, a quest’ora saremmo stati felici
insieme, ma non potevo tornare indietro, non più purtroppo.
Con
questa consapevolezza mi staccai da lui e abbassando lo sguardo, mi diressi
verso la porta. Dovevo uscire da quella stanza, dovevo allontanarmi da lui, non
volevo che mi vedesse piangere.
Non
appena raggiunsi la porta e alzai lo sguardo per aprirla mi ritrovai Damon
proprio di fronte a me.
“Il
problema non è quanto aspetti, ma chi aspetti”.
Possibile
che quel ragazzo dovesse sempre essere così dannatamente misterioso?
“Che
vuoi dire?” domandai cercando di non piangere.
Non
potevo farlo, non davanti a lui almeno.
“Che
dipende chi aspetti può valere la pena aspettare anche una vita intera”.
Mi
sorrise, un sorriso sincero e cristallino, uno di quelli che amavo tanto.
“Che
significa?”
“Che
ho sempre creduto che tra di noi ci fosse qualcosa, ma tu sei ottusa” mi disse
sorridendo all’ultima parola e io gli diedi una pacca sul braccio facendo finta
di mettere il broncio “senza offesa ovviamente. Così mi sono messo all’angolo
ad aspettare. Ammetto, però, che, ormai, ci stavo perdendo le speranze” mi
confessò e io sorrisi, sorrisi perché forse non era tutto perduto.
“Damon…”
“Fammi
finire, è già difficile senza che tu mi interrompa. Non sono abituato ad essere
la prima scelta di nessuno. Da bambino tutti preferivano Stefan a me, poi anche
Katherine e alla fine pure tu. Qualunque cosa di buono lui facesse andava bene,
ma se ero io a comportarmi giustamente per una volta nessuno se ne accorgeva.
Volente o nolente sono sempre stato la seconda scelta, sempre”.
“Se
ho aspettato tutto questo tempo è perché dovevo essere sicura, sicura di quello
che volevo. E adesso lo sono e tu non sei assolutamente la seconda scelta, tu
sei la prima scelta, l’unica scelta che potevo fare perché è te che amo
davvero” gli dissi tutto d’un fiato per paura che mi fermasse visto che aveva
detto che dovevo farlo finire di parlare.
Lui
sorrise e mi guardò come a dire “sei
sempre la solita”, poi riprese a parlare.
“Ho
vissuto una vita nel ricordo di Katherine, di quell’amore che avevo perso senza
una ragione valida, poi sei arrivata tu. La prima volta che ti ho vista mi sei
sembrata lei, poi ti ho guardata mentre sorridevi e mi sono reso conto di
quanto foste diverse e più ti conoscevo e più me ne accorgevo, e più ti
conoscevo e più mi innamoravo di te. E alla fine mi sono reso conto di amarti
come non avevo mai amato nessuno, nemmeno Katherine. Sei stata l’unica che è
riuscita a leggermi dentro e io riesco a sentimi più uomo con te. Ho sempre
desiderato poter essere quell’abbraccio in cui desideravi perderti. Ho sempre
voluto che ti sentissi protetta e libera di fare qualunque cosa perché tanto
c’ero io a prendermi cura di te, a difenderti dal freddo e dal male” mi
sussurrò piano accarezzandomi una guancia.
Lo
osservai bene e mi resi conto che dai suoi bellissimi occhi color del ghiaccio
stava scendendo una lacrima, solitaria e splendente.
Fu
in quel momento che mi resi conto di amarlo ancora di più ed ero certa che
quell’amore sarebbe diventato ogni giorno sempre più grande perché Damon era
quello che aspettavo da tutta una vita.
“Puoi
ancora farlo. Tutto questo, tutto quello che hai sempre desiderato puoi
realizzarlo” gli mormorai a qualche centimetro dalle labbra.
Lui
mi guardò e sorrise, come se non riuscisse ancora a crederci.
“Non
credo di meritarti, ma non posso più starti lontano, non adesso che so quello
che provi”.
“Non
devi starmi lontano infatti, non è quello che voglio”.
“Potrebbe
non essere perfetto” disse riferendosi al nostro rapporto.
Non
sapevo se stesse cercando di convincere me o se stesso, ma una cosa la sapevo.
Dentro di noi sapevamo che l’amore che ci legava era tanto, troppo e che sarebbe
stato tutto assoluto.
“Un
amore non deve essere perfetto, deve essere vero” gli sussurrai sorridente,
mentre lui con le sua dita perfette tracciava i contorni delle mie labbra.
Era
ufficiale: Elena Gilbert era pazza di Damon Salvatore.
Non
ci avrei scommesso nemmeno un dollaro, dovevo essere sincera.
Era
forse questo il bello dell’amore?
Il
fatto che riesce sempre a stupirti?
“Ti
amo Elena” mi sussurrò guardandomi negli occhi.
Questa
volta fui io a sorridere, sorrisi perché era un “ti amo” che aspettavo da
tempo, un “ti amo” che bramavo, un “ti amo” che per la prima volta in tutta la
mia vita mi aveva fatto sentire viva, parte di qualcosa.
Si,
io mi sentivo parte di quell’amore.
“Ti
amo anche io Damon”.
Un
sussurro appena udibile, quasi non riuscii a sentire la mia stessa voce
pronunciare quelle parole, ma ero certa che lui le avesse sentite grazie al suo
speciale udito e la conferma mi arrivò non appena guardai le sue labbra
distendersi in un sorriso che non gli avevo mai visto fare, uno di quei sorrisi
capaci di illuminare il mondo.
La
sua mano continuò a tracciare il profilo delle mie labbra e i nostri occhi non
facevano altro che scrutarsi, cioccolato fuso contro ghiaccio. Sapevo cosa
vedevo io ed ero certa che lui vedesse la stessa cosa. Vedevamo negli occhi
dell’altro la nostra stessa immagine riflessa.
Fu
questione di secondi prima che il suo sguardo si posasse sulle mie labbra e lo
stessero fecero i miei occhi e prima ancora che riuscissi a pensare qualunque
cosa le nostre bocche si toccarono e le nostre labbra si dischiusero pronte ad
accogliere quelle dell’altro.
Le
nostre lingue presero a giocare tra loro come se si conoscessero da sempre e
non avessero aspettato altro.
Quando
ci staccammo, e lo facemmo solo perché la sottoscritta aveva bisogno di
respirare, le labbra di Damon si impossessarono del mio orecchio, poi del mio
collo e di nuovo dell’orecchio. Quando si rese conto che il collo era il mio
punto debole tornò a giocarci lasciandomi scie di fuoco che mi facevano
accapponare la pelle tante era la frenesia.
Un
gemito mi uscii dalle labbra e non appena questo arrivò alle orecchie del
vampiro lo vidi sorridere, soddisfatto di quanto stava facendo, inconsapevole
forse che la sua sola presenza bastava a farmi bramare per l’eccitazione.
Tornai
a cercare le sua labbra e quando le trovai mi sentii completa, ma ciò che non
potevo immaginare era che quello era ancora niente, niente in confronto alla
completezza che avrei provato quando, qualche istante dopo, divenni sua in
tutti i modi in cui una donna poteva essere di un uomo.
“Credo
che farò la doccia più tardi” sussurrò malizioso Damon all’orecchio prima che
il mio corpo finisse sul materasso e il suo sopra di me.
“Anche senza saperlo ci
siamo sempre cercati, dal primo momento in cui ci siamo visti e questa è
un’emozione che non potremmo mai cambiare” mormorai vicino al suo orecchio
mentre sembrava che stessi toccato il cielo con un dito.
“Se un’emozione la senti
conviene viverla” mi rispose lui malizioso tornando a brandire le mie labbra.
E dopo un mio consenso lo
sentii dentro di me come non avrei mai creduto potesse succedere e mi resi
conto di quello che davvero si provava.
Era
come fare l’amore per la prima volta e noi lì, su quel letto, ci stavamo
donando per la prima volta l’una all’altro, la prima di una lunga serie di
volte perché era con lui che avevo intenzione di vivere.
Come
diceva un famoso scrittore inglese, Oscar Wilde, vivere era la cosa più rara al
mondo e la maggior parte della gente non viveva, ma esisteva solamente, sopravviveva.
L’avevo
fatto anche io fino ad allora, ma adesso era diverso. Adesso era il momento di
vivere, di farlo davvero e l’avrei fatto con Damon.
Robsten23
SPAZIO AUTRICE:
Ecco il nuovo capitolo.
Finalmente questi due hanno chiarito
la loro situazione e sembra che entrambi abbiano l’intenzione di stare insieme
finalmente.
Elena è molto decisa e meno male viste
le paranoie di Damon.
Spero di non aver rappresento i
personaggi diversi da come appaiono, non vorrei averli fatti diventare OOC, se
è così vi prego di farmelo notare.
Adesso resta da risolvere il problema
Katherine, un grosso, nevrotico problema.
Come sempre vi lascio sempre una
piccola immagine come spoiler del nuovo capitolo e anche un piccolissimo
pezzettino:
“Barbie dov’è Lon Chaney Junior?” domandò Damon
sarcastico.
Sapevo si stesse riferendo a Tyler. Lon Chaney
Junior non era altro che l’attore che al cinema aveva interpretato un uomo
lupo, anzi a dire il vero era il figlio di un uomo lupo, ma lo era anche lui.
“Scusa?” chiese Caroline non capendo.
“Il cucciolo Barbie, dov’è il cucciolo?” domandò
con espressione esasperata.
Faceva sempre così quando qualcuno non capiva le
sue battute.
Volevo ringraziare tutti coloro che
leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in
quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti
coloro che recensiscono.
Un bacione e grazie ancora.
Prossimo aggiornamento: Sabato 26 Marzo