La foresta era silenziosa, cupa
e molto vasta.
Facilmente ci si poteva perdere
tra quelle distese di alberi secolari, cespugli insidiosi, rovi e altre
diavolerie che la natura aveva creato per proteggersi. In pochi riuscivano ad
addentrarsi in profondità per attraversarla e ancor meno riuscivano ad uscirne
sani e salvi.
Quella foresta era il rifugio
della peggiore feccia dell’inferno, demoni, non morti, vampiri, si narrava
anche di lupi mammari e strane creature indescrivibili.
Ma poteva contare su Ami che, a
tracciare percorsi, era la più abile ed esperta del gruppo, si fidava
ciecamente di lei, i suoi studi si erano prolungati per anni nelle antiche
biblioteche del regno, aveva letto tantissimi libri, era un vero e proprio
pozzo di scienza, quando non stava china sulle mappe, prendeva i suoi
alambicchi e iniziava a studiare qualche veleno o altri strani intrugli di cui
lei non riusciva neppure a pronunciare il nome tanto era complicato.
Usagi guardò una dopo l’altra le
sue migliori amiche, tutte e quattro pronte a sacrificare la propria vita per
la loro causa.
Tutte avevano un motivo per
odiare Xazumi con tutte le loro forze.
Tutte avevano perso qualcuno amato
e, con loro, anche un pezzetto di loro stesse.
Ami e Minako avevano perso il
padre durante la prima guerra contro le forze demoniache di quel mostro, Rei
aveva perso il fratello, l’unico parente che gli era rimasto e Makoto aveva
perso il suo promesso sposo.
E poi c’era lei, suo padre non
era morto in battaglia, non aveva fratelli da piangere e neppure amati persi,
lei non era nessuno... non aveva nulla da perdere ma doveva ripagare quel
mostro con la stessa moneta con cui stava facendo soffrire la gente. Non
sopportava più di vedere le persone inerme davanti al potere distruttore di
Xazumi, non poteva più starsene con le mani in mano, non poteva più restare
solo a guardare mentre la gente moriva sotto i suoi occhi.
Quando aveva deciso di partire
l’aveva fatto contro il volere di molti, tutti le avevano urlato che era una
pazza, che non poteva neppure paragonarsi ai grandi poteri di Xazumi, non
sarebbe mai arrivata viva al castello nero del demone.
Molti avevano sostenuto che
scappava dal suo destino.
Al castello non ci era arrivata,
non aveva neppure sfiorato le Terre Maledette, ma aveva viaggiato con le sue
amiche per settimane, avevano combattuto, lottato, patito la fame e il dolore
per la lontananza dalle loro case.
Eppure avevano scoperto molto sul
loro nemico, avevano capito cosa lo spingesse a fare tutto quel male, avevano
capito come fermarlo... ma cinque ragazze non potevano farcela da sole.
Avevano bisogno d’aiuto.
Avevano bisogno dell’Alleanza.
E solo la Regina poteva
riallacciare i vecchi rapporti.
- Usagi tutto bene?
- Mmmh?
La ragazza si guardò attorno
smarrita, ancora intrappolata nei suoi pensieri.
Rei la stava guardando
attentamente, quasi preoccupata.
- Ti ho chiesto se stai bene. –
ripeté più lentamente.
- Sì, - rispose chiudendo gli
occhi e respirando l’aria satura dall’odore pungente della linfa degli alberi e
degli animali – stavo solo riflettendo.
Erano nella foresta da tre
giorni ormai, viaggiavano molto più lentamente di quanto sperassero, i cavalli
che stavano usando erano molto più adatti per percorrere lunghi percorsi di
corsa e non per cambiare percorso ogni due ore. Facendo così si stancavano
molto più facilmente e dovevano fermarsi in continuazione per farli riposare.
- Sei preoccupata per il nostro
ritorno a casa?- chiese alle sue spalle Makoto.
- Più o meno. – rispose Usagi
con un sospiro – Sto pensando a come affrontare la Regina.
- Credi che non ti darà ascolto?
- Sono certa che non mi darà
ascolto. – puntualizzò con un sospiro ancora più profondo.
- Abbiamo fatto un ottimo
lavoro. – constatò Ami – Perché non dovrebbe ascoltarci?
- Perché abbiamo disobbedito ad
un suo preciso ordine?- insinuò Makoto.
- Beh solo in parte a dire il
vero...- rifletté l’altra –infondo noi abbiamo l’ordine di proteggere...
- Silenzio. – ordinò Usagi
fermando il cavallo.
Tutte le altre ammutolirono e si
guardarono intorno.
- Rei. – fece Usagi portando una
mano all’impugnatura della prima spada.
- Non sento nulla. – rispose
pronta la ragazza afferrando due pugnali.
Ami prese una freccia e tese
arco mentre Makoto strinse la presa attorno al suo bastone.
Usagi si guardava attorno tesa,
aveva sentito solo un debole fruscio... solitamente non avrebbe dovuto
preoccuparsi ma quel bosco era ingannevole e dovevano tenere sempre aperti gli
occhi.
Un fruscio poco lontano le fece
scattare verso destra, tutte concentrate sul bersaglio, tutte all’erta e pronte
a combattere, i muscoli tesi pronti per lo scatto, le orecchie dritte alla
ricerca di qualche suono insolito, gli occhi sbarrati per captare anche il più
misero ed insignificante movimento.
Usagi respirava piano, cercava
di fare il meno rumore possibile, improvvisamente si sentì un rumore molto più
forte e un’ombra precipitò dal ramo di un albero e si accucciò a terra.
Stavano quasi per colpire quando
Ami fermò tutte.
- E’ Minako!
La ragazza bionda alzò lo
sguardo, tutte e quattro tenevano ancora puntate contro di lei le rispettive
armi.
- Ehi! – fece scandalizzata –
Tenete giù quelle armi!
- Maledizione a te Minako! –
imprecò sotto voce Usagi rimettendo a posto la spada – Fai più rumore quando
torni dalle tue vedette.
Minako era la più atletica e
veloce di loro, forse perché un suo antichissimo avo era un elfo.
Creature meravigliose gli elfi,
abili lottatori, forti, resistenti e dalla straordinaria bellezza. Minako aveva
solo una piccola parte di sangue elfico nelle vene, ma aveva ereditato la loro
velocità, la resistenza, la vista acuta e la loro bellezza. Ora non c’erano più
tracce di quelle creature così perfette, solo nelle canzoni dei menestrelli, in
qualche poesia e in alcuni racconti: le storie narravano di quanto fossero
felici sulla terra degli umani ma, col passare degli anni, gli uomini divennero
egoisti ed invidiosi verso al loro fortuna e li cacciarono dalle loro terre
costringendoli ad emigrare in zone irraggiungibili dall’uomo.
Minako amava le storie degli
elfi e raccontava sempre quella del suo avo, dell’amore che lo legava ad una
donna umana, della sua decisione di abbandonare le sue radici elfiche solo per
stare con lei, del loro forte legame e della dinastia che nacque con la loro
unione. Dal luogo dove venivano lei era una delle ragazze più gettonate:
ammirata dalle giovani fanciulle e amata da uomini di tutte le età.
Minako era un perno portante
della loro squadra, mentre loro proseguivano nel viaggio lei correva più
avanti, saltava sugli alberi e scrutava l’orizzonte per assicurarsi che la
strada fosse sicura.
- Tu dici sempre che devo esser
silenziosa per non farmi beccare!- tentò di giustificarsi lei andando verso il
suo cavallo che galoppava accanto a quello di Makoto.
- Sì, ma solo quando stai
spiando i demoni. – ribatté Usagi che non era arrabbiata ma solo spaventata
all’idea che avrebbe potuto far del male ad una sua amica.
- Mi stavo allenando! – rispose
l’altra salendo in groppa all’animale.
- Devi sempre avere ragione tu!
- Avanti basta scherzare. – fece
Ami – Minako cos’hai visto?
- Un accampamento dei soldati di
Xazumi a un paio di miglia da qui, verso nord.
- Cioè vicino alle terre di Re
Tobias. – ragionò Ami prendendo il taccuino e segando quella nuova nozione –
Fino ad ora non si erano mai addentrati così in profondità.
- Magari staranno cacciando. –
presuppose Makoto.
- No, - rispose Minako – era
come se stessero cercando qualcuno. Continuavano a borbottare strane frasi
nella loro stupida lingua.
- Che genere di frasi?- chiese
immediatamente Rei.
La ragazza bionda provò a
ripetere quello che aveva sentito, più che altro erano grugniti e strani versi
rauchi che, se sentiti la prima volta, potevano esser molto divertenti.
- Allora cosa vogliono dire
Rei?- domandò Ami che aveva estratto dalla borsa la sua immensa mappa.
La ragazza mora socchiuse gli
occhi traducendo le frasi che aveva sentito.
- Beh.. é molto confuso...
Minako non é stata molto brava a ripetere le frasi.
- Grazie mille!- fece offesa
l’altra.
- Da quello che ho capito:
qualcuno é scappato dalle terre di Tobias, qualcuno che stavano spiando da
giorni... e che Xazumi vuole la sua testa mozzata ai suoi piedi.
- Non c’é modo di sapere chi sia allora. – valutò Minako – Sono
molti i nomi sulla lista nera di Xazumi.
- Ami, - fece Usagi che aveva
ascoltato tutto il racconto in silenzio – quanto ci porta fuori strada questa
nuova deviazione?
La ragazza scese da cavallo e
aprì completamente la cartina, prese le sue penne, l’inchiostro e i numerosi
suoi strumenti per segnare il percorso e calcolare il tempo.
- Credo che ci vorrà un po’ di
tempo. – sorrise Usagi notando la precisione con cui Ami segnava ogni
cambiamento – Makoto ci accampiamo qui.
- Perfetto... giusto un’ora fa
mi é venuta in mente una ricetta per stasera. – sorrise e si strofinò le mani
scendendo dall’animale – Avevo proprio voglia di provarla.
Usagi annuì e scese anche lei da
cavallo:
- Rei, Minako...- fece osservando
le due interpellate – cercate di capire se i demoni si bloccheranno con le
ricerche per la notte e cercate di capire chi cercano. Se é dalla parte nostra
potremmo collaborare.
Le due ragazze annuirono e si
addentrarono nel bosco in silenzio.
Usagi prese le tende dalla borse
appese sui fianchi degli animali e iniziò a preparare l’accampamento, le sue
amiche erano fondamentali, senza di loro non sarebbe neppure sopravvissuta un
giorno intero.
Minako non era l’unica ragazza
“speciale” tra loro, anche Rei aveva doni speciali.
Ma, a differenza della prima,
nelle vene di Rei circolava sangue demoniaco.
Da piccola, quando i demoni
avevano iniziato la guerra, era stata morsa. Solitamente i morsi dei demoni
sono letali ma, miracolosamente, la bambina si riprese. Inizialmente non si
vide nessun cambiamento ma, con l’arrivo dell’adolescenza, Rei si era resa
conto di riuscire a sentire le auree malvagie dei demoni, capiva la loro strana
lingua di ruggiti e, con i demoni più deboli, riusciva anche ad entrare nelle
loro menti. Fortunatamente il sangue infetto del demone non aveva attaccato
anche il suo cuore puro e la sua anima innocente.
Ognuna di loro era importante,
anche Ami con la sua intelligente fuori dal comune e Makoto con la sua forza
pari solo a quella di un uomo.
Ognuno era fondamentale nella
squadra.. forse, l’unica che non aveva un ruolo ben delineato, era proprio lei.
Aveva seguito per anni i
suggerimenti di persone più esperte di lei, aveva lasciato la sua esistenza
nelle mani di gente di cui si fidava, aveva lasciato che ognuno prendesse una
decisione al posto suo... fino a quando non aveva capito che era stata solo una
marionetta, uno strumento da usare come si vuole.
Allora si era ribellata, aveva
spezzato le catene che la tenevano imprigionata, aveva iniziato una vita di
combattimenti, aveva preso la sua strada... eppure qualcosa dentro di lei
urlava che non era ancora finita.
***
- Quanto mi fanno schifo i
ragni!- esclamò con una smorfia disgustata Zoisite togliendosi l’ennesimo
aracnide a otto zampe dalla spalla.
- Femminuccia. – lo prese in
giro Kunzite con un sorriso beffardo sulle labbra sottili – Per fortuna sei il
generale di un esercito.
- Cosa ci posso fare se mi
terrorizzano? – cercò di giustificarsi l’altro diventando paonazzo – E,
comunque, combatto contro i demoni... non contro i ragni.
- Devi ammettere che i demoni
sono molto più brutti dei ragni!- sorrise Jadeite che cercava di non ridere.
- Loro non hanno otto zampette
pelose... non camminano silenziosamente verso di te... –Zoisite rabbrividì tornando a concentrarsi
sulla bussola che portava al polso.
Mamoru scosse il capo non
sapendo se ridere o pingere: Kunzite e Zoisite trovavo un argomento su cui
discutere ogni minuto, anche mentre combattevano.
Il generale si guardò attorno
scoraggiato, avevano preso la strada più lunga per arrivare al Regno Argentato,
una volta era sufficiente attraversare le loro terre ora, con tutti quei
nemici, erano costretti e superare il regno passandoci accanto, attraversando
la Valle Rossa e risalendo lungo il fiume Sang... insomma una bella
scampagnata! Senza contare che i demoni avevano attaccato il palazzo la notte
stessa in cui avevano deciso di partire, erano riusciti a scappare ma non
avevano portato con loro molte provviste... detto in poche parole: erano in
guai seri.
- Zoisite quanto ci vorrà per
uscire da questo posto?- chiese Mamoru guardandosi attorno circospetto.
Il generale scrutò a lungo
davanti a se, osservò un attimo la mappa che possedeva, scrisse quattro conti
su un misero foglio di carta e poi sospirò scoraggiato.
- Una settimana.... se tutto va
bene.
- Il che vuol dire se i demoni
non ci trovano e non siamo costretti a cambiare percorso, esatto? – disse
Nephrite.
- Sì, esatto. – confermò
l’altro.
- Fantastico. – mormorò
sarcastico l’amico – Solitamente adoro le foreste ma questa mi mette i brividi.
- Cerchiamo di marciare il più
possibile. – disse Mamoru risoluto – Più andremo avanti, più i nostri nemici si
stancheranno di cercarci. Se siamo fortunati potrebbero anche pensare che siamo
morti qua dentro.
- I cavalli sono stanchi Mamoru.
– valutò Jadeite – Non andranno avanti ancora per molto.
- Cerchiamo di fare tutti uno
sforzo, va bene?
Gli altri annuirono in silenzio,
si fidavano di Mamoru e l’avrebbero seguito ovunque pur di aiutarlo.
Ricordava perfettamente il
momento in cui aveva conosciuto gli altri quattro.
Kunzite era stato il suo primo
vero amico, forse era per questo che aveva più confidenza con lui rispetto agli
altri, era stato il primo con cui si era aperto. Solitamente era circondato da
persone che annuivano di fronte a qualsiasi cosa lui dicesse, Kunzite era
diverso, non aveva paura di dire la propria versione, non esitava a dire no. Se
stava facendo una stupidaggine lui glielo diceva, amava questa sua sincerità,
questo suo modo di dire le cose come stanno realmente.
Poi c’era Jadeite, il figlio
timido del primo capitano delle guardie di palazzo, conosciuto quando aveva
solo dieci anni.
Suo padre sognava un grande
futuro da soldato per il figlio, ma Jadeite estraeva una spada solo se
costretto a lottare, é molto più pacifico. Un disonore per il padre... lui lo
ammirava per i suoi modi pacati e per la sua razionalità.
La versione opposta di Jadeite
era Nephrite; impulsivo e molto testardo, un vero e proprio soldato. Lui veniva
da una famiglia povera del regno, era entrato nell’esercito solo per poter
sfamare la madre malata. Quando questa é morta Nephrite si era reso conto che
il lavoro del soldato gli piaceva parecchio, che non lo faceva solo per i soldi
ed era rimasto, si erano avvicinati quando avevano sedici anni entrambi. Lui
era stato il primo soldato a batterlo a duello, da quel giorno si erano sempre
allenati assieme imparando molto l’uno dall’altro.
L’ultimo arrivato del gruppo era
Zoisite, conosciuto durante una noiosissima festa di politici e diplomatici,
avevano solo diciotto anni. Zoisite era venuto come ambasciatore di una delle
colonie del regno e non sapeva neppure come comportasi visto la giovane età.
Mamoru l’aveva avvicinato perché con gli altri si sentiva a disagio, avevano
parlato molto, tutta la sera instaurando subito una buona complicità.
Fu qualche mese dopo che si rese
conto che il gruppo dei quattro generali si era formato quasi in autonomo.
Ora erano uniti, avevano lottato
assieme, avevano protetto il palazzo fino all’ultimo ma era arrivato il momento
di abbandonare il regno e chiedere aiuto alla Regina.
Già.. la Regina... lui ricordava
solo un’immagine sfuocata di quella donna.
Ricordava d’averla vista quando aveva sei anni, durante una festa.
Improvvisamente sentì un
formicolio salirgli lungo le gambe, inizialmente diede la colpa al troppo
cavalcare ma il suo cervello gli stava giocando un brutto scherzo... era come
se avesse avuto ancora sei anni.... era a quella festa, seduto accanto al
padre... la Regina si era avvicinata a lui, gli stava sorridendo mostrando i
denti perfetti e bianchi come l’avorio più prezioso. Indossava una lunga veste
celeste, era bellissima, una luce argentata l’avvolgeva come un caldo
abbraccio, in testa portava una slendida corona d’argento, finemente lavorata a
mano, un diamante grosso come una noce stava al centro e brillava riflettendo
la luce del sole.
Si sentiva così intimorito da
quella donna, il potere che emanava era palpabile, la vide alzare una mano ed
accarezzargli una guancia.
- Diventerai un grand’uomo... –
aveva mormorato con la sua voce melodiosa.
Il suo tocco era caldo... come
se fosse di fuoco puro... aprì di nuovo la bocca ma la voce che uscì non era
proprio quella della Regina.
- Terra chiama Mamoru.... Terra
chiama Mamoru... rispondi Mamoru...
Il comandante sbatté un paio di
volte le palpebre disorientato, ritrovandosi all’improvviso nella foresta.
- Chi? Cosa? Come? – mormorò
chiudendo gli occhi per riordinare le idee.
- Benissimo, - borbottò Kunzite
sarcastico – abbiamo perso Mamoru.
- Ehi stai bene?- chiese più
gentilmente Jadeite.
- Sì...- balbettò l’altro
passandosi una mano tra i capelli – devo solo esser stanco.
- E’ meglio accamparci qui. –
fece Nephrite saltando giù da cavallo – Io vado a prendere la legna per il
fuoco, dovremmo esser abbastanza lontani dai demoni, non ci vedranno.
- Io preparo le tende. – fece
Zoisite.
- Io lego i cavalli. – echeggiò
Jadeite.
- Mamoru... – sussurrò Kunzite
avvicinandosi all’amico che nel frattempo si era seduto ai piedi di un albero –
sei sicuro di stare bene?
- Tranquillo Kunzite, - mormorò
con un debole sorriso – sono solo stanco.
- Eppure non mi sembri stanco.
- Mi fai anche da madre adesso?-
scherzò lui tirandosi in piedi – Sto bene ti dico.
- Come vuoi tu. – fece l’altro
più sollevato – Andiamo a dare una mano Zoisite... prima che arrivi un ragno
facendolo urlare come un matto.
- Vi raggiungo subito. – gli
rispose Mamoru osservando l’amico che raggiungeva Zoisite per montare le tende,
fece un profondo respiro e si appoggiò all’albero ancora intontito, fino a quel
momento non aveva mai ricordato i particolari del suo incontro quel quella
donna, era troppo piccolo per ricordare cosa gli avesse detto o come era
vestita. Eppure, in un attimo, aveva ricordato ogni particolar... era stato
travolto da quei ricordi.
La Regina segnava sempre le
persone che incontrava... questo si diceva nel mondo, dicevano che ti
entrava dentro era come se ti marchiasse nel profondo, non vi aveva mai ceduto
realmente ma, dopo questa specie di visione, dovette ricredersi.
Non era mai stato sicuro al
cento per cento di quello che stava facendo, non era certo che la Regina fosse
abbastanza potente per aiutarli, ma ora non aveva più dubbi.
Solo lei poteva porre fine a
quella storia.