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Autore: angelikakiki    10/04/2011    3 recensioni
Dopo la battaglia di Howgwarts c'erano morti, desolazione e lacrime. Alla fine la vera forza è sapersi riprendere e andare avanti, guardando il futuro. Non è sempre facile. Ma con l'aiuto delle persone che ti vogliono bene, tutto è possibile. La Tana era diventata un posto silenzioso e triste. Harry stava sempre chiuso in camera, stretto dai sensi di colpa. Ginny cerca di risollevare a tutti il morale. Ron è perennemente afflitto e Hermione è più silenziosa del solito. Quattro ragazzi che impareranno ad andare avanti, grazie all'aiuto di una forza inspiegabile: l'AMORE
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Pov Ron

Erano stati dei giorni difficili. Molto difficili. La morte di Fred ci aveva sconvolto e la Tana sembrava più silenziosa, triste, cupa. Non sapevo neanche io come definirla. Mi ero dovuto preparare il pranzo da solo. Un tramezzino. Era tutto quello che stranamente riuscivo a mangiare. Uscii nel giardino. Mi sedetti per terra. L’erba era umida, ma non mi importava. Ormai non mi importava più niente. Harry anche era messo male. Stava sempre rinchiuso in una stanza, forse a piangere. Si sentiva in colpa. O almeno così pensavo. Ginny invece cercava di tenere alto il morale della famiglia. Cucinava e spazzava, quando poteva. Papà stava sempre a lavoro, mentre mamma si rinchiudeva nella sua camera, un po’ come Harry. George, Charlie, Percy e Bill erano tornati nelle loro case. Mentre Hermione era rimasta qui. Doveva ancora trovare i suoi genitori, in Australia. Ancora non mi aveva accennato niente, ma sapevo che prima o poi sarebbe dovuta partire. E chissà per quanto tempo. Sentii un rumore di passi. Mi girai. Hermione.

“ Sapevo che ti avrei trovato qui” mi disse sedendosi accanto a me.

“ L’erba è bagnata” sussurrai avvertendola.

“ Non mi importa” affermò decisa. Mi guardò preoccupata. Vedevo l’ansia e la curiosità uscire da quegli occhi così belli che avevo imparato ad amare. Hermione mi faceva paura. Quando stava zitta. Ero sempre stato abituato a vederla parlare in continuazione… era spiazzante osservarla mentre era in silenzio.

“ Vuoi chiedermi come sto?” chiesi cercando di nascondere un amaro sorriso.

“ No, so benissimo come stai. Non c’è bisogno di chiedertelo” disse. L’affermazione mi colpì. Sapeva davvero quello che stavo provando? No, non poteva saperlo. Lei era figlia unica. Non sapeva cosa voleva dire perdere un fratello…

“ Tu non sai cosa si prova” riuscii a mormorare a denti stretti. Lei annuì.

“ Sì. Sfortunatamente lo so” ribadì.

“ NO, non lo sai!” urlai di botto facendola sobbalzare. Mi pentii subito di aver perso il controllo con lei. Fissai il terreno. Bella mossa, davvero. Adesso se ne sarebbe andata, maledicendomi, e non potevo neanche darle torto…

“ Invece sì. A Hogwarts” disse sottovoce. Non se ne era andata. Era rimasta lì vicino a me.

“ Quando Harry è… morto… insomma… ho sentito… un vuoto. Avevo perso un fratello. E so… come ci si sente” disse riuscendo a trattenere le lacrime. Lei si sapeva controllare. Io no. Complimenti, Ron, davvero. Sei un animale.

“ Sai, è buffo” dissi sempre non osando guardarla. “ Harry mi disse che per lui eri come una sorella.

“ Ed è la verità. Io e lui siamo fratelli, praticamente” affermò con un tono quasi saccente. Quanto l’adoravo quel suo tono.

“ Sì… ma questo non lo sapevo, no? Insomma… quando stavate insieme, nella tenda… ecco…

“ Ci dovevi arrivare da solo, Ronald. Non puoi pretendere che tutti ti dicano le cose come stanno. Nella vita ci vuole un po’ di intuito” affermò contrariata. Bene, l’avevo anche fatta arrabbiare. Dieci e lode, davvero.

“ Io… non sono come te…

“ Non serve avere tutti Eccezionale a scuola per capire certe cose!” rispose ormai irata.

“ Allora diciamo che non sono mai stato un tipo molto sveglio” ammisi. Lei sbuffò.

“ Già. Questo lo sapevo anche da sola. Dopo tutto quello che…” non riusciva ad andare avanti. Volevo fare qualcosa per consolarla. Qualcosa per dirle che per me era speciale, era importante. Le presi la mano. Alzai gli occhi. Stava piangendo. Ma non liberò la sua mano dalla mia. Restammo così. E in quel momento volevo solo dirle quanto ero cotto di lei, malgrado tutto. Lei sorrise tenendo gli occhi attaccati al terreno.

“ Che cosa devo fare con, te, Ronald?” chiese. Questa mi era nuova. Era come se si vergognasse di me. O come se si stesse autoaccusando. Il tono che aveva usato era quasi materno, quasi tenero. Non sapevo cosa dirle. Ma capii che stando in silenzio avrei fatto ancora di più la figura del cretino.

“ In che senso…?

“ Dove sbaglio? Dimmi… dove sbaglio? Perché mi fai questo? Mi maltratti, poi mi abbracci, mi prendi la mano, poi mi lasci da sola nella tenda, mi prendi in giro con Lavanda e poi mi dici che lei per te non era niente… dimmi cosa devo fare… dove sbaglio?” domandò. No. Non potevo permettere che si desse le colpe di ciò che non aveva fatto. Le presi il viso tra le mani, tremante. Lei non mi guardava. Preferì fissare lo sguardo in un punto indefinito, tendendo gli occhi bassi.

“ Sono io il problema, chiaro? Non dire mai più una cosa del genere. Tu sei… perfetta” dissi dando voce ai pensieri che mi sventravano ogni giorno. Scosse la testa.

“ Per niente proprio. Se fossi stata perfetta tu non te ne saresti andato…

“ Io ero un cretino. Lasciami stare, ok? Fammi restare nella mia ignoranza” dissi cercando di ironizzare. Dopo tutta l’apatia che mi aveva invaso in quei giorni, era bello sentirsi vivo. Sentire che la vita stava ricominciando a scorrere.

“ Dovresti compatirmi. Non auto commiserarti.

“ Non riesco a farne a meno” disse. Poi mi guardò. Mi guardò triste, supplicante, come se volesse sentire qualcosa uscire dalla mia bocca. Delle parole che non ebbi in quel momento il coraggio di pronunciare. Ma decisi di fare qualcosa. Qualcosa per farle capire ciò che non volevo dirle esplicitamente.

“ Sa che sono idiota, vero?

“ Ron, tu non…

“ Dai, ammettilo, sono un idiota. Pensa a tutti i torti che ti ho fatto e te ne auto convincerai” dissi. Lei ci pensò su.

“ Ok, sì, per certi versi sei un idiota” ammise. Sorrisi. Era quello che volevo.

“ E se ti dicessi che adesso sto per fare qualcosa mi molto molto stupido e da idiota… come la prenderesti?

“ Bhè, dipende.

“ E se mi avvicinassi…?” mi avvicinai.

“ Come la prenderesti?” domandai. Lei non rispose. I suoi occhi valevano più di mille parole. Fallo, diceva una voce nella mia testa. Ma non osavo. Non ce l’avrei mai fatta. La guardai quasi implorante. Doveva venirmi incontro, sennò non ce l’avrei mai fatta da solo. Come se avesse sentito i miei pensieri, si avvicinò. Ok, adesso toccava a me. Dovevo farlo. Per forza. Insomma… ero un uomo sì o no? No… ok, non ce la potevo fare. E se mi respingeva? Odiavo i suoi canarini…

“ Hermione…” sussurrai. Avevo le mani sul suo volto. Il momento era molto imbarazzante.

“ Io… posso?” chiesi esitante. Bene, mi avrebbe preso per stupido. Insomma, ma che domanda era? Lei mi fissò accigliata. Annuì lievemente. Mi si illuminò il mondo. Un miracolo. Poggiai goffamente le mie labbra alle sue. L’abbracciai. Lei rimase di sasso, così, immobile e ferma. Ma andava bene così. Non rispondeva al mio bacio, ma non mi respingeva. Era un inizio. Mi staccai, ancora folgorato da ciò che avevo fatto. Hermione rimase immobile.

“ Ron… quindi tu…?

Bene. Domanda da cinquecento mila galeoni. Bene… respiriamo… in fondo, non dovevo dichiararmi apertamente. Bastava dire un sì. Un semplice sì avrebbe risolto tutta la questione. Ma no, sarebbe stato troppo semplice. Nel profondo sapevo di doverle molto di più che un semplice sì.

“ Hermione…” iniziai imbarazzato.

“ Io… non voglio dire che è da quando ti ho vista sul vagone la prima volta, perché non sarebbe la verità, ma… è da quarto anno che sono innamorato di te. Dal Ballo del Ceppo. Già. Non che prima non mi piacessi. Ero piccolo e… scambiavo i miei sentimenti per te con l’avversione… quando ti stava per uccidere il Troll… sì, mi sono sentito speciale. Oppure… quando eri Pietrificata… bhè…  è stato orribile… quando abbiamo litigato per Crosta e Grattastinchi… o al Ballo… fortunatamente al quinto anno sono riuscito a controllarmi un po’… non volevo litigare con te come avevamo fatto l’anno precedente. E poi… l’anno scorso… con Lavana, McClaggen e compagnia bella… Devi capirmi! Era la prima ragazza che si interessasse a me! Un po’ come te e Krum!” esclamai. Lei restò immobile e pietrificata.

“ Mente quest’anno… bhè, ho cercato di fartelo notare in tutti i modi possibili e immaginabili, poi certo, tra l’Hocrux e tutto… ero geloso di Harry… non puoi biasimarmi per questo. Tu poi non mi hai mai dato segno di…” incominciai. Lei mi bloccò.

“ Questo lo dici tu. Ho pianto tutte le notti da quando ci hai abbandonato. Tutte. E al matrimonio… ti ricordi? Ti avevo fatto capire che per me… Ron… tu sei… un idiota” disse stavolta sorridendo. Mi sciolsi.

“ Comunque, io come al solito non avevo capito un accidente. Lo so, sono stupido, non posso farci niente. Ma… sono uno stupido…” ok, adesso dovevo dirlo. Ce la potevo fare. Non era poi così difficile. Presi un sospiro. “ …innamorato di te. Già. Uno stupido innamorato di te. E se me lo permetterai… bhè… io… insomma, hai capito” tagliai corto. Ok, per quel giorno avevo tirato fuori fin troppo sentimentalismo. Lei si avvicinò. Troppo. Mi prese per la maglietta, con un po’ troppa forza. E mi baciò. Mi baciò per bene, a lungo, con passione. Quasi non ci credevo. Dopo quella che parve un’eternità ci staccammo, ancora abbracciati.

“ Hermione, io…

“ Sh… zitto ora… parlo io. Io me ne sono accorta dopo. Dal quinto anno. Prima ti reputavo… un amico. Sì. Un caro amico. All’Infermeria, sai? Dopo l’Ufficio Misteri… quando stavi in Infermeria e non sapevo quando ti saresti rimesso. Io… non so… è successo tutto così in fretta.  Non ho avuto neanche il tempo di accorgermene alla fine. Non è passato tantissimo.

Ok, dovevo stare calmo. Quindi io…

“ Quindi io ti piaccio?” chiesi sorpreso. Mi diede una botta in testa.

“ RON, SEI UN IDIOTA!” esclamò. Sì, forse lo ero davvero. Ma lo interpretai come un sì. E quando vide la mia faccia da fesso sognante, aggiunse:

“ Vado a cercare Ginny…  starà pulendo la casa e voglio aiutarla!” disse alzandosi. La guardai mentre rientrava a casa. Con un po’ di fortuna, non avrebbe trovato Ginny. E forse sarebbe tornata qui.

 

 

  
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