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Autore: OpunziaEspinosa    08/04/2011    11 recensioni
Isabella Maria Swan, 30 anni, insegnante di cucina, fugge a Londra dopo aver spezzato il cuore di un uomo e seriamente danneggiato il proprio. Edward Cullen, 24 anni, attore, a Londra per una breve vacanza prima di tornare a L.A. sul set di Le Quattro Stagioni, famosa saga cinematografica vampiresca. E se si dovessero incontrare? È possibile l'amore tra una donna qualunque e la star del momento? Tra una donna ed un ragazzino? Cosa li unisce? Cosa li rende così adatti l'uno all'altra? Nulla, in apparenza...
CONSIGLIATO A CHI TROVA CIO' CHE ACCADE AL CAST DI TWILIGHT FANTASCIENZA, APPREZZA L'IRONIA, VUOLE SORRIDERE MA ANCHE COMMUOVERSI UN PO'.
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Twilight
Capitoli:
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23. ISABELLA

 
Siamo tutti più freddi di quanto crediamo
Siamo molto più insensibili di quanto pensiamo
Ci desideriamo e poi ci amiamo
Chissà perché ad un tratto ci dividiamo
I still love you, I still love you, I still love you
(I still love you – Bluvertigo)

 
“Si può sapere dove stiamo andando?” Chiedo sbadigliando mentre, seduta sul sedile posteriore dell’auto,  guardo distrattamente il paesaggio fuori dal finestrino.  Siamo in aperta campagna ormai,  siamo in viaggio da più di un’ora,  e comincio ad essere stanca. La lezione di cucina è finita tardi, ed una volta rincasata avrei solo voluto mettermi in pigiama ed andare a letto. Nient’altro.  Invece Rosalie ed Angela mi hanno costretta ad agghindarmi per questa stupida festa di cui, a dire il vero, mi ero completamente dimenticata.
E comunque non capisco a quale genere di festa siamo state invitate. Rosalie ha preso in prestito dal reparto moda per cui lavora un campionario degno di una diva del cinema. L’abito che indosso vale da solo il mio intero stipendio di insegnante di cucina, ed i vestiti di Rose ed Angela non sono da meno.
“Ci siamo quasi.” Mi rassicura Angela al volante della Golf  sgangherata che divide con il suo ragazzo, Eric. “Vedi quelle luci laggiù?”
“Sì?”
“Ecco: è li che siamo dirette.”
Percorriamo ancora qualche centinaio di metri, finché, oltre una curva, incontriamo  una sorta di posto di blocco.  Un paio di guardie in divisa ci accolgono con estrema gentilezza e professionalità e ci chiedono di mostrare il nostro invito. Poi, una volta accertato che non siamo delle intruse, ci esortano a procedere  e  a varcare  i cancelli di quella che mi  pare essere la tenuta di un’immensa e lussuosissima dimora ottocentesca.
“Cos’è questo posto?” Domando incredula mentre, con il nostro catorcio, percorriamo un lungo viale di ghiaia finissima illuminato da un milione di piccole lampadine argentate appese agli alberi che lo costeggiano.
“Casa di amici...” Risponde Rosalie ostentando indifferenza.
“Da quando in qua Bill Gates è amico tuo?” Commento sarcastica. Conosco tutti gli amici di Rosalie  - perché sono anche amici miei – e non mi risulta che abbia iniziato a frequentare un multimilionario.
“Bella, smettila di fare la guastafeste!  È un posto meraviglioso, ci divertiremo. Ritornerai a vivere, dopo questa sera. Fidati.”
No, Rosalie. Non mi fido di te. Conosco quello sguardo. E non promette nulla di buono.
Vorrei indagare, farle altre domande, capire dove mi hanno trascinata e perché, ma so che è inutile. Conosco Rose: si limiterà a darmi risposte vaghe, a dirmi che devo solo pensare a divertirmi. Ma come faccio a divertirmi? Sto disperatamente cercando di toccare il fondo per risalire, ma sembra che l’abisso in cui mi sono gettata un fondo non ce l’abbia proprio. E poi sono stanca. È stata una giornata lunga e pesante, al lavoro sono scoppiati mille casini, la lezione di cucina è finita tardi, e non ho mangiato quasi nulla neppure oggi.
 
Mentre penso a quanto vorrei essere a casa, nel mio letto, a macerarmi nel mio dolore, raggiungiamo la fine del lungo viale. Qui  una serie di posteggiatori prendono in consegna le automobili degli invitati. Così facciamo come tutti gli altri:  lasciamo la nostra Golf e  ci dirigiamo verso l’ingresso.
 
O mio Dio…
Questa casa è da togliere il fiato!
Gli interni non hanno nulla a che vedere con l’aspetto austero della facciata esterna. L’enorme salone nel quale ci troviamo è arredato con infinito gusto e mixa sapientemente elementi antichi e moderni. Non ho davvero parole per descrivere questo posto.
Mi guardo rapidamente intorno, per capire se tra gli invitati c’è qualcuno dei  nostri amici, ma non riconosco nessuno.
C’è un sacco di gente, di tutte le età. Ci sono persino  dei bambini. E tutti sono molto eleganti. È decisamente una serata formale. Rosalie ha fatto davvero bene a scegliere questi bellissimi e costosissimi abiti per noi. Con uno dei miei soliti straccetti, magari di seconda mano, mi sarei sentita davvero inadeguata e fuori luogo.
 
Sto ancora cercando di capire dove diavolo siamo finite, quando una ragazza minuta dai capelli corvini si avvicina quasi saltellando.
“Rose!” Esclama entusiasta abbracciando Rosalie. “Come sono felice di vederti!”
“Ciao tesoro!” Le risponde Rosalie contraccambiando l’abbraccio con altrettanto entusiasmo.
Tesoro?! Ma chi è questa? E come fa a conoscere la mia Rose così bene? Io non l’ho mai vista prima d’ora.
Ma a quanto pare conosce pure Angela.
“Ciao Angela!” Continua la brunetta. “Grazie per essere venuta!”
“Figurati! Grazie a te per l’invito.”
E poi si rivolge a me raggiante “Tu devi essere Isabella!”
“Sì, Bella, piacere.” Le sorrido, perché lo impone l’etichetta, ma non riesco a mascherare un briciolo di diffidenza.
“Mio Dio, sei davvero bellissima!” Commenta senza presentarsi. E poi, stringendomi forte le mani, aggiunge con aria sognante “Avrete dei figli meravigliosi…”
Ok. Sul serio. Chi è questa pazza?
Non faccio in tempo a replicare che la brunetta se n’è andata augurandoci buon divertimento.
Mi volto confusa verso Rosalie ed Angela che mi guardano altrettanto perplesse e lievemente imbarazzate.
“È meglio andare a consegnare i nostri soprabiti.” Taglia corto Rosalie sfilandomi il trench. E poi, trascinando Angela per un braccio,  se ne va lasciandomi sola.
“Rose!” Cerco di trattenerla, ma in un attimo sono già scomparse tra la folla.
Inseguirle con questi tacchi non è una scelta percorribile. Neppure posso starmene qui impalata sulla porta di casa tutta la sera, così mi avvio a passi incerti verso il bar cercando di mantenere grazia e dignità, evitando, per quanto mi è possibile, di sembrare una giraffa zoppa.
È sicuramente una mia impressione, ma mi sento osservata. Forse non avrei dovuto indossare un abito simile. È bellissimo, costosissimo e sofisticato, ma sono anche mezza nuda! Non porto neppure il reggiseno, a causa della profonda scollatura sulla schiena. Non che abbia molto da sostenere, laggiù…
 
Mentre aspetto pazientemente il mio turno al bar,  ripenso alla brunettae alle sue parole incomprensibili: avrete dei figli meravigliosi… ma che vuol dire? No. Ho sicuramente capito male.
Probabilmente lei è la padrona di casa ed ha intenzione di lasciare un omaggio agli ospiti, tipo una pianta, ed ha detto avrete dei gigli meravigliosi, o forse dei tigli meravigliosi… Anche se la cosa mi pare ridicola.
Sono certa di non conoscerla, eppure ha un’aria familiare. Quel che è certo è che conosce la mia Rose molto bene, e non posso fare a meno di sentirmi un filo gelosa.
 
E poi avverto la sua presenza, ancora prima di averlo visto.
Bagnoschiuma, caramelle e sigarette.
“Ti posso offrire qualcosa?” Mi chiede educato, la voce calda e vellutata come al solito.
Edward…
Sono pietrificata. Non riesco né a muovermi né a parlare.  Resto lì, immobile, a fissare il barista.
“Alan, cortesemente, un bicchiere di Champagne per Isabella.” Ordina sicuro al ragazzo che sta oltre il  bancone, ignorando la fila di persone che aspetta.
“Certo, Signor Cullen.”
Signor Cullen… È normale che trovi terribilmente sexy il fatto che qualcuno lo chiami Signor Cullen? Gli da un aria così… matura.
Il barista mi passa un bicchiere di bollicine nel giro di qualche secondo.
“Grazie.” Balbetto, e finalmente trovo il coraggio di voltarmi.
Edward è in piedi, di fronte a me, ed è... bellissimo. La creatura più bella che abbia mai messo piede sulla faccia della Terra. Indossa un meraviglioso abito color antracite dal taglio sartoriale, una camicia grigio perla ed una cravatta scura. Ha i capelli leggermente più corti e ben pettinati, ed un filo di barba, come piace a me.
Non l’ho mai visto così. Sembra un divo della Hollywood anni cinquanta.
Mi sorride,  ma i suoi occhi sono tristi. Infinitamente tristi.
Edward…
“Come stai?” Mi chiede cauto.
“Bene.” Rispondo ostentando una calma che non ho. “Tu?”
“Mi manchi.” Mi sussurra dolcemente.
Ovunque sia quel fondo che sto cercando, ora so che non lo raggiungerò mai più.
Perché Rose ed Angela mi hanno portata qui? Non voglio ricominciare tutto da capo. Non voglio discutere con lui. Non troverei la forza di respingerlo, di dirgli no. È molto più facile ignorare una telefonata od un messaggio. Ma averlo qui, di fronte a me, in  carne ed ossa, potermi perdere nei suoi occhi, sentire il suo profumo ed il calore della sua pelle, quasi, è una tortura.  Come può la Terra fuggire la sua orbita intorno al Sole?
“Bella, dobbiamo parlare. Ti prego, parliamo…” Quasi mi implora ed io non riesco a respingerlo. Come potrei? Lui è il mio Sole, e la sua voce è così triste. Mi spezza il cuore.
“Non qui…” Gli rispondo.
I suoi occhi si illuminano per un breve istante, come se una nuova speranza lo stesse animando, come se non si aspettasse un mio sì.
“Vieni.” E prendendomi per la mano mi guida attraverso gli invitati, fino a raggiungere un corridoio buio. Mentre lo  percorriamo non posso fare a meno di concentrarmi sul suo tocco e mi chiedo com’è possibile. Com’è possibile sentire la mia intera esistenza concentrata lì, tra le nostre dita intrecciate; sentirmi totalmente appagata e, contemporaneamente, voler essere altrove, lontana, al sicuro, anestetizzata da questi sentimenti troppo intensi per poter essere reali.
Edward mi conduce oltre una porta scorrevole e in un istante ci ritroviamo, completamente soli, in un’enorme stanza illuminata da alcune luci soffuse. È una biblioteca, al centro della quale troneggia un meraviglioso pianoforte a coda, talmente bello che non posso fare a meno di avvicinarmi per sfiorarne i tasti.
Non sapevo che Edward suonasse il pianoforte.
 
“È casa tua, questa?”
“Sì.”
“La ragazza che ci ha accolte all’ingresso è  tua sorella?”
“Sì.”
“Conosce Rosalie?”
“Ci siamo incontrati casualmente qualche giorno fa.”
 
Restiamo così, in piedi,  l’uno di fronte all’altra, a qualche passo di distanza, a fissarci in silenzio per un po’.
Il cuore mi batte forte nel petto, e penso che potrei morire. Ora.
E poi Edward si avvicina, annullando in un attimo lo spazio che ci separa.
“Bella, mi manchi.” Mi sussurra con gli occhi chiusi, prendendomi  le mani che tengo abbandonate lungo i fianchi  e stringendole forte. “Ti prego torna con me... Ti prego…”
Siamo vicinissimi, fronte contro fronte.  Sento il suo respiro, sento il calore della sua pelle, sento il suo profumo…
Sento.
Sto tremando, come la prima volta in cui mi ha baciata.  Proprio come allora ho mille pensieri che mi affollano la mente. Ma l’unica cosa che voglio – che desidero più di quanto abbia mai desiderato qualunque altra cosa in vita mia -  è avvicinarmi ed assaporare di nuovo le sue labbra morbide, ma non posso.
Non posso.
“Edward…” Mormoro, divincolandomi. “Per favore, non rendere tutto così difficile.”
Mi allontano di qualche passo e gli do la schiena, perché non ce la faccio a sostenere il suo sguardo. Non sopporto di vederlo così triste, e l’idea che sia io a causargli tanto dolore è lacerante.
“Perché, Bella? Rosalie me l’ha detto. Stai male anche tu. Ti manco. Allora perché non vuoi stare con me? Perché?” Mi chiede quasi disperato.
“Lo sai perché…” Balbetto.
“No che non lo so!” Esclama costringendomi a voltarmi e a guardarlo.
Edward…
“Bella.” Mi prende il volto tra le mani e mi accarezza le tempie con i pollici. “Con Tanya è finita, sul serio. È vero, dobbiamo lavorare ancora insieme. Ma non accadrà nulla, te lo prometto.”
“Lo so, Edward. Ti credo.” Perché è vero: gli credo.
“Ed allora perché? È per via della stampa? Dei paparazzi? Bella,  ti ho già chiesto scusa. Non volevo accadesse quello che è accaduto. Non devi credere a ciò che scrivono i giornali…”
“So anche questo, Edward.” Perché è vero: non mi importa nulla di ciò che scrivono.
Gli stringo i polsi, indecisa se allontanarlo oppure no, ma il tocco delle sue mani delicate sul mio viso è troppo piacevole per interromperlo. Possibile che non abbia un briciolo di spina dorsale in sua presenza?
“Ti prego, Bella.  Dammi una buona ragione per cui non dovremmo stare insieme.” E siccome non rispondo, azzarda “È per l’età? È perché sono più giovane? Bella, è ridicolo…”
No. Non è questo. O forse sì. Non lo so. Sicuramente questo non è l’unico motivo. È molto più complicato di così.
“È per il lavoro che faccio?” Continua. “È a causa di tutta questa visibilità? Bella, non sarà così per sempre… non sai quanti ce ne sono là fuori pronti a prendere il mio posto. Io…”
“Tu non puoi darmi ciò di cui ho bisogno, Edward…” Lo interrompo bruscamente.
E per la prima volta sono sincera. Per la prima volta gli sto facendo capire la ragione per cui mi sono allontanata da lui.
“E allora dimmi di cosa hai bisogno, Bella…  Basta che tu me lo dica…” Mi supplica con un filo di voce continuando ad accarezzandomi il volto. Anche lui sta tremando. Anche lui mi vuole baciare. Siamo vicinissimi. Vicinissimi…
No, no, no… non posso! Non posso!
“Non funziona così! Semplicemente non puoi! Non è colpa tua!” Esclamo esasperata divincolandomi ed allontanandomi nuovamente.
“Cristo Santo, Bella!” Improvvisamente Edward perde il controllo e tira fuori tutta l’ansia accumulata in questi giorni. “Cosa vuoi? Dimmelo! Cosa cazzo vuoi? Come cazzo faccio a saperlo se non me lo dici? Sei scomparsa per dei giorni, non hai risposto né alle mie telefonate né ai miei messaggi! Perché mi stai facendo questo? Perché ti stai facendo questo? Guardati, Bella. Non mangi più, sei dimagrita… Aiutami a capire, Bella… Porca miseria, voglio solo capire… Parlami!”
Sono esterrefatta. Edward non si è mai rivolto a me  in questo modo. Di solito è sempre così tranquillo e controllato, sorridente e di buon umore. Ora sembra… arrabbiato.
“No! Edward… No!” Urlo di rimando.
Sono sicura che non capiresti. Sei troppo giovane, sei un ragazzino. Non ne vale la pena.
 
Devo andarmene da qui. Sento gli occhi riempirsi di lacrime e non voglio che lui mi veda piangere.
“Io… io me ne vado.” Singhiozzo dirigendomi verso l’uscita.
“Bella!” Mi implora di nuovo trattenendomi per una mano. “ Bella, scusa. Non volevo alzare la voce... Bella, non andare, per favore… Io ti a…”
“No!” Esclamo terrorizzata liberandomi a fatica. “Ti prego non dirlo! Non dirlo…”
“Bella…”
“Addio, Cullen.”
E me ne vado.
Lasciandolo solo.

   
 
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