Non ho mai desiderato essere madre, o moglie, o addirittura donna. Neanche da piccola, quando le bambine di solito prendono i bambolotti tra le proprie braccia e li cullano, o danno loro il biberon.
Ho sempre pensato che non avrei avuto bisogno di qualcuno a cui dare tutto il mio amore; agognavo un'esistenza solitaria, nella tranquillità e nella pace fornita dai miei adorati libri. Addirittura non ho mai voluto fratelli o sorelle: ho sempre odiato chiunque fosse più piccolo di me. Sono cresciuta bene, nella mia relativa indipendenza.
Non ho mai avuto dubbi sul mio futuro finché non è comparso Lui. Ha attraversato il mio cielo come una meteora, schiantandosi all'altezza del mio cuore e riempiendolo totalmente. Mandandomi nel panico. Improvvisamente le mie certezze non sono più sembrate così solide: nelle mie convinzioni iniziavano a formarsi piccole crepe, causate da quel cuore traboccante d'amore, desideroso di sfogarsi in qualche modo.
Poi, l'amore che riversavo su di Lui tre volte a settimana non è stato più abbastanza.
Ho iniziato a pensare a come sarebbe avere un marito di cui prendermi cura e, talvolta, a come sarebbe tenere un figlio in grembo, il frutto dell'unione tra me e Lui, la dimostrazione dell'amore che proviamo l'uno per l'altra. Ho immaginato d'avere a che fare con un adolescente confuso quanto lo sono io adesso; ho desiderato d'essere una madre presente e comprensiva, al contrario della mia. Ho sognato d'addormentarmi tra le Sue braccia, notte dopo notte, e di vedere i nostri occhi farsi opachi all'unisono. Mi sono stupita della mia precocità, dei pensieri che vanno oltre il dolore del parto, i litigi e le difficoltà della vita quotidiana, senza qualcuno a proteggermi.
E poi ho sentito il cuore ritirarsi un poco, alle Sue parole: non sono pronto.
Forse quando lo sarà lui, avrò già cambiato idea.