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Autore: VaniaMajor    09/04/2011    2 recensioni
Dopo la morte di Soichiro, sembra che Sesshomaru non debba far altro che prendere possesso del Regno dell'Est. Al suo interno, però, si nasconde una trappola micidiale, in cui il Signore dell'Ovest cade insieme al fratello Inuyasha. Stavolta toccherà a Kagome e Anna trovare un modo per salvarli...da loro stessi! Terzo capitolo della saga di Cuore di Demone!
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Saga di 'Cuore di Demone''
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Author's note: Grazie per tutte le recensioni! Scusate se non vi ho ancora risposto, ma è una settimana intensa. Il week-end sarà anche peggio, ho uno spettacolo stasera e uno domani pomeriggio! Fatemi gli auguri!! Intanto vi mostro cosa succede quando Sesshomaru si intestardisce...

Erano passati molti giorni da quando Sesshomaru si era messo in viaggio per cercare l’oggetto del suo desiderio del momento: Anna, la inu-yokai.
Aveva lasciato indietro Inuyasha, la sua unica fonte di informazioni, prima di avergli carpito qualcosa in più che la direzione in cui la demone bionda si era allontanata. Quando si era accorto della totale mancanza di indizi utili, era ormai lontano e non aveva nessuna voglia di tornare a discutere col fratello finché non fosse stato strettamente necessario. Dopotutto, sapeva che Anna era andata in Kyushu. Prima o dopo avrebbe trovato le sue tracce, o il suo odore. Solo in caso contrario, avrebbe fatto lo sforzo di avere di nuovo a che fare con quel povero idiota di suo fratello minore.
Le parole che Inuyasha gli aveva detto…
- Insomma, sei geloso?-
…lo avevano fatto sentire strano. Sesshomaru non provava gelosia. Quello era un sentimento che esulava dal suo vocabolario. Di certo stava iniziando a provare una sensazione di possesso nei confronti della inu-yokai e come per Tessaiga non desiderava che ciò che era suo venisse toccato da altri. Questo sentimento non poteva chiamarsi gelosia…o no?
Sesshomaru si trovò a chiederselo sempre più spesso, nei rari momenti di riposo. Scrutava la luna calante, nelle fredde e limpide nottate a seguito della lunga tormenta, e analizzava le motivazioni che lo stavano spingendo a cercare quella donna. Affidatosi alla fredda logica, giunse alla conclusione di aver sprecato ad un tempo una valida arma e un oggetto di studio interessante.
Era stato troppo frettoloso nel decidere di uccidere quella donna. Ne poteva ricavare dei vantaggi, tra cui quello di avere al suo fianco un’arma potente in grado, se non di sostituire Tessaiga, perlomeno di sbrigare per lui le contese di poco conto. Inoltre, l’unione di un demone con un essere umano si era rivelata piuttosto interessante. Sesshomaru voleva averla a portata di mano e questo era quanto. Una volta presa una decisione, Sesshomaru non si fermava finché non l’aveva portata a termine.
Certo, il passato in comune con lei era ancora una spina fastidiosa, ma Sesshomaru riteneva di poterselo lasciare alle spalle senza troppi problemi. Se lei, invece, vi voleva rimanere attaccata, erano fatti suoi. L’importante era che non lo annoiasse con richieste o lamentele, ma che si limitasse a fare ciò che le sarebbe stato detto.
“Ma lei ti seguirà, dopo quello che le hai fatto?” chiedeva ogni tanto una vocina ironica. Sesshomaru la scacciò ogni volta. Certo che l’avrebbe seguito! Lui era il Signore dell’Ovest e senza dubbio avrebbe ottenuto quello che voleva, con le buone o con le cattive.
Così, continuò a cercarla, avvicinandosi sempre di più all’isola meridionale. Trovò una traccia del suo passaggio interrogando i demoni delle foreste. Pareva che un grande cane dorato avesse sterminato una tribù di demoni serpente che aveva osato mettersi sulla sua strada, assorbendo tutte le loro energie.
Sesshomaru proseguì, soddisfatto di aver trovato una pista da seguire. Si chiese per l’ennesima volta cosa fosse andata a fare Anna nel Kyushu. Non era fuggita da lui. Stando alle parole di Inuyasha, lei vi si era recata nella speranza di portargli un qualche tipo di vantaggio. Questo, come molto altro,  non aveva senso, ma il gelido demone decise di non starci troppo a ragionare sopra. Avrebbe avuto quelle risposte, alla fin fine insignificanti, quando l’avrebbe trovata.
Presto, però, scoprì di essere arrivato tardi. Tre giorni più tardi, quando era ormai vicino, senza saperlo, alla meta di Anna, venne a sapere da altri demoni impauriti dalla sua potenza che una donna demone bionda era passata di lì, quattro giorni dopo l’arrivo del cane dorato, ma si era allontanata velocemente in direzione opposta. Anna stava già tornando indietro, avendo concluso i propri affari in Kyushu. Dove fosse diretta ora, nessuno lo sapeva.
Sesshomaru provò un moto di frustrazione che lo sorprese. Non gli piaceva affatto che lei gli sfuggisse da sotto il naso a quel modo. No, non gradiva per niente la sensazione di essere stato lasciato indietro. Tornò sui suoi passi, ma con una certa lentezza, ragionando. Anna non stava tornando direttamente al villaggio di Inuyasha. In quel caso, l’avrebbe incontrata a metà strada, o avrebbe quantomeno avvertito il suo odore, e invece così non era stato. Dove si stava dirigendo, ora? E se…se avesse deciso di tornare da lui di sua spontanea volontà? Se stesse recandosi a Palazzo?
Il pensiero gli provocò un moto interno di esultanza per la propria vittoria, ma subito si ricredette. No, lei doveva aver preso una direzione più ad ovest del Palazzo, altrimenti ne avrebbe comunque avvertito la presenza. Dove diavolo poteva essersi recata? Tornò sui suoi passi, chiedendo informazioni ai demoni che incontrava, la maggior parte delle volte estorcendole con la forza. Si trovò così ad attraversare una parte del suo regno che aveva sempre lasciato a se stessa e ne riscoprì la bellezza e il potere. Anna, però, sembrava sempre di gran lunga più avanti di lui e cominciava ad apparire ai suoi occhi come un fantasma sfuggente. Questo finché, finalmente, un secco e freddo pomeriggio Sesshomaru non capitò sul luogo di un combattimento.
A terra giacevano i resti di un demone ibrido che era stato dilaniato. Il corpo si stava già disseccando, ma gli odori erano ancora presenti sul luogo dell’uccisione. Un brandello di stoffa gialla era rimasto impigliato al carapace ricco di protuberanze appuntite del demone. Sesshomaru lo raccolse e lo portò al naso.
Sì, era un pezzo del vestito di Anna. E il combattimento non doveva risalire a più di tre giorni prima. Poteva raggiungerla. Saltò sulla cima di un albero, inalando profondamente l’aria e colse finalmente l’odore di lei. Era flebile, quasi impercettibile, ma c’era. Sesshomaru sorrise appena. Tempo una settimana, l’avrebbe raggiunta. Balzando dall’albero, Sesshomaru riprese a correre, in caccia della sua preda.

***

Era notte inoltrata quando Sesshomaru arrivò al limitare di un piccolo agglomerato di esseri umani.  Tra le case vigevano il silenzio e l’immobilità. La foresta spoglia frusciava a causa del vento forte che si era sollevato all’imbrunire. I rami sbattevano l’uno contro l’altro, producendo suoni brevi e secchi. La luna piena brillava nel cielo, a volte nascosta da qualche nube passeggera.
Sesshomaru annusò di nuovo l’aria, estromettendo dalla sua analisi l’appestante odore di ningen. Sì, lei era vicina, poteva sentirla come se fosse stata accanto a lui. Sesshomaru aggirò il villaggio e si inoltrò di nuovo nella foresta, avanzando a passo spedito. Lei era ferma da qualche parte, più avanti. Il vento girò e Sesshomaru lo registrò con soddisfazione. Non trovandosi controvento, era più difficile che lei si accorgesse della sua presenza finché non fosse stato troppo tardi per fuggire. Colse un luccichio tra gli alberi, più avanti, e si affrettò. Alle sue orecchie giunse un canto che gli fece accelerare i battiti del cuore.
D’improvviso, gli alberi si aprirono davanti a lui e si trovò su un vasto spiazzo erboso, che costituiva la riva di un piccolo lago, le cui acque scure brillavano alla luce della luna. Qualcos’altro brillava alla luce di quei raggi pallidi: i capelli d’oro di una inu-yokai, seduta sulla sponda a contemplare le acque. Un intenso senso di deja-vu lo scosse, lasciandolo perplesso. Sesshomaru dominò un perverso istinto, che gli comandava di correre da lei, afferrarla tra le braccia e portarsela via. Rimase invece dov’era, guardandola.
Era davvero bella, luminosa come un fiore sbocciato in inverno. La veste ricca ed elegante che indossava era strappata e rovinata in più punti, in parte a causa del viaggio, in parte a causa di ferite che lui stesso le aveva provocato, tempo prima. Nonostante l’aspetto scarmigliato, conservava un’aura di dignità quasi regale. L’espressione sul suo viso era di mestizia, nei suoi occhi brillava una strana luce, come se nella sua mente passassero pensieri a un tempo piacevoli e tormentosi.
E cantava. Cantava guardando la luna, una canzone dolce e triste che Sesshomaru aveva già sentito alla Grotta dell’Eco. Trattenne il fiato, accarezzato e blandito dalle note di quella canzone senza parole, un mormorio d’amore dolente, il suono di un cuore ferito. Lei non si accorse della sua presenza. Se solo si fosse voltata un istante, non avrebbe potuto fare a meno di vederlo, stagliato contro l’oscurità della foresta, ma i suoi occhi rimasero fissi al cielo. E Sesshomaru non si mosse. Non osava porre fine a quella canzone che giungeva dal suo passato, e che gli faceva dolere il petto.
Poi, con un ultimo acuto cristallino, la canzone finì. Anna rimase in silenzio e chiuse gli occhi, adombrandosi le guance con le ciglia nere, poi sospirò appena. Quel suono flebile raggiunse Sesshomaru come una staffilata, rendendogli più difficile restare lì a contemplarla con freddezza.
- Non ti sarai di nuovo innamorato di lei? -
Sesshomaru strinse le labbra, nel rammentare le parole di Inuyasha. Per la prima volta, una parte di lui prese sul serio questa domanda, ponderando la risposta. Sesshomaru fece una smorfia, dandosi dello stupido. Non era tempo delle sciocchezze. Inutile restare lì a guardarla senza fare né dire nulla, visto che era in viaggio da settimane sulle sue tracce. Di certo, averla accanto a Palazzo avrebbe mitigato quelle stravaganti sensazioni. Venne avanti di qualche passo, muovendosi silenziosamente sull’erba secca. Finalmente, lei si accorse della sua presenza.  Si voltò, alzandosi al contempo di scatto, pronta a dare battaglia. Vide i suoi occhi spalancarsi per la sorpresa, la sua guardia abbassarsi percettibilmente.
«Se…Sesshomaru?» chiese, quasi senza voce. Sesshomaru le si avvicinò ancora di qualche passo, poi si fermò. «Che cosa ci fai qui?» chiese ancora lei, in un sussurro.
Sesshomaru la guardò di nuovo, da capo a piedi, e lei si mosse appena, a disagio. Vedeva nei suoi occhi la domanda inespressa: sei venuto di nuovo per uccidermi?
«Sono venuto a prenderti, donna.» disse, gelido.
Fu stupito per la quantità di diversi sentimenti che le passarono sul viso a quelle parole. Nostalgia, timore, speranza, dolore…
«Perché?- chiese lei- Forse ti sei ricordato di me?» Sesshomaru sollevò appena un sopracciglio in risposta. Lei fece un sorriso amaro. «Ne deduco quindi che non è un gesto dettato dall’amore.» continuò.
«Non dire assurdità, donna.- replicò Sesshomaru, impassibile- Tu sei mia e lo sai bene. Sei una mia proprietà.» Lei non accennò né a una reazione, né a una risposta, e Sesshomaru continuò. «Per quanto il tuo agire sia strano, e per quanto la tua natura umana sia irritante, sarebbe uno spreco distruggere un’arma che può rivelarsi utile. Non ti ucciderò, se è questo che temi. Pretendo, però, che tu riprenda il tuo posto di mia subordinata e che ritorni al Palazzo…al mio servizio.»
Per un attimo, i due si fissarono in silenzio. Sesshomaru si aspettava una resa incondizionata. Fu perciò sorpreso quando la vide sorridere e alzare le braccia al cielo, stiracchiandosi.
«Beh, avrei dovuto immaginarlo.» disse soltanto lei, informale, dando ben poca importanza alle sue parole. Sesshomaru corrugò la fronte, contrariato. Lei si avvicinò di più alla sponda del lago, arrivando a sfiorare l’acqua con le scarpette azzurre. «Lo sai, Sesshomaru? Questo è il posto dove si è deciso il mio destino con te.» disse, guardandolo con un sorriso. Sesshomaru rimase impassibile, chiedendosi come facesse la donna ad essere così serena. L’ultima volta che si erano visti era stata così piena di dolore e di passione…che stesse fingendo?
«Posso raccontarti questa breve storia, Sesshomaru?- chiese lei, piegando la testa sulla spalla in una posa giocosa e interrogativa- Non ti ruberò che pochi minuti.»
Sesshomaru la fissò in silenzio per qualche istante. No, non sembrava che stesse fingendo. Sembrava serena. Che non le importasse più che lui la ricambiasse o meno? Questo gli fece affluire per un istante il sangue alla testa e ebbe la tentazione di afferrarla per le braccia e scuoterla fino a farla piangere. Si trattenne, perché una parte di lui desiderava sentire quella storia che lei gli aveva promesso. Annuì lentamente, senza mostrare in alcun modo il proprio interesse. Lei si girò a guardare il lago, prendendo un respiro, come se stesse riordinando le idee.
«Era notte.- iniziò con voce dolce- Era una notte come questa e la luna piena brillava. Era iniziata la primavera, ma nel mio cuore c’era solo inverno.» Abbassò un attimo lo sguardo, sorridendo con amarezza. «Questo mondo mi era estraneo. Non avevo nulla, non ero nessuno. La mia vita poteva considerarsi finita.- continuò- Il giorno in cui il mio destino venne deciso, l’avevo passato lavorando. Verso sera ero fuggita, disgustata dagli abitanti del villaggio, e mi ero inoltrata nella foresta. Fu lì che incontrai Rin.» Lo guardò e Sesshomaru fu scosso da un brivido di freddo.
- Guarda, nee-chan! Sesshomaru-sama ha trovato Rin!-
Sesshomaru poteva ancora sentire la voce squillante della bambina riecheggiare nella grotta. Anna sorrise con tenerezza, immersa nel ricordo.
«Povera Rin, si era persa.- disse, e rise scuotendo il capo- Non sapevo che tu eri già sulle sue tracce e mi offrii di aiutarla a ritrovare te e Jaken. Fu allora che arrivasti tu.» Lo guardò negli occhi e finalmente Sesshomaru vi vide una scintilla di qualcosa…qualcosa di potente. «Parlammo un poco. Io avevo paura che mi avresti uccisa, ma ti affrontai e consegnai Rin alle tue cure. Poi, tornai al villaggio, certa che non ti avrei rivisto mai più.»
Sesshomaru nemmeno si accorse di annuire.
«Quella notte venni al lago, a cantare il mio dolore; immagina la sorpresa quando ti vidi sbucare dal folto!» Anna rise, scuotendo di nuovo la testa. «Quanto mi spaventai! Ma non volevo mostrarmi debole, perciò ti chiesi con arrogante sicurezza che cosa volessi da me. E sai cosa mi rispondesti?» Lo guardò con un sorrisetto. «Dicesti: ‘Sono venuto a prenderti, donna.’. Le stesse parole di stanotte.» Sesshomaru strinse appena le labbra, ma Anna non se ne accorse, continuando a raccontare. «Avevi avvertito il mio potere latente e lo volevi per te. Io mi rifiutai di seguirti, poi venni rapita da un demone, che cercò di fondere il mio potere al suo corpo. Fu invece lui a soccombere.- disse Anna, e una breve smorfia le contrasse il volto- Divenni ciò che sono ora. Quando mi risvegliai, tu eri lì. Eri venuto a prendermi…perché tu ottieni sempre ciò che vuoi.»
Rimase in silenzio per qualche minuto e il vento fece da contrappunto alle parole appena pronunciate.
«Questo dimostra solo che tu sei mia.» disse Sesshomaru. Si sentiva strano. Desiderava cancellare la distanza che c’era fra loro, ma anche non aver pronunciato le stesse parole del passato che non ricordava.
«Oh, non c’è alcun dubbio su questo!» rise Anna, e la sua risata fu cristallina come acqua di montagna. Lo guardò con sfida. «Ma questo significa che anche tu sei mio.» aggiunse lei, piano.
Sesshomaru strinse le labbra, irato per quell’impudenza, e questo lo rese ancora meno preparato a quello che seguì. Leggera come una farfalla, Anna lo raggiunse e gli posò le mani sul petto, alzandosi poi sulla punta dei piedi quel tanto che bastava per sfiorare le labbra di Sesshomaru con le proprie. Un fuoco bruciante avvampò nelle vene di Sesshomaru, che non riuscì a far altro che restare immobile, attonito, sentendo dentro di sé la voglia di approfondire quel bacio, di porre fine alle parole. Sentiva il corpo di lei contro il proprio, le sue mani calde sul petto. Negli occhi color del cielo brillava una fiamma che rivaleggiava con la sua.
«Se mi vuoi, dovrai prendermi.- mormorò lei, con voce roca, senza spezzare il contatto visivo- Cercami. Prova a prendermi. Se ci riuscirai, io sarò di nuovo tua.»
Lo baciò ancora, lieve come una carezza, tentatrice in maniera insopportabile. Sesshomaru perse il ben dell’intelletto. La passione lo travolse e si ritrovò a tentare di stringerla tra le braccia.  Ma lei stava già correndo via, lasciandolo solo e scosso.
«Prendimi, Sesshomaru! Sempre se ce la fai!» esclamò lei, scomparendo nel buio della foresta.
Sesshomaru rimase per un istante dov’era, scosso dall’ira, dalla passione e dai vaghi sentimenti che lei gli suscitava. Poi, riprese il controllo di sé. Lei l’aveva sfidato. Aveva osato sfidarlo. Meritava una punizione: doveva comprendere di non avere il potere di rivaleggiare con lui. Dopotutto, lui era Sesshomaru, Signore dei Demoni dell’Ovest. L’avrebbe cercata. L’avrebbe presa. E allora, avrebbe ottenuto da lei tutto ciò che voleva. Senza sapere di stare facendo il gioco della inu-yokai, Sesshomaru iniziò a correre, di nuovo in caccia della sua preda.

   
 
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