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Autore: Macchia argentata    17/04/2011    14 recensioni
Parigi non è più un luogo sicuro per la nobiltà: un misterioso Cavaliere dal volto coperto ha iniziato a saccheggiare l’aristocrazia per favorire il popolo. Oscar è sulle sue tracce, e una notte, scorgendo una figura in nero che si aggira sui tetti di Parigi, crede di aver finalmente messo le mani sul tanto discusso criminale. Ma l’uomo da lei catturato si rivelerà essere ben altro che un ladro. Chi è il Cavaliere dalla piuma bianca? E in che modo opererà nelle vite di Oscar e Andrè?
Mi avvicinai a lui: “Siete un tipo bizzarro. Un originale dei più strambi…Con voi si imparano strane cose.” L’uomo mi scrutò, portandosi una mano al mento. “Potreste avere ragione, dopotutto. Sapete cosa ho pensato? Scriverò un libro.” Portò la mano davanti a sé, disegnando un arco nell’aria, “Storia della mia vita. Che ve ne sembra?”
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alain de Soisson, Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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casanova 2 - Una nuova sfida

Aprii gli occhi, lentamente, e dovetti richiuderli subito dopo, a causa di un beffardo raggio di sole che, insinuandosi da una fessura tra le tende, aveva scelto proprio il mio volto per posarsi insolente.
Mi mossi cauto, e distolsi il viso dalla fonte di calore.
Avvertivo un dolore insistente al braccio sinistro, e una certa difficoltà di movimento dovuta sostanzialmente ad un qualche tipo di medicazione che una mano caritatevole doveva avervi apposto.
Mi avevano sparato, ora ricordavo.
Provai a riaprire gli occhi, e osservai confusamente l’ambiente che mi circondava.
Si trattava di una suntuosa camera da letto: pareti color crema sulla quale si rincorrevano elaborati motivi floreali e mobili color avorio dalle rifiniture in oro, compreso il letto a baldacchino sul quale ero adagiato, dalle pesanti tende in broccato in tinta col resto dell’arredamento.
Dovevo ammettere che il proprietario aveva buon gusto, oltre che un ottima mira.
Poco distante da me, vicino ad un’ampia finestra parzialmente coperta dalle tende, una minuta signora anziana stava discutendo con un giovanotto dai capelli corvini.
Mi sollevai dai cuscini, per quanto il dolore al braccio me lo permettesse e provai a schiarirmi la gola nel tentativo di attirare la loro attenzione.
“Deve essere un pezzo grosso, nonna, guarda che scarpe! Pelle di capretto e fibbia dorata…”
“Che il cielo ci protegga! Madamigella Oscar ha sparato ad un gentiluomo…speriamo che non se ne abbiano conseguenze gravi…”
“Scusate…scusate, signori…”
La vecchia signora e il giovanotto si voltarono immediatamente verso di me, e vidi il ragazzo posare repentinamente a terra una delle mie scarpe.
“Oh, si è svegliato, Monsieur!” Esclamò la vecchina, arrivando di volata al mio fianco. “Il medico è andato via qualche ora fa…ha detto che non dovete preoccuparvi, sebbene la ferita possa darvi qualche fastidio, i primi giorni, guarirà in fretta perché il proiettile vi ha colpito solo di striscio. Siamo così rammaricati per questo increscioso incidente…”
Guardai il suo volto paffuto e apprensivo, dietro ai rotondi occhialini di corno, e decisi che la vecchietta mi piaceva.
“Madame, non dovete angustiarvi per me, siete forse un angelo caduto dal cielo per prestarmi soccorso? Ve ne sono immensamente grato…” Le presi una mano tra la mia e mi esibii in un discreto baciamano.
La povera signora arrossì fino alla radice dei canuti capelli.
“Oh…Oh…Ma, Monsieur, non sono che una governante!”
Il giovanotto nel frattempo si era avvicinato, e riconobbi in lui l’uomo che accompagnava la bizzarra quanto mai intrigante donna che mi aveva sparato quella notte.
Aveva un’aria nobile, nonostante gli abiti piuttosto dismessi, e un portamento fiero, oltre che un volto discretamente affascinante.
“Mi ricordo di voi.”
“Sono desolato, Monsieur, per quanto accaduto ieri sera. Madamigella Oscar, che ha accidentalmente provocato la vostra momentanea indisposizione, si augura che possiate accettare la sua ospitalità in cambio del contrattempo causatovi, almeno finché non vi sarete completamente rimesso…”
“Madamigella Oscar, dunque, deve essere quella singolare dama abbigliata con abiti maschili.”
Il giovanotto si mosse, piuttosto a disagio.
“E’ il capitano della Guardia Reale, e la padrona di questa casa. Non è avvezza a gesti imprudenti come quello che vi ha causato tanto disturbo la notte passata, ma dovete capire che si tratta di una situazione piuttosto particolare, cui vi siete trovato coinvolto vostro malgrado…”
“Certo, capisco. Il ladro.” Annuii, dopodiché mi lasciai sprofondare nei cuscini, riflettendo.
Avevo speso i miei ultimi soldi per il costume e la maschera che avevo usato per far visita alla graziosa Madame Musset,la notte prima, e non avevo la più pallida idea di dove si fosse cacciato quel buono a nulla di Michelino, cui avevo dato l’ordine di contrattare con l’affittacamere dell’infima topaia in cui alloggiavamo per riuscire a strappargli un’ulteriore settimana di pernottamento, sebbene non avessimo ancora del tutto saldato i conti degli ultimi giorni.
La situazione non era delle migliori, e il colpo di proiettile cadeva a fagiolo.
“Dopotutto, sebbene avessi affari di una certa importanza da concludere, credo che accetterò la vostra gentile offerta di lasciarmi ristabilire nella vostra tenuta. Del resto, concorderete con me, non posso rischiare di allontanarmi in simili condizioni ed espormi ad una ricaduta, non trovate?”
“Assolutamente, Monsieur.” Assentì il giovane. Si esprimeva nel più raffinato dei modi, sebbene ormai mi avesse lasciato intendere quale fosse il suo ruolo all’interno di quella casa. Tuttavia, nonostante l’estrema cortesia, avvertivo un leggero sottofondo di diffidenza nelle sue parole.
Era qualcosa di estremamente infinitesimale e sotterraneo, ma mi ero sempre fatto un punto d’orgoglio di questa capacità di cogliere le più lievi sfumature nell’animo umano.
In fin dei conti, quel giovane, sebbene gentile e disponibile, non aveva affatto voglia di avermi tra i piedi ed occuparsi della mia convalescenza.
“Ho un ultimo favore da chiedervi, se avrete la cortesia di accontentarmi.”
Il giovane e la vecchina annuirono contemporaneamente.
“Naturalmente, Monsieur.”
“Devo contattare il mio servitore personale, per farlo giungere qui a…”
“Palazzo Jarjayes.”
“Il Generale François Augustin Reynier de Jarjayes?”
“Esattamente.”
Dunque, l’intrigante signorina era la figlia del Generale? Avevo sentito, di lui, che era un tipo sui generis…
“Si, bene. Mi servono carta e penna, cortesemente, e un messo che consegni la mia busta.”
“Avrete tutto quanto richiesto, Monsieur.” Il giovane si volse verso l’anziana governante “Ci pensi tu, nonna?”
“Nonna? E’ vostra nonna quella deliziosa signora?” Chiesi senza pensarci, mentre l’arzilla vecchina si allontanava in un frusciare di gonne.
Il giovane annuii.
Sospirai.
“Avevo anch’io una nonna.”
‘Che idiozia, Giacomo, tutti hanno avuto una nonna.’
“Era una persona molto speciale, sapete…Mi ha praticamente cresciuto.” Aggiunsi, per correggermi.
Vidi lo sguardo del ragazzo farsi più attento nei miei confronti.
Forse, avevamo in comune più di quanto immaginasse.

Mio caro e fedele Michelino,
E’ il tuo signore che ti scrive, Giacomo Casanova, Cavaliere di Seingalt.
Dovresti, cortesemen…

Il giovanotto dai capelli corvini, che aveva sbrigato alcune faccende intorno al mio letto mentre scrivevo le prime righe, si allontanò portando con sé la caraffa d’acqua e il bicchiere dal quale mi ero appena servito.
Cambiai foglio.

Michelino, dove ti sei cacciato?Mi hanno sparato.
Sono ferito, ma sto bene. Spero che tu sia riuscito a gabbare l’oste della locanda, e a non scucire un centesimo di quei pochi che ci restano. Ad ogni modo, adesso non serve più che ti danni l’anima: abbiamo vitto e alloggio gratis, finché non mi sarò rimesso. Sarà una lunga convalescenza, come puoi ben immaginare. Prendi tutte le nostre cose e recati all’indirizzo che ti annoterò di seguito, ma prima lavati e vestiti con i vestiti ‘da bene’, quelli che hai indossato per il ricevimento dei Mouffet la settimana scorsa. Devi sembrare una persona per bene, mi raccomando.
Tuo Giacomo.

Sigillai la cera lacca che avevo lasciato gocciolare sulla busta con lo stemma del mio anello, e consegnai il messaggio nelle mani di un valletto che era stato fatto chiamare apposta. Dopodiché mi allungai tra i cuscini, respirando l’odore di pulito delle lenzuola e assaporando il piacere del dolce far niente.
Era quella la vita che avevo sempre desiderato.

Quel pomeriggio l’anziana e deliziosa signora, ch,e mi venne riferito, portava un nome assai buffo, tornò a farmi visita con un vassoio da tè, e mi chiese se desideravo presenziare a cena con i miei ospiti, quella sera.
“Ne sarei onorato.”
Così, alle sette in punto, mi ritrovai a vagare per un magnifico salone, cui era annessa una discreta biblioteca. Portavo il braccio appeso al collo da una fascia di seta candida, e avevo avuto l’onore di vestire una giacca di velluto bordeaux, gentilmente messami a disposizione dal padrone di casa, dal momento che i miei vestiti del giorno precedente erano inevitabilmente macchiati di sangue.
Facevo da me il mio bucato, perché non potevo fidarmi di Michelino per i miei capi più pregiati, e sapevo bene che non sarei riuscito a scacciare quelle macchie con facilità, ma per il momento non era un problema.
Passeggiai tra le ampie scaffalature in ciliegio, sottraendo libri afferrandoli per il dorso e rimettendoli a posto dopo averne letto i titoli, finché le mie dita non si soffermarono su un testo estremamente familiare.
Estrassi il libro dalla libreria, e con il solo aiuto della mano destra ne sfogliai le pagine, tenendolo in bilico sul braccio.
‘Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura
ché la diritta via…’
Citai, più a memoria che seguendo il testo. Era un piacere, ogni tanto, rimaneggiare tra le labbra quelle splendide parole, succo e linfa vitale del mio stesso essere.
Era smarrita.” Fece eco una voce alle mie spalle, concludendo il versetto.
Mi voltai lentamente, e mi trovai dinnanzi la mia graziosa e affascinante aguzzina della sera prima.
Vestiva con una camicia color avorio accompagnata da un gilet verde salvia, e aveva una cravatta bianca perfettamente annodata al collo.
Teresa*, pensai fissando i miei occhi su di lei.
“Madame, è un onore avere il piacere di starvi nuovamente dinnanzi. Noto con piacere che, questa volta, non avete armi con voi.”
La donna, che aveva una splendida massa di riccioli dorati ad incorniciarle il volto, piuttosto affilato, ma sorprendentemente bello, sedette su una delle poltrone del salotto, e accavallò le gambe.
“Vi porgo nuovamente le mie scuse, Monsieur Casanova. Ma noto con piacere che sembrate non soffrire più come la notte scorsa, e questo mi rallegra.”
“In realtà, Madame, soffro terribilmente, ma cerco di non darlo a vedere. Colgo l’occasione, inoltre, per ringraziarvi della vostra gentile offerta di ospitarmi fino alla mia completa guarigione.”
“Era il minimo che potessi fare. Desiderate un calice di vino?”
Posai il libro dove l’avevo preso, e mi avvicinai a lei, sedendole dinnanzi.
“Con piacere.” Esclamai, nel mio tono più suadente.
In quel preciso istante, il giovanotto che, quella mattina, si era presentato come Andrè, fece il suo ingresso reggendo un vassoio con una bottiglia di vino e tre bicchieri.
Versò il vino per noi, dopodiché, quasi fosse normale prassi per un servitore quale lui era, ne versò uno anche per sé, e sedette con noi.
“Avete già conosciuto Andrè, Monsieur Casanova?”
“Ho avuto il piacere questa mattina. Il signore è stato estremamente garbato e disponibile nei miei confronti.”
“Andrè è il mio attendente, perciò per qualunque cosa desideriate convenire con me, potete discuterne tranquillamente con lui.” Il tono della donna era morbido e suadente, sebbene ben fermo e vagamente autoritario.
Non avevo mai visto, nei miei vagabondaggi per i vari paesi, un attendente che sedeva e beveva con il suo padrone, ma era pur vero che non avevo nemmeno mai visto una donna che comandava un esercito intero, nonostante mi fosse certo già capitato di avere a che fare con donne vestite da uomo e viceversa…ma stavo divagando.
Ero finito in una casa piuttosto bizzarra, dovetti concludere. E io avevo un debole per le situazioni bizzarre.
“Dunque, Monsieur Casanova, la notte scorsa mi stavate parlando delle vostre…lezioni. Deduco che voi siate avvezzo a passeggiate notturne sui tetti, ma devo mettervi in guardia: non è un buon momento per esercitare la vostra…professione.”
Mi resi conto, non senza una punta di piacere, che c’era una certa cinica ironia nelle parole della mia ospite, e la cosa mi piacque oltremodo: bella e anche sfrontata, oltre che singolare.
Era una sfida cui non potevo tirarmi indietro.
“Madame, state pur certa che, nelle mie attuali condizioni, ho momentaneamente deciso di sospendere simili dannose abitudini. Piuttosto, parlatemi del vostro ladro, ne sono innegabilmente incuriosito.”
La donna sospirò, poi si voltò verso il suo attendente.
Fu un’occhiata fugace, ma non mi sfuggì l’espressione seria e vagamente diffidente che le aveva, per un istante, attraversato lo sguardo.
“Si fa chiamare il Cavaliere Nero. Una sorta di novello Robin Hood: ruba ai ricchi per dare ai poveri.”
“Ammirevole.”
“Non direi, Monsieur Casanova. Voi sareste felice di trovare la vostra cassaforte svuotata da ogni bene?”
Non avevo mai avuto una cassaforte, e, nel caso in cui l’avessi avuta, sarei stato il primo ladro di me stesso, ma considerai non fosse il caso esprimersi in proposito.
“E voi, Andrè, cosa ne pensate?”
Il giovane levò lo sguardo, piuttosto sorpreso che lo stessi chiamando in causa, ma subito i suoi occhi, due profondi occhi verdi, si ammorbidirono.
“Naturalmente il furto è un’azione deplorevole.”
Già, molto diplomatico.
Avvertivo una sorta di tensione repressa tra la bionda comandante e il suo servitore, e non avrei saputo dire quale tipo di problema aleggiasse tra di loro, ma certo riguardava questo famigerato ladro.
“Il furto è certamente un’azione deplorevole. Ma mi pare di capire che, in questo caso, ci troviamo davanti ad un filantropo animato dallo spirito del leggendario eroe inglese. Un paladino degli oppressi…”
“Monsieur Casanova, la vostra opinione in proposito è molto interessante e pittoresca. Ma, se permettete, mi permetto di dissentire ai vostri filosofici vaneggiamenti sull’altruismo del Cavaliere Nero: un ladro resta un ladro.”
“Ed è vostro compito metterci le mani sopra.”
“Esattamente.”
“Bene, in questo caso vi auguro buona fortuna, Madame. Nella speranza di non veder occupare tutte le stanze di casa Jarjayes con altri innocenti passanti notturni.”
“Voi passeggiavate sui tetti, Monsieur.”
“Touché, Madame, touché.” Esclamai, levando le mani in segno di resa.
La mia ospite si sollevò, posando il bicchiere sul tavolino di mogano.
“Vi aspetto in sala da pranzo, Monsieur. Fate con calma.” Poi si volse verso il suo servitore.
“Andrè, questa sera cosa abbiamo in programma?”
L’attendente si levò al seguito della sua padrona.
“Il ballo dei Mercier.” Prelevò i calici dal tavolino e li rimise sul vassoio, insieme alla bottiglia, e si diresse con lei all’uscita. “Ho una commissione da fare, prima. Ti raggiungo il prima possibile.” Le sussurrò quindi, mentre io tendevo l’orecchio.
La donna lo osservò con attenzione, ferma sulla soglia.
“Quale commissione?”
“Questioni…private. Me ne sarò liberato entro le dieci, non preoccuparti.”
“Andrè…” Lo guardò per alcuni secondi, assorta. Poi scosse le spalle. “Bene, in questo caso ti aspetto. Andremo via insieme.”
“Come preferisci, Oscar.” E così dicendo il giovane si chiuse la porta alle spalle, precludendomi il resto del discorso.

“Il vostro servitore non è ancora rientrato, Madame?”
Il fuoco nel camino scoppiettava allegro, ma lo sguardo della mia ospite, seduta davanti ad esso con un bicchiere di cognac tra le mani, lo era molto meno.
“Dovreste ritirarvi nelle vostre stanze per riposare, Monsieur Casanova, siete piuttosto pallido.” Affermò lei distrattamente, in risposta alla mia domanda, non guardandomi affatto, per la verità.
Erano passate le dieci da almeno quaranta minuti buoni, e del fedele Andrè non si aveva traccia.
Mi affiancai alla poltrona di Oscar, e in quel momento l’anziana tata passò alle nostre spalle.
“Nanny, sai dove è andato a finire Andrè? Dovevamo uscire insieme…”
“No, mia cara, quel disgraziato è uscito a cavallo due ore fa e non è ancora tornato…Ah, ma quando rientra mi sente, l’incosciente…”
Le labbra della mia ospite si arricciarono. Si levò dalla poltrona, mentre il liquido ambrato che aveva nel bicchiere ondeggiava pericolosamente verso il bordo.
“Molto bene, andrò da sola. Non posso più far tardi, ormai…”
“Ma bambina mia, lo sai che di questi tempi è pericoloso…E Andrè dovrebbe rientrare da un momento a quell’altro…”
“Non importa, Nanny. Se rientra, digli che sono uscita.”
Oscar si avviò verso l’uscita con passo deciso, e fu in quel momento, vedendo l’espressione di apprensione che si stava dipingendo sul volto dell’anziana vecchina, che mi sentii esclamare:
“Non vi lascerò uscire da sola, Madame. Verrò io a quel ballo con voi.”
“Prego?” Oscar si era voltata e mi guardava perplessa.
“Sono un ottimo ballerino, se è questo che vi preoccupa.”
“Monsieur, questa notte vi ho sparato.”
“Si, ne sono al corrente.”
“Non potete…”
“Non insistete, Madame, fatemi questa cortesia. Sono un uomo di mondo, e un Gentiluomo, e non lascerò che corriate dei rischi da sola. La vostra tata non me lo perdonerebbe.”
Oscar sospirò.
“Come desiderate, Monsieur. Ma non intralciate le mie operazioni, in nessun modo.”
“Madame, avete la mia parola. E adesso, scusatemi, vado ad incipriarmi i capelli. Non si presenzia ad un ballo senza un aspetto adeguato.”
E così dicendo mi allontanai per il corridoio, entusiasta di poter accompagnare ad un ballo una donna tanto singolare dopo solo un giorno che la conoscevo.


*Teresa, nome fittizio che Giacomo Casanova usa in ‘Storia della mia vita’ per riferirsi ad Angiola Calori. Fu uno dei suoi grandi amori, ed era una donna costretta, per professione, a fingersi un uomo. Per dirla tutta, Casanova rimase convinto si trattasse proprio di un uomo, fino a che non scoprì la verità la notte in cui lei decise di concedersi a lui. La Calori, che possedeva una voce fuori dal comune, si esibì per alcuni anni sotto le mentite spoglie di un castrato, per poter vivere con il suo protettore e maestro di musica, Salimbeni, senza destare sospetti. Per essere ulteriormente realistica, la ragazza aveva anche imparato ad applicarsi un piccolo marchingegno per trasformare il suo sesso…in altroXD
E noi che pensavamo che Oscar fosse all’avanguardia…hehe.

Nota dell’autore
Sono lenta come una lumaca, ma ci sono^^
Grazie di cuore a tutte le persone che hanno letto e commentato il capitolo precedente. Sono molto felice di sapere che Casanova abbia riscosso entusiasmi, e che non sono l’unica ad apprezzarlo^^
Vedo che le vostre ipotesi si indirizzano già verso un’ipotetica rivalità fra Casanova e Andrè, chissà…In fondo i due ragazzi hanno in comune più di quanto ci si potrebbe aspettare^^
Grazie ancora per il vostro sostegno, sempre importantissimo! Un abbraccio!
  
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