Star Wars, Anakin Skywalker, Obi-wan Kenobi, Yoda, Padmé Amidala, Luke Skywalker, Leia Organa Skywalker, Han Solo e tutti gli altri personaggi sono © di George Lucas, LucasFilms Ltd e Twentieth Century Fox. Questa fanfiction è stata scritta per puro diletto, senza alcun fine di lucro. Nessuna violazione al copyright si ritiene, pertanto, intesa.
_ :*: FRAMMENTI D’ANIMA :*: __
__ :*: Parte III – Un animo diviso in due :*: __
By Aresian.
PREMESSA: Questa fanfiction si presenta come una sorta di sequenza d’episodi, tutti collegati ai sei film di Star Wars, in un modo o nell’altro, i cui riferimenti troverete debitamente citati in calce.
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Niente poteva procedere, per i suoi piani, meglio di
quanto non stesse accadendo ora. Darth Vader era tornato nei suoi alloggi, ove
al centro troneggiava la lugubre, ma vitale, Camera Iperbarica compagna ormai
da molti anni. L’Imperatore stesso gli aveva concesso la massima libertà
d’azione, pur di perseguire lo scopo comune, trascinare verso il “Lato Oscuro”
il padawan di Obi-wan. Vader si distese, con insaspettata spossatezza, sulla
branda color antracite, spartano arredamento degli alloggi imperiali, dopo
essersi liberato del mantello nero che sempre posava sulle sue spalle. Si
ritrovò a considerare, con sordo rimpianto, che non con altrettanta
disinvoltura poteva liberarsi della maschera che gli ricopriva il volto. Aveva
scordato cosa significasse… vedere. Ciò che il visore artificiale rimandava
alle sinapsi del suo cervello era un’immagine distorta, ricca di reticolati e
cifre quasi intelleggibili, che solo la Forza e la memoria gli consentivano di
tradurre in immagini tridimensionali dall’aspetto quasi reale. Per un istante,
indefinibile e violento, lo pervase l’immagine del ricordo, di un passato obliato
nelle nebbie della più cieca dimenticanza, un’immagine di cieli azzurri, prati
verdi e cascate spumeggianti e rilucenti al caldo sole d’estate, l’immagine del
paradiso di Naboo. Il dolore, che seguì quel ricordo, fu così intenso, così
devastante d’arrestare, per alcuni istanti, il rantolo sinistro del suo
respiratore. Perché quel ricordo così lontano, così fuorviante e carico di
rimpianto? Rimpianto, dannazione un Sith non poteva provare rimpianto. Poi,
così come l’immagine di quel remoto paesaggio sublime, un volto si fece
prepotente innanzi agli occhi della mente, un volto di donna., il volto di …
LEI.
“No” un gemito rantolante, mentre si rimetteva rapidamente
in piedi, frustrato e confuso. Perché LEI era tornata a tormentarlo? Perché LEI
non lo lasciava sprofondare, in deserta pace, con il suo marcescente orgoglio?
LEI che aveva creduto di aver ucciso, LEI per cui si era dannato
irrimediabilmente l’anima, LEI che aveva portato in grembo… SUO figlio. Non già
il figlio del Sith conosciuto col temibile nome di Darth Vader, no, ma il
sangue del sangue di Anakin Skywalker che ora, pretendeva prepotentemente di
dettare regole, di riprendere il controllo di quel corpo dannato e mezzo
macchina che non più gli apparteneva. Quell’IO che gli stava urlando nella testa…
LUI ti ha sempre mentito, LUI ti ha solo usato, LUI sapeva che Luke era nato….
A salvarlo da quelle devastanti fratture interiori il
gracchiante richiamo dell’interfono. Avevano rintracciato il Falcon, che dopo
ore trascorse all’interno di un gruppo di asteroidi si era deciso ad uscire
allo scoperto. Nuovamente il Sith che era in lui prese il sopravvento,
scaraventando l’IO dell’altro uomo nuovamente nell’abisso della memoria,
relegandolo a meno di un fastidio. L’eccitazione, subitanea, per la prossima
cattura degli amici di Skywalker spazzò via ogni incertezza dal suo animo che
subitamente si prestò alla formulazione del suo ben architettato piano.
Poiché l’Ammiraglio della Flotta si era dimostrato un
incapace, Darth Vader aveva stabilito una nuova linea d’azione, dai militari
ritenuta ben poco ortodossa ma da lui considerata … decisiva. Le informazioni
che aveva preso sul pilota del trasporto Correliano lo avevano indotto a
seguire una via alquanto insolita, per redimere la questione. Sulla testa di
quel tizio esisteva già una cospiqua taglia, e certamente metà, se non tutti, i
cacciatori di taglie della Galassia si sarebbero precipitati al suo
inseguimento se avesse dato loro una traccia. In questo modo, si sarebbe
risparmiato il disturbo di seguire la preda in lungo e in largo, tra i vari
sistemi, pianificando, invece, nel dettaglio la trappola per il giovane
Skywalker, una trappola dalla quale non sarebbe potuto fuggire…
La sua strategia si era rivelata alquanto efficace,
giacchè Boba Fett aveva scoperto in Bespin, il luogo di destinazione dei
fuggitivi. Con maligna soddisfazione, Darth Vader diede ordine di partire
immediatamente per la città mineraria di Cloud City, gestita da tal Lando
Calrissian, sapendo di avere un indubbio vantaggio sul Trasporto Correliano.
Lui poteva viaggiare a velocità luce, il suo avversario… no.
La trappola era pronta, nulla poteva sfuggire al suo
controllo, ne era certo. Era ansioso, perché negarlo, di trovarsi di fronte il
giovane avversario. Percepì la sua presenza, ancora prima che atterrasse, ben
indotto secondo il suo acuto piano, alla piattaforma. Ne percepiva la tensione
e l’apprensione per gli amici, debole e deprecabile sentimento che gli avrebbe
insegnato ad estirpare dall’anima una volta che ne avesse operato la
conversione al “lato oscuro”. Lo “sentiva”, sapeva che era nel corridoio, poco
oltre la spessa porta di metallo anti-scoppio. Una strana inquietudine si
impossessò, in quell’istante, di lui. Una sensazione inaspettata, irrazionale,
l’impazienza non del contendere, del combattere, no l’impazienza del vedere e
del … conoscere. Era alquanto singolare che tale sentimento affiorasse al suo
pensiero. Scacciando quell’insinuante desiderio, concentrò le sue facoltà,
celandosi alla vista, non appena il giovane varcò la soglia e si accinse,
guardingo, a penetrare all’interno della stanza, cadendo nella rete della sua
affinata trappola. Celato dietro l’imponente figura di un generatore di
carbonio, Darth Vader si concesse il lusso, perché tale esso era, di contemplare
il volto del giovane padawan, dell’allievo di Obi-wan. Biondi capelli lisci e
ribelli, occhi azzurri attenti e vigili, corpo agile e ben allenato, quello
era… il figlio di Skywalker. Quel figlio che ventitrè anni prima, Padmè aveva
dato alla luce, mentre lui si convertiva al “lato oscuro” e obliava se stesso.
No, quel pensiero era proibito, fuorviante. LEI non doveva continuare a
tormentarlo. Altra la sua priorità, ora. Senza più esitare si sporse in avanti,
sulla piattaforma poco sopra il giovane, dandogli il tempo di realizzare la sua
presenza, assaporando la sensazione del suo … timore. Vederlo avanzare, con la
light saber stretta nervosamente tra le mani, il volto sudato come se stesse
combattendo da ore, istintiva reazione alla sollecitazione della sua “Forza”,
che da qualche istante già giocava con le percezioni dell’inesperto ragazzo.
L’avventatezza, nient’altro poteva indurre quel giovane ad attivare la
lightsaber a spingersi all’attacco. Con noncuranza attivò la propria, la
“Forza” scorreva rapida e vigorosa nel giovane padawan, ma troppo inseperto per
saperla dosare, lo avrebbe studiato un po’, decise, valutato le sue reali
capacità, in fondo era da giorni che ardeva dal desiderio di trovarselo
innanzi, per poter valutare i suoi progressi, il suo latente potenziale, per
comprendere se sarebbe stato adatto al… compito. Puerili i tentativi del
ragazzo di abbattere la sua difesa.
“Obi-wan ti ha insegnato bene” si ritrovò a dire,
come a voler blandire lo spirito confuso del suo avversario. Percepì il disagio
e il fastidio generati, nel giovane, da quelle parole e pertanto gliene riservò
delle altre, più confidenziali, più dirette, non sapeva il perché di quel
dialogo a senso unico, strano e anomalo, ma sentiva di voler esternare le
proprie sensazioni, voleva elogiarlo e al contempo sminuirlo, come ad
impartigli la prima lezione da Sith.
“Non male, giovanotto, ma non sei ancora un Jedi”
per poi sospingerlo, usando la “Forza”, verso il Congelatore di Carbonio,
convinto di avere visto abbastanza, quasi deluso dalla facilità di quello
scontro. Ma Luke non era caduto nella trappola, senza farsi prendere dal panico
aveva reagito ed ora, irato per quel subdolo raggiro, si stava avventando
contro di lui, avventato e veemente. Sì, c’era potere latente, vigore, in quel
giovane. Ne percepiva l’essenza, l’entità con tale precisa sensibilità da
stupirsene.
“Notevole, davvero notevole”.
Un’ elogio spontaneo, privo di calcolo, sgorgato da
quell’antro deprecabile ove regnava il rimasuglio umano che sempre si
affacciava a rimembrargli che grazie ad esso aveva fallito, grazie ad esso non
aveva acquisito il potere ultimo dei Sith. Con fermezza scacciò quelle
sensazioni nuovamente nell’oblio della dimenticanza, incassando, per la
distrazione, un breve attacco del ragazzo che lo indusse a predisporre una
variazione al piano originario. Eludendo le percezioni, per altro confuse, del
padawan, lo attirò verso un’altra zona della base. Ad un tratto, senza neanche
rendersene conto, non gli importava più imprigionarlo nella graffite, non gli
interessava più condurlo come un trofeo al Signore dei Sith. Impeto ora nei
suoi attacchi, spingerlo a tirare fuori tutto quello che aveva dentro,
spronarlo a mostrargli tutto il coraggio, l’impeto, lo spirito di
conservazione, metterlo alle corde, indurlo alla resa, questo ora era
importante per lui. Disarmarlo, averlo impotente ed indifeso ai propri piedi,
leggere lo smarrimento in quelle iridi azzurre così profonde e cariche di
confusione. Percepire la sua paura, eppure la sua ribellione….
“Sei stato sconfitto, non lasciare che ti distrugga
come Obi-wan. Vieni con me”
Il saettare rapido della spada, aveva nuovamente esitato e
punito per questo era stato, una scottatura alla spalla, una lieve ferita
provocata dalla lightsaber del giovane, ma sufficiente a scatenare l’ira del
Sith che era in lui. Nessun calcolo, nessuna remora, con violenza scagliarsi
contro di lui, abbattere ferocemente la propria lightsaber sulla sua,
perforarne la difesa e… affondare la lama nelle carni vulnerabili e innocenti del
suo giovane braccio, amputandogli una mano, di netto. L’urlo di dolore del
giovane a penetrare tra le nebbie di quell’ira accecante, la stessa che
ventitrè anni prima lo aveva spinto a scagliarsi contro di LEI… Vederlo
ritrarsi impaurito, indifeso, consapevole dell’ineluttabile sconfitta…
“Sei potente, ma io potrò completare la tua istruzione,
non conosci il potere del “lato oscuro”. Vieni con me”.
Lo aveva tentato, lo stava blandendo, puntando sul suo
istinto di conservazione, sulla sua confusione, poteva trascinarlo con sé,
indurlo a seguirlo, non avrebbe rinunciato a lui, non adesso… Ma il ragazzo non
voleva cedere, non voleva arrendersi all’inevitabile, lo sentiva. No, non
poteva distruggerlo, non ancora una volta, non di suo pugno. Darth Vader osservava,
il braccio teso, il giovane Skywalker ritrarsi sempre più debole, stanco e
spaventato in quell’angolo, senza via d’uscita, ove lo aveva condotto. L’arto
leso stretto al petto e gli occhi azzurri sgomenti e confusi. Non puoi
tradirmi, non ora Luke, ho bisogno di te, della tua “Forza” tu solo puoi
aiutarmi a condurre a termine il mio disegno. Tu, devi seguirmi…
“Obi-wan ti ha detto di tuo padre?”.
Lo aveva percepito, più che visto, sussultare, folgorato
da quella domanda a bruciapelo. Un lampo di odio attraversare le sue iridi
azzurre e cristalline, velate di dolore.
“Mi ha detto abbastanza, che sei stato tu ad ucciderlo”
gli aveva riversato in faccia, quasi con astio. Perché? Cosa volevi ottenere
con questo, Obi-wan? Mi hai messo contro lei ed ora vuoi mettermi contro mio
figlio? No, non te lo permetterò, non ti intrometterai ancora nella mia vita.
“No. Io sono tuo padre”.
Lo aveva detto con una freddezza e una lucidità di cui si
riteneva fiero, ma che segnava ugualmente il fallimento di Vader. Non era stato
il Sith a parlare, ma l’IO deplorato e schiacciato dalla foga omicida dettata
dalla sua immane fornace d’odio interiore. Nulla contava ora, se non convincere
il figlio a porsi al suo fianco, unico modo per salvarlo da se stesso e da
Palpatine. Non gli importava lo sgomento che percepiva in lui, la sua quasi
incapacità di accettare ciò che lui neanche osava confessare a se stesso. Lui
era … Anakin Skywalker.
“Non è vero”
Perché ti ostini a negarlo? Perché mi rifiuti? Io sono tuo
padre. Ho sacrificato la mia esistenza per te. Perché non comprendi?
“Cerca dentro di te, tu sai che è vero. La “Forza”
scorre potente in te, tu puoi distruggere l’Imperatore e questo lui lo ha
previsto. Vieni con me, Luke. Insieme potremmo sconfiggerlo e porre fine a
questa guerra. Governeremo la Galassia come padre e figlio”.
Ogni espediente buono pur di indurlo a cedere, anche
l’illusione di eliminare l’Imperatore, pur di trascinarlo nel suo stesso
abisso, per non sentirsi privato di qualcosa che adesso desiderava avere accanto
a sé. No, quell’affermazione non era una menzogna ad arte, era l’esternazione
del più intimo desiderio di Anakin Skywalker. Con LEI avrebbe voluto governare
la Galassia, ciò non era stato possibile ma ora, Luke poteva farlo al suo
posto. Doveva farlo. Quella mano protesa, inconsapevole richiamo di
un’agonizzante animo lacerato dai rimorsi, di quell’Anakin Skywalker non già
schiavo dell’oscurità ma di essa fedele persecutore. Quell’Anakin che ora
regnava sovrano, anche se per pochi miserandi istanti, in quel corpo che un
tempo era stato suo potente custode. Una mano a protendersi verso l’infinito,
forse verso un’esecrata salvezza che si perse nel silenzio di una risposta
mancata. Con un profondo senso di smarrimento interiore, il Sith vide il figlio
precipitare nel vuoto, così orripilato dalla sua oscura presenza da rifiutare
la verità e il fato predestinato. Una mano persa nel vuoto, che rimase ad
attendere un contatto che non si sarebbe consumato. Così si spegneva la
speranza di Anakin Skywalker, e Vader tornava sovrano di se stesso e del
proprio marcescente odio, per il mondo, per i Jedi, per Obi-wan che glielo
aveva messo contro. Eppure, da qualche parte, Anakin Skywalker continuava a
cercare il figlio, a chiamarlo incessantemente, legato ormai ad esso da un fato
irrinunciabile, unico faro verso la luce oltre le tenebre di un gioco malefico
e spietato che egli stesso, anni addietro, aveva consapevolmente accettato.
- continua -
NOTE: Ambientato nel corso dell’Episodio V “L’Impero colpisce ancora”. Le frasi in corsivo sono espliciti richiami alle battute del flms, anche se talune volte leggermente modificate, e pertanto sono frutto del genio di Lucas e non mio.
Grazie a tutti coloro che stanno leggendo questa fanfictions. Spero che questo capitolo possa catturare la vostra attenzione e grazie anche a chi ha recensito i precedenti.