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Autore: Sakurina    30/03/2011    3 recensioni
Sakura sparisce, in una piovosa giornata di fine inverno. I problemi con la matrigna, il cuore spezzato misteriosamente da Sasuke, dietro alla sua fuga. Ino si sente inquieta, e comincia ad essere perseguitata da strani incubi legati alla scomparsa dell'amica. Ma Sasuke è troppo occupato dai suoi problemi familiari per accorgersi della scomparsa di Sakura, fino a quando degli inquietanti indizi cominciano a fargli intendere la verità. E presto Shikamaru si unirà alla sua ricerca...
[SasuSaku][ShikaIno]
A zia Eleanor, buon compleanno! *O*
Genere: Drammatico, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akatsuki, Ino Yamanaka, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Shikamaru Nara | Coppie: Sasuke/Sakura, Shikamaru/Ino
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Nessun contesto
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Il sole che infiammava la sera si era spento, come una candela stanca e consunta, sotto il peso della notte e delle pesanti nubi cariche di pioggia che portava con sé

Il sole che infiammava la sera si era spento, come una candela stanca e consunta, sotto il peso della notte e delle pesanti nubi cariche di pioggia che portava con sé.

Presto qualche goccia cominciò ad infrangersi sui finestrini, mentre la piccola auto sfrecciava silenziosa per le strade vuote di quella cittadina desolata.

Sakura lasciò scivolare un dito sulla condensa del finestrino, tracciando una scia luminosa sul vetro appannato.

-“Sicura di non voler passare in ospedale? C’è ancora tempo, prima della fine delle visite.”- asserì Shikamaru, scrutando la ragazza seduta al posto del passeggero con la coda dell’occhio.

-“No, non mi va. L’ho già salutata ieri e poi… lei non vuole che io parta.”-

-“Penso che nessuno lo voglia, Sakura.”-

-“Sì, ma lei… ciò che dice… mi fa paura.”- concluse la Haruno, abbassando gli occhi smeraldini – divenuti improvvisamente lucidi – sulla sua mano tremante.

-“Cerca di capirla, è ancora molto scossa dagli avvenimenti.”- ribatté Shikamaru incerto, accostando l’auto al marciapiede davanti alla piccola stazione del paese.

Piccola, trasandata, scura; si stagliava ancora nelle tenebre piovose, ad attendere l’arrivo di Sakura per la seconda volta in così poco tempo.

La ragazza percepì un brivido di freddo percorrerla, non appena la vista attuale della stazione si sovrappose con quella così simile e spettrale ancora vivida nei suoi ricordi.

-“Spero che Ino esca presto dall’ospedale…e da questo incubo.”- sospirò Sakura, appoggiando la mano sulla maniglia della portiera –“Grazie per avermi accompagnata, Shikamaru.”-

-“Sakura… penso che Ino abbia ragione. Sai, quando dice quelle cose…”- asserì il Nara, stringendo con più forza il volante, mentre le sopracciglia si aggrottavano, divenendo pensierose.

-“No! No, no… questo incubo è finito, e basta. Ino è debole e spaventata, sotto l’effetto della morfina per di più. Lei… delira, Shikamaru. Non sa quello che dice. Ha delle visioni prive di senso e logica.”- commentò Sakura, la voce spezzata dal terrore.

-“Ricordati sempre che senza quelle visioni prive di senso e logica tu non saresti qui, ora.”- il rimprovero di Shikamaru tuonò secco nell’auto, accompagnato da un truce sguardo accusatore.

-“Io no. Ma lui sì.”- sibilò la Haruno con voce ricolma di rancore, prima di scendere dall’auto senza guardare il suo accompagnatore negli occhi per l’ultima volta.

 

 

 

 

4.  Dark Mirrors &  Silent Dolls

 

Quel dolore così acuto e penetrante si insinuò a fondo nei suoi incubi, strappandola con forza prepotente dall’anestetizzato abbraccio di Morfeo. 

Ino sollevò le palpebre pesanti, per vedere il nulla intorno a sé, e pensare quanto fosse desolante la realtà in confronto al mondo colorato dei suoi sogni. Le richiuse, per sprofondare nuovamente nelle tenebre, ma quel dolore così acuto la ridestò completamente da quel greve dormiveglia, attivando pure la sua voce, che suonò come un grido stridulo e spezzato per gli androni vuoti e scuri di quel luogo umido e desolato.

-“Oh, che voce, mia bambola…”- canticchiò una voce setosa e melliflua vicina, così tanto da accarezzarle il lobo dell’orecchio col suo alito gelido – così in contrasto col caldo del suo timbro vocale.

-“Che fai?!”- singhiozzò Ino, in un tremito di voce agonizzante e terrorizzato.

I suoi occhi di zaffiro guardavano sconvolti quel pezzo di specchio scheggiato brillare nelle tenebre tra le mani del misterioso individuo, così vicino ai suoi occhi che per la paura faticavano a rimanere aperti.

Il terrore la paralizzava, ma quando un briciolo di adrenalina la scosse, Ino fece pressione sul braccio, per realizzare solo allora che entrambi gli arti erano incatenati sulla sua testa, sollevati da delle rumorose catene di ferro.

Singhiozzando, Ino prese a tirare verso il basso, creando un gran trambusto metallico.

-“Shhh, shhh… piccola bambolina, non fare tutto questo baccano, o i tuoi amici potrebbero sentirci…”- la richiamò il ragazzo, mentre con una mano afferrava un polso di Ino e con l’altra vi appoggiava il frammento di specchio, facendovi pressione, riprendendo un lavoro già iniziato.

Solo allora Ino realizzò cosa fosse quel dolore che l’aveva destata dal sonno: il suo aguzzino aveva inciso i suoi polsi con un taglio lungo e profondo, utilizzando un pezzo di specchio, e ora lasciava che il suo sangue fluisse dalle ferite, come caldi fiumicelli scarlatti che scorrevano lungo le braccia della ragazza per poi cadere a terra, in pozze di sangue che colavano in piccoli canali intagliati nel marmo del suolo. Quell’immagine fu seguita da una lancinante serie di fitte alla testa, come se dal nulla mille aghi si stessero addentrando nei meandri della sua memoria.

-“Che cos’è…?”- singhiozzò Ino, terrorizzata dalla prospettiva imminente di morire dissanguata.

-“Sono canali collegati all’altare del nostro eterno Signore, situato in fondo alla sala, laggiù, nascosto nelle tenebre. Ora che sei tornata, vittima sacrificale, vedrai che apprezzerà molto il tuo sangue puro e casto!”- cantilenò allegro il ragazzo, camminando verso l’altare e attraversando uno spiraglio di luce, che permise a Ino di rimirare i lucidi e lunghi capelli dorati del suo rapitore, avvolto da un insolito mantello scuro.

 

 

I suoi occhi smeraldini sostarono per pochi secondi – istanti infiniti – sul sangue che colava a rigagnoli al suolo, formando una pozza scarlatta sempre più grande, un piccolo lago rosso nato da quel petto trafitto da parte a parte dalla katana, rivolta verso l’alto come se non attendesse altro che quella caduta.

Inorridita, Sakura si voltò di scatto, coprendosi le labbra tremanti col palmo della mano, e riprese a respirare a fondo e velocemente – cosa che non aveva fatto per tutta la durata dell’atroce visione.

Poi un gemito di dolore provenne da altrove, ma un gemito conosciuto, un alito di vita che riscaldò il cuore della ragazza tanto da farle venire le lacrime. Si volse dalla parte opposta con rapidità e leggerezza, come se alle sue spalle non vi fosse un cadavere, come se la morte e il terrore non aleggiassero più in quel luogo; come se ciò davanti a lei ci fossero solo luce e speranza e nulla più.

-“Sei sicuro di star bene?!”- ansimò Sakura, scrutando con occhi ricolmi di ansia il ragazzo dai capelli corvini appoggiato alla spalla dell’amico.

-“Sì… Sakura…”- sussurrò Sasuke, fissando intensamente la ragazza, con sguardo enigmatico. –“…sei proprio noiosa.”- commentò infine, lasciandosi sfuggire un sorrisino di sollievo in un volto contratto dal dolore.

All’udire quella frase, quasi di rito per loro due, Sakura si sciolse in un pianto liberatorio, mentre Shikamaru aiutava Sasuke a fasciarsi la gamba, dolorante dopo la caduta; per non parlare del collo, che gli doleva tanto che ad ogni respiro si sentiva soffocare.

-“Fottuto Nara, se ti fossi scopato la Yamanaka, tutto ‘sto casino non sarebbe accaduto…”- sibilò Sasuke, seccato.

-“Cazzo c’entra?!”-

-“Vogliono Ino perché è vergine!”-

-“Stronzate!”-

-“Beh, l’ha detto lo psicopatico infilzato laggiù, se vuoi domandiamo!”-

-“No, dico… stronzate sul fatto che è vergine…”-

-“Te la sei scopata?”-

-“Ehm… che finezza, Sasuke… ma secondo te, per chi mi hai preso?!”-

-“Allora te la sei scopata male. Avrai fatto cilecca, Nara.”-

-“Ma vaffanculo, cilecca la farai tu!”-

-“Sakura, qualcosa da ribattere a mio discapito?”- cantilenò Sasuke, scoccando un’occhiata eloquente verso la ragazza.

-“Sasuke!”- arrossì Sakura, imbarazzata. –“E… e comunque è vero quello che dice ShikamaruIno me ne ha parlato…”-

-“Pure e caste come il giorno della loro creazione ha detto Sasori, me lo ricordo bene.”- commentò Sasuke, facendo leva sulla gamba dolorante per alzarsi in piedi. –“Se non intendeva questo, cos’altro poteva significare?”-

-“Non lo so, Sasuke, ma non posso restare qui a perdere tempo. Ino è là dentro, chissà dove l’ha rinchiusa Sasori… e sarà spaventata. Tu non sei in condizione di seguirmi, forse è il caso che tu e Sakura ve ne andiate…”- asserì Shikamaru, fissando l’enorme fabbrica avvolta dalle tenebre.

-“Non se ne parla nemmeno.”- ribatté Sasuke, perentorio –“Sasori è fuori combattimento, ma pensi davvero che fosse in grado di portare avanti un piano così diabolico senza un complice?”-

-“Lo so, ci avevo già pensato.”-

-“Infatti, e non mi sembra il caso di fare l’eroe e di andare a salvare la tua bella da solo. La mia gamba sta bene, è solo un po’ ammaccata… e la mia katana è laggiù, un po’ sporca, ma pronta ad essere riutilizzata. Solo da me, ovviamente.”- ghignò Sasuke, lanciando un cenno eloquente a Sakura, che si mosse rapida verso il cadavere del suo aguzzino infilzato dalla spada.

L’unico volto che per ore lunghe e buie si era riflesso nei suoi occhi smeraldini ora sostava lì, identico a pochi minuti prima, stavolta privo di vita – ma quando mai era apparso animato? – con quegli occhi che nella morte apparivano vitrei e freddi così come lo erano stati da vivi.

-“Sakura, vuoi una mano?”- domandò Shikamaru, fissando quella scena vagamente allarmato.

-“No, deve farcela da sola.”- asserì Sasuke, scrutando coi suoi occhi di tenebra ogni movimento della Haruno, cercando di infonderle fiducia con lo sguardo – anche se era difficile vederla sola e inerte vicino a quel corpo, seppur senza vita. Ma era una questione che Sakura doveva affrontare per superare completamente e lui non poteva fare altro – oltre a starle accanto per proteggerla… stavolta per sempre.

La ragazza deglutì, stringendo i pugni e facendosi forza, ma un intenso tremore la pervase mentre avvicinava la mano alla lama insanguinata.

Realizzò che per estrarre la katana doveva voltare il corpo di Sasori, ed estrarre l’arma da dietro, visto che la guaina era rimasta incastrata al suolo e la lama – ora insanguinata - rivolta verso l’alto.

Fece una lieve pressione sulla spalla di Sasori e il suo corpo, duro come il marmo, si sollevò con facilità impressionante, quasi non avesse peso.

Sakura afferrò la lama e con uno strattone la sfilò dal petto del suo sequestratore, lasciandolo poi cadere a terra e allontanandosi con un balzo. Lanciò un’ultima occhiata allarmata a quel volto angelico e perfetto, contratto in un’espressione neutra pure nella morte, tenendo stretta a sé la katana di Sasuke. Trasalì quando le parve di vedere un bagliore brillare negli occhi d’ametista del morto.

Poi una mano salda e fredda si poggiò sulle sue, strette intorno all’impugnatura della katana, e Sakura sollevò gli occhi di smeraldo verso Sasuke, che la cinse con un braccio intorno alla vita, abbracciandola da dietro.

L’Uchiha lanciò un ultimo sguardo di fuoco al cadavere dell’avversario, piegando le labbra in un ghigno trionfante, mentre con l’altra mano sfilava la katana dalle mani della ragazza e se la sistemava nuovamente sulla schiena.

-“Andiamo a prendere Ino e finiamola con queste stronzate.”- asserì Sasuke, volgendosi verso la fabbrica degli incubi.

 

 

Quando si risvegliò, una dolorosa fitta le spaccò la testa a metà, come un colpo secco e forte, così potente che gemette per il dolore.

Si passò una mano sul capo, per realizzare che un taglio sulla cute le stava macchiando i capelli di sangue.

Sospirò di dolore, le lacrime che le bruciavano sugli occhi, mentre si sollevava a fatica facendo leva sui tubi metallici della parete retrostante.

Sakura vi si appoggiò, un altro gemito le sfuggì dalle labbra. Tolse la mano dalla ferita sulla testa, portandosela davanti agli occhi per osservare quella macchia scarlatta attraverso l’oscurità – non le parve nulla più che una chiazza corvina, dall’odore vagamente metallico.

Allarmata, si guardò rapidamente attorno, per realizzare che dal fondo di quello che le pareva un corridoio umido e scuro, provenivano delle luci – finestre?

Vi si diresse zoppicando, strisciando appoggiata al muro freddo e grezzo, mentre nella sua mente i pensieri cominciavano a riordinarsi man mano che il dolore alla testa si anestetizzava: ricordava una corsa verso la fabbrica, lei, Sasuke e Shikamaru… le urla, le invocazioni, Ino, Ino, Ino… e poi… le scale ferree e arrugginite, i corridoi bui, i rumori sinistri… e poi il pavimento che cedeva sotto i suoi piedi e la voce di Sasuke che invocava il suo nome, ancora e ancora, Sakura, Sakura, Sakura… finché le tenebre l’avevano inghiottita.

Ma presto il ricordo di Sasuke svanì dai suoi pensieri, rimpiazzato dall’enorme sorpresa per ciò che le si apriva davanti: le piccole finestrelle sporche e mezze distrutte, bloccate da delle inferriate quasi fosse una prigione, lasciavano filtrare una luce fioca e giallastra, che andava ad illuminare quella che pareva quasi… una cameretta.

Un letto malridotto in un angolo, bambole e marionette per ogni dove, e poi fotografie, tante fotografie…

Sakura passò di fianco ad un tavolino su cui vi erano accumulate un gran numero di bamboline: dei fili dorati attirarono la sua attenzione, portandola a sollevare una bambola che, con suo immenso orrore, realizzò essere quella di Ino, con indosso un abito bianco macchiato di rosso – sangue? Vernice?.

Con un gridolino acuto, la ragazza lasciò cadere la bambolina, portandosi una mano al petto, percependo il suo respiro affannato, il cuore battere a mille.

Quando i suoi occhi smeraldini si posarono sulla bambolina somigliante Sasuke, avvolta da dei fili di ferro intorno a collo e polsi, un raptus di rabbia colse Sakura, che li strappò con furia, liberando la bambolina da quell’atroce agonia e scaraventandola lontano con scatto nervoso.

Il pupazzo andò a sbattere contro la parete ricoperta di foto, dalla quale se ne staccò una, che svolazzò leggiadra per aria, finendo al suolo.

Claudicante, Sakura vi si avvicinò inginocchiandosi. Raccolse la foto, aggrottando le sopracciglia, scrutando con attenzione ogni singolo volto in quella foto recente ma ingiallita dall’umidità della stanza.

Sasori, accanto ad un ragazzo dai lunghi capelli biondi e gli occhi celesti che faceva la linguaccia; un ragazzo dai capelli argentati impomatati all’indietro, un ghigno sadico sul volto; un tizio alto e grosso, dal volto tutto bardato; un bel tipo dai capelli arancioni pettinati all’insù, ma con degli occhi terribilmente inquietanti e il volto ricoperto di piercing. Fu però l’immagine della ragazza dai capelli blu al suo fianco, che gli stringeva il braccio con fare spensierato, a far sussultare Sakura.

-“Konan…”- sussurrò riconoscendo la vicina di casa, mentre gli occhi smeraldini si spostavano ad osservare l’ultimo componente della foto, quello messo più in disparte e la cui immagine era stata più rovinata dall’umidità.

Forse era stata distorta l’immagine, forse gli assomigliava particolarmente ma non era lui, forse… forse forse forse… eppure se lei era Konan, nulla toglieva che quel ragazzo dai lunghi capelli corvini raccolti in una coda bassa, lo sguardo così tenebroso, quelle occhiaie scavate…

-“Lui non può essere…”-

 

 

-“Itachi.”-

-“Oh avanti, non saltare troppo di gioia nel rivedermi, fratellino.”- ridacchiò sottovoce il ragazzo dai lunghi capelli corvini, appoggiato contro la porta ferrea completamente avvolta nell’ombra, risultando niente più che una voce dalle tenebre velata d’ironia.

-“Te ne sei andato senza dire nemmeno una parola.”-

-“Non mi pare che ti abbia toccato molto la cosa.”-

-“E ti ritrovo in una fabbrica abbandonata, abitata da pazzi furiosi che hanno rapito la mia ragazza. Ora, parliamone. Cosa pretendi che ti dica?!”- sbottò infine Sasuke, alzandosi dal pavimento umido di quella stanza dimenticata da Dio per avvicinarsi cautamente all’angolo in cui stava stazionato il fratello, in attesa di possibili rumori.

Shikamaru intanto se ne restava zitto e cupo al lato opposto della stanza. Si era piazzato lì da quando, pochi secondi dopo aver visto Sakura svanire nella voragine, lui e Sasuke si erano lanciati in una corsa frenetica per le stanze buie per poi essere presi alle spalle da Itachi all’improvviso e trascinati senza diritto di replica in quella sottospecie di cantina.

La discussione in atto – portata avanti dai fratelli con toni stranamente pacati e sottovoce – gli scivolava sulla pelle come le goccioline d’acqua sporca, cadenti dal cielo, che gli picchiettavano la spalla da quando si era piazzato lì.

Tutta quella storia doveva pur aver un senso. E il senso stava proprio nel riuscire a capire l’ordine dei pezzi che si collocavano in ordine sparso dentro quella fabbrica abbandonata. Perché un ordine c’era, andava solo capito. E sicuramente lui… ne sapeva qualcosa.

-“Se un poliziotto come te si trova in questo posto dimenticato da Dio – cosa che a quanto pare non è – ci dovrà pur essere un motivo, vero, Itachi?”- formulò la sua domanda con un tono nuovo, che stupì persino le orecchie di Sasuke. Quel Shikamaru serio, meditativo, freddo, aveva un qualcosa di inquietante: quasi irriconoscibile.

-“Questa sì che è una domanda intelligente. Vedi Sasuke?”- entrambi percepirono il sorrisino ironico di Itachi attraverso le tenebre, mentre questo si allontanava dalla porta per lasciarsi illuminare da un flebile spiraglio di luce che si stagliava al centro della stanza. –“Ci sono così tante cose da dire, che sinceramente non saprei nemmeno da dove iniziare. Forse da quando sei anni fa facevo parte del gruppo Akatsuki?”-

-“La sezione speciale della polizia che si occupava di casi legati al mondo dell’esoterismo?”- domandò Sasuke, come se quella parola avesse ridato vita a una scintilla ormai spenta nella sua memoria.

-“Esattamente, Sasuke. Nell’allora squadra speciale eravamo in sette investigatori. In realtà sei, più un ragazzino portato da Konan. Asseriva che fosse dotato di particolari poteri sensoriali. Il suo nome era Sasori. Immagino che abbiate già fatto la sua conoscenza.”- al solo udir pronunciare nuovamente il nome di quell’incubo ormai concluso, agli altri due si accapponò la pelle istantaneamente. –“Ad ogni modo la nostra squadra lavorava bene, eravamo riusciti a risolvere moltissimi casi. Ma come si sa le cose belle son destinate a durar poco. E così accadde. L’inizio della fine fu quando Konan e il suo ragazzo, Pain, iniziarono a lavorare su un caso a dir poco agghiacciante, di cui forse vi ricorderete: l’allora così denominato Caso Bambole di Cristallo, una serie di misteriosi rapimenti di bambine fra i sette e i dieci anni. Ben presto si mobilitò tutta la squadra su una pista che Pain era riuscito a trovare: una setta che si riuniva in questa fabbrica abbandonata nella quale era stato costruito un altare su cui sacrificare la così denominata “bambola perfetta”, una bambina dall’animo puro e dalla bellezza diafana la quale, una volta morta dissanguata, sarebbe stata imbalsamata e resa eterna, come una bambola per l’appunto.”- un singulto di rancore fermò la spiegazione di Itachi, tradendo rancore – paura? - e l’agitazione facilmente percepibili anche dal tremore del suo corpo. Strinse il pugno e continuò con il racconto, ma ora la narrazione divenne molto più frammentaria e coinvolta, poco lucida e confusa dalle emozioni ancora marchiate a fuoco nella mente dell’agente –“Continuarono a sacrificare bambine finché il loro dio non ne fu soddisfatto. Stava per risorgere, dicevano loro. Mancava solo lei, la bambina perfetta. E il rituale si sarebbe svolto quella notte. Ma no, Pain non poteva lasciare che anche lei morisse. Se le era lasciate sfuggire tutte dalle mani, quelle povere vite innocenti, e quella bambina rappresentava la sua ultima fonte di salvezza… di redenzione. Continuava a ripetere io salverò Ino, la salverò, fosse l’ultima cosa che faccio. E fu l’ultima cosa che fece…in effetti.”-

-“Ehi aspetta un secondo…”- lo interruppe Shikamaru, interdetto da quell’ultimo dettaglio.

-“Esattamente Shikamaru. Ino era la vittima sacrificale di allora. Era già quasi mezza morta quando Pain riuscì ad entrare nella stanza dei sacrifici, mentre noi altri combattevamo i vari adepti al suo esterno. Lui era una furia inarrestabile: sparò a tutti gli adepti, ma il grande sacerdote lo colpì alle spalle, infilzandolo con una spada che teneva nascosta nell’altare. Solo pochi secondi dopo arrivammo io e Konan, e lei riuscì a sparare in testa al sacerdote, mentre Pain si accasciava al fianco di Ino nella pozza di sangue dell’altare proprio mentre i cerchi del rituale sul pavimento cominciavano a cambiare tonalità, illuminandosi di una strana luce. Pain poi sussurrò qualcosa all’orecchio di Ino e Konan le si avventò contro, sollevandola fra le braccia e porgendomela con sguardo disperato; io presi la piccola e uscii di corsa, mentre la mia compagna restava a prestare soccorso a Pain.

 

-“Pain morì poco dopo, sempre qui, in questa fabbrica. Ino, chiaramente, si salvò, ma probabilmente per lo shock non ricordò mai nulla del suo rapimento, e mai nessuno glielo rammentò. Lei tornò a vivere la sua vita, ma non so per quale motivo Konan se la prese piuttosto a cuore, e continuò a seguirla di nascosto, decidendo pure di trasferirsi nel nostro palazzo per tenerla d’occhio. Pensavo che ci tenesse, visto che era la persona per cui Pain si era sacrificato. In altrimenti avevo ipotizzato pure che provasse odio e rancore per lei, sempre per questo motivo, ma non era decisamente né da Konan né da Pain.

Konan lasciò la squadra di polizia insieme a Sasori, e dopo poco tempo seppi che i miei colleghi Hidan e Kakuzu avevano preso ad indagare su di lei: continuava ad andare alla fabbrica di nascosto. Nel giro di due mesi, i miei colleghi vennero trovati uccisi in modo orribile sempre nei pressi della fabbrica, che da quel giorno venne definitivamente sbarrata. Ero rimasto solo, con il peso di crimini e sangue di omicidi inesplicabili sulle mie spalle. Con gli spiriti dei miei compagni a invocare il mio aiuto dall’aldilà. E con la coscienza di dover proteggere le persone a me care, perché ormai ne ero certo: quella sera, in quella fabbrica, qualcosa accadde a Konan. E l’ultima pedina da far zittire… ero proprio io.

E dopo quattro anni di investigazioni serrate, finalmente in questi giorni sono riuscito a cacciare la verità fuori: non sono sparito, Sasuke, semplicemente ero venuto alla fabbrica per un faccia a faccia con Konan, Sasori e Deidara, i suoi amabili scagnozzi. Ed eccola qui la storia: Konan è convinta di aver sigillato lo spirito di Pain con quello del demone invocato sei anni fa nell’altare, perché proprio nel momento in cui io scappavo con Ino, lo spirito malefico si risvegliava, portandosi Pain con sé.

Konan ha passato anni a riaccumulare le energie necessarie per un nuovo rituale, e ora che ci è riuscita manca solo una cosa: la vittima sacrificale originaria, quella che è stata portata via lasciando il rituale d’invocazione a metà, legando per sempre il suo sangue allo spirito di Pain.”-

-“Ino…”- sospirò Shikamaru, ma suonò più come un singhiozzo strozzato che come un’affermazione.

-“Già. E a quanto pare la nostra nobile Konan teneva così tanto ai suoi scagnozzi da volergli portare un regalino per il loro lavoro perfetto e la loro longeva fedeltà: Sakura, da utilizzare come passatempo nelle lunghe ore di noia di questo luogo.”- concluse Itachi, tirando fuori una pistola dalla fondina e caricandola di nuovi colpi. –“Allora, vi è piaciuta la favola di mezzanotte?”-

-“E ora che si fa?”- domandò Sasuke, sfoderando la katana in risposta all’armamento del fratello.

-“Io? Vado a finire ciò che non conclusi sei anni fa. E voi?”-

 

 

 

 

 

 

…to be continued…

 

 

 

 

*Angolo di Luly*

 

Okay, a dimostrazione che i miracoli accadono. Ho continuato.

Ma solo perché a questa fanfiction tenevo particolarmente; insomma, è l’unica di questo genere che io abbia mai scritto e la storia intrigava anche me. Solo che rileggendola dopo due anni non ricordavo assolutamente nulla del mio progetto originale, quindi mi sono dovuta re-inventare una storia ed una trama adattabile. Penso che nulla stoni con i precedenti capitoli, ma in caso ci fossero contraddizioni vi prego di non esitare nel farmelo notare ç_ç

 

Grazie di cuore a tutti coloro che commentarono allora e che vorranno farlo ancora.

Grazie se avete avuto la pazienza di leggerla – o rileggerla.

Grazie se siete ancora qui nonostante tutto.

 

Questa volta però si giungerà ad una fine e presto. Un capitolo oggi, uno domani e l’ultimo il 1 Aprile: non per farvi uno scherzone, ma perché è il compleanno di zia Eleanor89, colei per cui… è nato tutto questo. E visto che la inizia per il suo compleanno, ci tengo a finirla per rispettare questa importantissima data, che 22 – di già? – anni fa ci ha regalato una delle più grandi scrittrici di questo sito.

Ti voglio bene zietta!

 

A domani,

Ja nee

Luly

  
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