Capitolo
6: Perdonare
Pov
Naruto
Ancora
una volta avevo sentito uscire quelle parole dalla bocca di Sakura. Desiderava
la morte di Sasuke con tutto il suo cuore e come se
non bastasse quel dobe era della sua stessa idea.
La
mia morte alla fine cominciava a mostrarsi davvero inutile, se il mio
sacrificio non aveva portato a niente di positivo.
Non
tolleravo più quella situazione e non avevo la minima idea di come risolverla.
Potevo
perseguitarli, far avvertire loro la mia presenza e trasmettere i miei
sentimenti, ma qualunque cosa potessi fare, non avrei mai avuto il potere di
cambiare ciò che provavano nel cuore. Potevo solo cercare di far comprendere
loro il motivo del mio gesto.
Da
quanto vedevo Sakura non avrebbe mai accettato la mia morte, non per Sasuke, e mi
ritrovai a desiderare che l’amore che la mia compagna aveva sempre provato in
quegli anni verso il mio rivale, non fosse svanito del tutto.
Era
una pugnalata per me doverlo pensare, ma se quella fiamma ardeva ancora, forse
avrebbe potuto tornarmi utile.
Comunque
stavano le cose, la mia impresa di ritrovare la luce, non si sarebbe dimostrata
per niente una cosa facile e ogni minuto vedevo la mia speranza di passare
oltre affievolirsi sempre più.
Come
se non bastasse cambiavo umore in continuazione, come una donna incinta. Un
attimo prima mi ritrovo disperato, poi calmo, rassegnato e infine arrabbiato.
Era questo ultimo stato che mi preoccupava maggiormente dato che potevo
compiere cose che non mi immaginavo neanche.
Anche
da fantasma ero imprevedibile, proprio come quando ero un ninja.
Mi
ero di nuovo calmato e cercai di riflettere sulla mia condizione o almeno di
trovare qualche cosa di positivo nell’essere fantasma, che potesse aiutarmi a
farmi restare lucido nei momenti peggiori.
Non
mi venne in mente poi molto. Se al mio posto ci fosse stato Ero-sennin
avrebbe approfittato della sua invisibilità per spiare le donne alle terme.
Sinceramente
un pensierino lo feci, ma tornai presto in me.
Sempre
seduto sulla tomba davanti alla mia, guardai il sole e dalla sua posizione
potei dedurre che fosse ora di pranzo. A quell’ora probabilmente mi sarei
recato dall’ichiraku ramen.
Mi
faceva uno strano effetto pensare che non avrei mai più potuto assaggiare
quella pietanza.
Erano
cose insignificanti, rispetto al casino in cui mi trovavo, ma quelle piccole
cose mi facevano sentire nostalgia della vita.
Sospirai
per l’ennesima volta in quel giorno per la situazione, ma non potei
rattristarmi a lungo perché un’orribile sensazione si impossessò del
sottoscritto.
Ebbi
paura per la prima volta dopo la mia morte, una paura che non avevo mai provato
nemmeno da vivo. Mi sentivo osservato da qualcosa di non rassicurante, ma
intorno a me non vedevo nessuno, nemmeno gli altri fantasmi presenti al cimitero
e questo mi accapponò maggiormente la pelle. Se nessuno era in circolazione,
significava che qualcosa non andava.
Mi
girai e rigirai più volte, ma quella sensazione continuò a seguirmi anche
cambiando luogo e per tutta la giornata.
Cominciando
a pensare si trattasse di una semplice sensazione, la ignorai e andai a cercare
Sasuke.
Era
nuovamente rinchiuso in casa e non potei fare a meno di alzare gli occhi al
cielo.
Lo
chiamai e richiamai più volte, mi sedetti anche vicino a lui, ma non disse
niente. Gli scossi una mano davanti agli occhi, ma non fece una piega.
Non
aveva lo sharingan attivato e quindi non era in grado
di vedermi.
Mi
appoggiai al muro esattamente come lui e sospirai nuovamente.
Vidi
Sasuke sussultare e attivare lo sharingan.
Si
girò verso di me e dallo spavento di ritrovarmi improvvisamente vicino a lui,
urlò e si buttò dall’altra parte della stanza e io con lui, non aspettandomi
quella reazione.
Cercando
di far rallentare i battiti del suo cuore disse “Certo che il tuo lavoro da fantasma
lo sai fare bene, dobe! La prossima volta testa
quadra, vedi di annunciarti prima di comparirmi così all’improvviso e
soprattutto stai almeno un metro lontano da me!” mi ordinò.
“Ti
ho chiamato teme, ma non mi sentivi e a quanto pare non mi vedevi! Senza lo sharingan sei cieco proprio come tutti gli altri!”
“Non
si spiega però come io passa vederti e Kakashi no!”
disse.
Lo
guardai incuriosito chiedendomi se quello che avevo davanti era davvero Sasuke.
“Oh tu ti sei rimbecillito o tutti mi sottovalutate quando mi chiamate testa
quadra. Davvero non hai capito il motivo perché solo tu riesci a vedermi?”
lo
vidi scuotere la testa.
“Ci
stavamo per uccidere a vicenda e a mio parere questa cosa ha creato un legame
speciale tra di noi”
“Tu
non hai provato ad uccidermi!” cercò di farmi presente.
“Per
una frazione di secondo ho pensato di farlo, lasciando da parte la ragione e
facendo uscire fuori il mio istinto di sopravvivenza! Se poi l’ho messo a
tacere facendomi uccidere, ha poca importanza. Il pensiero è quello che conta e
questa cosa in qualche modo ci ha uniti, indipendentemente se siamo vivi o
morti!” dissi abbassando la testa. Mi vergognavo di aver pensato di uccidere,
anche se solo per poco, colui che consideravo mio fratello.
Sasuke
mi guardò come se mi volesse porgere una domanda.
“Cosa
c’è?” gli chiesi incoraggiandolo.
“Possibile
che tu non mi odi per averti ucciso? Come fai a stare qui bello tranquillo come
se fossimo vecchi amici?” mi chiese stringendo i pugni.
Alzai
le spalle “Come ti ha ripetuto cento volte Kakashi,
sono stato io a scegliere il mio destino e non me ne pento. Lo rifarei se
potessi tornare indietro. E poi noi siamo amici!” dissi sorridendo.
Lo
vidi sgranare gli occhi “Allora perché sei qui, insomma non dovresti andare
nell’aldilà?”
Sospirai
“La cosa è un po’ più complessa. Ho un conto in sospeso a quanto pare!”
Feci
una pausa. Non sapevo se dirglielo o meno, infondo la colpa era in parte sua,
ma non volevo accusare né lui né Sakura della mia prigionia.
I
suoi occhi però mi fecero capire che non si sarebbe accontentato di un
silenzio.
“Il
mio ultimo desiderio non è stato esaudito da tutti. Ecco perché sono ancora
qui!”
Sasuke
mi guardò stranito.
“Cosa
stai dicendo? Non sono stato punito, i nostri compagni di accademia mi
rivolgono la parola come se niente fosse accaduto in questi anni e la gente del
villaggio, si comporta normalmente…o almeno ci prova
con pessimi risultati” disse poco interessato all’opinione degli altri.
Lo
guardai con aria triste e gli dissi “è vero, ma una persona non ha accettato il
mio volere. Pensaci, chi non ti vuole perdonare?”
Pov
Sasuke
Capii
immediatamente a chi si riferisse Naruto, ma il fatto
e che non potevo farci niente e a quanto pare nemmeno lui.
Lo
guardai una frazione di secondo, per poi dirigermi in cucina per prendermi una
lattina di birra.
Con
calma la aprii e ne bevvi un sorso lungo. Volevo rimandare il più a lungo
possibile la domanda che stavo per porgli, avevo paura della sua risposta.
“Io
non ho il potere di cambiare quello che Sakura prova per me. Penso che tu lo
sappia, quindi cosa vuoi che faccia? Chiederle scusa pubblicamente davanti a
tutto il villaggio?”
Vidi
Naruto sorridere “Uhm potrei anche chiedertelo,
sarebbe divertente vederti fare un qualcosa che non faresti nemmeno se fossi
invisibile come me. Scherzi a parte dubito, che Sakura si beva le tue scuse!”
Lo
fulminai “Pendi che non mi dispiaccia per averti ucciso?”
Esso
sorrise di nuovo con scherno.
“Con
tutte le volte che sei venuto alla mia tomba a implorare perdono, direi di si!”
Sentii
un improvviso imbarazzo. Non avevo mai pensato al fatto che lui potesse
vedermi.
“Prova
semplicemente a entrare a piccoli passi, nuovamente nella sua vita!”
“Perché
dovrei farlo? il mio pensiero verso di lei non è cambiato, la trovo
insopportabile!” gli disse sbuffando.
“Perché
dici? Mi devi la vita ecco perché!” mi disse serio.
“Io
non ti ho chiesto niente. Hai fatto tutto tu! Per quel che mi importa di questo
stupido mondo, potevi benissimo uccidermi!”
Ero
convinto che si sarebbe arrabbiato, ma non fu così.
Mi
sorpresi, soprattutto quando lo vidi bloccare una sua lacrima.
“Non
capisci proprio perché l’ho fatto vero?” disse prima di scomparire.
La
sua reazione mi aveva lasciato sbigottito e per un po’ rimasi a guardare fisso
il punto in cui prima compariva il mio compagno.
La
sua ultima frase continuava a rimbombarmi nella mente, senza però trovare
risposta.
Capii
improvvisamente di non conoscere Naruto come credevo. Pensavo che, nonostante gli anni
passati separatamente, esso fosse un libro aperto e invece non si era
dimostrato così.
Uscii
di casa e sapevo esattamente dove trovare la risposta che cercavo.
Mi
diressi verso l’ospedale di Konoha e chiesi di Sakura
Haruno.
Stava
visitando un paziente, ma in quell’istante non mi importava molto.
Mi
feci dare il numero della stanza del
paziente e vedendola armeggiare con i suoi strumenti medici, l’afferrai per un
braccio portandola fuori dal corridoio.
Mi
urlò di lasciarla andare. Non le diedi retta proprio come le occhiate che mi
lanciavano tutte le persone presenti in quel luogo.
La
feci sedere su una sedia non facendola scappare via.
“Che
diavolo ti prende? Sei forse impazzito? Sto lavorando, come ti permetti di
venire qui e…”
Non
la feci continuare e le posi la mia domanda “Perché Naruto
si è fatto uccidere?”
“Perché
è stupido!” mi disse guardandomi storto e cercando di alzarsi.
La
spinsi e la feci nuovamente sedere.
“Ho
capito che mi disprezzi e che preferiresti aver sepolto il mio corpo, ma voglio
anche una risposta. Perché Naruto avrebbe sacrificato
se stesso per salvare me?”
Girò
la testa senza rispondermi.
Cercai
di controllare la mia impazienza. “Io non conosco Naruto
quanto lo conosci tu. In questi anni e cambiato e non riesco a capire il perché
abbia voluto compiere un simile gesto. Non credo che lo abbia fatto per
mantenere la promesse che ti ha fatto di riportarmi a casa!”
Sakura
si alzò e mi guardò “Io lo avevo sollevato da quella promessa, proprio per
evitare che facesse la fine che ha fatto, ma lui ha voluto continuare a
inseguirti!”
La
vidi stringere i pugni.
“è
questo che non capisco. Perché? Io lo fatto soffrire in questi anni, lo volevo
morto e volevo distruggere Konoha. Quindi perché
salvare uno come me?” le chiesi in un sussurrò.
“Sei
uno stupido! Davvero non capisci che voleva salvarti?” mi disse.
“Da
che cosa? Io non sentivo il bisogno di essere salvato!”
“Ha
voluto salvarti da te stesso e dai cattivi sentimenti che ti hanno condotto su
una cattiva strada. Naruto ti voleva bene e non è
stato solo il tuo abbandono a farlo soffrire. Lui soffriva vedendoti
sprofondare sempre di più nelle tenebre e vedendoti farti del male da solo!
Ragiona, cosa hai ottenuto con il tuo comportamento. Hai avuto la tua vendetta
contro Itachi, hai ucciso Naruto
come volevi e ora? Cosa hai ottenuto? Ti senti soddisfatto? Sei finalmente
felice? Hai ritrovato quella pace che cercavi?” mi disse sempre di più
arrabbiata.
Abbassai
la testa e sussurrai “No!”
“Ed
è quello che meriti nonostante Naruto abbia appunto voluto risparmiare la tua vita per
cancellare i tuoi reati. Ti ha voluto salvare perché ti ha perdonato di tutto
il male che gli hai fatto! Cosa che io non avrei mai fatto!”
La
ringraziai per avermi illuminato. Finalmente avevo capito e mi sentii
improvvisamente strano. Perdono. Non avevo mai pensato a questa parola, né a
cosa significava. Per me era sempre esistita solo la vendetta. Non avevo mai
concesso il perdono a nessuno e il fatto che qualcuno lo aveva concesso a me,
mi aveva scaldato il cuore.
Andai
al cimitero e cercai Naruto. lo chiamai, ma comparve
solo dopo il terzo richiamo, piuttosto nervoso.
“Cosa
ci fai qui?” mi disse con aria preoccupata.
“Ho
capito quello che cercavi di dirmi!”
Lo
vidi girarsi intorno con fare agitato.
“Ebbene?”
mi chiese sbrigativo.
“Mi
hai salvato per darmi quella seconda possibilità di cui tutti mi parlano, per
permettermi di redimermi e…”
“Questo
mi pare che lo sapessi già!” continuava a guardarsi intorno.
“Ma
soprattutto perché mi hai sempre perdonato tutto!” dissi infine.
Si
fermò a guardarmi e mi sorrise “I miei
complimenti. Ora prova a fare il passo successivo. Devi perdonare te stesso per
far si che anche gli altri possano essere in grado di perdonarti. Non è una
cosa semplice da fare e non tutti sono disposti a farlo, per questo tu devi
essere il primo a farlo!” mi disse, riferendosi anche a Sakura, in modo
affrettato e sempre con fare agitato.
Lo
guardai confuso, sia per quello che mi aveva detto, sia perché non capivo cosa
gli stesse succedendo.
Si
fermò nuovamente a guardarmi serio. Il suo sguardo spaventato mi inquietava.
“Vattene
via da qui!”
“Cosa?”
gli chiesi.
“Non
so spiegarti, ma c’è qualcosa di pericoloso in questo posto. Vattente! Ora!” mi
disse prima di sparire e lasciarmi solo in quel luogo lugubre.