Titolo: Non Guardare, Dolce Italia
Autore:
Nemeryal
Fandom: Axis Power Hetalia
Rating: Giallo
Genere: Slice of Life,
Triste, Drammatico
Avvertimenti: Missing Moments,
OneShot
Personaggi: Roderich/Austria, Elizabeta/Ungheria,Gilbert/Prussia, Francis/Francia,
Chibitalia, Sacro Romano Impero
Pairing: Nessuno
Trama: Con eleganza (Francis) si era
fermato al centro della Sala e si era esibito in un inchino falso quanto
sgradevole: si era levato il bicorno nero con un gesto svolazzante del braccio
libero e si era languidamente abbandonato alla sua disgustosa riverenza.
Si era
rialzato con studiata lentezza e i capelli gli erano scivolati sulla guancia,
lasciandovi una pennellata scarlatta di sangue
Dedica: a Silentsky
Note: In realtà quello che
volevo pubblicare era tutt’altro, ma quel tutt’altro sono secoli che ci lavoro
e sono secoli che non mi soddisfa. Però da una frase di quel tutt’altro è
uscita questa..cosa. Non saprei bene come definirla. Comunque! A voi la
lettura! Non ci sono note particolari. Comunque..è ambientata nel 1806, giusto
per avere una data da cui partire. Ed altro, direi, che non serve. L'immagine a fine pagine non è mia, l'avevo trovata girovagando per internet, appena ritrovo l'autore/autrice metterò i crediti nelle note ^^
Wordcounter: 510 (titolo escluso)
Non
Guardare, Dolce Italia
-Non far entrare Italia!-
Elizabeta indietreggiò all’urlo di Gilbert e
annuì.
-Per qualunque motivo, Elizabeta. Per
qualunque motivo, non farla entrare-
Da dietro la porta, nascosta dal filo
di luce che come una lacrima scivolava lungo lo stipite, Elizabeta si copriva
il volto con le mani: i capelli le nascondevano il volto e tremavano, poggiati
sulle spalle curve, ad ogni singhiozzo.
Francis
era avanzato lungo la stanza, incurante dello sguardo d’odio di Roderich e del
ringhio di Gilbert: li aveva raggiunti con passi misurati, ben attento a
mettere un piede dopo l’altro e a far risuonare tra le pareti silenziose il
ticchettio delle scarpe dalle fibbie d’argento. Con eleganza si era fermato al
centro della Sala e si era esibito in un inchino falso quanto sgradevole: si era
levato il bicorno nero con un gesto svolazzante del braccio libero e si era languidamente
abbandonato alla sua disgustosa riverenza.
Si era
rialzato con studiata lentezza e i capelli gli erano scivolati sulla guancia,
lasciandovi una pennellata scarlatta di sangue; gli angoli delle labbra si
erano sollevati in un ghigno strafottente e le dita lunghe, aggraziate, chiazzate di porpora,avevano prima
posato il bicorno sulla testa e poi erano andate a pulire una macchia scura,
ormai secca, attardatasi sul mento.
-E’ tornato Sacro Romano Impero! E’
tornato Sacro Romano Impero!- cinguettava la voce di Italia.
Elizabeta alzò la testa di scatto,
fissando con orrore la figura della servetta lampeggiare candida nelle tenebre
del corridoio.
Le mancò il respiro quando Italia,
vedendola, abbandonò il secchio a terra e si lanciò nella sua direzione,
continuando a squittire “E’ tornato Sacro Romano Impero! E’ tornato Sacro
Romano Impero!”.
Quando la piccola fece il gesto di
aprire i battenti della porta, Elizabeta la bloccò, circondandole il corpicino
con le braccia e nascondendole il volto fra i capelli. Poggiò il viso della
servetta sul proprio cuore, carezzandole la testa.
-Non guardare, piccola mia, dolce
Italia- mormorò, la voce rotta dai singhiozzi –Non guardare, piccola Italia,
bambina mia-
Gilbert
aveva sguainato la spada con un grido di furore e odio: scintille rossastre
avevano lampeggiato sulla lama sguainata, non appena il dondolio fiammeggiante
delle candele vi si era riflesso sopra.
Roderich
lo aveva fermato in tempo, stringendogli con forza la spalla; il Prussiano lo
aveva guardato con ira ed odio ancora maggiori, ma le braccia erano state
lasciate cadere lungo i fianchi non appena i suoi occhi ebbero incontrato lo
sguardo spezzato e furente dell’Austriaco.
Francis
era scoppiato a ridere e aveva dato l’impressione di voler battere le mani,ma l’ingombro che portava con sé glielo aveva
impedito. Aveva storto le labbra in una espressione infastidita, aveva preso il
fantoccio di sangue che portava sottobraccio e lo aveva sollevato per il
colletto, scuotendolo come si farebbe con un nastrino di campanelle. Aveva inarcato
il sopracciglio e aveva sbattuto quel corpicino straziato per terra, senza
riguardo alcuno.
Eccolo, aveva detto squadrando con fare divertito Roderich e Gilbert che fissavano
con orrore il corpo di bambino, dilaniato, lacero, irriconoscibile, gettato di
malagrazia sul pavimento, Eccolo il vostro grande Impero!