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Autore: Dira_    21/04/2011    24 recensioni
“Mi chiamo Lily Luna Potter, ho quindici anni e credo nel Fato.
Intendiamoci: niente roba tipo scrutare il cielo. Io credo piuttosto che ciascuno di noi sia nato più di una volta e che prima o poi si trovi di fronte a scelte più vecchie di lui.”
Tom Dursley, la cui anima è quella di Voldemort, è scomparso. Al Potter lo cerca ancora. All’ombra del riesumato Torneo Tremaghi si dipanano i piani della Thule, società occulta, che già una volta ha tentato di impadronirsi dei Doni della Morte.
“Se aveste una seconda possibilità… voi cosa fareste?”
[Seguito di Doppelgaenger]
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Lily Luna Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga'
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Capitolo XXVII

 

 

If there's no war outside our heads

Why are we losing?
(Life Less Frightening, Rise Against¹)
 
 
Stadio di Quidditch. Esterno.
 
Scorpius riuscì ad attraversare uno dei tanti ingressi laterali – quelli che solitamente gli studenti usavano per accedere alle tribune - senza crollare addosso a nessuno.
Era importante che non lo facesse, perché doveva sostenere il peso di Dominique la quale, al di là delle sue spacconate, non era stata in grado di uscire da sola dalla Tenda dei Campioni. Aveva infatti una caviglia rotta e debitamente fasciata.
Era successo tutto in attimi e Scorpius non aveva neanche pensato remotamente all’idea di fare l’eroe; era terrorizzato. Terrorizzato quando aveva visto quella mano putrida scostare i lembi dell’ingresso posteriore e terrorizzato quando gli era stata affidata la ragazza dal professor Lupin, al grido di ‘Scappate!’.
Ed era quello che aveva fatto.
Dominique gli serrò una mano attorno alla spalla, per raddrizzarsi. Quella foschia innaturale, densa e stordente, non accennava a diminuire. Attorno a loro c’erano passi, parole spezzate, respiri condensati e paura; un mix che avrebbe dato disagio anche al più impavido dei maghi.
“Raggio di sole, va tutto bene?” Gli venne chiesto e ne fu grato, perché al momento aveva un gran bisogno di sentire che non era da solo. “Sei gelato come un ghiacciolo al Polo Nord!”
“Sto bene.” Mugugnò, sentendo la voce tremargli. Si impose di darsi una calmata, che era ridicolo fosse così scosso. Si guardò attorno, ma non vide nessuno, nessuno degli occupanti della tenda, che a regola avrebbero dovuto essere immediatamente dietro o davanti a loro. “Dove sono gli altri?” Chiese infatti.
“Io sono qua!” Esclamò il piccolo Delacour. “E grazie per la considerazione!”
“Mael, sei così basso che non ti si nota…” Lo apostrofò scanzonata Dom: ma Scorpius era certo che fosse tutta una posa. Era impallidita, e persino le lentiggini avevano perso vigore.
L’effetto dei Dissennatori. Pensavo fosse un’esagerazione, ma Merlino… È come se ti succhiassero via la felicità.
Si vergognava: probabilmente era l’unico ad aver voglia di scappare con le mani nei capelli. Ed era pure un Occlumante!
Doveva quindi fingere assolutamente il contrario.
Si sentì afferrare per la spalla libera dal peso della campionessa francese.
“Malfuretto!”
Era James, sudato e scarmigliato, ma incolume. “Con questa cazzo di nebbia non si vede ad un palmo dal naso…” Esordì ansimando per una probabile corsa. “Sono andato a sbattere contro un paio di tizi di  chissà quale delegazione. Non sono bravo a scusarmi con chi non capisce la mia lingua!” Brontolò infine, passandosi le dita trai capelli per cercare senza successo di ravviarseli all’indietro.
Scorpius rise appena anche se non ne aveva la minima voglia. “Il professor Lupin, il Preside? Sai dove sono?”
“Erano dietro di me… sono andati a cercare di capirci qualcosa. Tipo, perché siamo in pieno giorno e sembra notte…” Replicò l’altro schioccando la lingua. “Comunque dobbiamo muoverci, non possiamo stare qui come belle statuine!”

“Sono d’accordo! Diamo una mano, raduniamo i dispersi! Siamo il fiore all’occhiello della gioventù magica!” Esplose Dominique, nonostante il proprio incarnato ormai facesse pendant con i suoi capelli. Che in quel momento, in assenza di luce, erano praticamente bianchi.
“Io la porto al castello.” Si intromise con decisione Mael, insospettabile considerando la sua aria spaurita e tremante. “È ferita, e comunque non potremo essere d’aiuto in nessun modo.” Quest’ultima parte la sottolineò con forza, vedendo la faccia contrariata della ragazza.

“Sì, buona idea.” Convenne James, sordo alla proteste della cugina. “Domi, non ti reggi in piedi.” Aggiunse poi. “Mettersi in mezzo quando non si deve, beh… puoi farlo solo quando sei in salute.”
“Esatto. Rimango io con lui.” Convenne Scorpius, perché era suo dovere, anche se era senza bacchetta e quindi praticamente nella stessa situazione di sfavore di Dominique.

Dom fu così portata via dal proprio assistente, e i due rimasero soli.
“Non hai la bacchetta, Malfuretto.” Gli fece subito notare James, tra il preoccupato e il divertito. “E qua pullula di Dissennatori.”
“Sì, lo so.” Replicò con una flemma che non provava. “La prossima mossa?”
“Trovare mio padre e zio Ron. Se c’è qualcuno che si renderà operativo con o senza il consenso del Ministero, beh… quelli saranno loro.”
“La sindrome da eroe non è curabile, eh?”
“È una vocazione, mica una malattia!” Rise James.

Scorpius lo seguì, incedendo nella nebbia: James era armato del proprio accendino, unica fonte di luce funzionale, essendo ormai escluso il lumos.
Lo invidiava. Come lui aveva avuto vicino una di quelle creature e non sembrava aver riportato alcun danno.
Vide l’amico fermarsi ad ogni capannello spaurito di persone e indicargli la via del castello, con sicurezza e rapidità. Era un dono, quello di Potter, quasi una doppia personalità.
Un cretino impulsivo nella vita di tutti i giorni e un maledetto, lucido eroe nella situazioni peggiori.
Lo invidiava sì, ma non faceva parte del suo carattere detestarlo per quello. Lo ammirava invece.
Scorpius scandagliò il poco che riusciva a vedere, cercando visi familiari. I suoi genitori, Rose, il mini-Potter e Dursley. Vide facce conosciute, ma nessuno di cui gli importasse davvero.
Considerato che si possono pure contare sulle dita …
“Pensi siano usciti tutti?” Chiese all’altro.
“Se hanno un briciolo di cervello.” Fu la replica. “L’unico posto sicuro è il castello.”
“Guarda che i Dissennatori non chiederanno certo il permesso per entrare.”
James scrollò le spalle. “Le mura di Hogwarts hanno così tante protezioni che non gli sarà facile entrare. Oltretutto, non credo che questo schifo di foschia si sia estesa fin laggiù. E i Dissennatori non svolazzano in posti che non siano scuri e spaventosi. Un po’ di ottimismo, per le mutande di Merlino, Malfoy!” Lo apostrofò poi spiccio, prima di raggiungere un paio di divise colorate, che corrispondevano a quelle dei Tiratori scelti di stanza al Tremaghi.

Scorpius gli andò dietro: si sentiva turbato, come quando si svegliava da un bruttissimo incubo, di quelli che lo facevano svegliare con un urlo bloccato in gola.
Si deterse la fronte con una mano: era appiccicosa, di quel sudore malsano tipico dei malati.
Dannazione.
Raggiunse James, che parlava con uno degli agenti. Sembravano conoscersi. Il ragazzo aveva l’aria stordita, come di chi si era appena ripreso da una brutta botta.
“… e quando mi sono svegliato non si vedeva oltre la suola delle mie scarpe. Il sergente Smith ha chiamato rinforzi da Londra, ma con il fatto che non ci si può materializzare o smaterializzare…” Spiegava con tono affaticato. “… dicono che sia opera di un mago, questa nebbia.”
Un mago? Ma allora è stata una cosa pilotata.
Il pensiero di Scorpius corse subito a Thomas Dursley e ai suoi problemi con una certa, spaventosa setta segreta.
Può essere che siano gli stessi dell’anno scorso?
James parlò con il tipo un altro paio di minuti, prima di salutarlo con una pacca energica e mettergli in mano – gesto che rese Scorpius perplesso – un cioccolatino di Mielandia.
“Dispensi cioccolata? Sei diventato per caso il Coniglio Pasquale?” Lo apostrofò perplesso.
James ghignò, scrollando le spalle. “Vecchio rimedio contro i Dissennatori. È una trovata del padre di Teddy. Funziona, giuro!” Assicurò alla sua aria scettica. “Da bambino era il mio metodo preferito per rimpinzarmi di cioccolata. C’è un Dissennatore nel mio armadio…” Poi gli lanciò un’occhiata. “Ehi, ne vuoi? Ne ho una scatola intera!” Batté sulla tasca esterna del giubbotto. Probabile avesse usato un incantesimo di riduzione per farcela stare. “Pensavo di portarla a Lils per scusarmi di averle aggredito lo straniero, ma …”
“No, non mi serve.” Mentì. “Non dobbiamo cercare i tuoi?”

James gli lanciò una seconda occhiata. Scorpius sapeva che l’altro aveva capito. Ma era un buon amico, maschio e compartecipe, perché non disse nulla.
“Sicuro.” Annuì invece. “Andiamo, mi ha detto che sono vicini alla Capanna del guardiacaccia con Smith e il Preside.”
 
****
 
Rose era riuscita ad uscire con l’aiuto di Thomas. Il che aveva dell’incredibile, perché non avrebbe mai pensato che il cugino acquisito l’avrebbe protetta dalle spinte della folla e tratta al sicuro.
Non ho considerato che gliel’ha ordinato Albus…
O forse quel ragazzo allampanato che aveva imparato a conoscere come misantropo era in realtà meno egoista di quanto si ostinasse a sbandierare.
Tom aveva fermato uno degli agenti del Ministero, e quello li aveva indirizzati verso il capanno dei guardiacaccia. Sembrava che la strada per il Castello fosse ostacolata dai Dissennatori.
Erano riusciti ad arrivare a destinazione senza grossi intoppi. Si erano quindi ricongiunti con Hugo e i suoi amici e ora sedevano sull’erba soffice attorno alla casupola, come tanti altri assieme a loro: in caso di Dissennatori era meglio restare uniti.
Tiratori scelti e auror in borghese passavano, dando acqua e cioccolata a chi la chiedeva e vigilando al tempo stesso a bacchette spianate.
Era una scena quasi apocalittica: la nebbia nera rendeva difficile vedere il cielo e praticamente impossibile capire dove mettere i piedi. Bagliori argentei esplodevano all’improvviso, per poi quietarsi.
Quanti Dissennatori saranno? Se sono tutti quelli confinati… più di un centinaio?
Lanciò un’occhiata a Tom: era riuscito a farlo sedere, ma si guardava attorno come un’anima in pena, i lineamenti tesi. Non voleva stare lì.
Stava cercando Al, e non lo vedeva arrivare.
Mancano un sacco di persone all’appello…
“È assurdo come sono riusciti ad entrare… che disastro.” Mormorò Roxanne, la cui scontrosità era stata notevolmente ammorbidita dagli eventi; Rose le teneva la mano da quando avevano lasciato l’arena.
“La scuola e il Ministero lo sapevano. Si aspettavano tutto questo.” Replicò Tom, mentre si passava la bacchetta tra le dita con aria apparentemente assorta.
“Cosa?” Chiese Roxanne.
Ecco qua. Ci risiamo… – Pensò Rose esasperata. Ma non aveva poi così voglia di fermarlo.
In realtà era curiosa.
Che non siano semplici paranoie le sue? Dopotutto… guarda che razza di situazione!
Tom lanciò loro uno sguardo complessivo. “Quello che ho detto. Lo sapevano. Il professor Lupin ci ha fatto esercitare a produrre patronus per una settimana intera. Una coincidenza?” Serrò la mascella. “Non credo. Ci stanno tenendo nascoste le cose. Tanto per cambiare.”
Rose rifletté. Abbassò il tono di voce, perché non voleva che il fratello e i suoi amici – seduti poco distanti da lei, sconvolti e addentanti cioccolato – li sentissero. “Anche se fosse… cosa ti aspettavi che facessero? Un annuncio sul Profeta? Si sarebbe scatenato il panico.”

“Potevano avvertirci.”
“Avvertire chi? Tu?” Si intromise Roxanne un po’ irritata. “Sei solo uno studente!”

Non sono solo uno studente.” Replicò l’altro mordace, innervosito dall’occhiata di sufficienza della ex-corvonero.
Rose esitò, poi decise che perlomeno una lancia in favore dell’altro poteva spezzarla. “Tom crede che ad aver portato qui i Dissennatori siano le stesse persone che hanno tentato di rapirlo l’anno scorso.”  

“I Dissennatori non li porti in giro come una mandria di mucche!” Sbuffò Roxanne, incredula.
Tom le lanciò un’occhiata bruciante, ma non replicò. Rose avrebbe voluto chiedergli di più, perché era sì un paranoico, ma forse aveva qualche punto.
 E se avesse ragione? Se fossero tornati?
Le sue riflessioni vennero interrotte quando vide suo padre con Harry, passare a pochi metri da loro.
“Papà!” Esclamò. Fu un tutt’uno alzarsi e correre ad abbracciarlo. C’era una parte di sé che continuava ad essere convinta che la sola presenza di quel genitore mitico avrebbe spazzato via tutti i problemi.

Suo padre la strinse tra le braccia, e lo sentì sospirare di sollievo. “Rosie… meno male stai qui. Hugo è con te?”
“Sì papà, è laggiù. Sta bene.” Confermò. 

“Jamie e Al?”
Fu Harry a parlare: era accanto a loro ed era preoccupato. Rose notò che lo affiancava anche un tipo stempiato e con l’uniforme dei Tiratori scelti. Ad una seconda occhiata lo riconobbe: era Zacharias Smith, il sergente che l’anno prima si era occupato dell’omicidio della Prynn e della sparizione di Thomas.

“Non sono con me…” Scosse la testa, sentendosi impotente e remotamente colpevole. “Al l’ho perso nella folla e Jam non l’ho neppure visto…”   
L’uomo, forse intuendo dalla sua espressione il corso dei suoi pensieri, le sorrise rincuorante. “L’importante è che almeno voi siate qui, al sicuro.” Sembrava molto sollevato dalla presenza del figlioccio, dall’occhiata che gli lanciò.
“Dovete cercare Al.” Fu l’unica cosa che disse Tom nel suo solito tono antipatico, quando li raggiunse: però non nascondeva affatto l’angoscia. “È rimasto indietro.”
“Lo so…” Mormorò Harry. Rose notò che Smith – ora allontanatosi per conferire con uno dei suoi agenti -  aveva in mano una lunga pergamena, almeno due metri. In quanto Prefetto, la riconobbe come la lista dei presenti, comprese delegazioni straniere e personale scolastico.  
Scorpius…
Sperava stesse bene, e fosse stato messo in salvo. Si ricordava la sua difficoltà con l’incanto patronus.
“Cos’è successo?” Chiese, serrandosi le braccia al petto. La temperatura difatti era precipitata, e quasi poteva vedere il respiro delle persone condensarsi in nuvolette bianche.
Come se fosse pieno inverno…
Si era stretta la sciarpa al collo e chiuso il cappotto, ma il freddo non dava pace né a lei né a nessuno di loro.
“Dissennatori.” Borbottò suo padre. “Sono tutto attorno al perimetro del campo da gioco e nell’area del Platano Picchiatore. La via principale per il Castello è impraticabile e se facessimo il giro del Lago, con tutte queste persone… sarebbe pericoloso. Non riusciremo a proteggere tutti, ci sono troppi pochi agenti…” Le fece una carezza. “Tua madre è al Castello, comunque. Lei e tua zia sono riuscite a passare oltre assieme a Neville e stanno aiutando Madama Chips ad allestire l’infermeria…”
“Perché ci attaccano?” Voleva avere delle risposte e voleva averle subito. Il più possibile, il più velocemente possibile. “Cos’è questa nebbia?”
“Sono affamati. È decenni che non…” Ron esitò, lanciando un’occhiata all’amico. Harry allora continuò al suo posto, col tono più rassicurante del suo decennale repertorio.

“Ancora non sappiamo perché siano qui, o se qualcuno li abbia… diciamo indirizzati. Sicuramente questa nebbia è stata creata con la magia. Appena avremo capito cosa la crea, la situazione migliorerà. Si nascondono in essa, ma…”
“Quindi sono qui per ordine di qualcuno.” Mormorò Tom, e calò un silenzio spiacevole.

 
Papà!” La voce di James fu un toccasana, visto che era vitale, squillante. E visto che alla voce seguiva il cugino e Scorpius. Entrambi incolumi.
Quando furono vicini, Rose si accorse che il suo ragazzo era tutto fuorché quello; un velo di sudore gli copriva il viso e gli inzuppava la casacca sporca di terra, la stessa con cui aveva disputato la Prova. Ed aveva in faccia un’espressione terribile.
Istintivamente mosse un passo verso di lui: voleva abbracciarlo, baciarlo. Rassicurarlo. Ma suo padre le teneva un braccio attorno alle spalle. La bloccava.
Ignorò lo sguardo di Thomas – non aveva niente di meglio da guardare che lei? – sentendo come i Dissennatori le stesse volteggiando sopra la testa.  
“James!” Harry si avvicinò al figlio, stringendolo in un breve ma intenso abbraccio. “Sono felice che tu sia qui. Hai visto tuo fratello?”
“Albie? No… ma posso andare a cercarlo.” Esclamò e vedendo l’espressione del padre, continuò. “Davvero, posso! Sono in grado di difendermi, lo sai! L’incanto patronus non ha segreti per me!”
L’uomo sorrise, indeciso se ribattere o cedere. “Perché piuttosto non dai una mano a Teddy? È con i ragazzi del Primo anno, e credo che la tua presenza li aiuterebbe molto.”
James fece una smorfia, ma quando aprì la bocca per protestare fu tacitato da Scorpius, che intervenne, intromettendosi platealmente.

Rose vide il padre contrarre subito le labbra, scontento.
“Dove sono i miei genitori? So che c’è una lista.” Scorpius aveva già avuto tutte le informazioni che gli servivano in mano. “Sono stati trovati?”
“Non lo so.” Ammise suo zio Harry, e sembrava a disagio. “Perché non ti siedi? Sei pallido…”
“Sto bene.” Tagliò corto, e sembrava che l’avesse detto molte volte, a giudicare dal tono spazientito. “Voglio sapere se state cercando i miei genitori. Mio padre non è capace di produrre un patronus. Neppure mia madre.” Lo disse senza particolari emozioni in volto, e questo spaventò Rose. Era quando sembrava perfettamente serio e controllato che ci si doveva preoccupare. “Sono un bersaglio facile per i Dissennatori.”
Harry rimase in silenzio, riflettendo. “Non è a me che devi chiedere, ma al sergente Smith.” Gli spiegò gentilmente, nonostante il tono di Scorpius fosse platealmente inappropriato “È lui che si occupa della sicurezza del Torneo. Ma credimi, qui stiamo facendo tutto il possibile per…”

Non mi interessa!” Sbottò quello, e persino James gli scoccò un’occhiata sconcertata. “Mio padre è l’unico ex - mangiamorte qua attorno, l’unico che potrebbe ricordargli i loro vecchi assistiti È in pericolo, più di qualche ragazzino tassorosso o voi auror!” Il tono di voce era basso, rabbioso. Rose non glielo aveva mai sentito addosso.
O forse sì. La volta che papà ha tirato in ballo suo nonno. Quando ci aveva pizzicato nella Foresta.
Rose lanciò un’occhiata a suo padre e volle tanto non averlo fatto: conosceva l’espressione indignata e spazientita di Ron Weasley.
Ed eccola qui, in tutto il suo splendore.
“Ehi, ragazzo.” Lo apostrofò infatti con irritazione. “I preziosi tuoi genitori non sono gli unici ad essere dispersi. E questo tuo tono arrogante non migliorerà la situazione.”
Scorpius rivolse immediatamente l’attenzione su di lui. Assunse anche un’aria ostile. Sembrava proprio volergli tirare un pugno in faccia.
“Se ci fossero venti coppie da salvare, loro sarebbero gli ultimi, non è vero Signor Weasley?” Sputò facendo un passo avanti. Rose notò con orrore che stringeva la bacchetta in pugno. Con forza.
“Amico, calmati…” Tentò James afferrandolo per una spalla, ma fu scrollato via.
La presa sulla spalla di Rose in compenso si fece più tenace: suo padre fissava il suo ragazzo – Morgana benedetta – con le labbra ridotte ad una linea sottile.  
“Non è colpa di nessuno se tuo padre ha fatto cose per cui i Dissennatori potrebbero trovarlo più interessante rispetto ad altri maghi onorevoli.” Sbottò.
“Ron…” Mormorò Harry in tono d’avvertimento: l’atmosfera si era gelata e non certo a causa di qualche Dissennatore di passaggio.
Rose si sentiva il cuore battere in gola con la forza di un tamburo. Voleva liberarsi dalla stretta paterna. Ma aveva paura: se il suo stare in mezzo fosse l’unica cosa che tratteneva suo padre e il suo ragazzo dal saltarsi alla gola?
Lanciò un’occhiata disperata a James, ma il cugino sembrava parimenti in conflitto; davanti aveva due persone a cui, sebbene in misura diversa, voleva bene. Era nella sua stessa situazione.

Di chi devo prendere le parti?
Di chi diavolo devo prendere le parti se stanno sbagliando entrambi?!
Scorpius era pallidissimo e aveva i capelli incollati alla tempie: stava sudando, ma lo scuotevano lunghi brividi. Era ovvio che stesse male. Assottigliò gli occhi all’ultima frase di suo padre.
“A lei piacerebbe, vero? Che mio padre ci rimettesse la pelle. Perché è un Malfoy.” Staccò le parole con cura, mellifluo. Si avvicinò ulteriormente, di un paio di passi. “Non importa quanto tempo sia passato, o il fatto che abbiamo cercato di redimerci…”
“Draco Malfoy non ha mai cercato di redimersi!” Sbottò suo padre, colto sul vivo di quell’antica e malsana inimicizia. Non notò neppure che Scorpius aveva usato il plurale. Rose pensò che non gli importava. Non gli era mai importato. “Ragazzo, ti ho già detto di non farmi perdere la pazienza! Qui siamo tutti uguali. I tuoi genitori verranno cercati esattamente come tutti quelli che non hanno risposto all’appello!”

A quel punto qualcosa dovette scattare in Malfoy. Perché l’attimo dopo stava puntando la bacchetta alla gola di Ron.
Voi li cercherete adesso!
La bacchetta era rotta. Sputava scintille rosse ed era lo spettacolo più spaventoso a cui Rose avesse mai assistito. Il tempo parve fermarsi per un eternità. Suo padre si era irrigidito e Scorpius sembrava immobile come una statua. Tutti sembravano fottute statue congelate. Persino suo zio Harry.
“Malfuretto! Mettila giù, stupida testa di cazzo!” Sbottò James riavviando il tempo. Ma non lo toccò. Fu una mossa saggia, perché probabilmente l’altro avrebbe reagito male. Era fuori di sé. Forse fu per quello che nessuno tirò fuori la bacchetta.
Rose capì in quel momento che solo lei avrebbe potuto fare qualcosa.  
 
“Ehi…” Mormorò piano. Gli occhi del ragazzo si spostarono su di lei. “… dà retta a Jamie. Non risolverai niente così. Per favore. Non è colpa di mio padre quello che sta succedendo.”
Fu un attimo. Un fremito sul volto del biondo e capì di aver sbagliato. Parole o tono. O forse a tirare in ballo il genitore, che era solo il primo bersaglio sul quale l’altro aveva potuto sfogarsi.  
“Non è colpa…” Scorpius si fermò, quasi non riuscisse a trovare la forza di finire la frase. “No, certo che no.” Disse quasi tra sé e sé. “Scegli.” Sbottò poi.
“Cosa?” Non capiva. Cosa avrebbe dovuto scegliere?
O lui o me… scegli. O la tua famiglia o me.
Era questo che voleva dirle? Lo guardò negli occhi e ne ebbe la conferma.
“Non puoi… non puoi chiedermelo.” Sussurrò Rose sentendosi lo sguardo di suo padre, di zio Harry, di James. “Non ha senso!”
“Ce l’ha invece.” Fu la risposta. Con suo enorme sollievo la bacchetta venne abbassata. Ma l’aveva ferito. Scorpius sembrava davvero trattenere le lacrime, non era solo una sua impressione.

“Scegli.” Ripeté, e Rose seppe di non poterlo fare. Né in quel momento, né mai.  Come sua ragazza avrebbe dovuto divincolarsi dalla presa di suo padre. Dirgli che sarebbe andata con lui a cercare i suoi genitori. Dire che meritavano di essere cercati come chiunque altro. Qualcosa del genere.
Come figlia di Ron Weasley avrebbe dovuto obbedire a suo padre, dire a Scorpius di darsi una calmata.
“Non puoi chiedermelo…” Ripeté disperata, come uno stupido disco rotto.
Non puoi chiedermi di scegliere tra te e la mia famiglia! Lo sai, lo sai che non puoi farlo!
Scorpius serrò le labbra. “Già.” Ebbe un ultimo tremito, poi si raddrizzò. “Giusto. Non posso. E non lo farò. Sta tranquilla. Scelgo io per te.”
Rose non fece in tempo a capire di cosa diavolo stesse parlando che l’altro le aveva voltato le spalle ed era corso via. 
L’ho abbandonato. Mi ha lasciata.
Quelle due frasi, pensate, ebbero la forza di cento uragani: era ciò che era accaduto, né più, né meno.
L’ho abbandonato. E lui mi ha lasciata.
Vide con la coda dell’occhio James scattargli dietro: almeno non l’avrebbe lasciato solo.
Lui.
Sentì il sangue rombarle nelle orecchie, come una cascata gigante e terribile. Si sentiva fredda adesso, come se avesse ingoiato un’intera pala di neve. Sentì solo indistintamente zio Harry cercare di chiamare indietro i due ragazzi.
Poi suo padre le scrollò appena una spalla. Il suo sguardo buono le fece venir voglia di piangere – verso di lei era il padre più dolce e buono del mondo. Lo sarebbe stato ancora se avesse saputo?
“Rosie, che c’è?”
Rose aveva voglia di urlare, ma tutto quello che fece fu ripetere quelle due frasi nella propria testa. Perché erano la verità.

L’ho abbandonato. Per questo, lui mi ha lasciata.
 
****
 
Albus era certo di aver fatto tutto ciò che era suo dovere.
In realtà, in quel momento non avrebbe voluto essere un Caposcuola. Aveva solo diciassette anni, era spaventato a morte e aveva la netta impressione che il Mondo Magico lo sopravvalutasse.
Aveva respinto dei Dissennatori e aiutato degli studenti di Tassorosso a sfuggirvi, certo…
Tra l’altro se la sono data a gambe senza neanche ringraziarmi. Tassorosso. E poi siamo noi i codardi…
Dovrei fare un discorsetto a Teddy…
Sì, si era sentito un dio per circa cinque minuti, prima di accorgersi che il suo patronus – per quanto figo - non erano lontanamente potente come quello descritto nei libri di testo; era durato solo pochi attimi, aveva cacciato un paio di Dissennatori e poi si era dissolto.
Comunque dopo questo voglio un encomio speciale, o io la spilla a Vitious gliela faccio ingoiare.
Sospirò, guardandosi attorno per l’ennesima, infruttuosa volta: era certo di trovarsi attorno allo stadio, a giudicare dal fatto che vedeva mura di legno da circa mezz’ora, ma non sapeva in che punto.  
Avrebbe potuto tentare di imboccare una direzione qualsiasi, ma si rifiutava di perdere anche quel punto di riferimento.
Non avevo mai notato quanto i terreni di Hogwarts fossero enormi…
Comunque quello stallo non lo stava portando da nessuna parte. Doveva agire: aspettare che qualcuno lo venisse a salvare non stava funzionando un granché.
Sperava che Tom stesse bene; se tutto quello era colpa di un mago, forse aveva ragione, forse era veramente opera della Thule.
Se l’ho pensato io, l’ha pensato anche papà… lo terrà al sicuro, se l’obbiettivo di tutto questo teatrino degli orrori è lui.
Si passò una mano sul viso. Era coperto di un sudore appiccicoso, freddo. I Dissennatori non erano in vista, ma se li sentiva vicini, troppo vicini.
È solo un’impressione. È così che funzionano, ricorda quel che ti hanno detto papà e Teddy. Portano via la felicità, è così che abbassano le tue difese. E poi attaccano.
Sono solo stupidi lenzuoli putridi. Stupidi. Lenzuoli. Putridi.
Si concentrò sul pensiero della sua famiglia e i suoi amici al sicuro. Tra poco sarebbe stato investito da un abbraccio stritolante di Rose, e scrutato con clinica preoccupazione da Tom. Non vedeva l’ora di sentire il calore di un altro corpo umano.
Possibilmente di Tom. Possibilmente sotto delle coperte.
Quei pensieri erano consolanti.
Sempre che Tom stia bene… e se si fosse fatto del male? E se non fosse al sicuro? Se fosse stato rapito, approfittando della confusione?
Inspirò bruscamente. Erano i Dissennatori a fargli venire quei pensieri orribili. Non erano reali.
La nebbia comunque stava diminuendo. Forse gli uomini del Ministero avevano trovato il modo di debellarla, finalmente. Ma non era ancora abbastanza, ce n’era ancora troppa. Lo pensò e poi sentì l’esatto momento in cui inciampò nei propri piedi – o forse su una roccia.
Merda!
Finì a terra, lungo disteso. Il dolore gli tolse il fiato per un momento, necessario a realizzare che aveva sbattuto contro qualcosa di ferro e non una pietra e che aveva perso la bacchetta.
Non imparo mai. Mai. Perché inciampo sempre?
Sentirsi la faccia arrostire di imbarazzo fu quasi piacevole comunque.
Era inciampato contro una gabbia di ferro. Rialzandosi a sedere, fissò sorpreso quella sorta di apparizione.
Che diavolo ci fa una gabbia qua?
Poi realizzò che doveva essere una di quelle con cui avevano trasportato le creature per la Prova. Avrebbe dovuto essere spostata ma non c’era stato tempo.
Realizzò anche un’altra cosa: la sua bacchetta era finita lì dentro.
Imprecò a bassa voce, perché era chiaro non fosse vuota. Non sentiva rumori, ma questo non significa che qualche bestia potenzialmente mortale non fosse lì dentro, acquattata, in attesa.
Ho tre scelte. Chimera, acromantula e basilisco… Evviva.
Sentiva il freddo acuirsi: non c’era un alito di vento e quindi potevano essere solo Dissennatori. Potevano anche non essere, ma perché rischiare? Doveva riprendersi la bacchetta e poi darsela a gambe.
Infilò il braccio dentro la gabbia, cercando a tentoni. Sperava di essere silenzioso, ma il suo respiro sembrava amplificato di un milione di volte. Gli sembrava di essere rumorosissimo.
La trovò dopo pochi attimi e ci chiuse la mano attorno, sentendo il sollievo rifluirgli lungo lo stomaco e scaldarlo un po’.
Poi sentì un ticchettio. Assomigliava a quello di un orologio ma non poteva essere un orologio.  
Mandibole.
Lo realizzò troppo tardi: sentì un dolore agghiacciante, lancinante, come se milioni di aghi gli avessero trafitto il braccio.
Solo con la forza della disperazione pensò ad un incantesimo, uno solo. Quello che Tom prediligeva.
Everte… Everte Statim!
Il lampo fu seguito da un sibilo rabbioso ma il suo braccio era di nuovo libero.

Lo tirò fuori violentemente, sempre con la mano chiusa attorno alla salvifica bacchetta.
C’era un taglio profondo sul suo avambraccio, sanguinante.
Non era un magi-zoologo ma non c’erano dubbi: era stato appena morso da un acromantula.
Devono averci messo un po’ a recuperarla… visto che Luzhin l’ha fatta scappare…
Si tirò indietro, incespicando. Sapeva cosa doveva fare, come in una trance, come se qualcuno glielo stesse suggerendo dall’esterno. Probabilmente tutti i tomi di medimagia che si era bevuto quell’estate.
Si puntò la bacchetta contro il braccio.
Defluvio sanguinis².”
Strinse i denti quando il sangue raddoppiò la sua uscita, copioso, inzuppandogli il mantello e il maglione sottostante. Sangue infetto.

È veleno paralizzante. Se vengo paralizzato sono fregato. È come consegnarmi ai Dissennatori su un piatto d’argento.
Si tamponò la ferita con la manica, premendo. Tentò di alzarsi in piedi.
Non ce la fece, gli girava troppo la testa e ricadde subito a sedere.
Dannazione. È veleno ad azione rapida.
Sentiva la bocca secca e allappata, come se avesse mangiato un frutto acerbo. La bacchetta gli scivolò di mano e si accorse di non riuscire più a muovere le dita dei piedi e delle mani. E subito dopo le gambe smisero di obbedirgli.
Il veleno ha già raggiunto i nervi…
Forse era per via di quello che sentì il freddo diventare intollerabile, come se l’avessero buttato nudo sulla neve.
Oppure i Dissennatori hanno fiutato la mia debolezza e stanno arrivando.
Non fece in tempo a sentirsi davvero terrorizzato: sentì infatti cantare Fanny.
Qualche attimo dopo, come in una nebbia di sensi, sentì qualcuno toccarlo e passargli un braccio attorno alle spalle. Poi, rumori di passi concitati attorno a lui.
“Al! Resta sveglio! Venite, è qui! È stato morso!”
Era salvo.
 
****
 
James non si era mai sentito una persona empatica. Di solito finiva per capire le persone solo quando cominciavano ad urlargli addosso. Teddy gli diceva sempre che era troppo diretto, e che gettare i propri sentimenti addosso alle persone spesso causava fraintendimenti. Con Malfuretto le cose erano diverse perché basilarmente erano la stessa persona in corpi diversi.
Parecchie volte aveva pensato che fosse stato assurdo quel loro lungo odiarsi – beh, perlomeno lui l’aveva detestato abbastanza.
Al momento un pochetto comunque continuava ad odiarlo, perché lo stava costringendo a correre tra le braccia dei Dissennatori.
Teddy l’avrebbe strigliato a dovere. Ma dopo.
Ora sono impegnato a fare l’eroe. Cioè a fermare questo cretino.
Accelerò la corsa e placcò Malfoy, mandandolo disteso. La cosa fu abbastanza dolorosa per entrambi, ma era certo che a lungo termine Scorpius ne sarebbe uscito peggio, visto che gli si era seduto su un paio di vertebre.
“Che cazzo fai?!” Ebbe comunque la forza di urlargli l’altro, sebbene soffocato. “Lasciami!
“No.” Sbottò, tenendolo schiacciato a terra. Era più facile del previsto, segno che Scorpius non era al massimo della sua forma; normalmente lo avrebbe ribaltato e poi avrebbero ingaggiato una lotta ad armi pari.
Adesso mi sembra di tener buono quella femminuccia di Albie.
“Lasciami!” Tentò di nuovo, puntellandosi a terra. “Devo cercare i miei genitori!”
“Li cercheranno gli auror. E poi ragiona, potrebbero essere già al sicuro. Pensi davvero che tuo padre, Draco Malfoy…” Calcò l’accento sul nome. “… si lascerebbe dare un bacetto da un Dissennatore? O lasciare che succeda a tua mamma?” Non lo sentì ribattere, e pensò che era una buona cosa. “… usa la testa, Malfuretto! Tuo padre è scampato ad una guerra, non ha appena ricevuto la sua prima bacchetta!”
“Non è capace di produrre un patronus!”
“Magari può farlo tua madre. Non è una ex-corvonero? Oppure possono scappare.” Suggerì, cercando di non farlo sembrare un insulto, anche se per lui un po’ lo era. “… possiamo pure andare a cercarli, ma sei praticamente disarmato. Ed io non sono in grado di proteggere tre persone da un branco di stracci succhia-anima…” Ammetterlo un po’ gli bruciava, ma se c’era qualcosa che aveva imparato dall’anno prima con il rapimento di Thomas, era che ad un certo punto bisognava fermarsi e lasciare fare gli adulti.

Prima o poi il termine ‘adulto’ includerà anche me.
Scorpius non disse niente. James lo sentì respirare forte, contro la mano con cui lo teneva bloccato.
Quindi rimase in silenzio, sapendo che era ciò di cui l’altro aveva bisogno al momento: tempo per realizzare.
“… Sono andato fuori di testa, eh?” Mormorò alla fine, con un tono così stanco che spinse James ad alzarsi dalla sua schiena per lasciarlo libero di respirare un po’ meglio.
“Sì.” Confermò tendendogli la mano. “Ma l’avrei fatto anche io, se fossero stati i miei.”
“I miei non sono come i tuoi.” Replicò Scorpius, ignorando la mano tesa. James avrebbe voluto dirgli che ci sarebbe sempre stata. “I miei sono…”
I tuoi genitori.” Lo fermò. “Ed ehi, è normale che tu sia preoccupato, ma secondo me non vorrebbero che tu rischiassi la pelle per salvarli. I genitori in questo sono tutti uguali.” Gli sorrise, schiaffandogli la mano sulla testa, come ad un cane poco sveglio. 

L’altro rimase fermo a lasciarsi arruffare i capelli e James finse di non capire che stava trattenendo le lacrime.
“Ho minacciato un auror…” Esordì dopo qualche attimo, con tono arrochito.
“Era solo zio Ron. Ha le spalle larghe. Gli parlerò, spezzerò una lancia in tuo favore.” Offrì. Stavolta Scorpius gli afferrò la mano, e lasciò che lo aiutasse a tirarsi su. “E per Rosie…”
“Non voglio parlarne.” Tagliò corto. James non approfondì. Non era quello il momento giusto: Scorpius sembrava aver esaurito ogni energia dopo aver sentito il nome di sua cugina. “Per favore, portarmi in infermeria, credo di stare per svenire…” Mormorò infatti.
James strinse la presa contro il suo braccio. “Ricevuto amico. Ti porto via di qui.”

 
****
 
Per Lily non era stato facile uscire dalla scuola. Una corrente contraria l’aveva quasi spinta indietro, verso la Torre di Grifondoro. Qualunque cosa fosse successa, era stata talmente grossa da far rifugiare tutti dentro le mura del castello.
Aveva captato frammenti di conversazioni, frasi. Quello che aveva capito non era molto. Sapeva solo che c’era stato un attacco di Dissennatori e che quella nebbia nera, simile al fumo di una ciminiera babbana, era stato il mezzo con cui erano arrivati.
Dissennatori… è assurdo! Non dovrebbero essere in Nuova Zelanda o roba del genere?!
Varcò il portone, uscendo nella corte principale. La foschia era diminuita: sembrava che fossero finalmente arrivate le squadre di soccorso dal Ministero. Si parlava persino di Dissennatori catturati, anche se non c’era certezza che non ne mancasse qualcuno all’appello.
Riuscì ad intercettare Hugo e la cugina Roxanne tra la marea di teste che le si presentò di fronte.
“Ragazzi!” Li raggiunse e vide che entrambi erano scossi e provati.  
“Lils, meno male sei qui!” Esclamò la cugina abbracciandola. Era gelata, strano visto che solitamente era una tipa molto calorosa. La strinse di rimando, intuendo che forse l’altra aveva bisogno proprio di calore umano.  
“Sei rimasta al castello tutto questo tempo?” Si informò Hugo.
“Sì, credo di essermi addormentata… svegliata tardi.” Rettificò perché quel punto non le era ancora chiaro e non voleva che gli altri facessero domande. “Stanno tutti bene?”
“Abbiamo visto Rosie, Malfoy e Jamie. Tom è con zio Harry. Gli altri non lo so, non si capiva niente…” Borbottò il ragazzino, strofinandosi vigorosamente le mani sulle braccia. “Devi rientrare, non stai tipo crepando di freddo?”
“Io no, sto bene. Sono sempre stata dentro, forse è per questo.” Vedeva i sintomi di una grossa infreddatura addosso ai cugini: doveva essere un effetto dell’esposizione ai Dissennatori. “Ho visto della gente portata in infermeria… non ci sono feriti vero?”
Specie perché le ferite da Dissennatori sono la perdita dell’anima…

“Non dai Dissennatori.” Indovinò i suoi pensieri Hugo. “Almeno che si sappia. Sbucciature, un po’ di ossa rotte per gente che è stata spintonata… sai, quando tutta la folla è andata nel panico…”
“Spero che per questa storia non fermeranno il Torneo…” Borbottò Roxie, il cui spirito agonistico era difficile da spegnere. “Anche se puoi star sicuro che per gente come i Malfoy sarà come servire le lamentele su un piatto d’argento. Il loro ragazzo è pure un Campione…”
“Proprio per questo penso che se ne staranno zitti, sai Rox?” Interloquì Hugo che segretamente tifava per il biondo campione. “Scorpius non farebbe mai fermare dai suoi il Torneo. Ci tiene un sacco.”
Lily non disse nulla, ma il suo pensiero si focalizzò di nuovo sul motivo che l’aveva principalmente spinta ad uscire.  

Ren…
La sua priorità era stata cercare i familiari, naturalmente, ma ora che sapeva che non ce n’era nessuno in pericolo – Hugo glielo avrebbe detto, no? – poteva concentrarsi su altro.
“Avete visto Sören?” Chiese.
Hugo fece spallucce e Roxanne sbuffò. “Sarà stato messo al sicuro dai suoi.” Le rispose, rendendo palese la sua scarsa sportività in materia di avversari. Ricordi da Quidditch probabilmente. “Probabile che sia già al calduccio, servito e riverito. Di che ti preoccupi?”
Lily aveva una brutta sensazione invece. Non lo disse apertamente, perché non sapeva come spiegarla – neppure i suoi poteri da LeNa lo prevedevano, aveva idea – ma ce l’aveva. E non poteva combatterla.
Si guardò attorno, ma non vide nessuno della Delegazione di Durmstrang. Forse Roxanne aveva ragione, forse erano tutti tornati al vascello. Lo sperava.
Poi vide Poliakoff. Non era difficile notarlo, sia per l’uniforme, sia perché sembrava perfettamente furtivo e nervoso.
Ha sempre quell’aria lì… Se non sembrasse anche un completo idiota avrebbe l’aria sospetta.
Si congedò velocemente dai cugini e lo raggiunse. “Ehi, Kirill!”
Il ragazzo si voltò di scatto, sospirando di sollievo subito dopo. “Ah, piccola inglesina.” La apostrofò beffardo. “Tu sta bene?”

“Grazie per l’interessamento.” Tagliò corto, perché in quel momento non le andava di giocare alla perfetta principessina manierosa. “Sai dov’è Ren?”
Ren? Oh, Sören.” Rettificò in modo assolutamente non necessario. “A vascello.”
Lily capì che mentiva. Gli tremavano le labbra, e si stava guardando intorno con troppa insistenza. Tutto il maledetto tempo. Stava cercando qualcuno, e non poteva che essere Sören. 

È il suo Assistente, dopotutto.
“Non è vero. L’hai perso.” Rimbeccò. “Non sai dov’è!”
Il russo impallidì e si morse un labbro. “Niet, tu …”
“Non mentirmi. Non funziona, sul serio.” Si sarebbe aspettata un secondo diniego, ma stranamente il ragazzo prese un’aria attenta. Poi inspirò.
“Non lo vedo da attacco di Dissennatori. Eravamo tutti a Tenda dei Campioni e poi … sono allontanato per andare bagno, c’era troppa nebbia. Non so.” Si strinse nelle spalle. “Non è in infermeria di vostra scuola, ho controllato.”
A Lily sembrò strano. Perché solo lui lo stava cercando?

Perché non c’è l’intera delegazione con Preside allegato a preoccuparsi e sbraitare? È il loro Campione!
“Sei da solo?”
Da. Sì…” La guardò di nuovo in modo strano, poi la prese improvvisamente per un braccio. “Tu aiuta?”
Lily ebbe il forte istinto di ritrarsi, ma non lo fece. C’era in gioco Ren, e anche se le sembrava tutto assurdo, l’amico poteva essere davvero in pericolo. E sembrava che a nessuno importasse di lui, la sua scuola in testa. 

“Non saprei come… Forse dovremo chiamare gli auror.” Tentò.
“Già fatto. Loro occupati con altri. Tu aiuta me, per favore. Forse Sören ferito, forse svenuto da qualche parte.” Kirill aveva un’aria angosciata. Lo sembrava davvero, ma c’era anche qualcosa di storto nella sua espressione. Lily non perse troppo tempo ad analizzarla, non era il momento.
Ren…
“Va bene, andiamo a cercarlo.” Acconsentì. “Dove l’hai visto l’ultima volta? Alla Tenda dei Campioni?”
“Sì.” Confermò. “Spasiba.” Aggiunse con uno di quei suoi sorrisetti sgradevoli.
Lo sono sul serio.
“Non ringraziarmi, okay? Non serve. Non lo faccio per te.” Mormorò incamminandosi. Forse non era carino dirlo, ma ci teneva a sottolinearlo.
L’altro non rispose, sentì solo i suoi passi dietro di sé; non era certa di fare la cosa giusta. Ma la nebbia si stava diradando e non c’era nessuno che la stava fermando. Forse non era così pericoloso.
O forse sono un’idiota con dei geni da eroe che non ho mai chiesto.
I miei non potevano essere contabili babbani?
La strana nebbia ormai andava a banchi. In certi momenti era poco più che un file esile di fumo, stralci, si riusciva a vedere benissimo oltre, in altri era così fitta che Lily dovette rallentare per sentire bene il terreno sotto i piedi.
Ed indosso pure i miei tacchi più alti. Favoloso.
Lo stadio fu in vista in pochi minuti. Lily conosceva il parco di Hogwarts abbastanza bene per sapere come dirigercisi senza perdersi. Il silenzio era ormai palpabile. Denso. E maledettamente inquietante.
Per poter raggiungere la tenda dei Campioni dovevano fare il giro dello stadio.
Dobbiamo…
Si rese conto in quel momento che non sentiva il respiro affrettato del russo.
Si voltò di scatto. “Kirill!
Ma non c’era più nessuno.

Cavolo! Fino ad un momento fa era dietro di me!
Non poteva credere che fosse stato così stupido da perderla di vista. Per un attimo pensò persino che l’avesse fatto apposta.
Ma non avrebbe senso. Giusto?
Era tutto maledettamente strano quel giorno. Dal suo essersi addormentata vestita fino a quel momento.
Si guardò attorno, ma non c’era traccia di anima viva.
Quando ribecco Poliakoff gliene dico quattro. Anzi, dico tutto a Ren. Del resto quel tizio sembra aver un po’ di rispetto solo per lui.
Aveva due scelte a disposizione: o tornava indietro, cosa piuttosto saggia visto che non sapeva dove fossero i Dissennatori e quanti ne fossero rimasti in giro, oppure…
Oppure vado a controllare la tenda, vedo se c’è Ren e poi torno il più velocemente possibile al castello.
Si mordicchiò il labbro con indecisione.
Beh, dopotutto la tenda è qui dietro… E se lo trovo non devo fare il percorso all’indietro da sola. Cosa che in caso contrario dovrei fare, a meno che non mi metta a strillare per essere salvata.
La cosa non le arrideva particolarmente.
È divertente fare la principessa in pericolo solo quando non c’è pericolo.
Altrimenti fa paura e basta.
Inspirò e si fece coraggio, coprendo la distanza da lì alla tenda. Entrò dentro: era vuota. C’era stato un grosso fuggifuggi a giudicare da come i lettini erano stati rovesciati e genericamente sembrava esserci passata una mandria di persone in mezzo.
Okay, i Dissennatori sono stati qui…
Ora era davvero spaventata.
Poi sentì freddo. Molto freddo. E capì subito che stava succedendo. Lanciò uno sguardo complessivo alla tenda, ma non c’erano bende putride o demoni succhia - anima nei paraggi.
Okay, quindi fuori…? Fuori dalla tenda c’è un Dissennatore. Fantastico.
Forse era quello il momento per urlare e chiamare suo padre.
Però…
Punto primo non sapeva dove fosse suddetto genitore, punto secondo aveva più probabilità di scamparla restando in silenzio e scappando il più velocemente possibile nella direzione opposta.
C’erano solo sue uscite. Una che dava sul campo e l’altra, quella da cui era entrata.
Quindi devo tornare sui miei passi. Semplice.
Era spaventata, certo, ma forse meno di quanto avrebbe dovuto.
È solo… che sono creature che si approfittano della tristezza altrui.
Non erano forti nel senso vero del termine, né tantomeno erano capaci di uccidere come un Basilisco. Non avevano bacchette e vincevano solo fintantoché qualcuno glielo lasciava fare, arrendendosi al freddo e alla tristezza.
Lei non si riteneva una persona triste. Era spaventata sì, ma non era terrorizzata.
Perché non ne aveva motivo.  
Non ho grossi problemi, non ho mai avuto un dolore, non di quelli che ti lasciano cicatrici. Sono amata dalle persone che amo. Sono contenta della mia vita.
Sono a prova di Dissennatore!
Non sapeva se fosse vero, forse era un pensiero ingenuo, ma la faceva sentire bene.  
Indietreggiò, ma poi notò qualcosa, o meglio, la cosa in questione la fece quasi inciampare.
Si chinò a prenderla. Era un anello. Un anello con tanto di blasone.
È l’anello di Ren!
A quel punto la sensazione si fece più forte. E Lily ragionò.
Se il Dissennatore non è venuto da me, è forse perché è già occupato. Con qualcuno.
Ren?
A quel punto fu consequenziale scostare i lembi della tenda, aprendo l’uscita verso l’arena.
La prima cosa che vide fu effettivamente il Dissennatore. Era solo uno, ma era enorme, volava ed aveva un disgustoso mantello nero. E si librava sopra qualcuno.
Sopra Sören.
Il ragazzo era a terra, esanime e con una brutta ferita alla testa. Forse era quella ad averlo messo KO.
Lily soffocò un sussulto, quando vide una sostanza simile ad un fuoco fatuo – nel Devon ce n’erano tanti – liberarsi dalle labbra del ragazzo, diretta verso il cappuccio calato della creatura.
Gli sta succhiando via l’anima!
“Ehi!” Si sentì urlare, perché non è che avesse voluto davvero richiamare l’attenzione di un Dissennatore. Le era scappato.
Ops.
Il Dissennatore l’aveva vista.
Sempre che abbia gli occhi.
Forse era inappropriato ironizzare, seppur mentalmente, ma era l’unica cosa che le impedisse di strillare, cosa che aveva intenzione di fare da un po’.
Lily sbatté contro uno dei supporti della tenda, e poi fece l’unica cosa che le venne in mente: attinse direttamente ai racconti di suo padre e alle lezioni di Ted.
Expecto Patronum!
 
Anapneo!³
Sören sentì le vie respiratorie contrarsi violentemente e fu questo a renderlo di nuovo cosciente.
Tossì cercando aria e fortunatamente trovandola. Era gelida, ma c’era.
Si tirò a sedere aprendo gli occhi, ma tutto quello che vide fu una marea di puntini neri.
“No, sta giù! Magari hai una commozione cerebrale… o la testa rotta. Oh, Merlino… forse non era l’incantesimo giusto…”
Sören non capì immediatamente cosa stesse accadendo: l’ultima cosa che ricordava era che quando i Dissennatori erano entrati nella tenda erano esplosi almeno due o tre patronus e forse qualcuno, accecato dalla luce e preso dalla foga di scappare, lo aveva spintonato mandandolo a sbattere contro uno dei supporti della tenda.
Era l’ultima cosa che ricordava perché poi era svenuto per la botta.
In circostanze normali avrebbe evitato una situazione del genere, ma la Prova aveva logorato i suoi riflessi, e poi i Dissennatori…
I Dissennatori… Kirill non ha fallito, ha fatto calare la nebbia, disattivato la barriera. I Dissennatori sono entrati. Non abbiamo fallito. Non ho fallito.
“Non sei morto vero? Ren, dimmi qualcosa!”
Doveva avere le allucinazioni, perché oltre lo stordimento gli sembrava di sentire la voce di Lilian.
“Lily?” Tentò.
“Sì! Sì, sono io! Oh, Morgana sia ringraziata, non ti ho causato danni cerebrali… Riesci ad alzarti?”
La vista gli tornò subito quando realizzò che c’era la persona più sbagliata del mondo con lui.

Lily era china su di lui, pallidissima ma con un gran sorriso. Sentì lo stomaco attorcigliarglisi ed ebbe voglia di vomitare.
No, non deve essere qui. Il sonnifero. Pensavo l’effetto durasse più a lungo. Come…?
“Cosa… che… ci fai qui?” Riuscì ad articolare perché aveva la lingua impastata. Poi notò che c’era qualcosa che riluceva vicino a loro. E non erano allucinazioni.
Era un patronus, lo riconobbe subito. Un pregevole patronus corporeo.
“Cervo…?” Tentò confuso, perché gli sembrava avesse quella forma.
“No tesoro, è una femminuccia come me.”  Replicò la ragazza, suonando persino un po’ irritata. “Non ha le corna, anche se quasi preferivo le avesse…”
In effetti non le aveva, ma non era quello il punto. Lily era china su di lui, erano soli e non c’era traccia di Dissennatori. Anche se si sentiva come se ne avesse appena incontrato uno.
“Dissennatore…” La nausea non accennava a diminuire. Al momento gli sembrava di essere sul ponte di una nave durante una tempesta.
Kirill sarebbe dovuto venire a cercarlo non vedendolo tornare alla nave, visto che così si erano precedentemente accordati.
Zio non aveva preventivato che avrei potuto essere in pericolo anche io?
Era troppo stanco per pensare. Si sentiva la mente confusa e il calore delle mani di Lily sulle mani e sul viso era stordente.
Voleva abbandonarvicisi.
“Oh, quello!” La sentì rispondere. “Il nostro Ministero se ne sta occupando, sta’ tranquillo. Ne avevi uno addosso, ma… credo di essermene occupata. Io.” Aggiunse con un sorrisetto. “Il mio patronus l’ha preso a testate.” Concluse un po’ divertita. La cerva intanto si dissolse sotto i loro occhi con uno sbuffo argenteo.
“Tu…” Era confuso, ma una cosa era chiara.
C’erano cose che non avrebbero dovuto essere fatte.
Lily non avrebbe dovuto essere lì, avrebbe dovuto essere al Castello, lontana dall’azione, lontana da lui. Poliakoff non avrebbe dovuto lasciarlo in balia dei Dissennatori.  
E poi…
Lily non avrebbe dovuto…
“Mi hai salvato la vita.” Sussurrò.
Che senso ha che la vittima salvi il colpevole? Non ha senso.
Nell’ordine delle cose, lui obbediva a suo zio e chi ne soffriva le conseguenze non sapeva neppure che faccia avesse. Forse poteva odiarlo, ma odiava una figura astratta. La Thule. Lui non era niente. Era solo un ingranaggio.
Chi soffriva le conseguenze – come Lily –di certo non gli salvava la vita. L’anima.
Per questo l’ordine delle cose funzionava. Così lui funzionava.
E adesso…?
“Oh.” La sentì dire, come da molto lontano. “Beh, sì. Immagino di sì… Ren? Ren, ehi, resta con me!”
Mi hai salvato la vita… – Pensò mentre tutto diventava nero - … Adesso cosa diavolo faccio?
 
 
****
 
Note:
Sorridete! :D

Almeno abbiamo finito questa roba. Prossimo capitolo, un sacco di infermeria e momenti intimistici a valanga. Finalmente.  
Sì, ci sarà Al/Tom, perché sono stata crudele con questi due. Più, sorpresa! :D
Non odiatemi, suppongo non arriverà in ritardo come questo.
1. Qui la canzone.
2. Defluvio sanguinis: incantesimo inventato da me. Non vuol dir niente in latino temo, ma basilarmente, dissangua una persona. Serve per allentare la pressione sanguigna in medimagia, nel caso di Al, per liberarsi dal veleno.

3. Anapneo: incantesimo vero, serve per liberare le vie respiratorie.
  
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