Titolo: Pacem Appellant
Autore:
Nemeryal
Fandom: Axis Power Hetalia
Rating: Arancione
Genere: Drammatico,
Storico, Slice of Life, Angst
Avvertimenti: Shonen-Ai, Missing
Moments, Slash, Het
Personaggi: Gupta Muhammad Hassan/Egitto, Romanus; Romulus Lucius Octavianus/ Impero Romano, Mamma Egitto, OC!Ammone Tolomeo/OC!Regno Ellenistico d’Egitto
Pairing: RomanusxMamma Egitto, Ammone TolomeoxRomanus
Trama: Ma quegli occhi, quegli occhi,
non posso sostenerne la vista! Quegli occhi che decretarono la mia caduta!- si
accasciò contro il petto di Gupta, che rimase allibito, incapace di stringere a
sé l’antico Regno.
-Occhi, fratello? Di che occhi parli?- -Occhi
potenti, uno sguardo di sventura. Occhi di cui divenni schiavo, credendo di
esserne padrone- (…)-Chi ti ha fatto questo?- esalò Egitto.
Un sorriso rassegnato sollevò le labbra di Ammone
-Il giogo di Roma-
Dedica: a Silentsky, che ci porti fortuna per la Simulazione di Terza
Prova di Lunedì!
Note: Eccomi qua, tornata
con un’altra Long Fiction dedicata ad Impero Romano. E visto che io sono una
pazza sclerata, ecco che al suo fianco appare un altro OC! (Senza contare i
personaggi realmente esistiti, tra i quali spiccheranno Giulio Cesare,
Cleopatra e Marco Antonio), ovvero, Ladies and Gentlemen, fate tutti un applauso
ad Ammone Tolomeo, Regno Ellenistico d’Egitto!
Ma bando alle cianciate e diciamo
qualcosa di più serio: detto papale papale, in poche, pochissime parole, questa
Long Fiction tratterà degli ultimi anni del Regno Ellenistico d’Egitto, ovvero
dall’arrivo di Pompeo nel 48 a.C., fino alla caduta d’Egitto nel 31 a.C., con
la Battaglia di Azio.
In verità tutto questo doveva essere
parte di una Long Fiction più lunga riguardante tutti i Regni Ellenistici e la loro progressiva caduta nelle mani
di Roma, ma mi sono resa conto di non essere in grado di scriverla. Quindi mi
sono limitata ad una piccola porzione, ad un lato di storia che mi è più “congeniale”.
Ciò non toglie che il prologo dell’altra fic verrà comunque pubblicata come One
Shot a sé stante. No, nemmeno Alessandro Magno e l’Impero Macedone possono
sottrarsi alla mia follia.
Vi invito comunque ad andare a
guardare le note storiche a fondo pagina ^V^ (sono tutte riguardanti l’Ellenismo,
la morte di Alessandro Magno e la nascita dei Regni Ellenistici, le ho messe
giusto per farvi capire meglio l’ambientazione)
Il titolo è preso da una sententia contenuta nel discorso di
Calgaco (Agricola, 30. Opera di Tacito):
Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant ([I
Romani] dove fanno il deserto lo chiamano pace)
Per ora il Rating è arancione,
potrebbe sfociare nel Rosso [Non tanto per scene esplicite di sesso, nonostante
l’avviso Slash, quanto per quello che succederà negli ultimi capitoli. No, non
sarà piacevole. Né per Ammone, né per Mamma Egitto, né per Romanus]
Bon, vi lascio al prologo (piuttosto
corto, ma serve giusto a presentare un poco la situazione e il nuovo
personaggio)
Buona Lettura!
Wordcounter: 736 (esclusi titolo e note)
~Musica: Hope’s Theme – Final Fantasy
XIII
~ { Pacem Appellant } ~
~***~
{ Prologo
Capitava spesso che
Feliciano Vargas venisse a trovare Gupta.
Egitto apprezzava le
visite dell’Italiano, molto meno le mani sudaticce dei turisti cicaleggianti
che toccavano senza ritegno i geroglifici di sua Madre. Gupta aveva tentato di spiegare
alla Nazione Italica che i geroglifici erano sacri, che non dovevano essere toccati per nessuna ragione, ma invano. Uomini, donne, bambini, tutti
toccavano tutto, e sotto le loro dita si liberavano le catene che tenevano imprigionato
un leone ruggente o facevano volare via un’anatra, la preda che da millenni il
cacciatore dalle pelle arsa dal sole cercava di fare sua1.
Capitava spesso che
Feliciano Vargas venisse a trovare Gupta.
Ogni volta che accadeva,
lo spirito di Ammone Tolomeo2 ritornava tra le sabbie del deserto,
rifiutandosi di parlare al fratello minore fino a quando l’Italiano non fosse
ritornato in patria.
Ammone Tolomeo, lo scomparso Regno Ellenistico d’Egitto, era
uno spirito che solo Gupta era in grado di vedere: era suo fratello maggiore, l’unico che
potesse descrivergli lo splendore della loro defunta Madre, anche se spesso e
volentieri si perdeva a narrare di Callimaco e della Regina Berenice3,
e di Teocrito e delle feste in onore di Adone e di come il poeta Siracusano ne
fosse stato talmente affascinato da scrivere un mimo a riguardo4.
Gupta non lo interrompeva
mai, perché in qualche modo lo spirito di Madre Egitto aleggiava sempre in quei
racconti, e poi nemmeno gli dispiaceva ascoltare storie che tanto ricordavano
quelle di Heracles.
Ma tutti i racconti di
Ammone avevano un limite: non andavano mai oltre la guerra nata tra Cleopatra
VII e suo fratello, Tolomeo XIII.
Quando era più piccolo,
Gupta lo aveva implorato tante volte di andare avanti, artigliando i lembi
della sua veste candida, ma l’altro non aveva mai ceduto, anzi, mentre lo
rimetteva in piedi –Ammone Tolomeo era
uno spirito fatto di sabbia che danzava silente sulle dune d’Egitto, e il
bambino non poteva afferrarlo. Le manine stringevano solo il vuoto, un vuoto
terribile, che gli ricordava ogni volta quanto fosse solo- il suo volto,
solitamente bello e giovale, con gli occhi d’un colore diverso l’uno dall’altro,
si adombrava e la rabbia e la vergogna storcevano le sue labbra.
Gupta aveva imparato a non
chiedere più.
Ascoltava Ammone, si
addormentava davanti ad un focherello acceso tra le dune, con Inep5 accoccolato al fianco,
una coperta sulle spalle e la voce del fratello che lo cullava, lo abbracciava
in spire di sabbia dorata e lo riportava agli antichi fasti d’Egitto. E lui
allora riabbracciava sua Madre, che sapeva d’incenso e tintinnava di sistri, sua Madre dai
piedi nudi ed il collare d’oro, coi capelli d’ebano e le caviglie adorne di
gioielli scintillanti.
Accadde, però, che un
giorno Gupta non riuscisse più a sopportare il silenzio del fratello; salutò
Feliciano Vargas con tutta la cortesia e l’accortezza possibili, poi corse nel
deserto, affondando i piedi nella sabbia e cadendo e rialzandosi più volte. Inep gli
trotterellava accanto ed un falco dalle ampie ali fischiava sopra la sua testa.
Trovò Ammone inginocchiato
a terra: la sabbia si alzava attorno a lui, si attorcigliava, gemeva, esplodeva
con uno schiocco, lacrime dorate gli
scendevano dal viso, si insinuavano fra le dita evanescenti, picchiettavano a
terra, e le spalle, le belle spalle, coperte dell’abito candido, tremavano,
chicchi giallastri cadevano da esse, rimbalzando sulle dune.
Gupta gli si avvicinò,
facendo attenzione a non venir colpito dai refoli sabbiosi.
-Fratello..- mormorò, inginocchiandosi
–Fratello, perché piangi?-
Ammone alzò il viso d’oro
e di lacrime, mordendosi le labbra e stringendo forte le spalle del minore
-Adelphòs, adelphòs6!- gridò, l’ampia fronte aggottata e
i capelli scarmigliati –Troppi ricordi, adelphòs!
Non è colpa tua e neppure del giovane cui t’accompagni spesso! Ma quegli occhi,
quegli occhi, non posso sostenerne la vista! Quegli occhi che decretarono la
mia caduta!- si accasciò contro il petto di Gupta, che rimase allibito,
incapace di stringere a sé l’antico Regno.
-Occhi, fratello? Di che
occhi parli?-
-Occhi potenti, uno
sguardo di sventura! Occhi di cui divenni schiavo, credendo di esserne padrone!-
Ammone si scostò dal minore e lasciò cadere le braccia. Rimase in silenzio per
alcuni istanti, poi prese un profondo respiro e piegò il collo.
Gupta dovette trattenersi
dal lanciare un grido: sulla pelle dorata dell’altro, lì, poco sopra la
clavicola, due segni, forse di mani, forse di corda, spiccavano lividi, bluastri.
-Chi ti ha fatto questo?-
esalò Egitto.
Un sorriso rassegnato
sollevò le labbra di Ammone
-Il giogo di Roma-
{~***~}
1Tale era, secondo gli Antichi Egizi, il potere dei
geroglifici. Toccarli significava disperdere la magia contenuta nei segni. Per
questo i geroglifici dovevano essere perfetti al millimetro: sbagliare anche
solo un tratto avrebbe significato liberare una belva feroce o far fuggire
qualche preda o, peggio, far sbagliare all’anima del defunto le formule per
accedere all’Amenti.
Che a me
non piace nulla. Berenice, terza moglie del Faraone Tolomeo III l’Evergete
Note Storiche
-
A Proposito dell’Ellenismo
Col
termine Ellenismo Gustave Droysen, nella sua opera “Storia dell’Ellenismo”,
designa il periodo che va dalla morte di Alessandro Magno (323 a.C.) alla
Battaglia di Azio (31 a.C.)
Il
periodo è caratterizzato dalla diffusione della cultura greca nei territori
locali, da un progressivo accentramento del potere nelle mani di un unico
sovrano (si dice che il cittadino passi dalla condizione di Polites a Idiòtes, che non si interessa, cioè, della sfera pubblica). Nasce
il fenomeno dell’evergetismo (mecenatismo),
la cultura si fa sempre più elitaria, vi è la diffusione della koinè diàlektos (la lingua comune), un
forte progresso scientifico, matematico, astronomico e medico. L’età
ellenistica è detta anche “civiltà del
libro”: il rotolo di papiro diviene il massimo veicolo di diffusione
culturale e si arriva definitivamente ad un sistema di composizione e
trasmissione scritta dell’opera letteraria e scientifica. Nascono le biblioteche (le più importanti sono
quelle di Alessandria d’Egitto e di Pergamo) e discipline specialistiche come
la filologia. [si ringrazia
quella magnifica donna che è la mia prof di latino e greco per gli appunti e le
spiegazioni]
-
A Proposito di Alessandro Magno
Non
credo che ci sia molto da dilungarsi si questa figura: bene o male, le sue
grandi gesta le conosciamo tutti (o la maggior parte). Nato a Pella nel 356
a.C., figlio di Filippo II di Macedonia, gli succede al trono nel 336 a.C.,
quando il padre viene assassinato a Ege. In 12 anni conquista l’Impero
Persiano, l’Asia Minore, l’Egitto, gli attuali Pakistan, Afghanistan e India,
ma muore nel 323 a.C., forse avvelenato, forse per una cirrosi epatica dovuta
al troppo vino, lasciando un figlio ancora in fasce e un fratellastro insano di
mente. Il Grande Regno di Alessandro cadde così nel caos delle lotte intestine
tra i suoi comandanti.
-
A Proposito dei Diadochi
I
Diadochi furono i generali di Alessandro che, dopo la sua morte, si contesero
con aspre battaglie (le sei guerre dei Diadochi) i resti del suo enorme Impero.
Perdicca,
cui Alessandro, in punto di morte, affidò il sigillo reale dicendo di darlo
(secondo la tradizione) “Al migliore”, decise di attendere la nascita del
figlio di Rossane e Alessandro. Il bimbo nacque, gli venne dato il nome di
Alessandro IV e Perdicca governò in sua vece, dividendo il regno in satrapie,
per tenere lontani da Babilonia i generali:
- -Antipatro divenne stratega d’Europa
(Macedonia e Grecia)
- -Tolomeo ebbe l’Egitto
- -Lisimaco la Tracia
- -Eumene di Cardia la Cappadocia e la Licia
- -Antigono Monoftalmo Panfilia e Pisidia
- -Cratero si preoccupò delle finanze
della parte Macedone, mentre Perdicca
della parte militare
- -Seleuco divenne il comandante degli Eteri (cavalleria delle regioni
montuose del Regno di Macedonia)
Ma questa
spartizione del potere portò presto al malcontento di chi voleva vedere i
propri confini espandersi e raggiungere le vette del vecchio Impero di
Alessandro. Varie e terribili furono le lotte intestine (nel 321 a.C. Perdicca
venne assassinato e al suo posto venne messo Antipatro che ucciso Rossane, i
due figli di Alessandro, sua madre Olimpia, la sorella Cleopatra, la
sorellastra Euridice e il fratellastro Filippo).
Quando
le guerre tra i Diadochi cessarono, i Regni stabili furono i seguenti:
-
Regno d’Egitto,
guidato dai Tolomei
-
Regno di Macedonia,
guidato dagli Antigonidi
-
Regno di Siria,
guidato dai Seleucidi
-
Regno di Pergamo,
guidato dagli Attalidi
Il
primo a cadere sotto il dominio romano fu il regno di Siria, nel 189 a.C. con
la battaglia di Magnesia; l’ultimo fu l’Egitto, con la battaglia di Azio.