Ametista, ametista di quelle più scure.
Con mani tremanti aprii delicatamente il pesante volume e cominciai a
sfogliare le pagine che sembravano ingiallite dal tempo.
C’erano numerose scritte, specie di sonetti che non riuscivo
a capire.
Erano scritti in una lingua piuttosto antica, sembrava celtico.
Dopo aver scorso numerose pagine incomprensibili, una scritta
richiamò la mia attenzione.
Era una delle pagine più rovinate dal tempo, dove
lateralmente c’era disegnata una rosa viola, quel viola
intenso della copertina e del mio medaglione.
Accanto al disegno un elegante calligrafia riportava scritto il mio
nome, e poi una specie di avvertimento: “Anastasia,
è tutto buio intorno a te. Trova la luce.
Trovala!”.
Spaventata da quelle parole mi apprestai a chiudere il libro, quando un
incessante e fastidioso suono mi entrò in testa…
“Bip, bip, bip”
la sveglia posta sul comodino continuava a suonare ininterrottamente.
Diedi una manata spazientita sull’apparecchio elettronico, e
calò di nuovo il silenzio. Possibile che era stato
solo uno strano incubo?
L’unica cosa che ricordavo era che, dopo quello spavento
preso alla fermata del tram, ero arrivata col cuore in gola a casa e
dopo una lunga doccia calda, mi ero gettata stancamente sul letto.
E adesso eccomi qui, tra le lenzuola stropicciate e con la sveglia che
segnava le sette del mattino.
Perciò la discussione con la nonna, quel pomeriggio al
lavoro e il grande libro misterioso erano tutto un sogno? Forse si.
Ancora dubbiosa, ma anche un po’ sollevata mi tirai su, a
sedere sul letto, scostai le lenzuola e misi un piede per terra.
In quel momento una fitta di dolore mi percorse.
Avevo messo il piede su qualcosa di appuntito.
Guardai il pavimento, una goccia di sangue, il mio, aveva bagnato la
spina di una rosa.