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Autore: Joy    02/04/2011    5 recensioni
"Cosa sai di nostra madre, Katherine?"
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Damon Salvatore, Katherine Pierce, Stefan Salvatore
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1843: 17 ANNI

CAPITOLO 1°

 

1843: 17 ANNI

 

 

La primavera del milleottocentoquarantatre, il mio continuo spostarmi da un capo all’altro del mondo, mi portò per la prima volta a Mystic Falls.

Era una cittadina tranquilla, ma ricca di storia e leggende; ne avevo sentito parlare come di un luogo estremamente potente.

Ed era vero.

Ebbe sulla mia esistenza un potere che non riuscii a contrastare.

Mi addentrai nelle vie del paese; le ville eleganti avevano recinti ricoperti di fiori e rose, alcuni rampicanti tinteggiavano le mura di verde e rosso cupo. Mi fermai ad ammirare i loro intrecci contorti e mi chiesi per quanto tempo ancora sarei riuscita a vivere in questo mondo, strappando la mia esistenza al destino con maneggi e sotterfugi.

Uno schiavo di colore, di ritorno dalle piantagioni, si tolse il cappello in segno di rispetto quando mi vide e scomparve all’interno di una grande tenuta; da una finestra aperta mi giunse il frenetico cinguettare di donne intente a far salotto.

Era una serata insolitamente tiepida e il crepuscolo profumava di erba tagliata, tabacco e caffè.

Già da diversi anni potevo muovermi liberamente alla luce del sole, ma in quel periodo preferivo passeggiare la notte o la sera, quando il buio avvolgeva le forme, rendendole più discrete, meno invadenti.

Mi fermai in prossimità di una grande quercia, all’angolo di una signorile tenuta, e non riuscii a trattenermi dallo sfiorare con la mano il suo tronco nodoso.

Sentii la mia mente reclamare un attimo di quiete, era insolito per me, ma non mi opposi. Quello era davvero un luogo arcano.

Chiusi gli occhi e quando li riaprii, lei era là.

Sedeva solitaria su una panchina del giardino, non lontano dalla strada principale.

Portava i capelli sciolti sulle spalle, scuri e morbidi; la brezza serale li agitava appena…

Non poteva avere più di diciassette anni, ed era vistosamente incinta.

Il suo virginale abito, celeste pallido, creava un contrasto grottesco sul ventre prominente: sembrava una bambina, piegata senza il suo volere ai giochi degli adulti.

Odiai con ferocia l’uomo che le aveva strappato l’innocenza, quant’anche avesse ricevuto l’autorizzazione dal sacramento del matrimonio.

Ma lei era bella anche così, dovetti ammetterlo. Era la purezza che sopravvive alla corruzione.

Era anche terrorizzata, fu subito evidente. Tormentava più che ricamare, una minuscola vestina per neonati, e non la guardava realmente.

In lei rividi me stessa.

E in un attimo di debolezza, forse l’unico in quattrocento anni, decisi che desideravo conoscerla.

Mi avvicinai per parlarle e lei sollevò stupita lo sguardo su di me. Aveva enormi occhi azzurri.

-Posso aiutarla, signora?- mi chiese con voce dolce e incerta. –Mio marito è in casa…-

-Non sono qui per vostro marito, mia cara.- le risposi con tono leggero. –E sono ancora signorina.-

A quelle parole si rilassò, ma lo stupore nei suoi occhi divenne ancora più evidente.

-Perché passeggiate sola, di sera, se siete ancora ragazza?- domandò innocentemente.

-Perché amo infrangere le regole.- dichiarai.

Mi fissò incredula, poi il suo volto si aprì in un sorriso spontaneo, fanciullesco.

-Siete una donna dal carattere inusuale.- commentò allegra e subito dopo si portò una mano alla bocca, pentita di aver detto ciò che pensava. –Perdonatemi…- balbettò.

-Non occorre.- la rassicurai subito. –Mi piace essere inusuale.-

Lei tornò a sorridere, con simpatia.

Era deliziosa.

Le guance rosse, gli occhi splendenti e quel suo candore innato la rendevano irresistibile.

Avrei voluto portarla via con me.

…Ma era gravida.

Non potevo donare l’eternità ad una donna in attesa; ricordavo come fosse crescere in grembo una nuova vita nella totale incertezza, sarebbe impazzita.

M’imposi di attendere. Del resto avevo molto tempo a disposizione e nessuna fretta.

-Quando nascerà il vostro bambino?- m’informai, lasciando cadere la domanda come se fosse naturale cortesia.

-Tra poco più di un mese.- rispose in un soffio. –Spero che sia maschio.- aggiunse poi, esitante. –Mio marito desidera un maschio.- e riprese a tormentare l’abitino con occhi bassi.

Mi sforzai di trattenere uno sbuffo seccato: tipico degli uomini rovesciare sulla loro donna il peso di una decisione che spetta solo al Fato.

E per la seconda volta, mi ritrovai ad odiare un uomo di cui non conoscevo né volto né nome.

Una brezza sottile agitò appena l’orlo delle nostre gonne, i suoi capelli mi sfiorarono la manica del vestito: profumavano di camomilla, come le tisane che preparava mia madre, e di miele…

La nostalgia arrivava sempre dolcemente, sulla scia di odore o di una sensazione, ma non esitava mai a pugnalarmi crudelmente, dopo il primo istante.

Relegai quei ricordi nella parte più buia della mia mente e mi concentrai su di lei; le sue dita continuavano a intrecciarsi inquiete, notai anche un leggero tremore.

-Siete in ansia per il parto.- constatai, indovinando l’altro pensiero che la tormentava.

Lei annuì senza alzare lo sguardo.

-Non siatelo.- la rassicurai. –Andrà tutto bene.-

Fui quasi sul punto di confidarle che anch’io avevo avuto una figlia, senza alcuna assistenza se non quella di mia madre, peraltro, ma la voce di una cameriera giunse a disperdere le mie parole.

-Signora!- la sentimmo chiamare dal portico. –Il padrone vi aspetta per la cena.-

Lei sussultò e si alzò con fatica dalla panchina.

Prima che potesse salutarmi, le posai una mano sulla spalla e assicurandomi che mi guardasse negli occhi, le sussurrai:

-Non avrai più alcuna paura.-

-Non avrò più alcuna paura.- ripeté con voce atona.

-Brava ragazza.- le dissi. –Adesso va’ e dimenticati di me.-

Lei si voltò, incamminandosi verso la villa.

Rimasi ad osservarla nell’oscurità che si faceva sempre più obliante.

Io, una panchina vuota e una veste da neonato abbandonata, che sventolava piano.

 

 

Continua…

 

Angolino dell’autrice: ^_^

 

Joy doverosamente s’inchina per rendere omaggio alle meravigliose, fantastiche, superbe creature che hanno commentato, inserito nei preferiti e nelle seguite, questa storia. Se fosse in mio potere, vi manderei entrambi i fratelli Salvatore a stamparvi un sonoro bacio per guancia, giusto per ringraziarvi a dovere. ^_^ (Ovviamente se tra di voi c’è anche qualche maschietto, vi manderei Katherine, a vostro rischio e pericolo. -_^)

 

Primo capitolo e primo incontro.

Avevo in mente questa ragazza dolce, poco più di una bambina, gettata senza il suo volere in un vortice di eventi impossibili da controllare, e ho voluto credere che Katherine avrebbe percepito subito una sorta di legame empatico con lei.

Non amo i personaggi OOC, e sto camminando sull’orlo del baratro, lo so. Ma la Katerina Petrova umana, che vive nel corpo immortale di Katherine Pierce, mi sta portando in questa direzione.

… E lei vuole fare sempre di testa sua, non segue mai le mie direttive, la maledetta. ^^

 

Al prossimo delirio, passo e chiudo. -_^

 

 

 

  
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