Ad personam:
Cara Frafra, sono felicissimo di saperti di nuovo fra le lettrici, e la tua recensione è graditissima. Sono proprio contento di sapere cosa pensi di questa lunga storia, e passo a rispondere alla tua domanda. Caleb ha ripreso a trasportarsi tra la Terra e il Metamondo nel cap. 40. Infatti nel cap. 35 lui sfugge all'arresto con il suo sigillo, e per alcuni giorni si nasconde in città. La muraglia attivata da Vera e Wanda è durata pochi giorni, ammesso che abbia mai funzionato, in quanto il Cuore di Kandrakar in mano a Wanda ha gradualmente perso energia, e poi è stato ripreso da Elyon nel cap.41. Vera ha fatto sequestrare i due sigilli a Miriadel e Alborn; entrambi questi oggetti saranno ancora in mano sua nel finale. Per il disegno, mi è dispiaciuto rinunciarvi, e credo che riprenderò a disegnare nei prossimi numeri. Però non avrei voluto rimandare la pubblicazione. Cara Melisanna, sono sempre molto felice di sentire le tue
impressioni.Grazie per la recensione.
Cara Lux, grazie ancora per la costanza con cui leggi questa storia. Spero proprio di essere riuscito, con questa serie di scenette, a rendere a fondo il disagio dei cittadini di Meridian davanti a una gestione apparentemente schizofrenica del potere nella città. Comunque siamo agli sgoccioli di questo periodo: i dodici mesi dell'interpretazione della profezia pilotata da Vera stanno per compiersi, con gran scorno di Elyon che non ha mai pensato a questa possibile lettura e sta aspettando fiduciosa lo scadere del diciottesimo mese, alla faccia della precognizione che funziona assolutamente a spizzico. Un grande grazie anche a Kuruccha per le numerose recensioni lasciate di recente ai primi capitoli. Mi fa immensamente piacere sapere che c'è ancora chi ha preso a seguire la storia a quattro anni dall'inizio, ed è così gentile da farmi sapere con costanza cosa ne pensa. Qualche parola su questo capitolo. Il titolo riprende
una battuta di Vera del capitolo precedente: “Manca solo un mese al canto
del cigno di Elyon, e sarà un canto molto stonato”. Ora questo
tempo è quasi trascorso, e manca solo un giorno alla falsa ribellione
con cui la falsa Elyon sarà defenestrata per lasciare il posto alla
vera Vera.
Buona lettura
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PROFEZIE
Riassunto delle puntate precedenti
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi a Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane. A Meridian, la controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura; pur avendo assunto il potere, si rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto. A Heatherfield, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, che prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza. Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica, screditandola, poi Vera, che ha comunque il rango di una principessa Escanor, la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi, un anno di Meridian. Vera crea venti copie di Wanda, dette Nemesis, che avranno l'incarico di impersonare le guardiane, sollevando le gocce dal compito, e di sorvegliare la città restando invisibili o sotto falsa identità, o con l'aspetto di aquile. Come dal piano di Vera, le false Guardiane imprigionano Galgheitha e altri personaggi importanti, che potrebbero rendersi conto che la sempre più tirannica Regina e le Guardiane sono state impersonate da controfigure; la principessa Vera fa la parte della buona, facendo fuggire questi prigionieri dalla città. Vera affida a Theresion l'incarico di realizzare un sistema di sorveglianza del sotterraneo basato sul contatto mentale con gli insetti che lo popolano, vincendo con i suoi sistemi l'aracnofobia della compagna. Passano i mesi, e la situazione a Meridian si fa sempre più pesante. La falsa Elyon diventa sempre più tirannica e incoerente, isolandosi tra i mormoranti come già Phobos prima di lei, e perdendo ogni simpatia tra la popolazione, l'establishment e perfino l'esercito. La principessa Vera, per contro, finge di mitigare le conseguenze della follia della regina e delle Guardiane e si guadagna sempre più approvazione e credibilità nella città. Infine, si arriva allo scadere dei dodici mesi dall'arrivo delle Gocce e da quello che a molti appare come l'inizio della tirannia. |
Cap.61
Il canto del cigno
Meridian, palazzo reale, corridoio del seminterrato
‘Il tempo sta volgendo al bello’, pensa il domestico in livrea cremisi
mentre spolvera delicatamente i bassorilievi floreali che adornano le pareti
del corridoio. Dalle alte finestre, sprazzi di azzurro sempre più
ampi rasserenano l’animo, dopo un mese così tetro e piovoso da far
nutrire seri propositi suicidi anche alle rane.
Sentendo un suono di passi femminili che si avvicinano, si volta senza
smettere di far volare il piumino sugli stucchi. “Buongiorno, Principessa
Vera”.
“Buongiorno, Idriorr”, risponde lei sorridendogli, poi continua diretta
al salone circolare alla base della torre est.
Mentre la donna si allontana, lui continua a guardarla di sottecchi.
Le piace questa principessa sempre gentile e mai avara di sorrisi.
Ha un bel modo di camminare, pensa lanciandole un’ultima sbirciata un attimo
prima che svolti l’angolo, e l’elegante vestito blu mette in risalto i
suoi fianchi... nei limiti di decenza consentiti, naturalmente, puntualizza
con un attimo d'imbarazzo per il suo pensiero inopportuno.
Quando sente una voce arrogante risuonare dall'atrio, alza le orecchie
appuntite. E' una delle guardiane; non saprebbe dire quale, hanno tutte
più o meno lo stesso timbro.
Idriorr sente lo sdegno crescergli dentro: quelle aliene hanno cominciato
a trattare perfino la Principessa senza il dovuto rispetto.
Dopo un'ultima frase abbaiata, le voci tacciono, poi sente una porta
chiudersi: l’hanno lasciata uscire in giardino. E ci mancherebbe!
Con la scusa di spolverare, si affaccia alla finestra. Vede la principessa
avviarsi verso la Luce di Meridian, che sta sempre seduta sul prato intenta
a leggersi il suo misterioso tomo, coccolata da un mormorante.
Ma… cosa sta facendo la principessa? Si piega a terra… Perché?
Non lo aveva mai dovuto fare, prima!
Nel giardino
“Più giù, Vera! Tocca terra con la fronte!!” intima la
Regina, guardandola compiaciuta dall’alto del pendio su cui è
seduta.
“Ti diverti, Irene?”, le bisbiglia l’altra tra i denti, inginocchiandosi
malvolentieri sotto quelle immaginarie forche caudine.
“Ci stanno guardando, proprio adesso”, aggiunge la voce innaturalmente
lenta e roca del mormorante, finendo la frase con un naturalissimo
colpo di tosse.
“Dora, non sforzarti di parlare in quel modo, se non serve”, le sussurra
la regina con un fugace sguardo quasi materno, poi torna subito
a indossare l'abituale maschera di arroganza.
“Va beh”, bisbiglia Vera, toccando il tappeto erboso con la fronte.
“Tanto siamo alla frutta, Altezza. Domani me le pagherai tutte!”.
“Domani è un altro giorno”, le risponde Elyon sempre
con un sorrisino altezzoso.
“Un giorno che comunque verrà. Ora volete, Vostra Altezza,
precedermi nel folto del giardino, al riparo da occhi indiscreti?”.
Poco dopo, celate dai rampicanti, le ragazze possono parlare liberamente.
“Allora, Grande Sorella?”, chiede Elyon sorridendole, “Sei pronta
per il teatrino?”.
Vera annuisce. “Naturalmente, e ti assicuro che sarà spettacolare.
Ormai Pao e Terry mi stanno già aspettando in piazza Due Lune”.
“Vorrei esserci anch’io!”, mugola la Regina giungendo le mani
quasi supplichevole, “Non ho mai visto queste allucinazioni solide in azione”.
“Si chiamano proiezioni solide”, puntualizza Vera, “Comunque, Elyon
deve restare qui, rintanata nel giardino, così non correremo rischi
inutili. Approfittane per entrare il più possibile nella parte”.
“Sono già nella parte!”, protesta lei, “Sai bene che sono bravissima
a imitare Elyon”, e allarga le braccia a rimarcare l'aspetto che le è
ormai diventato quasi abituale.
“Allora ripassati il copione del finale. Ci affronteremo proprio qui,
domani pomeriggio, e non sarà certo il momento adatto per le gaffe”.
Meridian, piazza Due Lune
Paochaion osserva emozionata piazza Due Lune che, al di là della
zona centrale transennata, si sta rapidamente riempiendo di una folla curiosa.
“Quanta gente”, le dice nervosamente il capomastro in piedi accanto
a lei. “Spero che la vostra amica non li deluda”, aggiunge con un'occhiata
dubbiosa alla ragazza dai capelli candidi seduta a un tavolino da campo,
intenta a connettere fili a un oggetto simile a uno scrigno grigio.
“Non dubiti, l'ingegner Theresion sa il fatto suo”, risponde fiduciosa
Paochaion, “Vero, Terry?”.
“Aha”, annuisce distrattamente questa, “Scusa, Pao, ma ho bisogno di
concentrazione”, risponde chiudendo gli occhi per visualizzare direttamente
sulla sua rètina i menù proiettati dal programma che sta
avviando. Dopo un lungo intervallo, aggiunge: “E soprattutto, non distrarre
Vera quando sarà il momento della verità”.
“Ma con tutti questi occhibelli dovremmo andare sicuri, no?”, le chiede
Pao con un gesto verso le coloratissime statuette di nani disposte ai quattro
angoli della recinzione, che rivolgono il loro sguardo dipinto verso il
centro dello spiazzo.
L'altra le risponde senza aprire le palpebre: “Dovremmo. Ma il sistema
non è ancora a prova d'errore, avrei avuto bisogno di qualche giorno
in più. Perciò è meglio che lei non perda la concentrazione
neanche un attimo”.
La principessa Vera, splendida e sorridente, appare accanto a loro.
Dalla folla assiepata si leva qualche mormorio d'ammirazione.
“Ciao, Terry. Ciao, Pao. Siete pronte per iniziare?”.
“Tutto pronto”, risponde Theresion, attivando un interruttore posto
ai suoi piedi in un groviglio di cavi e tubicini. Da dentro un baule lì
accanto, un leggero rumore simile a un soffio rimarca la preattivazione
del conversore psicoenergetico ben celato. A scanso di malumori, sarà
meglio che i cittadini non vedano quanta preziosa acqua magica verrà
consumata davanti a loro.
“Tutto pronto, Pao?”, chiede Vera rivolta alla cinesina, che attende
accanto al capomastro.
“Tutto pronto!”, le rimanda lei allegra, rimarcando la risposta con
il pollice in alto.
Qualche sguardo stupito tra gli astanti lascia intuire che il gesto
è stato frainteso.
Vera le trasmette, senza perdere il sorriso: ‘Pao, il pollice alzato
è considerato un gestaccio, a Meridian!’.
Per l'imbarazzo, l’altra diventa violetta fino alla radice dei capelli,
poi si ricompone. “Tutto pronto”, ribadisce senza più gesticolare.
Vera alza le mani a domandare silenzio.
Un attimo dopo, quando ogni brusio è cessato, scandisce: “Gente
di Meridian, grazie per essere venuti all’inaugurazione del nostro primo
lavoro per migliorare la nostra amata città. Questo è solo
l’inizio del nostro progetto per rendere più agevoli gli spostamenti
ai cittadini e alle merci. Qui, in piazza Due Lune, installeremo due portali
di teletrasporto che saranno collegati ad altri: uno vicino al palazzo,
e uno a Meridian bassa, vicino a quello che sarà il nuovo mercato
coperto”.
Giardino di Phobos
Rimasta sola nel cuore del giardino a impersonare l'oramai odiata Regina,
Irene siede di malumore sulla rupe, accanto alla cascatella che si
versa nella polla ai suoi piedi con un suono dalle risonanze quasi musicali.
E' un luogo splendido e intimo, pensa tirando l'ennesimo sassolino
nell'acqua e osservando i cerchi che si allargano sulla superficie. Lo
stesso in cui il principe Phobos soleva fare il bagno, circondato dai mormoranti.
Da quando lei è a Meridian, è una delle scene preferite nei
suoi sogni a occhi aperti, ma neanche questa riesce a vincere la noia e
il nervosismo per essere esclusa dal grande evento di oggi.
Cerca di concentrarsi per ottenere qualche immagine dagli occhi delle
sue amiche, ma invano. Vera la liquida con un infastidito 'non ora',
mentre da Terry riesce solo a ottenere la fugace visione virtuale di austeri
menu a tendina.
Uffa, uffa e poi uffa! Restare da sola ad annoiarsi è del
tutto inutile. Tanto nessuno può vedere se, qui nel folto, la regina
c'è o non c'è. Scaglia con stizza nella polla un'ultima
pietra, che vi cade con un tonfo sonoro provocando un piccolo tsunami,
poi si decide: metterà Vera davanti al fatto compiuto. Del resto,
non è così che fa anche lei?
Meridian, locanda Due Lune
Pochi istanti dopo, l'elegante Lady Irenior emerge dal baluginio nella
locanda Due Lune. Si guarda attorno: il salone è deserto, e non
c'è nessuno neanche dietro il banco. Dall'esterno, invece, proviene
un gran vociare.
“C'è qualcunooo?”, chiama con voce melodiosa. “Signor Toklor?”.
Dall'ingresso aperto, un bambino dalla pelle verdognola si volta a
scrutare dentro. “Papà, c'è quella che si beve tutti i Nettari
del paradiso!”.
“Tabuff!”. L'oste, zittito il piccolo con uno scappellotto, rientra
sfoggiando il suo sorriso più affabile. “Lady Irenior, che piacere!
Mi scusi, non la ho vista entrare”.
“Signor Toklor, buongiorno!”, gli cinguetta. “Mi stavo chiedendo: con
tutte le finestre della sua bella locanda che danno proprio sulla piazza,
non sarebbe così gentile da permettermi di osservare cosa sta succedendo?”.
“Ma certo, Milady, sarà un onore. Prego, seguitemi...”.
Il locandiere la precede per due rampe di scale fino ad arrivare al
salotto del suo appartamento privato.
“La visuale da qui è perfetta”, afferma guidandola fin sul terrazzo,
e finisce con un ampio gesto d'invito cui la ragazza risponde con un larghissimo
sorriso.
“Dalidal, abbiamo Lady Irenior con noi”, dice rivolto alla moglie,
già sul terrazzo a osservare la scena in piazza. “Conosce già
mia moglie Dalidal, vero?”.
“La banconiera?”, chiede Irene con un'occhiata ingenua delle sue, “Certamente!”.
La donna, appesantita da un pancione sui cinque mesi, tiene per mano
la figliola che le arriva alla vita, e tributa alla nuova arrivata un'occhiata
vagamente infastidita che sembra voler dire: 'faccia pure come se fosse
a casa mia'.
Toklor le sussurra: “Dalidal, vai giù per un po' , casomai arrivasse
qualche altro cliente”.
“Vacci tu, caro, se ci tieni”, gli risponde lei decisa, poi si trincera
dietro le braccia conserte.
L'oste, contrariato, si deve rassegnare a scendere. “Torno appena posso,
Milady. Nel frattempo, lei si metta pure a suo agio”.
“Grazie”, fa Irenior soddisfatta, guardando dall'alto la piazza gremita,
poi si rivolge alla donna che la sta squadrando con occhiate oblique: “Ah,
Dalidal, posso avere un Nettare del Paradiso?”.
Piazza Due Lune
Giù in piazza, Vera sta declamando: “Gli elementi che vedrete
tra poco sono stati costruiti sotto la guida dell’architetto Paochaion.
Sono pensati per poter essere trasportati e composti assieme in poco tempo”.
Chinandosi su alcune tavole di legno appoggiate sul selciato, fa apparire
dalla sua mano, fattasi luminescente, cinque oggetti biancastri simili
a mattoni. A un suo ulteriore gesto, questi oggetti si espandono lentamente,
con sommessi stridii e scricchiolii, fino alla grandezza di diversi passi,
suscitando nuovi mormorii di meraviglia tra la folla.
I cinque monoliti rivelano ora, oltre ai bassorilievi di cui è
ornata la loro superficie levigata, anche diversi fori, nonché ganci
e spinotti di bronzo lucente.
Dopo un’altra pausa in cui si gode le esclamazioni di stupore della
gente per la sua disinvolta dimostrazione di potere, Vera riprende: “Questi
elementi devono essere allineati e montati assieme; visto che nessun potere
telecinetico conosciuto è in grado di sollevare tali pesi, ho chiesto
aiuto all’ingegner Theresion per perfezionare la magia della proiezione
solida”. Si volge verso la ragazza dai capelli candidi: “Terry, ora
tocca a te!”.
Con un gesto d’intesa, questa richiude gli occhi, assorta nella visione
del menu a tendina del programma di simulazione, e dà conferma al
segnale d'inizio che sta lampeggiando sulla sua rètina.
Per un lungo momento non succede niente.
Poi, di fronte alla gente stupefatta, alcune linee luminose e sottilissime
cominciano a tracciarsi nell’aria, come il fantasma di una ragnatela. Rapidamente
formano un disegno complesso in cui si intuisce un ordine ancora incomprensibile.
Quindi, le linee vengono unite da superfici colorate che appaiono in
rapida successione.
Fra esclamazioni di meraviglia, in pochi secondi prende forma un enorme
veicolo dalle forme spigolose e dallo sgargiante color giallo.
A guardare bene, i giochi d'ombre sulle sue superfici non sono del
tutto congruenti con quelle delle persone e degli edifici sulla piazza,
come se l’enorme mezzo fosse un’intrusione nella nostra realtà da
un universo dotato di luci tutte sue.
Il grande braccio telescopico si allunga, proteso verso il cielo. Il
movimento è accompagnato da un suono mai sentito prima, vibrante
e monotono come il vocalizzo di un canto alieno.
“Questa è la proiezione solida di un’autogru a quattro assi”,
annuncia fieramente Vera. Solo in questo momento lo sguardo cade su una
spettatrice che le fa un salutino festoso da un balcone.
'Ma quella è Irene', pensa con disappunto, 'Mi ha disobbedita,
e ora...'.
Per un attimo la materializzazione ha un guizzo, come se alcune parti
fossero sparite e immediatamente ricreate.
Vera deve tornare a concentrare tutta la sua attenzione sull'autogru:
ora non ha tempo, ma presto verrà il momento di dirgliene quattro,
a quell'irresponsabile e a quel suo sorrisino soddisfatto.
Meridian, piazzale Sottocastello
Poco lontano, nell'ampio piazzale ai piedi della rupe del palazzo, i passanti hanno iniziato a volgere gli sguardi in direzione del centro; qualcuno indica la sommità di un gigantesco braccio giallo protendersi al disopra dei tetti in direzione di piazza Due Lune. Tra domande ed esclamazioni di curiosità, altra gente si affretta verso quella direzione.
D'improvviso, un crepitio elettrico fa voltare indietro la folla.
Al centro della piazza lampeggia uno scintillio irregolare e abbagliante,
accompagnato da un forte odore d'ozono; un tremolio del terreno fa oscillare
le lanterne dei lampioni e strappa un sinistro scricchiolio alle case più
vicine.
Quando queste luci innaturali si sono estinte, tutti possono vedere
la terribile guardiana dai capelli rossi, impettita in tutta la
sua altezza, alla testa di un drappello di una quindicina di esseri massicci.
I loro occhi sono minacciose fessure bianche in una maschera rossa
che copre quasi del tutto i visi, gelidi e indistinguibili l’uno dall’altro.
Gli ampi toraci rosati sono contornati da braccia verdi e screziate, robuste
come colonne. Sui cappucci verdi e sulle fasce che cingono la loro vita
campeggia l’insegna degli Escanor: il disco verde e bianco tra due triangoli.
Tra la folla si alzano mormorii, e da più punti si sentono voci
spaventate e senza nome sussurrare: “Le sentinelle oscure!”. Molti ricordano
bene quegli esseri creati da Phobos. Tremano ancora al pensiero delle fiamme
sprigionate dalle loro mani, e delle mortali radiazioni emesse dai loro
occhi.
Will si guarda attorno, senza perdere lo sguardo arrogante richiesto
dal suo ruolo. Per un lungo istante, lei e le sue compagne restano immobili,
mentre la loro vista produce l'effetto voluto sulla folla.
Poi percepisce un pensiero da una di loro: 'Lo senti, Wanda? Tacciono
e tremano, ma è come se urlassero tutta la loro paura e il loro
odio per noi'.
Anche Will percepisce quest'orrore, ma da quando è a
Meridian non ha mai piegato lo sguardo, e non lo farà proprio ora.
'Sopporteremo ancora un po', ragazze. Fatevi forza, con domani pomeriggio
tutto sarà compiuto. E ora avanti, si entra in scena!'.
Piazza Due Lune
Toklor è appena risalito in terrazza portando fra le grosse mani
un vassoio di legno con bicchieroni colmi di succo di frutta verdastro
e profumato, che bilancia con maestria per non versarne neanche una goccia.
“Lady Irenior, non mi sono dimenticato di lei!”.
Gli occhi della dama lampeggiano avidamente alla vista dei bicchieroni.
“Carissimo signor Toklor, lei sa sempre come farmi felice!”.
Dalidal guarda ostentatamente altrove, infastidita da tante attenzioni
sprecate per quell'intrusa smorfiosa. E' così nera che non nota
neppure che la luce del sole, che aveva inondato generosamente la città
fino a quel momento, si sta smorzando, mentre veloci nubi scure prendono
rapidamente possesso del cielo sopra di loro.
Guardando la folla verso la destra, nota uno strano movimento presso
la strada che sbocca da piazzale Sottocastello. “Ma cosa sta succedendo,
laggiù in fondo?”.
Quando il suono dell'autogru s'interrompe, si può distinguere
il grido imperioso dell'odiata Guardiana dai capelli rossi: “Largo!
Lasciateci passare, in nome di Sua Maestà Elyon!”.
Mentre i suoi ospiti restano raggelati, Irenior sbotta “La solita guastafeste!”
con studiata superficialità, ma il suo sguardo si è fatto
molto più attento.
La folla, da quella parte, si apre schiacciandosi contro i muri, mentre
quella demone alata dal costume impudico incede nella piazza alla testa
di un sinistro drappello.
“No! E' impossibile!”, sfugge a Toklor.
“Papà, chi sono quelli là?”, chiede la piccola Taral,
ma sua madre l'agguanta e la trascina dentro casa. “Vai a far rientrare
Tabuff, presto!”, dice rivolta al marito. “Anche lei dentro, si sbrighi!”
aggiunge verso Irenior, che l'accontenta malvolentieri.
Befana! Proprio ora che viene il bello!
In piazza, la Guardiana dai capelli rossi arriva fin davanti
alla Principessa Vera e si pianta i pugni sui fianchi, scandendo : “Sua
Altezza Elyon vi intima di cessare immediatamente questo spreco di
poteri magici!”.
Vera la fronteggia con calma studiata e risponde, scandendo a sua volta:
“Questo non è uno spreco! I portali miglioreranno la vita di tutti,
a Meridian! Sei forse tu, guardiana, che attribuisci a Sua Altezza
la tua indifferenza per la città?”.
L’espressione di Will si trasforma in una maschera d'odio. “Attenta,
Principessa! Sai benissimo quali sono le priorità dell’Altissima.
L’energia magica non va sprecata né per la plebe, né per
giochetti di portali e autogru. Essa appartiene a Sua Altezza Elyon,
come tutto in questa città. Bada, non lo ripeterò un’altra
volta!”.
Voltandosi sui tacchi, la Guardiana si allontana, seguita dal
gruppo impassibile delle Sentinelle Oscure.
Il minaccioso drappello fende nuovamente la folla tornando sui suoi
passi verso il palazzo reale, svettante e lontano.
Sempre meno svettante. Sempre più lontano.
La gente non osa alzare la voce; alcuni iniziano a ritirarsi, mentre
altri attendono in piazza, lanciando occhiate incerte verso la Principessa.
Vera non si è mossa: attende anche lei, con espressione di sfida,
finché il drappello scompare alla vista dietro l'angolo.
In quel momento, uno spiraglio di sole si apre la strada tra le nubi,
illuminando la piazza, mentre il palazzo in distanza appare come al centro
di una zona d'ombra.
Dopo un’occhiata d'intesa con le sue amiche, lei fa un gesto istrionico
e grida: “Pao, Terry, finiamo il lavoro!”.
“Sta sfidando le guardiane! Che donna!”, esclama ammirato Toklor, ancora
sbirciando dallo spiraglio tra le tende.
“Attento a non farti sentire dalle persone sbagliate!”, gli sibila
Dalidal con un'occhiata storta diretta all'ospite non amata, “Ricorda che
hai moglie e figli!”.
“Non si preoccupi per me”, rassicura Irenior tentando di non ricambiare
apertamente questa palese ostilità, “Io sono una grande amica della
principessa Vera. E poi diciamolo chiaramente, Meridian sta sprofondando
nella tirannia più bieca”.
“Mamma, cosa vuol dire ‘tirannia’?”, le chiede la piccola Taral.
“E cosa vuol dire ‘bieca’?”, aggiunge Tabuff, nel frattempo risalito
nel salotto.
La donna scatta, lampeggiandole con gli occhi e facendole il gesto
del silenzio. “Zitta, Taral. E’ una brutta parola. Non chiamare il male,
se non vuoi che arrivi!”. Quindi va alla finestra, chiudendo nervosamente
ogni spiraglio fra i tendoni. “Per quanto riguarda questa famiglia, lo
spettacolo è finito, signorina. Se lo vada pure a guardare da dove
preferisce, ma non da qui!”.
“Ma... Dalidal!”, tenta di protestare l'oste.
“Non c'è problema”, risponde Irenior imperturbabile, avviandosi
verso le scale. “Vi ringrazio dell'ospitalità”. Brutta megera.
“L'accompagno giù”, aggiunge l'uomo imbarazzato, seguendola.
Poi aggiunge sottovoce: “La prego di scusare mia moglie, Milady. Purtroppo
è molto preoccupata per la sua famiglia”.
“Da brava moglie e da brava madre”, risponde Irenior scendendo le scale.
Gelosa, fifona e acida! Ma cosa crede?
Arrivano giù nel salone, dove alcuni clienti dall'aria indecisa
stanno guardando fuori dalla porta verso la piazza restando ben defilati,
mentre all'esterno il braccio dell’autogru riprende a muoversi con un suono
monocorde.
“Intanto è meglio che io vada”, dice lei mentre gli avventori
le lasciano il passaggio.
“Ma tornerà? Lei è la benvenuta, qui, lo sa”.
“Ne stia certo, signor Toklor. Vuole che rinunci al succo del paradiso?”.
Lo saluta con un cenno allegro, uscendo dal locale.
Affacciandosi alla porta, lui la vede superare le transenne e avvicinarsi
a Lady Paochaion, salutandola con brio. Nessuna delle due sembra sconvolta
da ciò che è avvenuto poco prima in quella piazza.
Toklor, invece, non osa neppure formulare in pensieri definiti ciò
che sente dentro. Ora la vista del palazzo in distanza gli provoca la stessa
sensazione opprimente che gli ha dato negli undici lunghissimi anni in
cui Meridian ha languito sotto la tirannia di Phobos.
Palazzo reale, appartamento di Vera, nel pomeriggio.
Ben visibile attraverso la finestra dell’appartamento di Vera, la torre
est, con la vasta sala del trono, sembra lontana e al tempo stesso vicina
come non mai. Le ampie finestrature non lasciano intravedere alcun movimento
al suo interno.
“Bravissime, è stato un successo completo!”, esulta Vera, seduta
su una delle lussuose poltrone di raso del suo salotto, con le sue
seguaci tutt’attorno a lei. “Ormai ne sono certa, tutto si compierà
entro domani”.
In piedi lungo le pareti, una decina di Nemesis ascoltano con attenzione
le sue parole. Qualcuna indossa il lucido caschetto verde scuro dalla visiera
iridescente che ormai completa la loro divisa.
La principessa inarca un sopracciglio verso Irenior, accomodatasi sul
divano accanto a Pao. “A te, invece, avevo dato istruzioni ben diverse”.
La goccia si era ben preparata a quel rimprovero. “Intendi: di restare
rintanata nel boschetto a far niente? E se qualcuno vi avesse chiesto dov'ero,
cos'avreste risposto? Che ero troppo occupata a impersonare Elyon?”.
Paochaion propone: “O meglio: 'Son forse io la custode di mia sorella?'”,
poi ridacchia soddisfatta della sua battuta, prima di accorgersi che è
la sola.
Vera sbuffa infastidita per questa risposta. “E' che avresti potuto
facilmente tradirti, anche solo coi pensieri. Le Nemesis hanno amuleti
inseriti nel casco che impediscono di leggere loro il pensiero, ma tu no”.
“E allora danne uno anche a me!”, risponde Irenior senza perdere il
buon umore. “Perché io non ho nessuna intenzione di essere l'unica
esclusa dal grande evento senza una ragione”.
“Non saresti stata l'unica”, puntualizza Paochaion, “Non c'era neanche
Carol. Anzi, vado a chiamarla”.
“Lascia perdere, Pao”, risponde la Grande Sorella, “Carol sta dormendo
della grossa, e lo farà per tre giorni di fila”. Agli sguardi interrogativi,
spiega: “Per tornare fra noi, ha promesso che non ci avrebbe ostacolate.
Ma preferisco risparmiarle di assistere alla nostra ribellione a Elyon,
perché sono certa che si sentirebbe combattuta. Questo è
un momento nel quale non possiamo rischiare un suo ripensamento”.
“Il fatto compiuto”, rimugina Theresion, “Ormai ci siamo abituate”.
La nota di malumore con cui lo ha pronunciato non sfugge a Vera. “Cos’hai,
Terry? Eppure oggi è stata una grande giornata anche per te. Il
tuo lavoro ci ha aperto enormi possibilità. Quell’autogru è
solo l’inizio”.
“E’ vero”, ammette la ragazza dagli occhi gialli, “Però quei
portali di teletrasporto non mi vanno giù. Lo sai benissimo che
non abbiamo abbastanza energia per alimentarli, se tutti li volessero usare”.
“Ah, per quello”, dice Vera con noncuranza, “Non preoccuparti, avremo
tempo per pensarci con calma. Per ora, hanno svolto egregiamente la loro
funzione”. Con un luccichio soddisfatto negli occhi, aggiunge tra sé:
“Quando domani affronterò Elyon, nessuno a Meridian avrà
dubbi su chi sia la buona, e chi la cattiva”.